Salvador Edward Luria
Il medico italiano naturalizzato statunitense Salvador Edward Luria fu uno dei padri fondatori della genetica batterica e della biologia molecolare. Formatosi nella scuola del celebre istologo e anatomista Giuseppe Levi a Torino e poi a Roma nella scuola di fisica di Enrico Fermi, Luria fu costretto dalle leggi razziali del 1938 a emigrare negli Stati Uniti dove, nel 1943, elaborò con il fisico di origine tedesca Max Delbrück (1906-1981) il test di fluttuazione, dimostrando che i meccanismi adattativi dei batteri agli attacchi dei virus batteriofagi erano riconducibili al principio darwiniano della selezione naturale. Per queste pionieristiche ricerche, e per aver fondato la cosiddetta scuola del fago, ottenne nel 1969 il premio Nobel per la fisiologia o la medicina. Molto attivo politicamente, Luria condusse importanti battaglie per i diritti civili e il pacifismo.
Salvador Edward Luria nacque a Torino il 13 agosto 1912, con il nome di Salvatore, da David, discendente di un’antica famiglia ebraica e titolare di una piccola litografia, e da Ester Sacerdote. Al liceo classico d’Azeglio ebbe come professore di letteratura italiana Augusto Monti (1881-1966), convinto antifascista, maestro e fonte d’ispirazione di molti dei futuri membri del movimento Giustizia e libertà. Nel 1929 si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino e, l’anno successivo, entrò come interno nel Laboratorio diretto da Levi. Con quest’ultimo si laureò nel luglio del 1935, per poi specializzarsi in radiologia (1938), il campo di studi biomedico più vicino alla fisica teorica, disciplina che lo appassionava e che decise di studiare trasferendosi a Roma per frequentare il laboratorio di Enrico Fermi e i ‘ragazzi di via Panisperna’. Lo studio della radiogenetica e l’incontro con il microbiologo dell’ateneo romano Geo Rita (1911-1994) gli svelarono l’utilità dei virus batteriofagi per le indagini genetiche.
La promulgazione delle leggi razziali del 1938 lo obbligò a continuare le ricerche in esilio, prima in Francia, per due anni presso il Laboratorio Curie all’Institut du radium, e, dopo una rocambolesca fuga, dal 1940 negli Stati Uniti, dove nel 1945 sposò la psicologa Zella Hurwitz (da cui nel 1948 ebbe il suo unico figlio, Daniel) e dove nel 1947, all’acquisizione della cittadinanza, modificò il proprio nome in Salvador Edward.
Alla Columbia University di New York (1940-42), Luria iniziò la collaborazione con Delbrück, insieme al quale formulò il più celebre dei suoi esperimenti, il test di fluttuazione, che pose su basi darwiniane le fondamenta della genetica batterica, e con cui avviò la scuola del fago, un gruppo di lavoro informale presso il Cold Spring Harbor laboratory (Long Island, New York) dove si sarebbero formate le prime generazioni di biologi molecolari, tra cui due futuri premi Nobel come il suo ex compagno di studi Renato Dulbecco e lo scopritore della struttura del DNA James D. Watson (n. 1928), entrambi allievi di Luria presso l’Indiana University di Bloomington.
Gli anni presso l’Indiana University (1943-50) furono decisivi. Nel 1946 Luria fece la seconda importante scoperta della sua carriera, individuando uno dei primi meccanismi di riparazione del DNA. In questo periodo coltivò le prime esperienze politiche, sostenendo i movimenti sindacali e la campagna elettorale di alcuni candidati progressisti.
Durante il decennio 1950-59, passato alla University of Illinois di Urbana-Champaign, compì la sua terza importante scoperta, rivelando l’esistenza degli enzimi di restrizione del DNA dai quali nascerà l’ingegneria genetica. Quindi si spostò al Massachusetts institute of technology (MIT) di Cambridge (Mass.) per ricoprire la cattedra di microbiologia (1959), sviluppare il dipartimento di biologia e fondare il Center for cancer research (1972).
