MONOSILIO, Salvatore
– Nacque a Messina il 30 maggio 1715 da Caterina Monosilio e Andrea Scimone; assunse il cognome materno in omaggio, forse, a uno zio canonico, Salvatore Monosilio. I primi insegnamenti li ricevette probabilmente da Letterio Paladino, zio di Giuseppe, anch’egli pittore, con cui il M. avrebbe condiviso in seguito anche l’alunnato presso Sebastiano Conca a Roma.
Come egli stesso affermava nell’interrogatorio matrimoniale, il M. lasciò Messina nel 1734, ma dei primi dieci anni del suo soggiorno romano non rimane nessuna traccia documentaria. Nel 1744 fu accolto nella Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e il 22 nov. 1745 sposò Anna Teresa Madoni, che tra il 1747 e il 1767 gli diede sette figli, quattro maschi e tre femmine. Alla metà degli anni Quaranta eseguì due pale d’altare con l’Assunzione e la Conversione di s. Paolo già sul terzo altare di destra e sul terzo di sinistra della distrutta Ss. Trinità della Congregazione della Missione a Montecitorio, interamente ricostruita tra il 1739 e il 1743. Insieme con le altre pale della chiesa, le tele si conservano oggi presso i padri della missione al collegio Leoniano in Prati. Al 1745-47 circa è datata la pala con S. Pasquale Baylon per la chiesa dei Ss. Quaranta Martiri, riedificata in quegli anni e, alla fine dei lavori, intitolata anche al santo spagnolo.
Il M. ottenne la commissione dai padri della Missione in quanto allievo di Conca, cui era stata affidata l’esecuzione della Trinità per l’altare maggiore della stessa chiesa: il Libro cronologico del convento qualifica infatti il M. come allievo di Conca e specifica la somma ricevuta, appena 220 scudi. Le due tele, al pari di quella in S. Pasquale Baylon, mostrano già i caratteri essenziali della produzione del M., chiaramente dipendente dal linguaggio di Conca, sottoposto a una semplificazione che allontana decisamente il M. da ogni enfasi barocca.
Per la canonizzazione di Caterina Ricci, nel 1746, il M. eseguì alcune pitture su commissione dell’Ordine domenicano: seguendo l’esempio del suo maestro, lavorò poi spesso in occasione di beatificazioni e canonizzazioni, realizzando anche opere effimere.
Il M. dipinse tre stendardi a due facce rappresentanti «da una, un Crocifisso che si stacca dalla Croce per abbracciare la Beata […] dall’altra la stessa Beata portata in cielo dagli Angeli». Uno di questi stendardi è oggi presso il convento domenicano a Prato, città in cui la santa aveva vissuto, e risulta spedito da Roma in quello stesso 1746: la conservazione, per un oggetto di questo tipo, è fatto eccezionale; presso la collezione Lemme di Roma è inoltre il modelletto originale dello stesso M. relativo all’immagine della santa assunta in cielo. Quest’iconografia venne diffusa da un’incisione realizzata da M. Sorello che reca l’iscrizione «Salvator Monosilio inv. et pinxit», tratta probabilmente da un altro dipinto dello stesso M. ancora oggi nel convento domenicano di S. Sabina a Roma (Di Bella, p. 114).
L’edizione dell’anno giubilare 1750 della Roma antica e moderna di Roisecco segnala, oltre alle pale della Ss. Trinità della Missione e dei Ss. Quaranta Martiri, altre opere pubbliche del M., che evidentemente lavorò molto nella seconda metà degli anni Quaranta.
In S. Paolino alla Regola affrescò una Gloria di s. Anna derivata dalla Gloria di s. Camillo de Lellis di Conca alla Maddalena, del 1744; nell’oratorio del collegio nuovo dei padri delle Scuole pie a Roma eseguì un Beato Giuseppe Calasanzio andato distrutto ai primi dell’Ottocento, probabilmente commissionato in occasione della beatificazione del Calasanzio, nel 1748. Per la ricorrenza giubilare Benedetto XIV affidò al M. il restauro dei ritratti dei pontefici lungo le navate di S. Paolo fuori le Mura.
