MAJORANA CALATABIANO, Salvatore
Nacque a Militello, presso Catania, il 24 dic. 1825 da Valentino Majorana Reforgiato e da Antonietta Calatabiano. Nel 1842 si trasferì a Catania, dove si iscrisse all'Università e nel 1850 si laureò in giurisprudenza, dedicandosi poi all'esercizio dell'avvocatura. Fin da giovane mostrò tuttavia una spiccata predilezione per l'attività di studio e di ricerca e già nel 1844 tenne una conferenza dal titolo "Sul fondamento del diritto di testare", cui seguì la pubblicazione di un trattato di economia politica, Ricchezza e miseria (Catania 1847), nel quale professò la propria adesione alle teorie liberistiche di A. Smith.
Nella città etnea il M. prese a frequentare i circoli liberali ed entrò a far parte dei comitati patriottici che prepararono il sollevamento del 1848. Dopo lo scoppio della rivoluzione fu con M. Rizzari e L. Scuderi tra i redattori del giornale L'Unione italiana, che si pubblicò a Catania con cadenza bisettimanale dal 1 maggio 1848 al 25 marzo 1849 ed ebbe un carattere liberale avanzato. Nelle sue pagine egli attaccò la politica borbonica, sostenne la causa dell'unificazione e si batté per la soppressione delle corporazioni religiose e l'abolizione di antichi retaggi feudali, come la manomorta. Nel 1849, tornati al potere i Borbone, per sottrarsi alle persecuzioni della polizia fu costretto a ritirarsi a Militello, ove si dedicò allo studio delle scienze sociali e dal 1851 tenne anche un corso privato di lezioni.
Rientrò a Catania solo nel 1857 per assumere la difesa del patriota L. Pellegrino, già deputato di Messina, accusato di cospirazione contro la sicurezza dello Stato. L'anno prima aveva pubblicato nel Giornale del Gabinetto letterario dell'Accademia Gioenia uno studio sull'Ordinamento della teoria giuridica delle scienze sociali, nel quale aveva cercato di porre in evidenza i nessi esistenti fra economia, morale e diritto, mentre nel 1858 dette alle stampe un commento alle teorie economiche di F. Ferrara, in cui sottolineò ulteriormente la comune adesione di entrambi alle dottrine liberistiche.
Nel novembre 1860, caduto il regime borbonico e insediatosi il governo prodittatoriale, venne nominato provveditore agli Studi per la provincia di Catania, attività nella quale profuse grande impegno, istituendo licei, ginnasi, istituti tecnici, scuole elementari e scuole normali femminili. Nel gennaio 1861 fu chiamato a tenere lezioni di diritto di natura e di etica nell'Università di Catania, e il 14 febbraio seguente fu nominato professore sostituto di diritto pubblico. Nel 1865 ottenne per concorso la cattedra di economia politica nell'Università di Messina, incarico che poi lasciò al momento della sua elezione, nel novembre dello stesso anno, a deputato. Nel giugno 1867 riprese l'attività di docente, trasferendosi nell'Università di Catania, dove dal 1886 al 1889 avrebbe tenuto anche il corso di scienza delle finanze.
Candidato nei collegi di Catania e Messina nel 1861, ne uscì sconfitto; fu poi eletto deputato dal 1865 al 1879 (legislature IX-XIII, nelle prime tre in rappresentanza del collegio di Nicosia, poi di quello di Militello). Alla Camera sedette a sinistra e non vi fu, in pratica, discussione in materia di economia e di finanza in cui egli non levasse la propria voce. Critico irriducibile dell'intervento statale, fu uno dei principali esponenti, insieme con Ferrara e altri, del "liberismo galantomistico" dell'"opposizione proprietaria" meridionale (Procacci, p. 67).
Alla Camera prese perciò la parola contro i provvedimenti che vincolavano la coltivazione dei tabacchi in Sicilia, contro la riforma della tassa di registro e bollo e contro ogni nuova imposta che non fosse assolutamente indispensabile. Ma soprattutto si batté per l'abolizione del corso forzoso (cfr. Sulla proposta di legge per regolare la circolazione cartacea: discorso nelle tornate della Camera del 7 e 9 febbr. 1874, Roma 1874), della tassa sul macinato, e persino contro l'istituzione delle Casse di risparmio postali volute da Q. Sella. Egli vedeva nell'eccessiva pressione fiscale esercitata sui piccoli contribuenti e, più in generale, nel soffocamento della finanza locale uno dei principali limiti posti al processo di modernizzazione e di sviluppo economico del Paese, in specie delle regioni del Mezzogiorno.
