CAMMARANO, Salvatore
Nacque a Napoli il 19 marzo 1801 da Giuseppe e da Innocenza Mazzacane. Della vita e degli studi giovanili (oltre che poeta e librettista fu anche pittore e scenografo) sappiamo soltanto che fu allievo di G. Rossetti e dell'abate Quattromani, che frequentò dei corsi di scenografia tenuti al teatro S. Carlo dall'architetto Niccolini e che fece parte di una Accademia poetica detta Delfica, fondata nel 1820 circa dal Cascini (o Casini, come si legge nel Viviani, Storia del teatro ... ), avvocato napoletano appassionato d'arte drammatica. È certo però che, anche per influenza e stimolo del vivace e pittoresco ambiente familiare, in particolare del padre e dello zio Filippo, le inclinazioni artistiche e letterarie del C. ebbero modo di manifestarsi assai precocemente: a quanto afferma il Viviani (p. 535), già in giovanissima età avrebbe scritto una tragedia intitolata Carlo Magno (ms. L. P. 5/24presso la Bibl. Naz. di Napoli, fondo Lucchesi-Palli), che nonostante la generale impronta manzoniana rivelava chiaramente una spiccata personalità drammatica.
Seguirono negli anni successivi altre commedie e tragedie in prosa, delle quali diverse vennero rappresentate con notevole successo al teatro dei Fiorentini di Napoli; altre rimasero incompiute (come La sposa del bandito, Teresa e Foscarini, Caterina da Bronia). Ma più che il mondo del teatro classico fu l'esperienza romantica dell'opera per musica ad attrarre il C., artista "...pacato, non espansivo, sobrio, operosissimo, rincorrente... continuamente i suoi sogni e le sue fantasie..." (Di Giacomo, Musicisti..., p. 87). Introdotto dal Niccolini - amico del padre - nell'ambiente del S. Carlo, inizialmente non ebbe molta fortuna per l'ostilità di D. Barbaia, impresario dei Reali teatri, al quale inutilmente sottopose un libretto Belisario, in seguito musicato da Donizetti; solo nell'anno 1831 egli riuscì ad ottenere un impiego come semplice concertatore.
Tre anni dopo il C. dava la prima prova ufficiale come librettista (La sposa, melodramma in 2atti, musica di E. Vignozzi; Napoli, teatro del Fondo, 3 nov. 1834), iniziando una carriera che doveva portarlo, in pochi anni, alla fama nell'ambiente teatrale italiano. Nel 1835 il C. riusciva a far rappresentare al S. Carlo (dove nel frattempo al Barbaia era succeduta l'impresa teatrale Società di industria e belle arti) l'opera Ines de Castro, scritta in collaborazione con E. Bidera e musicata da G. Persiani, ed ebbe la fortunata occasione di esser presentato a G. Donizetti, col quale iniziò una collaborazione breve ma assai feconda per entrambi, e una salda amicizia fondata sulla affinità di temperamento e sulla profonda stima reciproca.
Il primo libretto scritto per Donizetti fu quello della Lucia di Lammermoor (melodramma in 3atti; Napoli, S. Carlo, 26sett. 1835, derivato da The Bride of Lammermoor di W. Scott, 1819), opera cui una folla in delirio decretò uno dei più straordinari successi mai visti al S. Carlo. Seguirono sette libretti (l'ultimo, scritto nel 1843, fu Maria di Rohan, melodramma in 3atti; Vienna, Kärntnerthortheater, 5 giugno 1843) che, pur non eguagliando i pregi ed il successo della prima, fortunatissima prova, rimangono tra i più riusciti del C. e tra i migliori musicati da Donizetti.
