RUSSIA.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Bibliografia. Politica economica e finanziaria. Storia. I primi due mandati di Putin. Medvedev successore di Putin. La rielezione di Putin e la crisi ucraina. Bibliografia. Architettura. Letteratura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Libera D'Alessandro. – Stato che si estende nell’Europa orientale e nell’Asia settentrionale. La Russia o Federazione Russa al censimento 2010 aveva circa 142.900.000 abitanti, mentre nel 2014 il Paese ha raggiunto 142.467.651 abitanti, secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs), con una percentuale di residenti urbani pari al 74% del totale (tab. 1). La distribuzione è molto disomogenea, con una netta prevalenza del Central federal district: al 2013 il distretto centrale che include Mosca contava ben 38.700.000 ab., l’81,7% dei quali erano residenti urbani. Secondo Sergei Zakharov (2008), dopo la svolta registrata a metà degli anni Novanta nei modelli di nuzialità e fertilità, la Russia è entrata in una «seconda transizione demografica», pur mostrando ancora alcune caratteristiche tradizionali. Lo studioso individua l’elemento più preoccupante delle dinamiche demografiche russe nel deterioramento delle condizioni di vita, in particolare per gli uomini in età lavorativa.
Tale situazione si rispecchiava, ancora nella seconda metà del primo decennio del nuovo millennio, nell’elevata mortalità, generata principalmente da cause esterne e malattie del sistema cardiocircolatorio. Queste ultime rappresentano tutt’ora una tra le principali cause di morte in R., sebbene a partire dal 2010 si sia registrata una progressiva diminuzione dei decessi. Un rapporto (Rybakovsky, Ryazantsev 2005) ha evidenziato il ruolo positivo delle migrazioni nel compensare il declino demografico dovuto a saldi naturali negativi. La ricerca sottolinea che, nell’ambito degli attuali processi migratori a scala globale, la R. assume – e molto probabilmente assumerà anche in futuro – un ruolo rilevante perché vanta un territorio non densamente popolato (8,4 persone per km2 al 2013), che peraltro costituisce uno spazio attrattivo anche per i migranti provenienti da Paesi molto popolati come la Cina. Nella seconda metà del primo decennio del nuovo secolo, la riduzione della mortalità, l’attrazione dei migranti e l’aumento della natalità sono divenuti obiettivi fondamentali per il superamento della crisi demografica. Nel 2007 è stata quindi lanciata una nuova politica demografica, definita capitale materno, al fine di stimolare la fertilità, concedendo benefit per le gravidanze e i parti, congedi di maternità meglio pagati e vantaggi per la procreazione dei secondi figli (Zakharov 2008). Dati della Banca mondiale segnalano che il tasso di fertilità, dal 2007 al 2012, è in effetti aumentato da 1,4 a 1,6. Tornando alle condizioni di salute della popolazione, secondo l’European observatory on health system and policies (2011), il consumo di alcol ha esercitato un ruolo molto rilevante sul declino dell’aspettativa di vita che ha fatto seguito alla dissoluzione dell’URSS e continua tutt’oggi ad avere un impatto negativo sullo stato di salute degli abitanti del Paese, sebbene dal 2009 la loro aspettativa di vita sia aumentata. Guardando a un arco temporale più ampio (1980-2013), lo United nations development programme (UNDP) indica che l’aspettativa di vita alla nascita è infatti passata da 67,4 anni a 68 (un dato inferiore a quello della Banca mondiale, che segnala per il 2013 un’aspettativa di 70,5), che gli anni medi di scolarizzazione (numero medio degli anni di istruzione completato da una determinata popolazione) sono aumentati di 4,6 e quelli di istruzione previsti (numero di anni che un bambino al suo ingresso in età scolare può aspettarsi di trascorrere in un dato sistema di istruzione) di 1,8. Le tre componenti hanno contribuito, tra il 1990 e il 2013, a far aumentare l’ISU (Indice di Sviluppo Umano) – il cui valore è passato dallo 0,729 allo 0,778, del 6,8% –, con un incremento medio annuo di circa lo 0,28%. Tale aumento è da valutare in relazione a una situazione che, a metà del primo decennio del secolo, appariva ancora molto complessa: nel biennio 2006-07, il 6% della popolazione russa viveva in regioni con un ISU al di sotto dello 0,730. Inoltre la povertà, che dal 2004 rappresentava un fenomeno caratterizzante per lo più le aree rurali, contribuisce ad ampliare ulteriormente il divario tra questi spazi e quelli urbani. A questo divario se ne aggiungono altri, molto significativi, a scala urbana: nel periodo 2000-05, i redditi del 20% della popolazione moscovita più ricca erano 21-28 volte superiori rispetto ai redditi del 20% più povero; o ancora, sebbene la disparità di reddito a San Pietroburgo rappresentasse, nei primi anni del millennio, solo la metà di quella registrata a Mosca, nel breve periodo tra il 1999 e il 2005 essa è quasi raddoppiata (dati UNDP). La povertà spesso si accompagna anche a un aumento dell’insicurezza alimentare, tanto che il superamento di quest’ultima è divenuto un obiettivo centrale nella politica economica e nel commercio estero del Paese. Sebbene i livelli di povertà siano sensibilmente diminuiti negli ultimi anni, una recente stima riportata (Wegren 2013) calcola che 18 milioni di russi versano ancora in condizioni di indigenza e insicurezza alimentare.