Nell'agosto 1874 fu tra i firmatari del manifesto costitutivo della cosiddetta Sinistra giovane, cioè di quella parte dell'opposizione, perlopiù meridionale, che sulla base di un programma comune di riforme finanziarie e amministrative si dichiarava disponibile a collaborare con la Destra e a dar vita a una nuova maggioranza parlamentare. Del resto, erano molti gli esponenti del moderatismo italiano che facevano parte di quella Società A. Smith di Firenze, di cui egli fu uno dei fondatori e dei membri più autorevoli. Presso questa associazione, che propugnava il più assoluto liberismo, egli tenne nel 1875 una conferenza (La scuola germanica e la scuola di A. Smith in economia politica, Catania 1875), nella quale arrivò a sostenere che, pur di evitare ogni ingerenza dello Stato nella vita economica, era meglio essere "nichilisti" che "socialisti". Dal marzo 1876, con l'ascesa al potere della Sinistra, ebbe poi modo di dare concreta applicazione a queste sue idee assumendo la carica di ministro di Agricoltura, industria e commercio nel primo e nel terzo ministero Depretis, ossia dal marzo 1876 al dicembre 1877 e dal dicembre 1878 al luglio 1879.
La chiamata del M. a questo importante dicastero rivelò che si erano ormai create le condizioni per la partecipazione della rappresentanza parlamentare siciliana alla direzione politica dello Stato. E che l'"opposizione mafiosa", come Marino (1964, p. 157) definisce la Sinistra siciliana dei grandi proprietari terrieri, aveva vinto la sua battaglia, potendo adesso contare su un suo qualificato esponente, il M. appunto, che dal governo vigilava sui diritti del latifondo. Certo è che durante la sua permanenza al governo egli restò coerente con le dottrine e con i convincimenti ideali professati negli anni precedenti. In particolare legò il suo nome alla battaglia per la liberalizzazione del sistema bancario e per l'abolizione del corso forzoso, che egli vedeva come problemi strettamente connessi (cfr. Discorso alla Camera dei deputati nella tornata del 5 marzo 1877 sull'interpellanza intorno alle condizioni delle banche consorziali e all'ordinamento del credito fondiario e agrario, Roma 1877). Un suo progetto di legge, presentato nel febbraio 1879, riprendendo temi cari alla democrazia finanziaria della Sinistra, prevedeva, oltre alla cessazione del corso legale dei biglietti, la concessione della facoltà di emissione a tutte le banche (cfr. Considerazioni e documenti presentati alla Camera dei deputati il 2 maggio 1879 dal ministro di Agricoltura, industria e commercio M. C. in appoggio al progetto di legge sul riordinamento degli istituti di emissione, Roma 1879). Su questo tema si scontrò con lo stesso A. Depretis, il quale era invece restio a mettersi in urto con l'alta banca, e già durante il primo governo della Sinistra arrivò a presentare le sue dimissioni da ministro, poi ritirate, motivandole con la scarsa volontà dell'esecutivo di combattere con efficacia "le coalizioni crescenti del monopolio e del privilegio" (Carocci, p. 345). E più avanti, conclusa la sua esperienza governativa, egli avrebbe criticato anche il progetto di abolizione del corso forzoso presentato da A. Magliani proprio perché lasciava alle banche consorziali il privilegio della circolazione dei biglietti a corso legale.
Restò fedele alle posizioni liberiste anche durante la crisi agraria, e sia nel 1884 sia nel 1887 si oppose all'aumento del dazio sull'importazione dei cereali. Come ministro, si segnalò per la realizzazione delle leggi sull'inchiesta agraria, sulla riforma della tassa sui contratti di borsa, sul concorso all'Esposizione di Parigi. Si adoperò inoltre per dare al Paese una legislazione economica omogenea, accorpando e unificando le normative che disciplinavano vari settori nelle diverse regioni italiane. Così condusse all'approvazione parlamentare il progetto di unificazione delle leggi sulle miniere e quelli riguardanti la pesca e le foreste, mentre quello sulla caccia, da lui predisposto, divenne legge successivamente. Concluse i trattati di commercio con la Francia, con la Grecia e con l'Austria-Ungheria, e presentò, d'intesa con il ministro di Grazia e Giustizia, il nuovo codice di commercio. Presentò infine progetti sull'ordinamento delle società di mutuo soccorso, sulla bonifica dell'Agro romano, sulla riforma delle scuole agrarie e degli istituti tecnici, sulla formazione di una carta geologica del Regno.
Il 13 luglio 1879, lasciato l'incarico di ministro, fu nominato senatore e anche al Senato fu chiamato a ricoprire importanti incarichi. Fu membro della commissione per il bilancio dello Stato e di quelle dei trattati di commercio, delle tariffe doganali, della vigilanza sulla Cassa di depositi e prestiti. Fece parte inoltre della commissione per la riforma del codice penale e presiedette quella sui danneggiati delle province siciliane. Fu membro infine del Consiglio superiore dell'istruzione tecnica e professionale e del Consiglio delle tariffe e delle ferrovie.
Durante la lunga permanenza in Parlamento non dimenticò naturalmente gli interessi della sua terra di origine e spese la sua autorevole influenza per ottenere la realizzazione della ferrovia Valsavoia-Caltagirone, per la costruzione a Catania del porto, della dogana e dei magazzini generali, per l'aggregazione della provincia di Siracusa alla corte d'appello di Catania e per la difesa dell'Università etnea contro i progetti che ne volevano la soppressione (cfr. Pareggiamento delle Università di Genova, Catania e Messina a quelle di primo ordine. Discorso 7 dic. 1885 nel Senato del Regno, Roma 1885).