L’attivismo politico degli ambienti accademici bostoniani e l’assegnazione del Nobel (1969) spinsero Luria verso un maggiore impegno politico, soprattutto contro la guerra in Vietnam e per il disarmo nucleare, posizioni ritenute antigovernative da diverse amministrazioni statunitensi, che reagirono sottoponendolo a un severo controllo (1950-52), al ritiro del passaporto (1952) e al taglio dei finanziamenti da parte del National institute of health (1969).
Negli ultimi anni della sua vita Luria si dedicò con successo alla divulgazione scientifica e al nascente dibattito sull’etica della ricerca biomedica, ritirandosi nel 1985. Dopo aver combattuto alcuni anni con il cancro, morì a Lexington, nei pressi di Boston, per un attacco di cuore, il 6 febbraio 1991.
Luria è l’unico scienziato ad aver frequentato, rappresentandone in qualche modo una sintesi, le due ‘scuole di premi Nobel’ italiane: quella biomedica diretta da Levi a Torino e quella di fisica atomica fondata da Fermi a Roma. Per Luria, i contatti con Levi iniziarono nel 1930, al secondo anno del suo corso di laurea in medicina. Inizialmente attratto dal carisma, dal coraggioso antifascismo e dalla fama internazionale del maestro, pioniere nella coltura in vitro dei tessuti nervosi, Luria si rese presto conto di non nutrire grande interesse per l’istologia. Durante l’apprendistato nel laboratorio, durato fino al 1935, sotto la guida di Levi condusse importanti esperimenti sulle cellule muscolari e nervose, pubblicati su riviste italiane e tedesche. Si laureò con una tesi, che gli valse il premio Lepetit, sulla proporzione tra la dimensione delle cellule nervose e la mole corporea, la cosiddetta legge di Levi (Ricerche sperimentali sulla correlazione tra accrescimento del soma e accrescimento delle cellule nervose).
Continuò il proprio percorso di formazione con la specializzazione in radiologia presso l’ateneo romano (1937-38), e dedicò il tempo libero allo studio della fisica nucleare nel laboratorio di Fermi. A introdurlo alla radiogenetica fu Franco Rasetti (1901-2001), che in quegli anni era attratto dalle recenti scoperte degli effetti mutagenici delle radiazioni ionizzanti sui nuclei delle cellule. Non meno importante fu l’influenza degli articoli di Delbrück, che interpretava la genetica con le teorie della fisica quantistica, suggerendo un modello del ‘gene come molecola’.
I primi risultati di questa formazione ibrida di Luria, a metà tra la biologia e la fisica, arrivarono con la scoperta dei virus batteriofagi o fagi, un nuovo oggetto sperimentale ben più semplice della drosofila (il moscerino della frutta che i genetisti, Delbrück compreso, usavano come organismo modello). Un casuale incontro con Rita svelò l’utilità di questi microrganismi. Facili da maneggiare, di dimensioni molecolari simili a quelle ipotizzate per i geni, dotati di un elevatissimo ritmo riproduttivo e quantificabili a occhio nudo, i fagi si mostrarono uno strumento ideale sia per testare la teoria biofisica del gene avanzata da Delbrück, sia per applicare i metodi statistici e i macchinari radioattivi appresi dai fisici (cfr. S.E. Luria, A slot machine, a broken test tube: an autobiography, 1984; trad. it. 1984, p. 31). In collaborazione con Rita, Luria avviò in poche settimane un originale progetto di ricerca per misurare la quantità minima di unità virali necessaria all’infezione di una colonia di batteri shighella, adattando quindi in campo biofisico una misurazione usata dalla scuola dei fisici romani, le cosiddette stime alla Fermi. I risultati di questo esperimento furono pubblicati in Francia (Sur l’unité lytique du bactériophage, «Comptes rendus des séances de la Societé de biologie et de ses filiales», 1939, 130, pp. 904-907), dove Luria aveva dovuto emigrare per sfuggire alle leggi razziali.