Condizioni economiche. – Dopo quella che è stata definita come la transitional recession del 1991 e la successiva ripresa a partire dal 1998, la transizione economica russa è stata accelerata, secondo alcuni studiosi, dai nuovi processi di globalizzazione, che hanno enfatizzato il ruolo della R. come fornitrice di risorse naturali (Bradshaw 2009, 2012). Questo tema è strettamente legato al cosiddetto dilemma energetico globale, finalizzato a individuare modalità per procurarsi servizi energetici sicuri e affidabili, conciliandoli però con servizi sostenibili dal punto di vista ambientale. Michael Bradshaw, mutuando dati dello Statistical yearbook della British petroleum, riferiva che, alla fine del 2007, la R. poteva vantare il 6,4% delle riserve mondiali di petrolio e, nello stesso anno, ne aveva prodotto 491,3 milioni di tonnellate, un valore che rappresentava il 12,6% della produzione mondiale (Bradshaw 2009). Rispetto al gas naturale, sempre nel 2007, la R. ospitava il 25,2% delle riserve a scala mondiale e ne aveva prodotto 607,4 miliardi di metri cubi (ovvero il 18,8% del totale mondiale). Tali performance hanno indotto a definire la R. come una delle principali export oriented resource economies, che beneficiano di una globalizzazione fortemente orientata alle esportazioni (Knox, Agnew, McCarthy 2014). Secondo rilevazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia, nel 2010 la R. ha superato finanche l’Arabia Saudita nella produzione di greggio (con 502 milioni di tonnellate, a fronte di 471), divenendo così il primo produttore mondiale. In relazione all’approvvigionamento energetico, la R. rappresenta un importante partner commerciale per l’UE: dati Eurostat al 2011 indicavano che il 63% del valore totale delle importazioni dell’UE a 27 dalla Russia nel 2010 era costituito da petrolio e un altro 9% da gas, senza trascurare l’importanza del carbone russo per alcuni Paesi dell’UE. Il volume del commercio totale tra UE-27 e R., sempre nel 2010, è stato pari a 246 miliardi di euro, registrando un notevolissimo incremento (185%) rispetto al 2000, parte del quale si deve all’aumento dei prezzi. La fonte Eurostat rileva anche che la produzione di energia primaria in R. è aumentata in maniera continua: solo tra il 2008 e il 2009 (a causa della crisi finanziaria ed economica) si è registrato un calo, che ha avuto ricadute su diverse categorie di prodotti, ma non sul petrolio greggio (che nel biennio ha comunque registrato un lieve incremento dell’1,4%). Il settore energetico è di primaria importanza per la R., non solo per quanto riguarda gli scambi con l’UE. L’autosufficienza in tale settore e la sua capacità di esportazione pongono il Paese in una posizione di vantaggio, sebbene esistano molte questioni irrisolte relative all’insostenibilità di un sistema basato ancora largamente sui combustibili fossili. Secondo Bradshaw (2012), due sono i motivi di tale insostenibilità: in primo luogo i dubbi sulla capacità futura delle forniture di combustibili fossili di andare incontro alla crescente domanda; in secondo luogo, se anche tali forniture fossero sufficienti, le teorie sul cambiamento climatico sostengono che la combustione genererebbe tali aumenti del gas a effetto serra da produrre effetti catastrofici.
Le dinamiche del settore energetico influiscono notevolmente sull’economia russa. Quest’ultima, dopo essere cresciuta nel periodo 1998-2008 (soprattutto per effetto del rapido aumento dei prezzi del petrolio), è stata una delle più colpite da una crisi direttamente connessa al calo dei prezzi del greggio e alla difficoltà ad attrarre investimenti diretti esteri, il che ha avuto immediate ripercussioni sul rallentamento dei tassi di crescita del PIL. Il FMI (Fondo Monetario Internazionale) rileva che nel 2013 la crescita è rallentata dell’1,3%, a causa di una contrazione degli investimenti; nello stesso anno, sebbene le esportazioni nette abbiano contribuito positivamente alla crescita, la quota delle esportazioni non petrolifere ha continuato a diminuire. Alla fine del 2013, quindi, il ministero dello sviluppo economico ha ridotto la sua previsione di crescita fino al 2030 a una media del 2,5% l’anno, in calo rispetto alla precedente previsione, che faceva riferimento a una crescita del 4,0-4,2%. La Banca mondiale ha affermato che l’economia russa è quasi in fase di stagnazione, come è testimoniato dal progressivo calo della domanda interna. L’organizzazione internazionale mette in risalto che, nella prima parte del 2014, le attività economiche sono state fortemente danneggiate dall’aumento delle tensioni sul piano geopolitico, dalle nuove condizioni di incertezza politica e dalle sanzioni, arrivando anche a prospettare rischi sostanziali a medio termine (2014-16) per la crescita, pur all’interno di un quadro di sostanziale stabilità macroeconomica. L’attuale fase segue infatti il quasi raddoppio del PIL reale pro capite che ha caratterizzato il Paese nel corso dell’intervallo di tempo 2000-12. Durante questo periodo, la crescita ha anche contribuito a un significativo calo dei tassi di povertà e di disoccupazione. Il FMI enfatizza dunque l’importanza di una nuova agenda di riforme, alcune delle quali sono state già avviate, come la parziale riforma delle pensioni e la nuova legge sugli appalti. In risposta alle crescenti pressioni sul rublo, la Banca centrale della Russia (CBR) ha peraltro aumentato i tassi di interesse, per far fronte ai rischi di inflazione a medio termine ed è intervenuta maggiormente per sostenere il rublo. Il FMI rimarca come questo sia un momento cruciale per il Paese, nel quale si avverte l’urgenza di accelerare una maggiore diversificazione dell’economia, soprattutto attraverso nuovi investimenti che includano anche tecnologia straniera.
Bibliografia: L. Rybakovsky, S. Ryazantsev, International migration In the Russian Federation, 2005, http://www.un.org/esa/population/meetings/ittmigdev2005/P11_Rybakovsky&Ryazantsev.pdf; M. Bradshaw, The geography of Russia’s new political economy, «New political economy», 2008, 13, 2, pp. 193-201; S. Zakharov, Russian Federation: from the first to second demographic transition, «Demographic research», 2008, 19, pp. 907-72; M. Bradshaw, The Kremlin, national champions and the international oil companies: the political economy of the Russian oil and gas industry, «Geopolitics of energy», 2009, 31, 5, pp. 2-14; L. Popovich, E. Potapchuk, S. Shishkin et al., Russian Federation. The health systems in transition series, «Health system review», 2011, 13, 7, pp. 1-217; M. Bradshaw, Russian energy dilemmas: energy security, globalization and climate change, in Russia’s energy policies: national, interregional and global levels, ed. P. Alto, Cheltenham 2012, pp. 206-29; S.K. Wegren, Food security in the Russian Federation, «Eurasian geography and economics», 2013, 54, 1, pp. 22-41; Federal state statistics service (Rosstat), Russia` 2014 statistical pocketbook, Mosca 2014; P. Knox, J.A. Agnew, L. McCarthy, The geography of the world economy, London 2014.