Dopo questi anni di intensa attività non si hanno notizie certe in merito all’attività romana del M., presente comunque in città ai battesimi del suo terzogenito (1751) e quartogenito (1758). Nel 1762 fu finalmente ammesso all’Accademia di S. Luca, per la quale aveva eseguito, come prova d’accoglienza, un Costantino ordina la distruzione degli idoli, firmato e datato 1761 (ancora nelle collezioni dell’Accademia), che costituisce l’unica opera nota da cavalletto e di soggetto profano del M.: la spigliatezza della stesura pittorica di questa piccola tela non si ritroverà più nella successiva produzione dell’artista. L’edizione del 1765 della Roma antica e moderna non registra alcuna nuova opera pubblica del M., ed è stato ipotizzato che in questi anni il pittore abbia lavorato fuori Roma, ma è anche possibile che egli inviasse tele a Messina e nel Piceno senza mai lasciare la città.
Le fonti non permettono di stabilire la data di esecuzione delle opere realizzate dal M. per Messina e per il Piceno. Per la chiesa di S. Andrea Avellino della sua città natale, alla quale Conca aveva inviato una tela con lo stesso soggetto nel 1749, il M. eseguì una pala con il santo titolare. In quella di Gesù e Maria delle Trombe erano alcuni suoi dipinti, tra cui un’Orazione di Gesù nell’orto che, dopo la distruzione della chiesa a seguito del terremoto del 1908, è oggi al Museo regionale, in cattivo stato di conservazione. La fama di Conca nel Piceno procurò al M. altre commissioni (Lanzi): in S. Barnaba, a San Ginesio, era un S. Barnaba e i ss. Antonio Abate, Telesforo papa e Tiburzio, e secondo Ticozzi egli «assai più operò in varie città».
Nel 1767 Clemente XIII celebrò la canonizzazione di sei nuovi santi, tra cui la francese Giovanna di Chantal e il polacco Giovanni Canzio. Il M. eseguì il perduto stendardo processionale con l’immagine della santa e, soprattutto, la pala raffigurante il santo destinata a S. Stanislao dei Polacchi a Roma. La positiva accoglienza di quest’opera, presumibilmente, procurò al M. altre importanti commissioni da parte della nazione polacca: datata e firmata 1767 è la Strage degli innocenti del duomo di Cracovia, dove si conserva anche un suo S. Andrea. Di questi stessi anni è la modesta Madonna con il Bambino e i ss. Francesco di Sales e Tommaso di Villanova in S. Lucia del Gonfalone a Roma, riedificata a partire dal 1764. Tra il dicembre del 1768 e il maggio del 1771 il M. ricevette alcuni pagamenti per la Predica di s. Bernardino in S. Caterina da Siena: se ne conserva anche il bozzetto preparatorio presso l’Arciconfraternita dei Senesi che ha sede accanto alla chiesa.
Si tratta di una delle commissioni più importanti della carriera del M., chiamato a partecipare a un’impresa collettiva accanto ad alcuni dei protagonisti della pittura romana alla svolta tra tardo barocco e incipiente neoclassicismo, quali Tommaso Conca, Gaetano Lapis e Domenico Corvi. La prova del M. è però decisamente deludente, ancorata a stilemi classicheggianti di primo Settecento, con inflessioni che ricordano ancora Benedetto Luti.
Degli ultimi dieci anni di attività romana del M. si può ricordare la realizzazione, tra il 1772 e il 1775, dei cartoni preparatori per i mosaici della cappella Gregoriana in S. Pietro, in sostituzione di quelli di Giovanni Muziano ormai fortemente deperiti.
Il M. morì a Roma il 6 ott. 1776.
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