Giunto a Parigi nel novembre del 1938, in poche settimane Luria ottenne da Fernand Holweck (1890-1941), un fisico esperto di radiobiologia, una borsa per lavorare al Laboratorio Curie, presso l’Institut du radium, sugli effetti delle radiazioni sul fago. A questi esperimenti si unì anche il medico e biologo Eugène Wollman (1883-1943) dell’Institut Pasteur, autore di articoli pionieristici sull’importanza del fago per la ricerca biologica. I tre scienziati pubblicarono congiuntamente due lavori sulla quantità di radiazioni necessaria per l’inattivazione di un singolo fago (Recherches sur le mode d’action des radiations sur les bacteriophages, «Comptes rendus de l’Académie des sciences», 1940, 210, pp. 639-42; Effect of radiations on bacteriophage C16, «Nature», 1940, 3685, pp. 935-36), ma l’idea fondamentale, che Luria elaborò individualmente in quei mesi (Méthodes statistiques appliquées à l’étude du mode d’action des ultravirus, «Annales de l’Institut Pasteur», 1940, 64, pp. 415-38), fu di calcolare il numero di virus sensibili alle radiazioni utilizzando uno strumento statistico per prevedere eventi sporadici.
Luria estese dalla fisica alla biofisica un’altra intuizione: la distribuzione di Poisson per fenomeni indipendenti rari (A slot machine, cit., p. 93). Come nelle misurazioni del decadimento radioattivo, in cui la probabilità di ‘successo’ (decadimento particellare) è estremamente bassa a fronte di un numero astronomico (circa 1020) di nuclei irradiati, così Luria, nel solco dell’analogia gene-molecola, utilizzò la distribuzione di Poisson per prevedere la quantità di inattivazioni (poche unità) su una colonia di circa un miliardo di virus.
Due anni dopo l’arrivo negli Stati Uniti, su queste basi sviluppò il test di fluttuazione, al quale diede un contributo finale anche Delbrück – nel frattempo, però, anch’egli giunto indipendentemente a usare sui fagi la distribuzione di Poisson (Brock 1990, p. 123) – proponendo un’elegante dimostrazione matematica (S.E. Luria, M. Delbrück, Mutations of bacteria from virus sensitivity to virus resistance, «Genetics», 1943, 6, pp. 491-511).
Il problema in cui si imbatterono i due scienziati era di dimostrare se le mutazioni che rendevano resistente una piccola porzione di batteri dopo l’attacco dei fagi fossero dovute all’azione del virus (spiegazione lamarckiana) oppure a mutanti spontanei preesistenti l’infezione (spiegazione selettiva-darwiniana). Riflettendo sulle regole statistiche che governano le slot machines, Luria intuì un’analogia con i meccanismi di resistenza batterica alle infezioni: le mutazioni che rendono i batteri resistenti e le vincite alte sono entrambi eventi rari (Poisson) che possono essere calcolati misurando la distribuzione statistica della loro variazione (fluttuazione) attorno a un prevedibile valore medio costante. Se la fluttuazione di questo valore rimane costante in tempi diversi, sarà valida l’ipotesi lamarckiana, dato che il numero di batteri resistenti risulterà dal numero dei virus che la inducono secondo un rapporto proporzionale; se invece il valore aumenta con il passare del tempo (se, cioè, all’aumentare delle generazioni trascorse le mutazioni si distribuiscono in gruppi disomogenei), sarà il segnale che le preesistenti famiglie batteriche casualmente resistenti si sono moltiplicate sempre più, secondo l’ipotesi selettiva, come di fatto avvenne.
I risultati dell’esperimento rappresentarono una svolta per una serie di fondamentali questioni biologiche. Prima del test di fluttuazione, gran parte dei batteriologi riteneva che virus e batteri fossero privi di geni, imputando a generiche dinamiche fisico-chimiche la loro alta e rapida adattabilità ai più diversi agenti selettivi ambientali (terreni di coltura, organismi infettivi, farmaci antisettici). Dopo l’esperimento di Luria e Delbrück, divenne chiaro che virus e batteri possedevano dei geni, che il loro tasso di mutazione era misurabile e che la microbiologia non solo rientrava pienamente in un quadro esplicativo di tipo darwiniano-selettivo ma, grazie all’efficienza sperimentale dei nuovi organismi modello, diventava una disciplina di punta per le ricerche della genetica e della nascente biologia molecolare.