Politica economica e finanziaria di Giulia Nunziante. – Il processo di consolidamento macroeconomico avviato dalle autorità di governo a partire dai primi anni del millennio è proseguito nel corso del 2005 e, nonostante una manovra fiscale prociclica, la spesa pubblica, sia federale sia consolidata, si è mantenuta stabile. La politica monetaria adottata dalla Banca centrale è stata orientata a contenere la pressione inflazionistica e a moderare l’apprezzamento del rublo, con la finalità di preservare la competitività dell’industria manifatturiera nazionale. Per quanto concerne le riforme strutturali, dopo un periodo pre-elettorale caratterizzato da un’accelerazione degli interventi orientati a promuovere le dinamiche del libero mercato, il governo ha adottato politiche che hanno accentuato il ruolo attivo dello Stato nell’economia, introducendo nuove modalità di interazione tra il mondo imprenditoriale e le istituzioni.
In particolare, nel 2006 i settori sanitario, dell’istruzione, dell’edilizia e dell’agricoltura sono stati indicati quali ambiti prioritari di intervento pubblico ed è stato istituito un apposito fondo di investimento destinato a finanziare progetti di partenariato misto pubblico/privato di stimolo per lo sviluppo socioeconomico, quali la creazione di infrastrutture di rilevanza nazionale, l’innovazione del sistema tecnologico e il miglioramento dell’efficienza delle istituzioni. In questo periodo sono state altresì definite nuove aree economiche di interesse particolare e abolite le precedenti individuate negli anni Novanta, al fine di indirizzare in modo efficace i sostegni economici a favore della diversificazione produttiva e dell’innovazione. Nel frattempo la presenza di imprese pubbliche nell’economia si è potenziata nei settori strategici degli impianti energetici, dell’aviazione, del petrolio e della finanza. Nel 2008, con l’affacciarsi della crisi internazionale, il deterioramento delle condizioni economiche interne e l’inasprirsi del conflitto con la Georgia, le autorità russe hanno adottato immediati provvedimenti su larga scala. In particolare, il governo e la Banca centrale sono intervenuti per sostenere il settore finanziario, difendere il rublo e realizzare politiche fiscali espansive. Il sistema bancario è stato pertanto sovvenzionato con nuovi capitali ed è stata incrementata la liquidità in rubli con il fine di contribuire a un graduale deprezzamento della valuta nazionale nei confronti del dollaro e dell’euro. Nel corso del 2009, il governo è intervenuto con una manovra anticiclica e in particolare ha ridotto la pressione fiscale sulle persone giuridiche, introdotto meccanismi di sostegno a favore delle aziende e semplificato il sistema impositivo a carico delle piccole e medie imprese.
Sono stati realizzati altri interventi temporanei dal lato delle spese, quali l’incremento delle indennità di disoccupazione e l’erogazione di trasferimenti alle famiglie, alle regioni e ai fondi previdenziali, mentre gli investimenti pubblici sono stati ridotti.
In questo periodo il governo ha agito alterando le dinamiche di mercato con l’erogazione alle imprese e alle famiglie di sussidi volti a calmierare i tassi di interesse passivi, il finanziamento delle grandi industrie e il sostegno del settore automobilistico nazionale. A partire dalla seconda metà del 2010 le autorità monetarie hanno adottato una politica restrittiva per fare fronte alla pressione inflazionistica rimuovendo alcune delle misure introdotte durante la crisi per favorire la dinamica del credito. Nel 2012 è stato varato un provvedimento nel quale il governo di nuova nomina ha posto le priorità di lungo periodo della politica economica, con riferimento al miglioramento della struttura e del funzionamento del libero mercato. In particolare, al fine di incrementare gli investimenti in capitale fisso, di sostenere la crescita della produttività del lavoro e di sviluppare l’industria a elevato contenuto tecnologico, sono state definite nuove regole in materia di uso dei proventi derivanti dal settore petrolifero, è stato dichiarato l’impegno a semplificare gli oneri burocratici e a ridurre le barriere amministrative che gravano sulle imprese, è stata avviata la riforma del settore pubblico con la privatizzazione di numerose piccole imprese nei settori non strategici, la dismissione di alcune partecipazioni e la sostituzione dei vertici delle aziende pubbliche per premiare le migliori professionalità. Nuovo vigore è stato attribuito alla lotta alla corruzione e una serie di misure sono state adottate al fine di migliorare la qualità della governance pubblica. In questo periodo gli interventi strutturali sono stati orientati allo sviluppo di un adeguato sistema di trasporti, inserendo gli investimenti nel settore nell’ambito di una strategia di lungo periodo. Nonostante l’inasprimento fiscale, nel corso del 2013 si è verificato un brusco deterioramento dei conti pubblici riconducibile alle nuove tensioni geopolitiche, al declino dei proventi non petroliferi e alle contenute entrate derivanti dalle privatizzazioni. Infine, nel 2014, in seguito all’intensificarsi delle pressioni sul rublo, le autorità monetarie sono intervenute per ridurre temporaneamente la flessibilità del cambio.
Storia di Silvio Pons. – A un quarto di secolo dal crollo dell’Unione Sovietica, la R. presenta i tratti di una trasformazione profonda insieme a eredità e permanenze del passato. Dopo una disordinata transizione al mercato, la modernizzazione del primo decennio del secolo ha cambiato il volto della società e dell’economia, creando ricchezze smisurate ed enormi diseguaglianze. L’integrazione nell’economia internazionale costituisce un dato di fatto. L’esperienza sovietica è ormai alle spalle. La R. è, secondo la formula ufficiale, una «democrazia sovrana» dotata di istituzioni rappresentative e di una formale divisione dei poteri, nella cornice di una Costituzione presidenzialista. In realtà, la concentrazione e la personalizzazione del potere, la preponderanza dell’esecutivo sugli altri organi dello Stato, l’intreccio tra potere politico e potere economico, la supremazia dei network informali sulle istituzioni, il controllo dei media costituiscono altrettanti aspetti di una politica autoritaria. Sul piano internazionale, la R. ha perso lo status di superpotenza risalente alla guerra fredda, ma questo non impedisce la ricerca di prestigio basato sulla forza militare ed economica.
