BIANCHI, Salvatore
Nacque a Roma nel 1821, da Luigi e da Luisa Valenti. Dopo essersi precocemente rivelato appassionato cultore dell'architettura, quando terminò gli studi divenne, nell'ambiente pigramente conformista della Roma di quegli anni, uno degli architetti preferiti dal patriziato romano. Il B., purtuttavia, accanto alle sue ben poco pregnanti interpretazioni della stilistica neorinascimentale che metteva in opera per accontentare i gusti conservatori dei suoi committenti privati, si dimostra ben più attento osservatore, nei suoi edifici pubblici, dei movimenti che in Europa andavano rinnovando i modi del linguaggio attraverso l'accoglimento delle nuove tecnologie: più nell'ospedale del Celio (che possiamo giustificatamente attribuirgli) e nell'antica stazione Termini che nel cimitero di Frascati, che è fra le sue opere più celebrate.
Nel suo palazzo al n. 15 di via Margutta, oscillante fra un gusto arcaico nella parte basamentale ed uno sansovinesco nei piani superiori, il B. adoperò una stilistica neorinascimentale, alla stessa maniera che nell'ingresso al cortile del palazzo di Spagna su via Frattina, nel palazzo Tomassini su via Nazionale (che nella sua semplicità è forse la migliore di questo gruppo di opere) ed in palazzo Marignoli, nel lato che guarda piazza S. Silvestro (il Podesti aggiunse nel 1889 l'attuale facciata sul Corso).
Il B. curò, inoltre, diversi lavori di rinnovamento nel palazzo dell'Accademia di S. Luca, accademia cui egli apparteneva con il titolo di professore e di consigliere economo: fu fra l'altro autore delle sale nobili, delle nuove gallerie e della biblioteca Sarti.
Linguaggio assai diverso da quello neorinascimentale il B. adoperò nella costruzione della stazione Termini (1867-74): qui l'uso della struttura in ferro trovava una sua espressività, anche se ai lati della grande tettoia metallica che costituiva il fulcro dell'edificio l'architetto pose due ali di gusto neoclassico, come a voler moderare l'arditezza di quell'exploit tecnicista, certamente clamoroso per l'ambiente romano.
Mediante tale artificio espressivo il B. aderì al clima allo stesso tempo timido e provinciale, ma prudentemente curioso per le nuove tecnologie, della cultura architettonica della Roma di Pio IX, che già prima del 1870 aveva sperimentato, con le opere di Carlo Reishammer ed in alcuni edifici utilitari, le strutture in ghisa e in ferro.
Tale contrasto tra una sia pur timida volontà di rinnovamento e la vischiosità dello stilismo è ancora presente nel cimitero di Frascati, progettato e costruito dal B. pressocché contemporaneamente alla stazione Termini, dove ritroviamo - si veda ad esempio la cappella centrale - l'uso dello stile rinascimentale, ma si attenua decisamente nell'ospedale militare al Celio: la sua opera senza dubbio più interessante, e fra le più suggestive costruite a Roma in quel periodo, pur costituendo l'erezione dell'ospedale in quel luogo un grosso errore urbanistico, cui d'altronde il B. fu completamente estraneo. In quest'opera, dove le caratteristiche utilitarie sembrano aver sbloccato le inibizioni espressive dell'architetto, il valore principale è attribuito allo stesso organismo dell'edificio in quanto tale, composto da una serie di padiglioni staccati, disegnati con una semplicità che sottolinea l'intenzione di non dare valore che all'unità articolata del complesso. I vari padiglioni sono legati da un doppio ponte di ghisa sostenuto da una ben evidenziata pilastratura che consente agli ammalati di passeggiare all'aperto senza dover scendere scale o passare attraverso altre sezioni di cura. L'espressività di tale elemento unificante èinoltre sottolineata dalla severa decorazione "neoromana", che unifica, a sua volta, il ponte in ghisa, i corpi dei padiglioni e l'edificio principale.
Il B. ricoprì, infine, la carica di membro della commissione edilizia comunale e della commissione speciale di igiene, fu primo aggiunto nella Congregazione artistica dei virtuosi del Pantheon ed il 20 giugno 1880 fu eletto consigliere comunale in Campidoglio.
Il B. morì a Roma il 1º dic. 1884, senza che gli spunti vivi, senza dubbio contenuti nelle sue opere migliori, incidessero profondamente nella cultura architettonica romana.
Bibl.: G. Luzi,Il nuovo Camposanto in Frascati,disegno del cavalier professor S. B., in Il Buonarroti, III, 8 (1868), pp. 193-196; G. Stopiti,Galleria biografica d'Italia, Roma 1884,ad vocem; L. Callari,Storia dell'arte contemp., Roma 1909, p. 130; U. Bottazzi,L'arte in Roma nel sec. XIX, in Capitolium, VII(1931), p. 250; N. Tarchiani,L'architettura italiana dell'800, Firenze 1937, p. 61; G. De Angelis d'Ossat,L'architettura in Roma negli ultimi anni del sec. XIX, in Ann. della R. Insigne Accad. di S. Luca, VI (1942), pp. 18, 21; M. Piacentini,Le vicende edilizie di Roma dal 1870 ad oggi, Roma 1952, pp. 38 s.; E. Lavagnino,L'arte moderna italiana, Torino 1956, pp. 534-536; P. Portoghesi,La vicenda architettonica romana, in La Casa, 1959, pp. 51, 94; C. L. V. Meeks,Italian architecture, 1750-1914, New Haven-London 1966, p. 300.