SALONA
. Antica città della Dalmazia, le rovine della quale sorgono nei pressi dell'attuale borgo omonimo (in croato Solin) a circa 6 km. a N. di Spalato.
Il centro antico fu dapprima un luogo di convegni mercantili, misto di elementi indigeni, di coloni greci e di commercianti romani. Dopo la lotta fra Cesare e Pompeo, avendo Salona parteggiato per Cesare, fu organizzata in colonia autonoma col nome di Colonia Martia Iulia Salonitana. La definitiva annessione e organizzazione nell'Impero dei paesi illirici contribuì alla formazione di città, e fra di esse dominò Salona, che stette a capo della provincia di Dalmazia.
Non solo gli scambî commerciali, ma anche il copioso reclutamento militare fecero penetrare molto addentro in queste zone dalmatiche la civiltà di Roma. Si formò un'aristocrazia indigena romanizzata, la quale era costituita da veterani che tornavano nelle loro tribù e nei loro villaggi dopo avere terminato il servizio nei corpi ausiliarî. La romanizzazione fu tanto intensa che influì su tutti i modi di vita, e assorbì completamente l'elemento illirico. A Salona risiedettero il governatore della Dalmazia e tutti gli uffici amministrativi. Una serie di strade, costruite dai soldati fino dal tempo di Tiberio, collegavano Salona con le vallate della Bosnia dove erano in attività le miniere di ferro. Il vasto e sicuro specchio marino, che le stava dinnanzi (sinus Salonitanus), permetteva importanti scambio con tutte le zone del Mediterraneo. Si aggiunga la vicinanza di un fiume (Iader) che costituiva anche un utile sbarramento difensivo. Proprio nella generale decadenza del sec. III si avverò il maggior fiorire di Salona. Diocleziano molto favorì la capitale della sua provincia, e vicino ad essa fece erigere il grandioso palazzo che ancora oggi attesta la sua gloria.
Circa cento anni di scavi fatti sotto la direzione del Carrara, del Lanza dell'Inchiostri, del Glavinić, di F. Bulić, di W. Gerber, di R. Egger, di E. Dyggveed; ora di M. Abramić, hanno restituito molte vestigia dell'antica Salona e delle sue adiacenze. La città era divisa in due grandi quartieri, anzi in due centri ben distinti, uno più antico ad occidente e un altro più recente ad oriente. L'ingrandimento e varie sistemazioni dovettero avvenire all'epoca augustea. Lucano nella Farsaglia (IV, 404) parla di Salona come città lunga. Secondo un'ipotesi di C. Cichorius (Die Reliefs der Trajanssäule, III, Berlino 1900), che non manca di qualche fondamento, un bassorilievo della Colonna Traiana darebbe genericamente l'aspetto della città. Fra le diverse costruzioni ebbe particolare imponenza l'anfiteatro, come dimostrano i suoi ruderi. Esso misurava circa m. 100,65 nell'asse minore e 124,75 nel maggiore; l'arena aveva assi di m. 40,20 e 64,30. Si distinguono la porta libitinaria, la porta pompae, i carceres, le camere e forse un luogo di culto per i gladiatori, i luoghi riservati ai magistrati. Potevano stare in questo anfiteatro oltre 15.000 persone. In quanto alla data, si può ritenere che il primo periodo della costruzione appartenga alla seconda metà del sec. II, mentre il rifacimento di un portico superiore e altre costruzioni sono piuttosto della fine del sec. IV o degl'inizî del V. Ci sono anche degli elementi databili circa l'anno 300.
Gli archeologi della missione danese completarono anche gli scavi di un tempio pagano; questo, prostilo, esastilo, ebbe varie fasi a cominciare dal sec. I. Lo avvicina un colonnato più tardo. Prossimo è il teatro (sec. I) che appartiene a un tipo interessante dal punto di vista architettonico ed estetico, caratterizzato dalla nicchia centrale della scena. Si conoscono resti di grandi terme pubbliche, ma si è anche accertata l'esistenza di varî bagni privati. Così pure sembra essere riapparsa traccia del praetorium, per l'iscrizione di uno "scriba consularis". Interessanti i resti di mura, di acquedotti, di case private, di botteghe, di un "torcular". Salona era città industriale importantissima, e sappiamo dalla "Notitia dignitatum" che vi era una grande fabbrica d'armi. La via delle tombe (l'unica sinora scoperta) ebbe una località designata da un'epigrafe come "hortus Metrodori". In quanto ai culti orientali, si sono trovate tracce di quelli della Magna Mater, di Mitra, ecc.