I primi due mandati di Putin. – L’era segnata dalla personalità del presidente Vladimir Putin (v.), inaugurata nel 2000 e tuttora in corso, si è svolta all’insegna di un forte potere centrale, volto a ripristinare l’autorità dello Stato, compromessa dal collasso sovietico e dalla sua coda nell’ultimo decennio del secolo scorso, realizzando una modernizzazione dall’alto tramite il controllo statale delle risorse energetiche del Paese. Nei suoi primi due mandati presidenziali (2000-04, 2004-08) emersero e si rafforzarono i tratti principali di una costruzione strategica precisa sia in politica interna sia in politica estera, destinata a restare sostanzialmente intatta nel decennio successivo. Putin si impose rapidamente nell’opinione maggioritaria della società russa come il restauratore dell’ordine dopo le incertezze dell’epoca di Boris El′cin. Egli si fece forte del suo ruolo di capo dell’ex KGB (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, Comitato per la sicurezza dello Stato) e si presentò come il leader di un’oligarchia incentrata sugli apparati di sicurezza.
I suoi atti più significativi e popolari furono l’uso della repressione militare contro il movimento indipendentista in Cecenia, che lanciava un segnale intimidatorio contro ogni tendenza centrifuga nella Federazione Russa, e il pugno di ferro contro i cosiddetti magnati arricchitisi nelle privatizzazioni degli anni Novanta, presupposti per una gestione autoritaria del potere. La sua azione centralizzatrice riportò le industrie strategiche sotto l’egida statale ed ebbe successo nel promuovere la ripresa economica dopo la caduta del rublo nel 1998, creando consenso tra le élites modernizzatrici del Paese. Dopo il 2004, il limitato e fragile pluralismo dell’epoca postsovietica lasciò il posto a una massiccia maggioranza filopresidenziale nella Duma, contornata da opposizioni marginali e impotenti (comunisti e destra radicale). Si affermava così un regime di ‘democrazia controllata’ che configurava un aggregato di potere economico e politico nella disponibilità del presidente.
Nella politica estera, Putin seguì inizialmente una condotta pragmatica, che doveva però preludere a una nuova politica di potenza. Dopo un lungo periodo di ripiegamento, il ruolo della R. venne ridefinito tramite il nesso tra centralizzazione del potere, modernizzazione dell’economia e primato geopolitico rivendicato in Eurasia. Tale ridefinizione portò a un crescente distacco da ogni scenario di partnership con l’Occidente. Né l’interdipendenza economica tra la R. e l’Unione Europea, né il comune interesse a combattere il terrorismo di matrice islamica, che Mosca usava per giustificare la guerra in Cecenia, produssero intese strategiche. Mosca percepì invece il nesso tra l’allargamento dell’Unione Europea e l’estensione della NATO a est come una minaccia all’influenza della Federazione Russa nello spazio postsovietico e ai suoi stessi interessi di sicurezza. Di qui la sua reazione ostile alla ‘rivoluzione arancione’ in Ucraina (2004), vista come l’esito di un’intrusione occidentale. Fu allora che Mosca iniziò a usare apertamente la ricchezza energetica come strumento della propria influenza. Putin aderì alla visione di un mondo multipolare contrapposta all’unilateralismo degli Stati Uniti, affermatosi con la guerra in ῾Irāq, con l’obiettivo di ritagliare un ruolo speciale per la R., di respingere il metodo degli interventi ‘umanitari’ della comunità internazionale e di legittimare la ‘democrazia sovrana’ quale specificità nazionale.
Medvedev successore di Putin. – Le principali coordinate della politica interna ed estera della R. non subirono modifiche apprezzabili con l’elezione del successore di Putin, Dmitrij Medvedev, nel 2008. Medvedev si rivelò una figura destinata a costituire una parentesi per consentire a Putin di tornare, quattro anni più tardi, alla massima carica dello Stato senza violare la Costituzione. Il discorso dai toni ‘tecnocratici’ e ispirati allo Stato di diritto adottato da Medvedev non alterò i fondamenti della politica impostata da Putin. Il consenso schiacciante emerso attorno all’istituto della presidenza della Federazione riduceva alla marginalità non soltanto il ruolo della Duma e delle regioni, ma qualunque voce di opposizione al regime, quando non portava alla persecuzione di figure e organizzazioni indipendenti. Lo stretto intreccio tra élite politica e potere economico restò intatto sotto il sostanziale controllo di Putin, nella veste transitoria di capo del governo. Il monopolio televisivo e mediatico del regime si stabilizzò. La guerra in Georgia (v., 2008) riaffermò la presenza russa nel Caucaso e, più in generale, nello spazio postsovietico, mentre la questione cecena era ormai liquidata con l’uso massiccio della forza. La conclusione di un nuovo trattato per la limitazione degli armamenti nucleari, lo START (STrategic Arms Reduction Treaty) III (2010) e l’ingresso della R. nel WTO (World Trade Organization; 2011) contribuirono ad allentare le tensioni con l’Occidente, ma non erano il preludio a una nuova stagione di relazioni costruttive.
La rielezione di Putin e la crisi ucraina. – In un simile panorama, la rielezione di Putin alla carica di presidente nel 2012, con oltre il 60% dei voti, è stata un evento scontato che gli ha aperto la possibilità di prolungare il suo dominio della scena politica russa per altri sei anni. La continuità con le coordinate già stabilite appare talmente forte da rendere difficile parlare di una seconda fase dell’epoca putiniana. Essa si svolge, come era accaduto nel primo decennio del secolo, all’insegna della modernizzazione incentrata sul complesso energetico statale, ma non prevede alcuna riforma politica. La principale novità nel contesto interno è stata la nascita di un movimento di prote sta, guidato dal blogger Aleksej Anatol′evič Naval′nyj, che ha incrinato il consenso plebiscitario del presidente e fatto emergere i segnali di uno scontento strisciante tra le classi medie per l’avvertita corruzione del ceto politico. Tuttavia la contestazione extraparlamentare non si è dimostrata sufficientemente solida per sfidare veramente il regime. Putin ha continuato a poggiare il proprio potere su un consenso patriottico e populista, oltre che sul-l’apatia politica di gran parte della popolazione. Egli si è poi servito delle tensioni tra la R. e l’Occidente in Ucraina (v.) per consolidare il proprio credito interno.
