SAN GALLO
SAN GALLO (ted. Sankt Gallen) Città della Svizzera orientale, capoluogo dell’omonimo cantone, posta nell’alta e stretta valle dello Steinach. Il nome della città deriva dall’intitolazione del monastero benedettino, che si eleva ai piedi del pendio meridionale, intorno al quale essa si sviluppò.
Durante la prima metà del sec. 7° il monaco irlandese Gallo (m. nel 645 ca.), nel corso della sua opera di cristianizzazione, stabilì in quella zona un romitorio. Nel sec. 8° l’alamanno Otmaro (719-759), sul luogo in cui Gallo si era precedentemente insediato, fondò un monastero diventandone primo abate. Di queste origini raccontano la Vita et miracula sancti Galli e i Casus Sancti Galli di Eccheardo IV (980/990-1056). Nel 747, per ordine di Carlomanno e di Pipino, venne introdotta la Regola di s. Benedetto. A N del monastero si sviluppò un insediamento. Dopo la cacciata dell’abate Otmaro a opera del vescovo di Costanza, Sidonio, il monastero divenne feudo della diocesi della stessa città, da cui si affrancò nell’818 ottenendo il privilegio dell’immunità (Urkundenbuch, 1863-1955, I, p. 226) e diventando abbazia regia.
Una prima fioritura culturale e artistica si ebbe nel sec. 9° con la creazione del celebre scriptorium. Nei secc. 10° e 11°, nel corso delle lotte per le investiture, S. costituì un importante punto di sostegno alla politica imperiale. Nel 1170 S. appare segnalata nelle fonti come città con diritto di mercato (Urkundenbuch, 1863-1955, III, p. 47). Due documenti del 1272-1273 e del 1291 (San Gallo, Stadtarch.; Urkundenbuch, 1863-1955, III, pp. 196ss. e 290ss.) attestano i tentativi dei cittadini di rendersi indipendenti. Nel corso dei secc. 13° e 14° si verificò un periodo di decadenza del monastero, che perse i suoi possedimenti terrieri.
Nel sec. 10° l’area del monastero aveva circa la stessa estensione dell’attuale. Sul luogo del Gallusplatz, a N del monastero, sorsero le prime case dell’abitato. Dopo l’invasione degli Ungari, avvenuta nel 926, l’abate Annone iniziò la costruzione di un muro di cinta fortificato, che, secondo Eccheardo IV (Casus Sancti Galli), aveva tredici torri e racchiudeva il monastero e il terreno edificato posto a N. Le mura, portate a termine sotto l’abate Notkero II (m. nel 975), costituiscono la prima cinta muraria attestata per la Svizzera dopo l’età romana. All’interno della città vecchia si trova la chiesa di St. Laurenzen; extra muros sono invece le chiese di St. Mangen sullo Irahügel, la Leonardskirche (eretta nel 1152), il Siechenhaus im Linsebühl (1219) e il convento femminile di St. Katharina. A partire dal 1200 il centro, con la piazza del mercato e il Rathaus, si stabilì lungo il tratto inferiore della Marktgasse.
La prima raffigurazione della città (veduta S-O) si trova in un’incisione di Heinrich Vogtherr del 1545 (Zurigo, Zentralbibl.); nel 1596 venne realizzato l’importante prospetto planimentrico della città, opera di Melchior Frank (San Gallo, Historisches Mus.). Dell’antica abbazia benedettina, nucleo originario della città, si sono conservate vedute specifiche soltanto a partire dal sec. 17°, per es. l’acquaforte della Translatio del 1680 e un’incisione su rame del 1698 (Zurigo, Zentralbibl.).
La cella fondata da Gallo nella prima metà del sec. 7° nella valle dello Steinach era costituita da un oratorio in legno (Gallushorizont), con recinzione. Dopo la morte del santo essa venne abbandonata. Sotto l’abate Otmaro fu costruita una chiesa di pietra, la Galluskirche, della quale sono stati individuati con sicurezza soltanto pochi resti (Otmarhorizont); si trattava di una semplice chiesa ad aula con cripta e recinzioni di coro.