Ma una grande importanza hanno soprattutto in Salona le vestigia del culto cristiano. Nel sec. III vi fu nel luogo una comunità già organizzata. Il primo vescovo conosciuto è forse S. Venanzio che, come il suo successore S. Domnio, ebbe a patire il martirio (quest'ultimo nel 303 o 304). Nell'angolo NO. della città occidentale, presso l'acquedotto, è riapparso un edificio che è stato identificato come il più antico oratorio cristiano di Salona (fine del sec. III). Qui vicino si sviluppò, a partire dal sec. IV, il grande centro ecclesiastico salonitano con la basilica, il battistero, l'episcopio. Anzi sono rimaste le tracce di varie basiliche sovrapposte o affiancate, che rappresentano le fasi successive di sviluppo del centro vescovile.
Si distinguono un'abside della basilica più antica (eretta poco dopo il 313); poi viene la basilica postcostantiniana; indi la grande costruzione inaugurata dopo l'anno 400; infine una grande basilica a forma di croce. Un'epigrafe della basilica del sec. V ci attesta che essa fu iniziata dal vescovo Sinferio in sostituzione delle vecchie costruzioni e ultimata dal nipote, il vescovo Esichio, con l'aiuto finanziario del clero e del popolo. Bellissimi tratti musivi pavimentali sono stati rinvenuti in questa basilica, la quale presenta un semicerchio concentrico all'abside, destinato, senza dubbio, ad isolare il luogo delle sacre cerimonie dal deambulatorio posteriore, secondo un tipo comune alle basiliche istriane e del Norico meridionale. Accanto alla basilica è un battistero ottagono (forse del sec. VI), avvicinato da un consignatorio, con musaico raffigurante due cervi che bevono a un vaso. La basilica a croce può datare dal vescovo Onorio II (527-546), tristemente noto per la sua attitudine scismatica a favore dei "Tre capitoli". Di recente si è trovata in Salona una nuova basilica provvista di battistero ottagono: potrebbe trattarsi di una chiesa di eterodossi. Altre vestigia di chiese sono riapparse, fra cui una, ad occidente, che possiede tre absidi. Fuori delle mura, nel luogo dei villaggi di Marusinaz e Manastirine, si sono scavati cimiteri con sovrastanti basiliche (rispettivamente denominate dagli scopritori, in base a varî indizî: Basilica quinque martyrum, Basilica S. Anastasi, Basilica del Coemeterium Legis Sanctae Christianae). Il cemeterio di Manastirine è denso di sepolcri affollatisi attorno ai depositi dei martiri Domnio e Venanzio. Nel possedimento rurale di un tal Lucio Ulpio, dove questo proprietario del sec. II si era fatto erigere il sepolcro, furono inumati, circa un secolo dopo, i predetti martiri, entro una "cella memoriae" che divenne il nucleo del vasto cemeterio. Alla cella si sostituì, nell'età della pace, una basilica a tre navate. Nel sec. VI presso la basilica doveva già esistere un monastero (donde il vocabolo: Manastirine). La basilica ha stupendi musaici. Non erano solo queste le basiliche paleocristiane del territorio salonitano, giacché si sono rinvenute tracce di varie altre, fra cui una, dedicata a S. Pietro, presso Vragnizza, un interessante monastero fortificato a Risinizze, una basilichetta cemeteriale detta Chiesa vuota (a Šuplja Crkva).
Questa ricchezza di vestigia cristiane spiega come papa Zosimo potesse nel 414 elevare Salona alla dignità di metropoli ecclesiastica. Le invasioni avariche e slave, cominciate sul finire del sec. VI, troncarono questo religioso fervore. Salona fu invasa a ondate tra il 615-640 e i suoi abitanti trovarono rifugio nelle mura di Spalato; allora papa Giovanni IV, dalmata, inviò nella Dalmazia e nell'Istria l'abate Martino che riuscì a salvare le reliquie dei martiri salonitani e a trasportarle a Roma.
W. Gerber, R. Egger, M. Abramić, Forschungen in Salona, I, Vienna 1917; E. Dyggve e J. Bröndsted, Recherches à Salone, I, Copenaghen 1928; II, ivi 1933; F. Bulić, in Bull. arch. e storia dalmata, passim; E. Dyggve, in Atti III Congresso di arch. crist., Roma 1934, p. 237; J. Zeiller, Les origines chrétiennes dans la province romaine de Dalmatie, Parigi 1906; v. inoltre la voce Dalmatie di H. Leclercq, in Dictionnaire d'archéologie chrétienne (riassume gli studî Bulić e Zeiller, fino al 1919); la conferenza di P. Paschini, Da Spalato a Salona, in Le conferenze al Laterano, a cura del Pontificio Seminario Maggiore, fasc. marzo-aprile 1920, p. 103 segg., e la guida di M. Abramić, Split i okolica nella Jadranska Biblioteka, Belgrado 1928, p. 36 segg. Le opere dianzi elencate contengono l'indicazione di tutti gli studî del Bulić, che più degli altri archeologi dalmati ebbe mezzi e tempo per dedicarsi agli scavi di Salona.