La crisi ucraina (2014) ha contribuito a rafforzare molto seriamente la politica di potenza della R. di Putin. Fallito il tentativo di limitare la sovranità ucraina e di impedire la conclusione di un trattato di associazione tra Kiev e l’Unione Europea, Mosca ha favorito l’annessione della Crimea (v.), sostenendo le forze separatiste nell’Est del Paese, con il rischio di una guerra civile. La conseguenza internazionale è stata una tensione senza precedenti con l’Unione Europea e gli Stati Uniti che hanno imposto sanzioni economiche come ritorsione. Nella crisi ucraina, Mosca ha rivendicato interessi geopolitici troppo a lungo trascurati dall’Occidente. Ulteriori importanti evoluzioni in politica estera si registrarono durante il secondo mandato di Obama. In primo luogo, la storica svolta nei rapporti degli S. U. con Cuba (v.) suggellata dall’annuncio, il 17 dicembre 2014, di una serie di misure di disgelo e dalla riapertura, nel luglio 2015, delle reciproche ambasciate; poi la ripresa del dialogo con l’Irān (v.), nel quadro del negoziato e dei successivi accordi sul nucleare iraniano siglati sempre nel luglio 2015.
Bibliografia: R.H. Donaldson, J.L. Nogee, V. Nadkarni, The foreign policy of Russia: changing systems, enduring interests, Armonk (N.Y.) 1998, London-New York 20145; S. Kotkin, Armageddon overted. The soviet collapse, 1970-2000, Oxford 2001 (trad. it. A un passo dall’Apocalisse. Il collasso sovietico 1970-2000, Roma 2010); R. Service, A history of modern Russia: from Nicholas II to Putin, London 2003; M.I. Goldman, Petrostate: Putin, power, and the new Russia, Oxford-New York 2008, 20102; L. Gudkov, V. Zaslavsky, La Russia da Gorbaciov a Putin, Bologna 2010; L. Shevtsova, Lonely power: why Russia has failed to become the West and the West is weary of Russia, Washington 2010; F. Benvenuti, Russia oggi. Dalla caduta dell’Unione Sovietica ai nostri giorni, Roma 2013; K. Dawisha, Putin’s kleptocracy: who owns Russia?, New York 2014; R. Sakwa, Putin redux: power and contradiction in contemporary Russia, London-New York 2014; M.H. Van Herpen, Putin’s wars: the rise of Russia’s new imperialism, London 2014, Lanham (Md.) 20152.
Architettura di Livio Sacchi. – La storia recente ha profondamente segnato l’architettura del Paese; Mosca, la sua maggiore metropoli, è stata la prima a esserne drasticamente trasformata. L’obiettivo di portare la nazione, in generale, e le sue principali città ai livelli raggiunti dalle maggiori potenze mondiali, ha trovato nell’architettura uno dei più efficaci strumenti di rinnovamento culturale e sociale. Il neocapitalismo russo è stato certamente il primo responsabile dell’enorme crescita del settore immobiliare; ma le nuove costruzioni realizzate negli ultimi anni, in mancanza di coerenti piani di sviluppo, appaiono per lo più ispirate a forme spontanee di eclettismo pseudostoricista. Nuove tipologie edilizie di lusso, prima respinte dall’ideologia, hanno iniziato a caratterizzare le maggiori città russe: in ambito turistico (alberghi, ristoranti, terme, locali notturni, casinò ecc.); nel settore degli uffici (sedi bancarie); in campo residenziale (case d’abitazioni private, le prime dopo quasi un secolo).
Due le sfide con cui il Paese ha affrontato la contemporaneità: la sostenibilità ambientale, concepita non solo con l’obiettivo di ridurre le emissioni inquinanti, ma come sfondo caratterizzante l’intera attività progettuale, soprattutto alla scala urbana; il recupero e, talvolta, la ricostruzione degli edifici storici del periodo imperiale. Un esempio emblematico è costituito dalla riqualificazione dell’esteso e straordinario centro storico di San Pietroburgo (2003-11), in buona parte portato a termine in occasione del terzo centenario della fondazione della città, nonché oggetto di considerevole attenzione mediatica in coincidenza del G8 del 2006: i lavori continuano ancora, affiancati da non pochi nuovi progetti che non hanno mancato di sollevare preoccupazioni e proteste da parte dei movimenti di tutela del patrimonio storico e della stessa UNESCO.
Sul fronte dell’architettura contemporanea sono stati coinvolti molti fra i principali architetti europei, da Norman Foster a Dominique Perrault a Zaha Hadid, cui sono stati commissionati grandiosi progetti che purtroppo, nella maggior parte dei casi, non sono stati realizzati. Un esempio completato, almeno in gran parte, è invece costituito dal MIBC (Moscow International Business Center), la cosidetta Crystal Island: colossale e imponente complesso edilizio originariamente progettato da Foster. L’impegnativo intervento, noto anche come Moscow City, posto lungo le rive di una profonda ansa del fiume Moscova a soli 4 km dal Cremlino, prevedeva 15 grattacieli destinati a ospitare uffici, abitazioni, alberghi e spazi commerciali concentrati in una vera e propria nuova città, raggiungibile con una nuova tratta della metropolitana e collegata ai due aeroporti internazionali da linee ferroviarie di superficie ad alta velocità. Diviso in diversi lotti, il masterplan fu elaborato nel 1992; la consegna era prevista per il 2007. Il primo edificio completato è stato la Tower 2000 nel 2001; le autorità prevedono di portare a termine i restanti lotti per il 2018. Il progetto comprende: la Torre Nord, realizzata dalla compagnia austriaca Strabag SE, completata nel 2007; i tre edifici con l’unico basamento delle Torri Naberezhnaja, dello studio RTKL & ENKA, completati nel 2007; il complesso chiamato Città delle capitali, che rappresenta, con le due costruzioni principali, le città di Mosca e San Pietroburgo, dello studio NBBJ, ultimato nel 2009; la Torre Imperia, ancora di NBBJ, finita nel 2011; la Torre Città Mercurio, consegnatata nel 2013, degli architetti Mikhail M. Posokhin, Frank Williams e Gennadiy Lvovich Sirota; la Torre Evoluzione dello studio RMJM, completata nel 2014; le due torri Federaciya: Vostok (Oriente) e Zapad (Occidente), su progetto di Sergei Tchoban e Peter Schweger, completate nel 2014; la Torre Eurasia dello studio statunitense Swanke Hayden Connell Architects, inaugurata nel 2014; un grande volume centrale, da cui si dipartono le nuove linee metropolitane, completato nel 2014. Altri complessi edilizi, che fanno parte di tale vasto progetto, sono ancora in fase di sviluppo.
