SAN CLEMENTE A CASAURIA
SAN CLEMENTE A CASAURIA, Abbazia di.Abbazia situata in Abruzzo, a poca distanza da Torre de' Passeri (prov. Pescara), fondata nell'873 dall'imperatore franco Ludovico II (849-875) su di un'isoletta del fiume Pescara, vicino al sito dell'antica Interpromium (Bindi, 1889, pp. 405-407; Calore, 1891, p. 9), alla confluenza di importanti arterie stradali di epoca romana.
La ricca documentazione sulle vicende storiche, economiche e artistiche del cenobio è contenuta nel Chronicon Casauriense o Liber instrumentorum seu chronicorum monasterii Casauriensis, redatto alla fine del sec. 12° dal monaco Giovanni di Berardo su richiesta dell'abate Leonate (Manaresi, 1946-1947; Pratesi, 1977; 1981; Avril, Zaùuska, 1980); il codice autografo, scritto e ornato con sottili disegni a penna da magister Rusticus, si trova oggi a Parigi (BN, lat. 5411; Bloch, 1986, p. 571).
Dal Chronicon Casauriense è noto che Ludovico II donò vasellame d’oro e d’argento, pallia dorati e rilucenti di gemme preziose alla primitiva chiesa di S., di cui oggi non resta traccia (RIS, II, 2, 1726, col. 775). Fra il 915 e il 920, all’epoca dell’abate Ittone, il monastero fu saccheggiato dai saraceni; al tempo dell’abate Guidone risale una delle prime menzioni del chiostro (RIS, II, 2, 1726, col. 864), situato, conformemente alla Regola benedettina, a S della chiesa. Dopo un periodo di oscura decadenza, intorno al 1093 la chiesa fu probabilmente restaurata, poiché l’abate Giovanni fece eseguire una grande croce e una trabeazione dipinta, elementi di una perduta iconostasi. Fra la fine del sec. 11° e gli inizi del 12°, durante l’abbaziato di Grimoaldo, fu costruita una dimora per gli abati (palatium), decorata con storie del Vecchio Testamento, situata presso il fianco settentrionale della chiesa; in quegli anni funzionava anche un ospedale per i malati (infirmatorium). Nel 1146, all’epoca dell’abate Oldrio, si iniziò la costruzione del campanile, probabilmente collocato a sinistra del portico, come sembrerebbero confermare sia i resti qui rinvenuti di una costruzione a blocchi di tufo sia il modellino della chiesa raffigurato sull’architrave del portale centrale; l’abbazia, inoltre, era dotata di un ricovero per pellegrini (xenodochium). Nel 1158, infine, risulta esistente una struttura fortificata (castellum), con un porto sulla vicina costa adriatica.
L’abbazia conobbe il periodo di maggiore splendore edilizio e artistico sotto la guida dell’abate Leonate dei conti di Manoppello (1155-1182). Nel 1176 furono poste le fondamenta della nuova chiesa: i lavori iniziarono dal frontespicium con i tre portali, di fronte ai quali fu eretto il portico; al di sopra fu innalzata una cappella, che prevedeva una loggia aperta verso l’interno della chiesa. Tale tipologia architettonica trova riscontro, più che in modelli borgogoni, nel Santo Sepolcro di Barletta, testimoniando per questa via di essere il riflesso di idee provenienti dalla Terra Santa. Benché alcuni studiosi ritengano che la ricostruzione dell’edificio abbia interessato anche la zona presbiteriale (Gavini, 1927-1928, I, pp. 213, 219), questa tuttavia non presenta caratteri omogenei con la facciata ed è probabile, quindi, che il rifacimento abbia riguardato unicamente la parte occidentale (Wagner-Rieger, 1957, p. 109). Leonate morì nel 1182, lasciando ai successori il compito di completare le strutture della facciata, che doveva presentarsi in una situazione diversa da quella attuale. L’odierno prospetto di facciata, con quattro finestre ornate da mostre differenti l’una dall’altra, è conseguenza di una risistemazione forse posteriore al terremoto del 1348. Esso, tuttavia, fu rispettato durante i restauri condotti a più riprese negli anni 1919-1923, non potendosi ricostruire con certezza l’assetto originario della facciata né escludere una variante in corso d’opera durante i lavori di Leonate: è probabile che inizialmente il portico venisse costruito, senza prevedere una cappella al di sopra, in modo da essere coperto a tetto all’altezza della cornice di coronamento e da lasciare visibile il rosone nella parte superiore del prospetto. Questo sembrerebbe provato dal disegno della chiesa nel citato codice del Chronicon Casauriense (c. 129r) e dalle due riproduzioni del modellino sulla lunetta e sull’architrave del portale centrale, oltre che dai frammenti di una finestra circolare rinvenuti in occasione del restauro e oggi sistemati nell’adiacente Mus. dell’abbazia insieme ad altri resti scultorei provenienti dall’abbazia e dal territorio circostante (Gavini, 1926-1927, pp. 104-105). A ogni modo, il rinvenimento di una colonnina nel muro della facciata in corrispondenza della cappella (Calore, 1891, pp. 28-29) ha consentito, nel corso dei restauri, di procedere al ripristino della loggia a tre arcate che doveva aprirsi all’interno della chiesa (Gavini, 1926-1927, pp. 105-107, fig. 10).
