Piscitelli, Salvatore
Regista e sceneggiatore, nato a Pomigliano d'Arco (Napoli) il 4 gennaio 1948. Precursore della nuova scuola cinematografica napoletana, è autore di drammi sociali radicati nel tessuto della città di Napoli caratterizzati da forte autenticità, scritti insieme alla moglie Carla Apuzzo, toccanti e scabrosi nei contenuti, coerenti nello stile registico. Nel 1980 ha vinto il Pardo d'argento al Festival di Locarno con Immacolata e Concetta ‒ L'altra gelosia. Dopo aver iniziato la carriera come critico cinematografico in giornali e periodici di estrema sinistra, è passato alla regia con Immacolata e Concetta ‒ L'altra gelosia. Storia tragica di un amore lesbico nato in carcere, è un melodramma estremo a sfondo sessuale attraverso il quale P. è riuscito a sperimentare una forma filmica estremamente coerente che non ha avuto però fortuna presso il pubblico italiano. Realizzato in presa diretta in dialetto napoletano ma senza ostentazioni folcloristiche, è diretto con destrezza, tratto caratteristico dello stile di P., e suggestivamente interpretato da Ida Di Benedetto (insieme a Marina Suma, una delle 'muse' del regista). Ancora più torbido e disperato l'orizzonte venale del film successivo, Le occasioni di Rosa (1981), permeato da un'atmosfera algida che ricorda la spietatezza di Rainer Werner Fassbinder, dove il regista racconta una Napoli industriale e grigia attraverso le vicende di una giovane coppia che usa la prostituzione per sopravvivere. Il malinconico Blues metropolitano (1985), sostenuto dalla musica di Pino Daniele, forse un po' più manierato e smussato dei film precedenti, mescola il problema della tossicodipendenza alla durezza dell'ambiente musicale in un intreccio di svogliati tradimenti sessuali. Più interessante e definito nella struttura melodrammatica, che ricorda il cinema di Douglas Sirk, è Regina (1987), storia narrata in bianco e nero di un'attrice teatrale fallita e isterica (sempre la Di Benedetto), con la velleità dell'emancipazione, che intavola una relazione sfibrante con un giovane romano, attore di fotoromanzi pornografici (Fabrizio Bentivoglio). Il successivo Baby gang (1992) è un rarefatto esperimento di ascendenza neorealista, con attori non professionisti, che ritrae un giorno della vita di Luca, uno scugnizzo di nove anni che deve procurarsi una dose per il fratello tossicodipendente. Negli anni, l'urgenza sociale del degrado morale e sentimentale dei personaggi di P., con la perdita del baricentro napoletano e la messa a fuoco dell'insoddisfazione borghese, è scemata in una perversione più fredda e razionale. Lo dimostra Il corpo dell'anima (1999), imperniato sulla figura di uno sceneggiatore decaduto e voyeurista (Roberto Herlitzka) che vive una relazione erotica con la sua provocante cameriera, dove confliggono il rigoroso straniamento dell'afona voce off del protagonista, l'esplicitezza dell'atto sessuale e il respiro cólto delle conversazioni. Con Quartetto (2001), girato secondo le regole del manifesto di Dogme 95, P. ha sperimentato una forma visiva ibrida, che allude alla webcam da computer usata dalle giovani amiche protagoniste, quattro attrici dalla storia familiare disastrata in cerca di emozioni attraverso il sesso o la droga, ed esprime con una certa sua peculiare forza lo sbandamento dell'ultima generazione. Nel 2003 ha realizzato il drammatico Alla fine della notte, interpretato da Ennio Fantastichini e da Ida Di Benedetto.