L’esperimento procurò immediata fama internazionale ai due scienziati, e divenne una pietra miliare della genetica batterica, capace dopo tre decenni di conferme e integrazioni di godere di una seconda vita alla fine degli anni Settanta (cfr. A slot machine, cit., p. 94), quando si scoprì che il test di fluttuazione offriva una nuova spiegazione della resistenza delle cellule tumorali alla chemioterapia (Skipper 1983; Frank 2003).
Il Gruppo del fago nacque come scuola estiva, frequentata presso il citato Cold Spring Harbor laboratory da fisici e biologi di varie università. Questo gruppo, che dal 1945 sino ai primi anni Settanta gettò le basi della genetica batterica e della biologia molecolare, nacque tra il 30 dicembre 1940 e il 2 gennaio 1941, quando Luria e Delbrück decisero di dedicare la festività del Capodanno a una serie intensiva di esperimenti sul fago nel nuovo laboratorio di Luria al College of physicians and surgeons della Columbia University. I frutti di quel primo incontro e del successivo rapporto epistolare emersero durante l’estate del 1941, quando i due scienziati si diedero il loro primo appuntamento al Cold Spring Harbor per studiare i meccanismi infettivi e replicativi che permettevano a un fago entrato in una cellula batterica di generare in pochi minuti centinaia di altri fagi. In due successivi incontri (1941 e 1942), Luria e Delbrück testarono la sensibilità dei fagi ai primi antibiotici ed elaborarono il ‘principio di mutua esclusione’, dimostrando che, quando un batterio è attaccato da due ceppi di fagi, l’infezione di uno interferisce ed esclude l’altro, rendendo l’ospite impermeabile a nuovi ingressi (M. Delbrück, S.E. Luria, Interference between bacterial viruses, «Archives of biochemistry», 1942, I. Interference between two bacterial viruses acting upon the same host, and the mechanism of virus growth, 1, pp. 111-41, II. Interference between inactivated bacterial virus and active virus of the same strain and of a different strain, 2, pp. 207-18).
Nello stesso periodo, Luria collaborò con altri colleghi per calcolare forma e dimensione dei fagi grazie alle prime immagini al microscopio elettronico (S.E. Luria, T.F. Anderson, The identification and characterization of bacteriophages with the electron microscope, «Proceedings of the National Academy of sciences USA», 1942, 4, pp. 127-30) e avviò le prime analisi sulla crescita intracellulare, la fase allora più oscura del processo di infezione dei fagi, utilizzando come misura le curve (logaritmiche) di sopravvivenza dei batteri irradiati (S.E. Luria, F.M. Exner, The inactivation of bacteriophages by x-rays: influence of the medium, «Proceedings of the National Academy of sciences USA», 1941, 8, pp. 370-75), poi note come curve di Luria-Latarjet (S.E. Luria, R.L. Latarjet, Ultraviolet irradiation of bacteriophage during intracellular growth, «Journal of bacteriology», 1947, 2, pp. 149-63).
Grazie a una borsa Guggenheim, Luria passò un inverno (1942-43) alla Vanderbilt University di Nashville in Texas per lavorare nel laboratorio di Delbrück. Qui nacque l’idea di un ‘trattato’ (phage treaty) che unificasse ceppi virali (da T1 a T7), ospiti (batterio E. Coli B) e protocolli standard per la sperimentazione sui fagi (A.D. Hershey, M. Delbrück, A.H. Doermann, S.E. Luria, Second revision: proposal on nomenclature, March 14 1946), e qui iniziò la collaborazione con il batteriologo e genetista statunitense Alfred D. Hershey (1908-1997).
