BATTAGLIA, Salvatore
Nato nel 1843 a Santa Maria di Licodia (Catania) da famiglia di proprietari terrieri, a quindici anni era già fra i rivoluzionari sospetti al governo borbonico. Laureatosi in giurisprudenza, si stabilì dapprima a Roma, poi a Firenze, dove divenne intimo di F. Campanella, che gli affidò diversi incarichi segreti per Mazzini, allora esule in Svizzera.
Dal 1870 al 1875 il B. fu una delle personalità democratiche di maggiore rilievo, non solo nell'ambito della vita politica fiorentina, ma anche di quella nazionale. Inizialmente mazziniano, si distaccò a poco a poco dalle posizioni del maestro, di cui intravedeva i limiti soprattutto sul terreno sociale, e assunse un atteggiamento più radicale e vagamente socialisteggiante. Non a caso, infatti, durante quegli anni, la sua milizia nel partito repubblicano fu caratterizzata dall'impegno nel promuovere nuove società operaie e democratiche a Roma e a Firenze: nel 1870, assieme a F. Piccini, gran maestro della fratellanza artigiana, A. Riggio e A. Martinati, fondò a Firenze la Società democratica internazionale, a cui aderirono centinaia di membri delle principali associazioni operaie fiorentine.
La denominazione della società e il fatto che il segretario corrispondente fosse il Cafiero dettero luogo a una serie di equivoci e fecero credere alla questura fiorentina di trovarsi di fronte a una organizzazione il cui scopo era di preparare il terreno "per il trionfo della repubblica universale e per l'attuazione pratica del socialismo", e al Consiglio generale di Londra che anche a Firenze fosse sorta una sezione dell'Internazionale. In realtà, almeno nel suo programma, la società non era né internazionalista, né socialista: presidente onorario era Mazzini, effettivo Campanella; i suoi soci, mazziniani e garibaldini, si proponevano di riunire tutte le forze della democrazia italiana sulla base di un programma di riforme sociali e politiche. La società ebbe vita piuttosto breve perché, in seguito allo "Indirizzo ai superstiti della Comune", redatto dai suoi dirigenti in difesa della Comune di Parigi e apparso sul Dovere di Genova del 12 giugno 1871, il governo ne ordinò lo scioglimento e il sequestro degli atti. Riapparsa però, poco tempo dopo, sotto il nome di Unione democratica sociale, mise a rumore Firenze nel dicembre 1873, organizzando, assieme alle altre società operaie e massoniche, un meeting (che valse l'arresto al B.) di protesta contro il tentativo del gesuita C. Curci di istituire una pensione universitaria nella città, meeting terminato con un assalto al palazzo dei gesuiti.
Con l'"Indirizzo ai superstiti della Comune" il distacco del B. da Mazzini si fece più preciso: egli infatti, nello scontro che oppose Mazzini e Garibaldi sul problema della Comune parigina e che determinò, di conseguenza, una crisi nel partito repubblicano e nel movimento democratico, si schierò apertamente a fianco di Garibaldi; ma cercò, contemporaneamente, di mantenere i rapporti con le varie correnti, coerente in ciò con la sua vocazione politica di realizzare, intorno ad alcuni fondamentali obiettivi di democrazia radicale, l'unità o per lo meno la coesistenza in un solo partito delle diverse forze che si contendevano l'egemonia del movimento operaio. Per questo, pur discostandosene, egli conservò sempre dei legami con Mazzini: e al XII congresso delle società operaie, tenutosi a Roma nel novembre 1871, acconsentì di far parte della Commissione direttiva della Fratellanza delle società operaie italiane, composta esclusivamente da mazziniani. Tuttavia, nel corso della polemica apertasi, durante il congresso, tra mazziniani e internazionalisti, il B. non votò a favore dell'ordine del giorno Turchi che proponeva l'allineamento delle società operaie sulla base dei principi politici e sociali di Mazzini, provocando così l'abbandono del congresso da parte dei due delegati internazionalisti, Cafiero e A. Tucci, ma, assieme a pochi altri, a Gnocchi Viani e a F. Pais-Serra, preferì astenersi.
In seguito il B. non desistette da questa sua linea politica, che sembrava rivolgersi sia ai repubblicani sia agli internazionalisti. Da una parte appoggiò la proposta di C. Ceretti, sostenuta da Garibaldi e avversata da Mazzini, della convocazione di un congresso democratico che, seppur non ebbe luogo, sfociò nel "Patto di Roma" del novembre 1872 fra i rappresentanti di numerose società democratiche e mazziniane, e in cui prevalsero, però, i mazziniani. Dall'altra egli si adoperò, senza successo, affinché la Sezione di corrispondenza e di propaganda socialista di Firenze (internazionalista) aderisse al Patto di Roma e alla Consociazione repubblicana toscana, del cui consiglio direttivo egli faceva parte, per costituire una Consociazione repubblicana delle Società popolari della Regione romana.
Ma il momento di maggiore popolarità del B. si ebbe nel 1875, quando egli divenne il principale imputato del processo di "cospirazione e internazionalismo" celebrato dalla corte di Assise di Firenze.
Con questo processo il governo intendeva rispondere al tentativo insurrezionale anarchico di Imola e al complotto di Firenze dell'agosto 1874, attaccando nello stesso tempo anarchici e repubblicani. Certo, dal mito della rivoluzione non rimasero immuni, in quel periodo, neppure i repubblicani, e a Firenze essi ebbero numerosi contatti con gli internazionalisti. Il B., di fronte all'accusa della polizia di essersi recato a Pontassieve e alle Sieci per avvertire alcuni internazionalisti colà riuniti che l'azione insurrezionale era differita, non solo negò ogni addebito, ma confermò la sua fede repubblicana e rivendicò il Patto di Roma come un tentativo repubblicano di sottrarre una gran parte del movimento operaio all'influenza dell'Internazionale. Interpretazione, questa, confermata da importanti deposizioni, quale quella del Saffi, di Menotti Garibaldi, che parlò anche a nome del padre, e del Campanella.
Il processo, che si svolse dal 30 giugno al 31 ag. 1875 e finì con l'assoluzione di quasi tutti gli imputati, portò un duro colpo non solo all'Internazionale a Firenze, ma anche al partito repubblicano. Ormai il movimento operaio si andava polarizzando intorno a due correnti principali: quella democratica radicale e quella socialista. Posizioni, come quella del B., rivolte alla creazione di un partito unico, erano superate: non per caso, dopo il processo del 1875 il suo nome sparì dalla scena nazionale, anche se egli continuò a prestare la sua opera nell'ambito provinciale. Tra l'altro, collaborò al tentativo di far risorgere la disciolta Consociazione, repubblicana toscana, ma il progetto non ebbe seguito.
Legatosi al Cavallotti, durante la campagna elettorale del 1882 il B. si presentò come candidato a Siena nella lista della Unione democratica operaia. Più tardi divenne direttore di un collegio comunale in Castiglione delle Stiviere (Mantova), che vantava un indirizzo laico e democratico. Morì a Firenze nel 1900.
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