Allende, Salvador
Politico cileno (Valparaíso 1908-Santiago 1973). Di famiglia agiata, partecipò da studente alla lotta politica contro la dittatura di Ibáñez e subì nel 1931 la prigione. Laureatosi in medicina, tra i fondatori del Partito socialista nel 1933, eletto deputato nel 1937, fu chiamato due anni dopo a dirigere il ministero della Sanità nel governo di Fronte popolare di Aguirre Cerda. Senatore dal 1945, fu candidato del Fronte popolare alle elezioni del 1952, 1958 e 1964. Eletto presidente del Senato nel 1968, quale leader della coalizione di Unidad popular (socialisti, comunisti, cattolici di sinistra e radicali), divenne presidente della Repubblica con le elezioni del 4 settembre 1970, allorché fu votato anche dalla DC cilena. Il suo governo attuò una politica di riforme destinate a colpire gli interessi dei ceti privilegiati cileni e delle grandi multinazionali, soprattutto statunitensi. Realizzò infatti una importante riforma agraria, nazionalizzò alcune industrie e le miniere di rame. In politica estera A. stabilì rapporti d'amicizia con Cuba e gli altri paesi socialisti. A questo punto all’ostilità dei conservatori si aggiunsero le crescenti riserve dei democratico-cristiani. Il governo entrò quindi in difficoltà e subì vari rimpasti. A. dovette inoltre affrontare il fenomeno del terrorismo che si scatenò nel Paese, mentre la situazione economica, resa precaria dalla sospensione dei crediti esteri e dall’embargo statunitense, si aggravò in seguito a una vasta ondata di scioperi. Il 29 giugno 1973 vi fu un primo tentativo di golpe. Il 22 agosto la camera tolse la fiducia al governo di A., il quale propose un plebiscito per conoscere la volontà del popolo; ma l'11 settembre una rivolta dei militari, comandati dal generale Augusto Pinochet e forti di appoggi internazionali, portò al bombardamento e all'assalto del palazzo presidenziale della Moneda, dove A., rifiutatosi di arrendersi, trovò la morte.