Sebbene, dunque, sia stato durante questo primo periodo che vennero stabiliti più o meno esplicitamente i principi e la metodologia della scuola del fago – approccio matematico-quantitativo alla biologia, rigore nelle inferenze e nell’impostazione dei problemi sperimentali, ricerca dei fondamenti della genetica – è solo a partire dal 1945 che il gruppo iniziò ad attrarre un crescente numero di adepti, destinati a diventare figure centrali della biologia molecolare, come Seymour Benzer, Gunther S. Stent e Franklin W. Stahl, o premi Nobel come Sydney Brenner, oltre i già citati Watson e Dulbecco.
Questi ultimi due, che nel 1947 condivisero lo stesso laboratorio dell’Indiana University sotto la guida di Luria, iniziarono la loro carriera proprio al Cold Spring Harbor, quando nel 1948 diffusero indipendentemente i loro primi risultati sulla fotoriattivazione, rielaborando una scoperta (multiplicity reactivation) di Luria (Reactivation of irradiated bacteriophage by transfer of self-reproducing units, «Proceedings of the National Academy of sciences USA», 1947, 9, pp. 253-64), che stabiliva la capacità dei fagi inattivati dalla luce ultravioletta di tornare in vita dopo l’ingresso nella cellula batterica, grazie a una qualche forma di cooperazione infettiva. Luria fu l’unico del gruppo a interpretare correttamente questo misterioso fenomeno del mutuo soccorso come l’effetto di una ricombinazione genica tra i fagi lesionati, un fenomeno che negli anni seguenti si rivelò essere un caso particolare dei vari meccanismi di riparazione del DNA.
Dopo un settennato presso l’Indiana University, Luria, come detto, si spostò per un decennio (1950-59) nella vicina University of Illinois. In questi anni terminò il manuale General virology (1953; trad. it. 1970), che rimarrà per tre decenni un classico della disciplina, e nel 1952, lavorando sulle modificazioni a cui andava incontro il fago dopo il contatto con i batteri, compì la sua terza importante scoperta, fondamento del DNA ricombinante e quindi dell’ingegneria genetica, rivelando nei batteri l’esistenza degli enzimi di restrizione: proteine enzimatiche in grado di tagliare una determinata sequenza di DNA, utilizzabili per inserire o eliminare geni a scopo terapeutico (S.E. Luria, M.L. Human, A nonhereditary, host-induced variation of bacterial viruses, «Journal of bacteriology», 1952, 4, pp. 557-69; S.E. Luria, Host-induced modifications of viruses, «Cold Spring Harbor symposium on quantitative biology», 1953, 18, pp. 237-44).
Dal 1960 ricoprì la cattedra di microbiologia al MIT; nell’anno accademico 1963-64 tornò a Parigi per lavorare all’Istitut Pasteur nel dipartimento di Jacques Monod (1910-1976).
Più che le ricerche di frontiera, di Luria emergono in questo periodo le grandi doti gestionali e organizzative. Nonostante importanti lavori sulla biochimica delle membrane batteriche e sull’azione battericida offerta dall’alterazione delle proteine (colicine) che ne regolano la fisiologia (On the mechanisms of action of colicins, «Annales de l’Institut Pasteur», 1964, 107, pp. 67-73; Phage, colicins, and macroregulatory phenomena, «Science», 1970, 3936, pp. 1166-70), egli dedicò gli ultimi anni della sua carriera a riorganizzare il dipartimento di biologia e, dal 1972, ad avviare il Center for cancer research del MIT. Sotto la sua guida, questo centro ottenne risultati fondamentali nella comprensione dei meccanismi molecolari del cancro, anche grazie alla sua capacità di reclutare un team di ricercatori eccellenti, tra cui spiccano i due premi Nobel David Baltimore (1975) e Phillip A. Sharp (1993).
La coscienza politica di Luria nacque durante l’esilio francese, quando si trovò a stretto contatto con i rifugiati politici italiani, tra cui l’allievo di Fermi Bruno Pontecorvo, che orbitavano attorno a Giustizia e libertà. Ma la prima vera attività politica iniziò negli Stati Uniti, anche grazie alla moglie Zella, con la quale tra il 1945 e il 1946 organizzò a Long Island una campagna per l’elezione alla Camera dei rappresentanti di un candidato dell’American Labor Party sostenuto dal Partito democratico; nel 1948 partecipò alla campagna presidenziale del Progressive Party.
