salute
Benessere del corpo e della mente
Lo stato di salute dipende in buona parte dallo stile di vita e da fattori sociali, economici, ambientali, psicologici e culturali, mentre l’accessibilità a buone pratiche mediche è importante soprattutto per riparare danni già in atto. La salute, intesa come completo benessere fisico e psichico, resta un obiettivo difficilmente raggiungibile per quella vasta parte dell’umanità che tuttora vive in condizioni di estrema miseria, di grave degrado ambientale e spesso anche di precarietà per i conflitti in atto o per le condizioni politiche
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il termine salute indica non tanto – o non soltanto – l’assenza di malattia, ma piuttosto lo stato di completo benessere fisico e psichico. Questa è sicuramente una condizione che tutti vorremmo raggiungere, ma è attualmente, per moltissime persone, alquanto utopistica. Infatti sono ben pochi i soggetti in buona salute che, qualora esaminati a fondo, non mostrino qualche segno di malattia. Anche la campagna Salute per tutti nel 2000, lanciata nel 1978 dalla stessa OMS, è stata una scommessa inevitabilmente perdente. Infatti assai elevato era allora, e tuttora rimane – anzi, è ulteriormente aumentato! –, il numero delle persone che, soprattutto nei paesi meno sviluppati, vivono in condizioni pessime sotto il profilo igienico, abitativo, lavorativo e alimentare. Tali condizioni provocano molte malattie e morti precoci, dette appunto morti evitabili. È molto alta la mortalità infantile, sono frequenti le malattie in gravidanza, quelle infettive e parassitarie – come la diarrea e la malaria – e si diffondono i nuovi flagelli come l’aids. In un tale intreccio di miseria e di malattia, per centinaia di milioni di esseri umani la salute resta purtroppo un concetto totalmente estraneo alla loro esperienza e alla loro cultura.
È confermato che una buona salute dipende più dai fattori economici, sociali e ambientali che dalle caratteristiche delle varie malattie. Le indagini più recenti mostrano inoltre il ruolo importante dei fattori psicologici: confrontando persone che vivono in condizioni simili, godono mediamente di migliore salute i soggetti che hanno un minimo di sicurezza sul proprio futuro, una maggiore influenza sulle decisioni che riguardano la loro vita e il loro lavoro, maggiori garanzie che il sistema sociale in cui vivono li protegga dai più vistosi e frustranti fenomeni di disuguaglianza. Questo effetto è amplificato dalla circolazione sempre più rapida delle informazioni in un mondo globalizzato, che consente cioè a un numero sempre maggiore di persone di confrontare le proprie condizioni con quelle delle minoranze privilegiate, un confronto che provoca gravi stress da frustrazione per le ingiustizie subite.
Molti studi hanno anche mostrato che lo stato di salute dipende solo in misura limitata dalla possibilità di avere cure di buona qualità. È ovvio che è necessario un sistema sanitario equo per assicurare a tutti, indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche, le cure più efficaci quando si verifica un ‘guasto’ di qualsiasi natura alla macchina umana.
Tuttavia, solo in alcuni specifici casi le misure di tipo strettamente medico sono determinanti per mantenere lo stato di buona salute, cioè per impedire l’insorgenza di malattie. Per esempio, il controllo della pressione arteriosa (cuore e circolazione del sangue) e del metabolismo dei grassi consente di intervenire tempestivamente ed efficacemente con misure di carattere non medico – modifica della dieta, esercizio fisico –, poi eventualmente con misure di carattere medico – trattamenti farmacologici – prima che un soggetto sia colpito da qualche danno cardio-vascolare. Per il resto sono i fattori sociali, economici, ambientali e psicologici, dei quali si è già detto, a decidere dello stato di salute della stragrande maggioranza degli individui di una popolazione. È dimostrato, per esempio, che nei paesi più sviluppati il numero di ammalati e di morti per tubercolosi si è ridotto a seguito del miglioramento delle condizioni igieniche e alimentari tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento: cioè prima, e non dopo, dell’introduzione degli antibiotici (negli anni Quaranta del 20° secolo).