Deludenti i risultati architettonici conseguiti dai pur ambiziosi complessi sportivi e turistici realizzati a Sochi in occasione dei Giochi olimpici invernali del 2014. Alcuni interessanti esperimenti sono stati invece compiuti nell’ambito delle new towns: Akademia City, per es., in corso di realizzazione a partire dal 2007 su progetto di Renova StroyGroup, è considerata tra le città a maggior efficenza energetica al mondo grazie a una smart grid messa a punto in collaborazione con multinazionali quali Siemens e Basf, tuttavia seguendo il discusso modello della gated community, in questo caso esteso all’intera città. Skolkovo, la futura Silicon Valley russa, dal 2009 ha visto anch’essa al lavoro molti noti personaggi della scena architettonica contemporanea, da David Chipperfield allo studio giapponese SANAA a Herzog & de Meuron: l’ambizioso progetto è stato presentato, fra l’altro, con successo alla Biennale di Venezia del 2012, dove si è aggiudicato una menzione speciale. Tra le numerose realizzazioni al suo interno, si segnalano la Scuola di management, opera di Adjaye Associates, del 2010, e il Centro di ricerca e innovazione dell’architetto moscovita Boris Bernaskoni, del 2012.
Letteratura di Donatella Possamai. – La letteratura russa del 21° sec. è contraddistinta da un’estrema eterogeneità di generi e stili che convivono sincreticamente e sincronicamente in uno stesso spazio culturale, resistendo a qualsiasi tentativo tassonomico. Oggi assistiamo agli esiti di un processo iniziato negli anni Novanta con il crollo dell’Unione Sovietica; da un lato, sono stati ridisegnati i confini del campo letterario con la riappropriazione della produzione dell’emigrazione e underground, dall’altro, la fine della gestione statale centralizzata del mercato culturale e la conseguente deistituzionalizzazione della letteratura hanno causato la nascita di nuovi meccanismi di regolazione interni, già noti al mondo occidentale. Il libro è divenuto un prodotto soggetto a commercializzazione e il pubblico dei lettori ha acquisito un ruolo del tutto diverso da quello giocato in epoca sovietica; per poter vendere, un libro deve farsi interprete e rispondere alle richieste del pubblico. Un pubblico a sua volta profondamente mutato poiché tutta la struttura sociale è cambiata; in termini sociologici, negli anni sono nate molte differenti subculture che presentano nuove esigenze, in costante evoluzione, nei confronti del mercato librario. Parallelamente, la fine del ‘letteraturocentrismo’ e l’estetica postmoderna della contaminazione hanno favorito anche in R. una nuova permeabilità dei confini tra la ‘letteratura alta’ e la ‘letteratura di massa’, all’insegna del vecchio slogan di Leslie Fiedler «cross the border, close the gap» che ha marcato la cultura pop nordamericana degli anni Sessanta e Settanta. Anche i generi in precedenza rigorosamente codificati dalla tradizione han no subito quindi delle profonde trasformazioni generando nuove e molteplici forme ibride di narrazione che sfuggono a qualsiasi definizione canonica.
Con un apparente paradosso, nell’estrema policromia dell’affresco letterario contemporaneo risalta come motivo conduttore una omogeneizzazione del gusto; le preferenze dei lettori, pur appartenenti a tipologie estremamente diverse (per genere, collocazione sociale e fascia d’età) si concentrano in una fascia intermedia di prodotti letterari, la cosiddetta middle literature, che concilia le spinte provenienti dal basso (dalla cosiddetta letteratura di massa) e dall’alto (la ‘vera’ letteratura). Si tratta di un fenomeno nuovo per la letteratura russa, storicamente piuttosto polarizzata. Comunque sia, il dibattito critico sul concetto stesso di letteratura russa contemporanea è estremamente attuale e vivace; le interpretazioni divergono notevolmente non solo dal punto di vista dell’applicazione cronologica del termine, ma anche per il suo contenuto semantico, nei differenti tentativi di definire un ‘canone’ della contemporaneità. Inoltre, volendo avvalorare l’applicabilità del modello postcoloniale anche ai Paesi dell’ex Unione Sovietica, sarebbe forse più appropriato parlare di letteratura contemporanea in/di lingua russa, poiché talvolta ci si riferisce ad autori provenienti da culture ‘altre’ dell’ex impero.
A partire dagli anni Novanta ha preso avvio il fenomeno dei premi letterari non statali, che attualmente ammonterebbero a ben oltre un centinaio; organizzati spesso in maniera diversa ‒ per composizione della giuria, modalità di avanzamento delle candidature e cicli premiali sono accomunati dall’ambiziosa intenzione di regolare il mercato librario e indirizzare i gusti del pubblico, funzione quest’ultima che in epoca sovietica era affidata alle riviste letterarie. Ricorderemo in questa sede unicamente i più famosi e riccamente dotati: il Russkij Buker (Booker russo), nato nel 1992, il Nacional′nyj Bestseller (Bestseller nazionale) del 2001, il Bol′šaja Kniga (Grande libro) del 2006 e l’ultimo nato, il premio NoS del 2009 (letteralmente Naso, acronimo di Novaja slovesnost′, Nuova letteratura). Secondo alcuni critici, i vincitori e le short lists non darebbero indicazioni delle tendenze mainstream e solo le long lists sarebbero in grado di fornire un panorama della produzione letteraria. Ciò viene parzialmente addebitato sia a fattori di tipo endogeno ‒ l’estrema frammentazione della cultura che ricordavamo sopra, un fenomeno divenuto particolarmente rilevante nel nuovo millennio ‒ sia a una più generale assenza, nella società russa contemporanea, di principi unificanti, integrativi, di simboli stabili e autorevoli che possano essere tramandati nel tempo; in altri termini, allo svuotamento del ruolo sociale dell’intelligencija in epoca postsovietica. D’altro canto, se è vero che gli elenchi dei vincitori non delineano lo scenario nell’hic et nunc, cioè in una dimensione puramente sincronica, in un arco di tempo più lungo quegli stessi elenchi diventano significativi.