Per lui i primi problemi sorsero nel 1949 quando, di fronte a una proposta di assunzione avanzata dalla University of Illinois, l’Indiana University non presentò una controfferta, come rivalsa nei confronti del suo impegno nel sindacato University teachers’ union, che presiedeva. Tra il 1950 e il 1952, in piena guerra fredda, Luria venne sottoposto al controllo dell’FBI (Federal Bureau of Investigation) e al ritiro del passaporto, perché accusato di essere comunista, nonché amico di lunga data di Pontecorvo, che nel 1950, dopo alcuni anni di permanenza negli Stati Uniti, era fuggito in Unione Sovietica. Nel 1957 Luria fu tra i primi dieci firmatari dell’appello per il disarmo nucleare organizzato dal chimico e pacifista Linus C. Pauling (1901-1994), e nel 1965 si schierò energicamente contro la guerra in Vietnam, fondando, insieme a celebri intellettuali e docenti delle università dell’area bostoniana, un comitato di pressione su temi d’interesse pubblico (BAFGOPI, Boston Area Faculty Group On Public Issues). In quello stesso anno il National institute of health inserì Luria in una lista di quarantotto scienziati da sanzionare per atteggiamento ‘antipatriottico’, riducendone i finanziamenti e le responsabilità decisionali. L’ultima battaglia politica combattuta da Luria fu, nel 1972, un’aperta campagna contro la rielezione del presidente Richard M. Nixon.
Negli anni Sessanta e Settanta, la possibilità di creare nuove specie ibride di batteri potenzialmente patogene e persino di modificare il ‘naturale’ progetto genetico, sollevò accesi dibattiti pubblici su problemi etici e di sicurezza sanitaria, che culminarono nel 1974 con una moratoria volontaria dei laboratori di Cambridge (MIT e Harvard University) per la sospensione di alcune tecniche ritenute rischiose. In questo dibattito tra ‘liberisti’ e ‘interventisti’, Luria adottò una posizione conciliatoria (Cambridge solution), in cui si ribadivano la libertà di ricerca e la scarsità del rischio accanto all’esigenza di coinvolgimento, controllo e divulgazione delle procedure da parte di un comitato di cittadini esperti, anche allo scopo di scongiurare un possibile ritorno di quelle derive eugenetiche nella sperimentazione biomedica che egli aveva conosciuto durante gli anni del fascismo. Luria difese le sue opinioni in diversi saggi tra il 1969 e il 1977 (Modern biology: a terrifying power, «The nation», October 20 1969, pp. 405-409; Slippery when wet: being an essay on science, technology, and responsibility. Penrose memorial lecture, «Proceedings of the American philosophical society», 1972, 5, pp. 351-56; Biological aspects of ethical principles, «The journal of medicine and philosophy», 1976, 1, pp. 332-36; Reflections on democracy, science, and cancer, «Bulletin of the American Academy of arts and sciences», 1977, 5, pp. 20-32).
Luria si dedicò nella maturità alla pittura e alla scultura, ma nutrì sin dall’adolescenza una grande passione per la letteratura, che negli anni Sessanta lo spinse a tenere seminari informali di letteratura francese e inglese per gli studenti del MIT. La sua attività di divulgazione scientifica ebbe un discreto successo editoriale, come nel caso di Life: the unfinished experiment (1973; trad. it. 1974), vincitore del National book award nel 1974, di 36 lectures in biology (1975) e dell’innovativa, seppure meno fortunata, introduzione alla biologia scritta con il celebre paleontologo Stephen J. Gould, A view of life (1981; trad. it. 1984).
Oltre al premio Nobel nel 1969 per contributi sul meccanismo di replicazione e la struttura genetica del virus, ebbe tra i vari riconoscimenti la National medal of science (1991), il Columbia University’s Louisa Gross Horwitz prize (1969) e il premio Lenghi dell’Accademia dei Lincei (1965). Ricevette inoltre lauree honoris causa da diverse università statunitensi e italiane: Brown University (1973), Indiana University (1970), Rutgers University (1970), University of Chicago (1967), Università di Palermo (1973).