Dopo una temporanea decadenza, il monastero sperimentò, sotto l’abate Gozberto (816-837), un periodo di rinascita; la ricostruzione della chiesa voluta da Gozberto dall’830 all’833, prevedeva - come attestano i risultati degli scavi avvenuti nel 1964-1965 - un impianto basilicale ad arcate su colonne a tre navate con copertura piana (m 66 ´ ca. 28), con conclusioni rettilinee a E e a O; la navata mediana era divisa da una recinzione a trabeazione; la Galluskirche presentava una cripta a gallerie, accessibile dalle navate laterali, di impianto rettangolare, allungato in direzione trasversale al di sotto dell’altare maggiore. Un cunicolo a vista conduceva a una fenestella nella parete occidentale, dalla quale era visibile la tomba di s. Gallo nel coro; un analogo impianto si ritrova nel duomo di Costanza. La chiesa era decorata da pitture murali, di cui restano solo i tituli, tramandati da un manoscritto del sec. 9° (Zurigo, Zentralbibl., C 78).
Trent’anni dopo la consacrazione della chiesa, a O della basilica di Gozberto venne eretta la Otmarskirche, in ricordo dell’abate Otmaro, proclamato santo nell’864. Tra le due chiese fu costruito un atrio con una cappella dedicata a s. Michele nel piano superiore, andato distrutto nella prima metà del Seicento. In tal modo si vennero a trovare disposti su di un unico asse tre edifici religiosi tra loro separati. La Otmarskirche era una basilica ad arcate su colonne a tre navate con copertura piana e cripta a O, in parte conservata, anch’essa decorata da pitture murali. L’abate Hartmut (872-883) eres se lo Schulturm a tre piani per il tesoro dell’abbazia sul lato nord della Galluskirche (Eccheardo IV, Casus Sancti Galli, 67).
Intorno al 1215 venne edificata una seconda torre all’angolo N-E della Galluskirche; quest’ultima, a causa di incendi avvenuti nel corso dei secc. 13° e 14°, subì molti danni nella zona della navata e del coro orientale. La ricostruzione del coro, come ambiente ‘a sala’ a tre navate con volte costolonate a stella e Lettner, si concluse nel 1483 a opera di Heinrich Griffenberg e di Konrad Schradi, entrambi di Costanza.
L’attuale chiesa e la biblioteca sono frutto di una ristrutturazione degli anni 1755-1766.
Secondo un documento di conferma di privilegi dell’imperatore Arnolfo risalente all’898 (Urkundenbuch, 1863-1955, II, p. 317), l’abbaziale di St. Mangen, già abbandonata nel sec. 15°, venne eretta extra muros da Salomone III, contemporaneamente abate del monastero di St. Gallen e vescovo di Costanza (m. nel 920). L’edificio originario si articola in un ambiente centrale quadrato a cui si addossano quattro bracci; si conservano nella torre frammenti di scultura con ornamentazione a intreccio. Intorno al 1100 la chiesa venne ampliata per favorire il culto della martire s. Viborada; l’attuale edificio è a croce latina. L’esistenza di finestre nella parete settentrionale del coro e nel transetto meridionale attesta il fatto che il monastero fu abitato da una comunità di suore di clausura.
La chiesa di St. Laurenzen fu fondata tra il sec. 8° e il 9° come cappella funeraria: si trattava forse di un’aula rettangolare con atrio aggiunto successivamente; dopo il 955 fu ricostruita come chiesa ad aula con coro quadrato. Nel 1413-1422 venne ampliata, diventando una chiesa a sala a tre navate, di cui quella centrale sopraelevata, provvista di coro rettilineo. Nei secc. 16° e 19° fu oggetto di ricostruzioni che riguardarono la tribuna e la sopraelevazione della torre.
Del convento di St. Katharina, fondato nel 1228, si conservano ancora la chiesa ad aula tardogotica con il chiostro (1504-1507) e il tratto meridionale fortemente alterato.
A O della città, su una collina, fu costruita nel 1145 la cappella di St. Leonhard, demolita nel sec. 16° ma le cui fondamenta sono state individuate alla fine del secolo scorso.
Quasi tutti gli edifici civili della città sono andati distrutti nell’incendio del 1418; le case sul Gallusplatz e il fabbricato corporativo, in parte ancora esistente, zum Goldenen Schäfli, costituiscono gli unici resti di edifici tardogotici. Delle fortificazioni medievali della città si conservano vestigia presso il Rundturm e presso il Karlstor (1556).
Nel lapidarium presso la cattedrale si trova una raccolta di elementi di scultura architettonica di epoca medievale con pezzi carolingi provenienti dalla chiesa e dagli edifici monastici del complesso di St. Gallen. Nella Stiftsbibliothek sono conservati numerosi manoscritti, soprattutto di epoca carolingia, tra i quali il documento più noto è il c.d. piano di San Gallo (1092), dell’820-830 ca., proveniente dalla Reichenau.