Conosciuto ormai come "il librettista di Donizetti", negli anni seguenti collaborò attivamente con numerosi compositori, legati in gran parte all'ambiente teatrale napoletano, assai popolari in Italia e all'estero nella prima metà dell'Ottocento: G. Pacini, S. Mercadante, F. Ricci, G. Lillo, V. Battista, N. De Giosa, A. Nini, A. Peri, L. Rossi, G. Staffa ed il fratello Luigi Cammarano. Nel 1844, su proposta di V. Flauto, socio dell'impresa Guillaume che dirigeva allora il S. Carlo, Verdi accettò "di scrivere un'opera su poesia del reputato poeta Sig. Cammarano" (Mantovani, p. 18) per quel teatro. Da allora il nome del C. si doveva legare alla fama del compositore bussetano. La prima opera però - in verità assai mediocre - composta in collaborazione con Verdi (Alzira, tragedia lirica in 1 prologo e 2 atti; Napoli, S. Carlo, 12 ag. 1845, rielaborazione dell'Alzire di Voltaire) si rivelò un insuccesso; lo stesso Verdi in seguito doveva giudicarla "proprio brutta", benché durante la stesura del libretto non avesse lesinato al C. i complimenti. Quattro anni dopo ebbero un'accoglienza calorosissima La Battaglia di Legnano (tragedia lirica in 4 atti; Roma, teatro Argentina, 27 genn. 1849), opera d'occasione ma piena di caldo sentimento, che trovò "una risposta piena nel patriottismo dei romani" (Manferrari, III, pp. 366 s.); e la Luisa Miller (melodrammatragico in 3 atti; Napoli, S. Carlo, 8 dic. 1849), il cui soggetto - tratto da Kabale und Liebe di Schiller - era stato dallo stesso Verdi proposto al C. dopo che, per un veto della censura, avevano abbandonato un soggetto tratto da L'Assedio di Calais, che si sarebbe dovuto intitolare Maria de' Ricci (Cesari-Luzio, p. 9). Infine, dopo aver lavorato alla stesura di quello che nelle mani di F. M. Piave sarebbe diventato il libretto del Rigoletto ("Pel soggetto - scriveva Verdi nel settembre 1849 all'impresario Flauto - suggerite a Cammarano Le Roi s'amuse di V. Hugo...": ibid., p. 85), e dopo aver rinunciato al progetto di un libretto sul KingLear di Shakespeare (perché a Verdi il soggetto sembrò troppo tragico e impegnativo), il C. scrisse quella che doveva essere la sua ultima fatica letteraria e forse l'opera più originale di tutta la sua produzione, IlTrovatore (dramma in 4 atti; Roma, teatro Apollo, 19 genn. 1853, rielab. di ElTrovador di A. Garcia Gutiérrez, 1836). Il libretto fu completato - su suggerimento di C. De Sanctis - dal giovane poeta L. E. Bardare, per la morte del C. avvenuta a Napoli il 17 luglio 1852.
Negli ultimi anni il C., nonostante il lavoro intenso ed i precedenti successi, si era trovato in gravi condizioni finanziarie, e alla morte lasciò la moglie e i sei figli in estrema povertà. Verdi per primo, appresa con sgomento la notizia della morte del poeta ("...Io lessi questa morte non in una lettera amica, ma in uno stupido giornale teatrale!!! - si legge in una lettera al De Sanctis - "...Povero Cammarano! Quale perdita!!...": Marchesi, p. 191) volle manifestare la propria solidarietà inviando alla vedova un cospicuo aiuto finanziario.
Oltre a quelli che sono stati già citati, si ricordano i seguenti libretti, tutti in 3 atti, scritti per Donizetti: Belisario, Venezia, La Fenice, 4 febbr. 1836 (rielaborazione del Belisaire di J. F. Marmontel, 1766); L'Assedio di Calais, Napoli, S. Carlo, 19 nov. 1836 (rielabor. di Le Siège de Calais di P.-L. de Belloy, 1765); Pia de' Tolomei, Venezia, teatro Apollo, 18 febbr. 1837 (derivato da una novella del Sestini, ispiratosi a sua volta al testo dantesco); Roberto Devereux o Il conte di Essex, Napoli, S. Carlo, 29 ott. 1837 (rielaborazione della tragedia Elisabeth d'Angleterre di F. Ancelot, 1832, e della Histoire secrète des amours d'Elisabeth d'Angleterre et du comte d'Essex, di J. Lescène Desmaison); Maria di Rudenz, Venezia, La Fenice, 30 genn. 1838, Poliuto (rielaborazione del Polyeucte di Corneille; scritto nel 1838, venne proibito dalla censura per il soggetto "troppo sacro" e rappresentato al S. Carlo di Napoli soloil 30 nov. 1848, precedentemente era stato rappresentato a Parigi il 10 apr. 1840, tradotto e rielaborato in 5 atti da E. Scribe, con il titolo Les Martyres). Scrisse inoltre per Donizetti il libretto Ruy Blas, che doveva essere rappresentato al S. Carlo nel 1843 e che invece non venne mai musicato.
Per S. Mercadante scrisse: Elena da Feltre, Napoli, S. Carlo, 2 dic. 1838; La Vestale, ibid., 10 marzo 1840 (rappresentata a Roma, nel 1842, col titolo Emilia, e nel 1851come azione sacra col titolo S.Camillo); Il Proscritto, ibid., 4 genn. 1842; Il Reggente, Torino, teatro Regio, 2 febbr. 1843; Il Vascello di Gama, Napoli, S. Carlo, 6 marzo 1845; Gli Orazi e Curiazi, ibid., 10 nov. 1846; Medea, ibid., 1º marzo 1851(in collaborazione con F. Romani); Virginia, ibid., 7 apr. 1866.Il Florimo (III, p. 120)cita inoltre un'opera seria composta "sopra poesia postuma di S. Cammarano", intitolata L'Orfana di Brono ossia Caterina de' Medici.