L. Bucciante, S. Luria, Probabile significato delle fibre muscolari a fibrille attorte ed anulari nell’uomo, «Archivio italiano di anatomia e di embriologia», 1933, 2, pp. 312-23.
La grandezza delle cellule nervose in animali ad accrescimento artificialmente arrestato, «Zeitschrift für Zellforschung und mikroskopische Anatomie», 1935, 5, pp. 724-34.
Ricerche sperimentali sulla correlazione tra accrescimento del soma e accrescimento delle cellule nervose, tesi di laurea del 17 luglio 1935, Archivio storico dell’Università di Torino, Fondo tesi.
Le dosi profonde e le curve di isodose nella terapia Roentgen ad altissima tensione, tesi di diploma della Scuola di perfezionamento in radiologia della Regia Università di Roma, 4 luglio 1938, in American philosophical society, Salvador Luria papers, Series III, Works by Luria, Box 43.
Sur l’unité lytique du bactériophage, «Comptes rendus des séances de la Societé de biologie et de ses filiales», 1939, 130, pp. 904-907.
Méthodes statistiques appliquées à l’étude du mode d’action des ultravirus, «Annales de l’Institut Pasteur», 1940, 64, pp. 415-38.
F. Holweck, S. Luria, E. Wollman, Recherches sur le mode d’action des radiations sur les bacteriophages, «Comptes rendus de l’Académie des sciences», 1940, 210, pp. 639-42.
E. Wollman, F. Holweck, S. Luria, Effect of radiations on bacteriophage C16, «Nature», 1940, 3685, pp. 935-36.
S.E. Luria, F.M. Exner, The inactivation of bacteriophages by x-rays: influence of the medium, «Proceedings of the National academy of sciences USA», 1941, 8, pp. 370-75.
M. Delbrück, S.E. Luria, Interference between bacterial viruses, «Archives of biochemistry», 1942, I. Interference between two bacterial viruses acting upon the same host, and the mechanism of virus growth, 1, pp. 111-41, II. Interference between inactivated bacterial virus and active virus of the same strain and of a different strain, 2, pp. 207-18.
S.E. Luria, T.F. Anderson, The identification and characterization of bacteriophages with the electron microscope, «Proceedings of the National academy of sciences USA», 1942, 4, pp. 127-30.
S.E. Luria, M. Delbrück, Mutations of bacteria from virus sensitivity to virus resistance, «Genetics», 1943, 6, pp. 491-511.
A.D. Hershey, M. Delbrück, A.H. Doermann, S.E. Luria, Second revision: proposal on nomenclature, March 14 1946, in American philosophical society, Salvador Luria papers, Series III, Works by Luria, Box 46.
S.E. Luria, R.L. Latarjet, Ultraviolet irradiation of bacteriophage during intracellular growth, «Journal of bacteriology», 1947, 2, pp. 149-63.
Reactivation of irradiated bacteriophage by transfer of self-reproducing units, «Proceedings of the National academy of sciences USA», 1947, 9, pp. 253-64.
Recent advances in bacterial genetics, «Bacteriological review», 1947, 1, pp. 1-40.
S.E. Luria, M.L. Human, A nonhereditary, host-induced variation of bacterial viruses, «Journal of bacteriology», 1952, 4, pp. 557-69.
Host-induced modifications of viruses, «Cold Spring Harbor symposium on quantitative biology», 1953, 18, pp. 237-44.
On the mechanisms of action of colicins, «Annales de l’Institut Pasteur», 1964, 107, pp. 67-73.
Modern biology: a terrifying power, «The nation», October 20 1969, pp. 405-409.
Phage, colicins, and macroregulatory phenomena, «Science», 1970, 3936, pp. 1166-70.
Slippery when wet: being an essay on science, technology, and responsibility. Penrose memorial lecture, «Proceedings of the American philosophical society», 1972, 5, pp. 351-56.
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