Bibl.: Fonti. - Vita et miracula sancti Galli, a cura di G. Meyer von Knonau (Mitteilungen zur vaterländischen Geschichte, 12), St. Gallen 1870, pp. 1-93; Eccheardo IV, Casus Sancti Galli, a cura di G. Meyer von Knonau (Mitteilungen zur vaterländischen Geschichte, 15-16), St. Gallen 1877; Urkundenbuch der Abtei St. Gallen, a cura di H. Wartmann, 6 voll., St. Gallen 1863-1955; J. von Watt, Deutsche historische Schriften, a cura di E. Götzinger, 3 voll., St. Gallen 1875-1879.
Letteratura critica. - A. Hardegger, Die alte Stiftskirche und die ehemaligen Klostergebäude in St. Gallen. Ein Rekonstruktionsversuch, Zürich 1917; id., Die Baudenkmäler der Stadt St. Gallen, St. Gallen 1922; K. Escher, Die Münster von Schaffhausen, Chur und St. Gallen, Leipzig 1932, p. 9ss.; A. Knöpfli, Kunstgeschichte des Bodenseeraumes (Bodensee-Bibliotek, 6-7), 2 voll., Konstanz-Sigmaringen 1961-1969; E. Poeschel, Die Kunstdenkmäler des Kantons St. Gallen, III, 2, Die Stadt St. Gallen. Das Stift, Basel 1961; id., Kirche St. Mangen in St. Gallen (Schweizerische Kunstführer), Bern 1962; F. Knoll-Heitz, Ausgrabungen in St. Laurenzen, Gallus-Stadt, 1969, pp. 83-96; P. Eggenberger, W. Stöckli, Die Krypta im Münster Unserer Lieben Frau zu Konstanz, Schriften des Vereins für Geschichte des Bodensees und seiner Umgebung 95, 1977, pp. 1-18; M.C. Haller-Fuchs, Altstadt St. Gallen. Siedlungsbild, Gassenräume, Einzelbauten, St. Gallen 1978; A. Knöpfli, St. Laurenzen und seine baulichen Schicksale, in Die Kirche von St. Laurenzen in St. Gallen, St. Gallen 1979; J. Duft, Der St. Galler Klosterplan. Die Kulturgeschichtliche Bedeutung des karolingischen Klosterplanes, cat., Bregenz 1983; K. Hecht, Der St. Galler Klosterplan, Sigmaringen 1983; H.R. Sennhauser, Das Münster des Abtes Gozbert (816-837) und seine Ausmalung unter Hartmut (Proabbas 841, Abt 872-883), Unsere Kunstdenkmäler 34, 1983, pp. 152-167; J. Duft, E. Ziegler St. Gallen: Kloster und Stadt, Bern 1984; J. Duft, A. Gössi, W. Vogler, St. Gallen, in Die Orden mit Benediktinerregel (Helvetia sacra, III, 1-2), Bern 1986, pp. 1180-1369; A. Zettler, Die frühen Klosterbauten der Reichenau: Ausgrabungen, Schriftquellen, St. Galler Klosterplan (Archäologie und Geschichte. Freiburger Forschungen zum ersten Jahrtausend in Südwestdeutschland, 3), Sigmaringen 1988; Vorromanische Kirchenbauten. Katalog der Denkmäler bis zum Ausgang der Ottonen, a cura di W. Jacobsen, L. Schaefer, H.R. Sennhauser (Veröffentlichungen des Zentralinstituts für Kunstgeschichte in München, 3, 2), München 1991, pp. 295-296, 362-363; H. Horat, Skizze der Sankt Galler Abteigeschichte, in Die Kultur der Abtei St. Gallen, a cura di W. Vogler, Zürich 1990-1992, pp. 9-28; id., Die mittelalterliche Architektur der Abtei Sankt Gallen, ivi, pp. 185-200; W. Jacobsen, Der Klosterplan von St. Gallen und die karolingische Architektur. Entwicklung und Wandel von Form und Bedeutung im fränkischen Kirchenbau zwischen 751 und 840, Berlin 1992; H.R. Sennhauser, Klostermauern und Klostertürme, in Wohn- und Wirtschftsbauten frühmittelalterlicher Klöster, «Internationales Symposium, Zürich-Müstair 1995», Zürich 1996, pp. 195-217.
