ALLENDE, Salvador
Uomo politico cileno, nato a Valparaiso il 26 luglio 1908, morto a Santiago l'11 settembre 1973. Di famiglia agiata, partecipò da studente alla lotta politica contro la dittatura di Ibáñez e subì, nel 1931, la prigione. Laureato in medicina nel 1932, tra i fondatori del partito socialista nel 1933, eletto deputato nel 1937, fu chiamato due anni dopo a dirigere il dicastero della sanità nel governo di fronte popolare del presidente Aguirre Cerda. Nel 1939 sposò Hortensia Bussi (che gli darà tre figlie) e si rese popolare per la sua attività in favore dei colpiti da un terremoto. Senatore nel 1945 e già massimo esponente delle sinistre marxiste, propose un centinaio di leggi nel campo dell'assistenza sanitaria, della previdenza e dei diritti civili, massime quelli femminili. Nel 1952 il Fronte delle sinistre lo presentò candidato alla presidenza della repubblica, ottenendo il 5% dei voti; nel 1958 la sua candidatura raggiunse il 30% dei voti, mentre il Fronte delle sinistre (FRAP) si affermò come seconda forza politica del Cile. Nel 1964 si presentò per la terza volta consecutiva e ottenne il 39% dei voti; ma la vittoria andò al democratico cristiano Frei. Nel 1968 fu eletto presidente del Senato. Alle elezioni del 4 settembre 1970 la coalizione di Unità popolare, alla quale apparteneva il partito di A., ebbe la maggioranza relativa (36,3%; 34,9 i conservatori; 27,8% la democrazia cristiana): il Congresso lo designò presidente della Repubblica il 24 ottobre.
Nell'aprile 1971 A. firmò la legge che nazionalizzava le miniere di rame; in novembre ebbe la visita di Fidel Castro, durata un mese; nel 1972 fronteggiò l'offensiva delle destre, che provocò disordini costringendolo ad associare i militari al governo. Compì nello stesso anno una serie di viaggi, recandosi nel Perù, nell'Unione Sovietica, nel Messico, a Cuba, all'ONU, dove pronunziò un memorabile atto d'accusa contro i nemici del Cile. Le elezioni legislative del 1973 confermarono la popolarità di A.: ma al Senato e alla Camera l'opposizione, che coalizzava conservatori e democratici cristiani, pose in difficoltà il governo, che in tre anni fu rimaneggiato ventidue volte. Il terrorismo, provocato dalle fazioni estreme, si scatenò in tutto il paese, mentre la situazione economica, resa drammatica dal blocco dei crediti esteri - per lo più statunitensi - si aggravò in seguito a un'ondata di scioperi senza precedenti.
Il 4 settembre la Camera dichiarò illegale il governo di A.: il voto, sebbene non avesse valore costituzionale, suscitò reazioni negli alti gradi delle forze armate. A questo punto A. propose un plebiscito per conoscere la volontà del popolo; ma l'11 settembre un'improvvisa rivolta promossa dai militari, comandati dal generale Augusto Pinochet, provocò il bombardamento e l'assalto al palazzo presidenziale, dove A., che rifiutò di arrendersi, fu ucciso.
Bibl.: R. Debray, Entretiens avec Allende, Milano 1971; A. Labrousse, L'expérience chiliènne, Parigi 1972; O. Duhamel, Chili, Révolution, Legalité, ivi 1974; J. Timossi, L'ultima battaglia del presidente Allende, Milano 1974.