Due opposti esempi possono illustrare meglio la differenza tra salute e assenza di malattia. Da un lato ci sono persone che, pur non essendo malate, non sono nemmeno in buona salute: chi si sente male perché ha bevuto troppi alcolici, o ha saltato un paio di notti di sonno, o è colpito da mal d’auto, di mare o di aereo, oppure perché ha appena subito un grave lutto o un disastroso colpo di sfortuna, come la perdita del lavoro o la distruzione della casa. Dall’altro lato, una persona può provare un pieno benessere malgrado una pressione arteriosa troppo elevata, e questo anche per un lungo periodo di tempo prima che si dichiarino gli inevitabili guasti al cuore e ai vasi sanguigni, dovuti alla sua malattia ipertensiva non riconosciuta né curata.
La lingua italiana non riesce a rendere adeguatamente queste fondamentali distinzioni, mentre l’inglese distingue tra sickness, o illness e disease. I primi termini sono usati soprattutto per indicare la sensazione soggettiva di non star bene, e quindi di dover limitare le proprie normali attività: infatti mal di mare si dice sea-sickness; chi è tormentato dalle conseguenze di una sbornia dirà «mi sento sick». Il termine disease, invece, si riferisce a una specifica malattia. Su queste basi si sono affermati negli scorsi decenni i principi di una corretta prevenzione delle malattie. Questa deve combinare le misure a carattere collettivo – come la salvaguardia della salubrità degli ambienti di vita e di lavoro, degli alimenti e dell’acqua – con quelle mirate ai singoli individui: in particolare l’educazione ad alimentarsi in modo sano e a evitare sia la sedentarietà sia vari comportamenti a rischio come la guida spericolata, il sesso non protetto, l’uso di tabacco, di droghe e di dosi eccessive di alcolici.
Il termine malattia può avere significati sostanzialmente diversi. A un estremo, infatti, vi sono malattie per le quali sono state chiarite sia le cause sia i meccanismi che causano le alterazioni; queste malattie sono nettamente distinte tra loro, secondo un modello detto categoriale: il tifo petecchiale è distinto dal tifo intestinale, il morbillo è distinto dalla rosolia, il diabete è distinto da altre malattie del metabolismo, e via di seguito.
All’estremo opposto vi sono malattie meno ben definite, non solo sul piano delle cause e dei meccanismi, ma anche su quello dei confini con altre malattie, che sono assai meno netti, secondo un modello cosiddetto dimensionale.
Queste condizioni sono anche definite con la parola sindrome, che significa il complesso dei sintomi che caratterizzano una situazione morbosa senza costituire di per sé una malattia autonoma. Per esempio, la sindrome da fatica cronica, riconosciuta come malattia soltanto in tempi recenti, appare dovuta a più cause tra loro diverse ed è inoltre caratterizzata da meccanismi patologici parzialmente diversi da un caso all’altro. Inoltre, per distinguerla da condizioni come un normale affaticamento per eccessiva attività fisica o psichica o da una vera e propria depressione psichiatrica si considera più il piano quantitativo (quanto spesso capita) piuttosto che quello qualitativo (come si sta male).
Un aspetto importante del problema salute consiste nel fatto che tra l’estremo della buona salute e quello opposto della malattia grave e invalidante si trova una serie di condizioni intermedie, nelle quali gli individui possono comportarsi ora come sani ora come ammalati, in funzione di fattori ambientali che influenzano le loro scelte. Per esempio, una persona in buone condizioni socioeconomiche, con un lavoro sicuro e ben retribuito, ma che non le suscita un grande interesse e non comporta controlli particolarmente severi da parte del datore di lavoro, facilmente si dichiarerà ammalata anche per un banale raffreddore o per una lieve indigestione. Lo stesso ‘lusso’ non potrà permetterselo una persona a basso reddito, stretta dal bisogno e costretta a svolgere lavori precari, nei quali ogni assenza provoca la diminuzione del salario o addirittura la perdita del posto.
Non di rado si fa confusione e si usano in modo intercambiabile i termini salute e sanità, che conviene tenere distinti, anche se tale distinzione è in parte artificiosa. Il termine salute, cioè, è preferibile riservarlo alla nozione di integrità e benessere psicologici e fisici dei singoli soggetti individualmente considerati. Per contro, con sanità si intende descrivere sia lo stato di salute di una popolazione nel suo insieme sia le misure che le autorità adottano a salvaguardia della sanità pubblica e della salute dei singoli individui.