Della decorazione plastica dell’esterno dell’abbazia, recentemente è stata tentata una distinzione dei tempi e delle mani (Fossi, 1981, pp. 181-186). Le maestranze del cantiere convocato a Casauria da Leonate negli ultimi anni di abbaziato (1176-1182) eseguirono la decorazione dell’intera facciata della chiesa, gran parte dei capitelli del portico e iniziarono il pulpito, completato, però, dopo la morte dell’abate. I rilievi della lunetta e dell’architrave del portale centrale e le lunette laterali con S. Michele Arcangelo e la Madonna con il Bambino sono stati attribuiti a una prima maestranza, influenzata dalla plastica francese delle regioni sudoccidentali, in particolare tolosana. Le quattro figure di profeti o di re sugli stipiti, insieme ai capitelli del portale centrale, sarebbero invece da attribuire a una seconda maestranza, latamente ispirata ai modelli francesi dei cantieri protogotici dell’Ile de France (Saint-Denis, Chartres, Bourges), senza con ciò ammetterne un’influenza diretta, come in passato è stato sostenuto (Gavini, 1927-1928, I, pp. 242-244; Lehmann-Brockhaus, 1942-1944, pp. 326-328; Jacobs, 1968, p. 71; Buschhausen, 1978, pp. 358-359). Quanto al significato iconografico dei rilievi del portale centrale, sia le raffigurazioni della lunetta (S. Clemente papa fra i ss. Cornelio e Fabio a sinistra e l’abate Leonate con il modellino della chiesa a destra) sia quelle dell’architrave, nelle quali è protagonista l’imperatore Ludovico II (Consegna e Traslazione delle reliquie di s. Clemente, Acquisto di terre e Investitura dell’abate Romano), sono state interpretate come un’organica traduzione per immagini del Chronicon Casauriense, destinate a diffondere, più del testo scritto, la versione ‘ufficiale’ della fondazione dell’abbazia (Feller, 1990).
All’epoca del sacrista Berardo - verso il 1184 secondo quanto indica una lapide oggi conservata nel Mus. dell’abbazia - risalirebbe gran parte dei rilievi del portico, opera di scalpellini locali che traducono in forme più rozze i modelli degli scultori del cantiere di Leonate. Alla morte dell’abate, infatti, i migliori artefici si allontanarono da Casauria; a partire del nono decennio del sec. 12° testimonianze della loro attività si incontrano in altri monumenti della regione e al di fuori di essa (Fossi, 1981, p. 186 n. 76; 1984).