Per G. Pacini il C. scrisse: Saffo, Napoli, S. Carlo, 29 nov. 1840; La Fidanzata corsa ibid., 10 dic. 1842; Buondelmonte, Firenze, La Pergola, 18 giugno 1845; La Stella di Napoli, Napoli, S. Carlo, 11 dic. 1845; Merope, ibid., 25 nov. 1847(musicata anche da L. Zandomenighi: Pesaro, teatro Rossini, 16 febbr. 1871); Malvina di Scozia, Napoli, S. Carlo, 27 dic. 1851.
Si ricordano inoltre: Un Matrimonio per ragione, Napoli, teatro del Fondo, estate 1835, musica di G. Staffa; ICiarlatani, ibid., primavera 1839, musica di Luigi Cammarano; Cristina di Svezia, in collaborazione con G. Sacchero, Genova, teatro Carlo Felice, 6giugno 1840, musica di A. Nini, poi di G. Lillo, 1841, e di P. Fabrizi, 1844; Luigi Rolla e Michelangelo, Firenze, La Pergola, 30marzo 1841; musica di F. Ricci; Ester d'Engaddi, Parma, teatro Ducale, 19 febbr. 1843; musica di A. Peri; IlRavvedimento di un ladro, Napoli, teatro del Fondo, primavera 1843; musica di L. Cammarano; Eleonora Dori, Napoli, S. Carlo, 6febbr. 1847; musica di V. Battista; Don Pedro di Portogallo, Novara, teatro Sociale, 30 dic. 1849; musica di L. Gibelli; Folco d'Arles, Napoli, S. Carlo, 22 genn. 1851; musica di N. De Giosa; Lo Zingaro rivale, Milano, teatro Canobbiana, primavera 1867; musica di L. Rossi; Zuma, Napoli, teatro Bellini, 24 nov. 1881; musica di V. Fornari. Un libretto non datato (Non v'è fumo senza fuoco;musica di L. Cammarano) è conservato nella collezione Rolandi (Venezia, Fondazione Cini); altre composizioni (cui fa cenno il Viviani, pp. 545 s.)scritte in dialetto napoletano e conservate in biblioteche napoletane sono La corsa de lo centauro a lo campo ossia Pulicinella istruttore de nauto centauro a botta de mazzate (ms. al Museo di S. Martino di Napoli) e S'èspento il lume.
Un giudizio sull'opera del C. non può prescindere dalla natura particolare del libretto per musica che, essendo il risultato, spesso, di molteplici compromessi, deve essere considerato non tanto per l'autonomo valore estetico, ma per la sua validità come suggerimento drammatico offerto al compositore e come elemento propulsore del suo musicale ripensamento. Da questo punto di vista, prescindendo dagli elogi spesso convenzionali o esageratamente entusiastici dei contemporanei, come dalle critiche a volte eccessive rivolte ai suoi libretti (oscurità e complicazioni assurde dell'intreccio, inconsistenza drammatica e scenica di molti suoi personaggi, bruttezza incredibile di certi versi rimasti emblematici del cattivo stile melodrammatico, fiacchezza di molte risoluzioni sceniche, monotonia e uniformità di tono di scene intere), i libretti del C., caratterizzati peraltro da una verseggiatura estremamente agile e scorrevole, e da una abilità notevole nell'intessere dialoghi semplici ed energici, si mantengono, nel complesso, ben al di sopra della generale mediocrità della librettistica del tempo, e soprattutto rivelano lo sforzo sincero di rinnovare, se non lo stile, almeno la tematica del melodramma ottocentesco.
Convinto assertore del principio che l'opera melodrammatica dovesse essere il risultato della perfetta fusione tra musica e parola ("Se non temessi la taccia di utopista - scriveva a Verdi nel giugno 1849 - sareitentato a dire che per ottenere la possibile pertezione di un'opera musicale dovrebbe una mente sola essere autrice dei versi e delle note...": Cesari-Luzio, p. 473), e che il librettista dovesse sottomettersi con duttile intelligenza ma non supina arrendevolezza alla volontà spesso dispotica dei compositori, il C. seppe arricchire il limitato panorama delle situazioni, dei personaggi e dei sentimenti del melodramma tradizionale con argomenti nuovi, tratti (senza tradire il messaggio originario) da opere famose del teatro europeo, con una sensibilità pronta a recepire i fermenti più genuinamente popolari dell'età romantica e le aspirazioni alla libertà del popolo italiano (ad esempio L'Assedio di Calais del 1836 è opera di fervido patriottismo). Riuscì così a creare quello che il Viviani definiva il "nuovo linguaggio operistico del Romanticismo italiano..." (p. 534). Un linguaggio che, se nella Lucia di Lammermoor e in generale nelle opere donizettiane, si ripiega su motivi elegiaci e delinea con delicatezza estrema i sentimenti d'amore e i conflitti psicologici dei protagonisti, nelle opere verdiane ed in particolare nel Trovatore (dramma della vendetta, opera di una primitiva ingenuità e crudezza) acquista accenti di una drammaticità profondamente umana.
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