Agli albori del nuovo millennio, di fatto, sono ancora presenti sulla scena letteraria i cosiddetti šestidesjatniki, gli autori che debuttarono negli anni Sessanta sull’onda del disgelo, quali Vasilij Aksenov (1932-2009, vincitore nel 2004 del Russkij Buker con il romanzo Vol′ter′jancy ivol′ter′anki, I voltairiani e le voltairiane), Andrej Bitov (n. 1937), Fazil′ Iskander (n. 1929), Valentin Rasputin (19372015) e Vladimir Vojnovič (n. 1932).
A loro si affiancano altri scrittori, talvolta coetanei, che condivisero l’esperienza della scrittura in epoca sovietica come Viktor Erofeev (n. 1947), Eduard Limonov (n. 1943), Vladimir Makanin (n. 1937, vincitore nel 2008 del Bol′šaja Kniga con il romanzo Asan), Ljudmila Petruševskaja (n. 1938) e Viktorija Tokareva (n. 1937).
Molti di coloro che sono giunti alla ribalta letteraria negli anni della perestrojka e in quelli successivi al crollo dell’Unione Sovietica vi occupano a tutt’oggi un posto di rilievo: Viktor Pelevin (n. 1962, vincitore nel 2004 del Nacional′nyj bestseller con la raccolta Dialektika perechodnogo perioda iz niotkuda v nikuda, trad. it. Dialettica di un periodo di transizione dal nulla al niente, 2007), Tat′jana Tolstaja (n. 1951), Michail Šiškin (n. 1961, l’unico ad avere vinto tre dei premi succitati, nel 2000 il Russkij Buker per Vzjatie Izmaila, trad. it. La presa di Izmail, 2007; nel 2005 il Nacional′nyj Bestseller per Venerin volos, trad. it. Capelvenere, 2006; nel 2011 il Bol′šaja Kniga per Pis′movnik (Epistolario), Ol′ga Slavnikova (n. 1957, vincitrice nel 2006 del Russkij Buker con 2017), Vladimir Sorokin (n. 1955, NoS nel 2010 per Metel′, La tormenta), Andrej Volos (n. 1955, Russkij Buker nel 2013 per Vozvraščenie v Pandžrud, Ritorno a Pandžrud) e Ljudmila Ulickaja (n. 1943, vincitrice nel 2007 del Bol′šaja Kniga per Daniel′Stejn, perevodčik, trad. it. Daniel Stein, traduttore, 2010).
A questi ultimi si va a sommare la generazione che si è affacciata alla scrittura principalmente nel nuovo millennio: Dmitrij Bykov (n. 1967, ha vinto nel 2006 con la biografia Boris Pasternak sia il Bol′šaja Kniga sia il Nacional′nyj bestseller, e quest’ultimo premio una seconda volta nel 2011 con il romanzo Ostromov, ili Učenik čarodeja, Ostromov, o l’apprendista stregone), Andrej Gelasimov (n. 1966), Denis Gucko (n. 1969, Russkij Buker nel 2005 per Bez puti-sleda, Senza una traccia di via), Michail Elizarov (n. 1973, Russkij Buker nel 2008 con Bibliotekar′, trad. it. Il bibliotecario, 2011), Zachar Prilepin (n. 1975, Nacional′nyj Bestseller nel 2008 con Grech, trad. it. Il peccato, 2012, e Bol′šaja Kniga con Obitel′, Il monastero, nel 2014), SergejŠargunov (n. 1980), Igor′ Višneveckij (n. 1964, NoS nel 2011 per Leningrad) ed Evgenij Vodolazkin (n. 1964, Bol′šaja Kniga nel 2013 per Lavr, trad. it. Lauro, 2013).
Pur nell’estrema e più volte sottolineata varietà di forme e linguaggi, la letteratura russa degli ultimi anni ha cominciato a mostrare rinnovati segnali della presenza di una forte componente etica, filosofica e politica, anche se in forme ‘mascherate’, adeguate alla nuova percezione del pubblico dei lettori. Nel nuovo millennio le ucronie hanno conosciuto infatti un vero e proprio boom; la ricostruzione di una storia alternativa (alternate history), ai confini con utopie, antiutopie e distopie, tra fantascienza e fantasy, sembra essere la forma d’elezione per ridare spazio alla meditazione su passato e futuro, in confezioni accattivanti anche per il lettore medio. Le forme e le coloriture che questi mondi alternativi assumono possono essere i più diversi: dal modello imperial-ortodosso di Ukus angela (1999, Il morso dell’angelo) di Pavel Krusanov, forse il capostipite di questa nuova ondata e che suscitò molto scalpore, a Maskavskaia Mekka (2003, La Mecca a Maskav) di Andrej Volos, dove nella megalopoli Maskav, trascrizione tagika di Mosca, i musulmani si mescolano agli slavi, alle antiutopie venate di satira di Den′ opričnika (2006; trad. it. La giornata di un opričnik, 2014) e Sacharnyj Kreml (2008, Il Cremlino di zucchero) di Vladimir Sorokin, che presentano la Russia imperiale dei tempi di Ivan il Terribile proiettata nel futuro, circondata da una grande muraglia che la separa dalla Cina e dove molti sono gli echi di avvenimenti contemporanei, sfondo che l’autore riprenderà, ampliandolo oltre i confini della R., anche in Tellurija (2013, Telluria), al già citato 2017 di Ol′ga Slavnikova, una distopia collocata in un futuro molto prossimo, a cento anni dalla Rivoluzione. L’elenco potrebbe proseguire a lungo con le opere di Bykov, Elizarov e di molti altri scrittori considerati più ‘di massa’ come Oleg Divov, Dmitrij Gluchovskij, Sergej Luk′janenko, Chol′m Van Zajčik (pseudonimo collettivo di un gruppo di scrittori); tutti, ognuno a modo suo, alla ricerca di una risposta alla famosa domanda posta da Aleksandr Solženicyn ancora nel 1990: come ricostruire la nostra Russia?