Al tempo dell’abate Gioele, intorno agli anni 1182-1189, vanno riferiti i rilievi dell’archivolto del fornice centrale del portico con figure di re e profeti e la porta bronzea del grande portale, oggi priva dell’originale doratura. Delle settantadue formelle che occupavano i due battenti, ne restano attualmente quarantotto, quarantaquattro in situ, due a Baltimora (Walters Art Gall.) e due a Berlino (già KaiserFriedrich-Mus., oggi Staatl. Mus., Bodemus.). L’originaria disposizione, più volte alterata nel corso dei secc. 19° e 20°, prevedeva alle estremità sinistra e destra due file verticali di pannelli con ventidue castelli della terra di S., al centro pannelli con motivi ornamentali (croci, mezzelune, stelle di varia foggia) e in alto una fila orizzontale di quattro pannelli figurati con l’abate Gioele (il committente della porta) e s. Clemente (il santo titolare dell’abbazia) affiancati da Ludovico II e Guglielmo II (1172-1189) re di Sicilia (rispettivamente il sovrano fondatore e quello benefattore del monastero in quel tempo). Come è stato dimostrato, nel programma iconografico dei battenti casauriensi si riflette l’influenza della porta dell’abbazia di Montecassino, realizzata all’epoca dell’abate Oderisio II (1123-1126; Bloch, 1986, pp. 584-591, 610-611; 1990, pp. 316-318).
L’interno della chiesa, a tre navate separate da arcate ogivali su pilastri, è concluso da un transetto sopraelevato con una sola abside semicircolare. Le tre navate, in origine forse ripartite da due file di colonne, certamente dovevano presentare una copertura a tetto; esse furono innalzate probabilmente durante l’abbaziato di Gioele (nono decennio del sec. 12°), poiché la loro decorazione plastica rappresenta un ulteriore sviluppo di quella del portico. Il transetto originariamente era coperto da volte a crociera con nervature, come sembrerebbe suggerire l’attacco dei piloni a fascio rinvenuti nella zona presbiteriale durante i restauri degli anni 1919-1923 (Gavini, 1926-1927, pp. 100-103). Gli ultimi interventi sull’edificio, conclusi intorno al secondo decennio del Duecento, dovettero riguardare proprio il transetto e l’abside, come sembra provato dalla scultura architettonica che, specie all’esterno del coro, manifesta un’influenza di cultura francese più aggiornata della plastica del portico (Aceto, 1990, pp. 44-45).
La cripta, divisa da colonne di spoglio in numerose campate irregolari con volte a crociera e a botte, presenta un doppio recinto absidale, separato da un’intercapedine; l’esame delle murature e dei materiali ha indotto a ritenere il recinto esterno più antico di quello interno, così da supporre che la cripta sia stata ristretta in un’epoca imprecisata, forse quando nei due bracci del transetto furono ricavate le sagrestie, eliminate durante il restauro degli anni Venti (Biolchi, 1931, pp. 317-320; Cecchelli Trinci, 1980).
Nell’interno è collocato il pulpito, a struttura quadrata su colonne architravate, ornato da plastici tralci e carnosi rosoni, portato a termine dopo la morte di Leonate (Gavini, 1924; Lehmann-Brockhaus, 1942-1944, pp. 318-326). Il candelabro per il cero pasquale è riferibile probabilmente al sec. 13° (Gavini, 1927-1928, I, pp. 432-433); al sec. 15° è assegnabile, invece, il ciborio in pietra, esemplato su di uno precedente, del sec. 12° (Gavini, 1927-1928, I, p. 238, fig. 285), che sovrasta un sarcofago paleocristiano (sec. 4°) usato come altare (Falla Castelfranchi, 1990, p. 217).
Bibl.: Fonti. - Giovanni di Berardo, Liber instrumentorum seu chronicorum monasterii Casauriensis, in RIS, II, 2, 1726, coll. 775-1018; C. Manaresi, Il ‘‘Liber instrumentorum seu chronicorum monasterii Casauriensis’’ della Nazionale di Parigi, Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienze e lettere 80, 1946-1947, pp. 29-62; V. Bindi, Monumenti storici e artistici degli Abruzzi, Napoli 1889, pp. 405-468.