Fu insignito di importanti onorificenze, fra le quali quella di grande ufficiale della Legion d'onore di Francia, e membro di numerose accademie italiane e straniere, fra cui il Cobden Club di Londra.
Il M. morì a Roma il 23 dic. 1897.
Fra le sue opere, oltre a vari discorsi pronunciati alla Camera o al Senato e dati alle stampe, si vedano le seguenti, tutte pubblicate a Catania: Ricchezza e miseria, ossia nuovo trattato di economia politica, 1847; L'ordinamento della teoria giuridica delle scienze sociali, 1856; Sul nuovo modo d'esporre l'economia politica pel prof. F. Ferrara: osservazioni, 1858; Sul progetto di legge della perequazione fondiaria: osservazioni, 1864; Trattato di economia politica: teorie fondamentali, 2a ed. rifusa e ampliata, 1865; Si sceglierà Salito Montedoro o Caldare nella linea ferroviaria fra Catania e Palermo?, 1871; Lezioni di scienza delle finanze: nella R. Università di Catania negli anni 1885-86-87, raccolte per cura degli studenti, 1889. A cura dei figli Giuseppe, Angelo e Dante, furono pubblicate le Opere edite ed inedite, in 3 voll., Catania-Roma 1911-13 (nel I vol. compare anche un ampio profilo biografico del Majorana Calatabiano).
Fonti e Bibl: Le carte del M. si conservano nell'Archivio della famiglia Majorana, custodito presso la Biblioteca regionale universitaria di Catania. A. Zocco Rosa, S. M.C.: ricordo necrologico scritto per delegazione della facoltà di giurisprudenza, Catania 1898; In memoria del senatore del Regno S. M.C.: parole del prof. A. Russo, Catania 1900. Il Risorgimento italiano. Biografie storico-politiche d'illustri italiani contemporanei, a cura di L. Carpi, IV, Milano 1888, pp. 207-211; G. Majorana, Il grand tour: lettere alla famiglia, 1890, a cura di A.M. Palazzolo, Palermo 2000, ad ind.; E. Michel, S. M.C., in Diz. del Risorgimento nazionale, III, Milano 1933, p. 423; P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra (1866-1874), Torino 1954, ad ind.; G. Carocci, A. Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino 1956, ad ind.; G. Procacci, Le elezioni del 1874 e l'opposizione meridionale, Milano 1956, pp. 29, 35, 66 s., 69, 78, 94, 98, 109, 137; F. De Stefano - F.L. Oddo, Storia della Sicilia dal 1860 al 1910, Bari 1963, pp. 110, 162, 260, 278, 319; G.C. Marino, L'opposizione mafiosa, 1870-1882. Baroni e mafia contro lo Stato liberale, Palermo 1964, pp. 16, 114, 157, 159, 165; R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Bari 1970, p. 268; A. Capone, L'opposizione meridionale nell'età della Destra, Roma 1970, pp. 252, 281-283, 286 s., 307, 339, 362, 370; L. Mascilli Migliorini, La Sinistra storica al potere. Sviluppo della democrazia e direzione dello Stato (1876-1878), Napoli 1979, pp. 19 s., 40, 71, 103, 195, 236; A. Cardini, Stato liberale e protezionismo in Italia (1890-1900), Bologna 1981, pp. 6 s., 38, 44, 63, 201; E. Iachello, Stato unitario e "disarmonie" regionali: l'inchiesta parlamentare del 1875 sulla Sicilia, Napoli 1987, pp. 72, 78 s., 81, 223 s.; G.C. Marino, Sacri ideali e venerabili interessi. Borghesia e liberalismo nella Sicilia dell'Ottocento, Siracusa 1988, pp. 7, 97, 149, 276, 280; Giolitti e la nascita della Banca d'Italia nel 1893, a cura di G. Negri, Roma-Bari 1989, pp. 200, 248, 268; A.A. Mola, S. M.C., in Il Parlamento italiano, 1861-1988, 5, La Sinistra al potere, 1877-1887, Milano 1989, pp. 367 s.; I Majorana (catal.), Catania 1991; N. Antonetti, Gli invalidi della costituzione. Il Senato del Regno, 1848-1924, Roma-Bari 1992, pp. 154, 173, 201, 204, 207, 233; M. Grillo, Un manuale di economia politica alla vigilia del '48: "Ricchezza e miseria" di S. M.C., in Siculorum Gymnasium, n.s., L (1997), 1-2, pp. 380-422; A. Signorelli, Tra ceto e censo. Studi sulle élites urbane nella Sicilia dell'Ottocento, Milano 1999, pp. 219, 238; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e italiano, Terni 1890, pp. 602 s.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati e senatori d'Italia dal 1848 al 1922, II, pp. 133 s.; A. Moscati, I ministri del Regno d'Italia, IV, La Sinistra al potere, Salerno 1964, pp. 102-107; Enciclopedia di Catania, sub voce.