Bibliografia: Reading for entertainment in contemporary Russia. Post-soviet popular literature in historical perspective, ed. S. Lovell, B. Menzel, München 2005; N. Ivanova, Uskol′zajuščaja sovremennost′. Russkaja literatura XX–XXI vekov: ot ‘vnekomplektnoj’ k postsovetskoj, a teper′ i vsemirnoj (La contemporaneità sfuggente. La letteratura russa dei sec. XX-XXI: da ‘non inclusa’ a postsovietica e adesso a globale), «Voprosy literatury» (Questioni di letteratura), 2007, 3; E. Borenstein, Overkill. Sex and violence in contemporary Russian popular culture, Ithaca-London 2008; B. Dubin, N. Zor′kaja, Čtenie i obščestvo v Rossii 2000-ch godov (Lettura e società nella Russia degli anni 2000), «Vestnik obščestvennogo mnenija» (Messaggero dell’opinione pubblica), 2008, 6; M. Lipoveckij, A. Etkind, Vozvraščenie tritona. Sovetskaja katastrofa i postsovetskij roman (Il ritorno del tritone. La catastrofe sovietica e il romanzo postsovietico), «Novoe literaturnoe obozrenie» (Nuova rassegna letteraria), 2008, 94, http://magazines.russ.ru/nlo/2008/94/li17.htm (11 sett. 2015); S. Čuprinin, Russkaja literatura segodnja. Novyj putevoditel’ (La letteratura russa oggi. La nuova guida), Moskva 2009; A. Etkind, Stories of the undead in the Land of the unburied. Magical historicism in contemporary Russian fiction, «Slavic review», 2009, 68, 3, pp. 63158; M. Caramitti, Letteratura russa contemporanea. La scritturacome resistenza, Roma-Bari 2010; D. Possamai, Nuova dinamica della produzione letteraria post-sovietica, in Challenges and perspectives of contemporary Russia, a cura di L. Asta, Padova 2014, pp. 171-79.
Cinema di Alessia Cervini. – Nel 2003 il film di un giovane regista russo è stato premiato con il Leone d’oro alla 60a Mostra del cinema di Venezia: Vozvraščenje (Il ritorno) di Andrej Zvjagincev. L’inizio del nuovo millennio è cominciato quindi con il riconoscimento, da parte di una delle più prestigiose istituzioni cinematografiche occidentali, dell’attesa e forse definitiva rinascita del cinema russo postsovietico, ovvero della sua rigenerazione, grazie a una nuova leva di giovani registi, dopo un decennio di primi tentativi in questa direzione, come quelli fortunati di Aleksej Balabanov (1959-2013). Autore di un film – Brat (Brother) – che nel 1997 aveva ottenuto grande successo, Balabanov è stato giustamente considerato tra i primi fautori di questo movimento di rinnovamento, portato avanti fino alla sua prematura scomparsa nel 2013. Con lo stile duro del gangster movie postmoderno, i film di Balabanov hanno raccontato, anche nel corso degli anni Duemila, il disfacimento di un sistema arrivato al collasso e incapace di rinnovarsi se non con il ricorso alla violenza e alla sopraffazione, così come accade, fra gli altri, in Gruz 200 (2007; Cargo 200), che a dieci anni dall’uscita di Brat, confermava la volontà del regista di fare i conti con la storia, cinematografica e non solo, di un Paese complesso come la Russia.
Questa stessa esigenza di confronto ha attraversato, a vario titolo, la produzione di altri giovani registi, nel corso degli ultimi dieci anni. Fra loro, il già ricordato Zvjagincev che, pur se in una forma cinematografica più classica e meno corrosiva di quella inaugurata da Balabanov, declinava in Vozvraščenje il proprio bisogno di confronto con il passato, nei termini espliciti del complicato rapporto fra un uomo per lungo tempo lontano, tornato a casa dopo dodici anni, e i suoi due figli quasi adolescenti, cresciuti nel vuoto di un’autorità paterna assente. Una storia intima e familiare diventa, con ogni evidenza, l’occasione per riflettere sulla condizione morale e politica della R. contemporanea, come è accaduto – forse con meno incisività – nei successivi Izgnanie (2007, L’esilio) ed Elena (2011), fino a Leviathan (2014), vincitore del premio Oscar per il miglior film straniero, in cui l’accusa nei confronti di poteri, tanto forti quanto disumanizzati, diviene esplicito sin dal titolo del film.
Figlio del grande regista Aleksej German – scomparso nel 2013, subito dopo aver terminato le riprese del suo ultimo film Trudno byt´ bogom (È difficile essere un Dio) – Aleksej German Jr condivide con gli altri giovani registi della sua generazione il complesso progetto di rilettura di alcune delle pagine più significative della R. novecentesca: la Seconda guerra mondiale in Poslednij Poezd (2003, L’ultimo treno), gli anni che precedono la Prima guerra mondiale e la rivoluzione bolscevica in Garpastum (2005), gli anni Sessanta e la conquista dello spazio in Bumažnyj soldat (2008, Il soldato di carta), tutti film contigui fra loro oltre che per la linea tematica cui si è fatto cenno, anche per uno stile divenuto riconoscibile soprattutto in virtù di un uso espressivo e antinaturalistico del colore.
Accanto alle prove dei registi più giovani ed emergenti, resistono quelle di autori i cui nomi erano già emersi nel cinema russo degli anni Settanta, Ottanta e Novanta del secolo scorso. Fra questi va menzionato ancora il nome di Nikita Mikhalkov, tornato alla regia dopo quasi dieci anni di pausa nel 2007 con 12, premiato con menzione speciale alla 64a Mostra del cinema di Venezia, e Utomlënnye solncem 2 (2010, Il sole ingannatore 2), sequel sfortunato del film che era stato record di incassi nel 1994. Sempre la Mostra del cinema di Venezia ha premiato con il Leone d’oro nel 2011 Faust di Aleskandr Sokurov (v., poi tornato a Venezia con Francofonia, 2015) e nel 2014, con il Leone d’argento, Belye noči počtal´ona AleksejaTrjapicyna (noto con il titolo The postman’s white nights) di Andrej Končalovskij.
Bibliografia: B. Beumers, A history of Russian cinema, Oxford-New York 2009; N. Condee, The imperial trace. Recent Russian cinema, Oxford-New York 2009; G. Spagnoletti, Il cinema russo contemporaneo, Venezia 2010; M. Poirson-Dechonne, Le cinéma russe, de la perestroïka à nos jours, «CinémAction», 2013, 148, nr. monografico; Cinema reader. Volume two. The thaw to the present, ed. R. Salys, Boston 2013; Il cinema russo attraverso i film, a cura di A. Cervini, A. Scarlato, Roma 2013.