Letteratura critica. - P.L. Calore, L’Abbazia di S. Clemente a Casauria, Archivio storico dell’arte 4, 1891, pp. 9-36; E. Bertaux, L’art dans L’Italie méridionale, II, Paris 1903 (19682), pp. 532-589; Venturi, Storia, III, 1904, pp. 717-720; I.C. Gavini, L’ambone di S. Clemente a Casauria e una vecchia polemica, Albia 1, 1924, pp. 43-54; id., Il restauro della Badia di S. Clemente a Casauria, BArte, n. s., 6, 1926-1927, pp. 97-109; id., Storia dell’architettura in Abruzzo, 2 voll., Milano-Roma [1927-1928]: I, pp. 4-5, 196-251, 432-433; II, pp. 217-222; Toesca, Medioevo, 1927, pp. 844-845, 907 n. 71; R. Biolchi, Il problema della cripta di S. Clemente a Casauria, BArte, s. III, 25, 1931, pp. 315-320; O. LehmannBrockhaus, Die Kanzeln der Abruzzen im 12. und 13. Jahrhundert, RömJKg 6, 1942-1944, pp. 318-329; G.H. Crichton, Romanesque Sculpture in Italy, London 1954, pp. 128-132; R. Wagner-Rieger, Die italienische Baukunst zu Beginn der Gotik, II, Süd- und Mittelitalien (Publikationen des Österreichischen Kulturinstituts in Rom, 2), Graz-Köln 1957, pp. 102-111; F. Jacobs, Die Kathedrale S. Maria Icona Vetere in Foggia, Hamburg 1968; M. Moretti, Architettura medievale in Abruzzo (dal VI al XVI secolo), Roma 1971, pp. XXII-XXIII, 198-213; A. Pratesi, In margine al lavoro preparatorio per l’edizione del Chronicon Casauriense, Abruzzo 15, 1977, pp. 95-114; H. Buschhausen, Die süditalienische Bauplastik im Königreich Jerusalem von König Wilhelm II. bis Kaiser Friedrich II. (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 108), Wien 1978, pp. 356-371; V. Pace, in L’art dans l’Italie méridionale. Aggiornamento all’opera di Emile Bertaux, Roma 1978, V, pp. 724-740; M.S. Calò Mariani, ivi, pp. 824-826; F. Avril, Y. Zaùuska, Manuscrits enluminés d’origine italienne, I, Paris 1980, pp. 23-24; M. Cecchelli Trinci, Cripte abruzzesi e molisane (IX-XIII secolo), Quaderni dell’Istituto di archeologia e storia antica dell’Università di Chieti, 1, 1980, pp. 123-150; G. Fossi, L’Abbazia di S. Clemente a Casauria. Il monumento dal IX al XII secolo. Leonate e la decorazione plastica dei portali, ivi, 2, 1981, pp. 161-186; A. Pratesi, L’Abbazia di Casauria e il suo cartulario, Bullettino della Deputazione abruzzese di storia patria 71, 1981, pp. 25-45; O. Lehmann-Brockhaus, Abruzzen und Molise. Kunst und Geschichte, München 1983, pp. 84-201; G. Fossi, Sulle tracce di uno scultore abruzzese del XII nelle Marche, in Scritti di storia dell’arte in onore di Roberto Salvini, Firenze 1984, pp. 77-79; H. Bloch, Monte Cassino in the Middle Ages, I, Roma 1986, pp. 571-611; F. Gandolfo, in A.M. Romanini, Il Medioevo (Storia dell’arte classica e italiana, 2), Firenze 1988, p. 341; F. Aceto, ‘‘Magistri’’ e cantieri nel ‘‘Regnum Siciliae’’: l’Abruzzo e la cerchia federiciana, BArte, s. VI, 75, 1990, 59, pp. 38-49; H. Bloch, Le porte bronzee di Montecassino e l’influenza della porta di Odersisio II sulle porte di S. Clemente a Casauria e del duomo di Benevento, in Le porte di bronzo dall’antichità al secolo XIII, a cura di S. Salomi, Roma 1990, I, pp. 307-324; M. Falla Castelfranchi, L’età paleocristiana e alto medievale: testimonianze archeologiche. 3. Ludovico II, S. Clemente e la fondazione di Casauria, in Chieti e la sua provincia. Storia arte cultura, I, Chieti 1990, pp. 210-221; L. Feller, La fondazione di S. Clemente a Casauria e la sua rappresentazione iconografica, in Civiltà medievale negli Abruzzi, I, Storiografia e storia, a cura di S. Boesch Gajano, L’Aquila 1990, pp. 217-235; A. Pratesi, Ubi corpus beati Clementis Papae et martyris requiescit, in Contributi per una storia dell’Abruzzo Adriatico nel Medioevo, a cura di R. Paciocco, L. Pellegrini, Chieti 1992, pp. 115-131.