Miniatura e arti suntuarie. - La Stiftsbibl. di S. è annoverata tra le più famose biblioteche del mondo, poiché conserva un patrimonio di manoscritti che rispecchia la cultura dell’abbazia a partire dalla sua fondazione, avvenuta nell’8° secolo. I primi tentativi di produzione libraria artistica a S. si evidenziano nelle iniziali e nei diagrammi dei codici scritti da Waldo e Winithar nella seconda metà del sec. 8° (San Gallo, Stiftsbibl., 238). Le loro opere possono essere confrontate con quelle della miniatura merovingia. Ciò vale anche per le arcate con le quali vengono incorniciati i nomi dei confratelli degli altri monasteri nel Liber memorialis Sancti Galli, databile all’813-814 (San Gallo, Stiftsarch., C3, B5); i capitelli delle arcate, ornati da protomi di toro e di lupo, sono residui di un’antica cultura mediterranea.
Sotto l’abate Gozberto (816-837), Wolfcoz copiò un salterio (San Gallo, Stiftsbibl., 20), al quale, a partire dalla monografia di Merton (1912) sulla miniatura di S., vengono per lo più collegati altri due salteri, rispettivamente conservati a Zurigo (Zentralbibl., C 12) e a S. (Kantonsbibl. Vadiana, 292). Quest’ultimo mostra chiaramente influssi della miniatura insulare, che successivamente si sovrapposero in un certo qual modo a quelli merovingi.
L’arte della decorazione delle iniziali a S. raggiunse un suo primo culmine con l’Evangelistario delle Festività (San Gallo, Stiftsbibl., 367). A questo fecero seguito, sotto l’abate Grimaldo (841-872), numerosi manoscritti con una pregevole decorazione delle iniziali in oro, argento e minio, che presentano un carattere unitario tipico dello scriptorium. Appartengono a questo gruppo i volumi della Bibbia (San Gallo, Stiftsbibl., 77, 78, 81-83), il cui testo venne revisionato secondo il supplemento redatto a Tours intorno all’800 (San Gallo, Stiftsbibl., 75). Altri manoscritti liturgici, quali omeliari e lezionari (San Gallo, Stiftsbibl., 430-433), limitano la loro decorazione alle iniziali in minio. Dell’alto livello culturale e scientifico dello scriptorium all’epoca di Grimaldo sono testimonianza an che i manoscritti di Arato di Soli (San Gallo, Stiftsbibl., 250, 902), che contengono disegni sfumati a penna raffiguranti costellazioni e globi celesti.
Durante l’abbaziato di Hartmut (872-883) si ebbe una seconda fioritura della miniatura di S., caratterizzata ancora dalla quasi totale assenza di elementi figurativi. Il salterio redatto da Folchart (San Gallo, Stiftsbibl., 23) presenta tuttavia, come decorazione per la grande litania, una serie di arcate nelle cui lunette sono rappresentati per es. Davide nella scelta dei suoi musici (p. 9) così come Davide danzante davanti all’Arca dell’alleanza (p. 12). Accanto ai timbri metallici dell’oro e dell’argento si ritrovano ora tinte coprenti nei colori blu, verde e porpora. A S. Folchart fu subdiacono nell’855, diacono nell’860 e decano a partire dall’882; è sconosciuta la data della sua morte. Sotto Hartmut vennero prodotti a S. codici come l’Evangeliario di Lindau (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 1), la cui coperta posteriore lavorata in argento e oro rivela influssi dell’oreficeria insulare, mentre nella coperta anteriore con il crocifisso si evidenzia la tradizione orafa carolingia e franco-occidentale. Non sono conservate altre testimonianze dell’oreficeria di S. per l’epoca degli abati Grimaldo e Hartmut. Lo Psalterium aureum, attribuito per lo più all’epoca di Hartmut (San Gallo, Stiftsbibl., 22), è crisografato in minuscola su un’unica colonna e contiene, oltre a una raffigurazione di Davide (p. 2) e di S. Girolamo (p. 14), alcune illustrazioni relative ai tituli dei salmi. Si tratta ancora di disegni a penna colorati, talvolta con sottolineature a pennello in oro. Forse lo Psalterium aureum è un manoscritto di importazione, iniziato in Italia o in Francia e portato a termine e colorato a San Gallo.
Sotto l’abate Salomone III (890-919), che era contemporaneamente anche vescovo di Costanza, furono realizzate a S. le ultime grandi opere di epoca carolingia. L’abate venne in possesso di due dittici eburnei lasciati in eredità da Carlo Magno e affidatigli dall’arcivescovo Attone di Magonza (891-913), suo amico, nell’894. Come racconta Eccheardo IV (980/990-1056; Casus Sancti Galli, 22), uno dei dittici era intagliato, mentre l’altro era liscio. Quest’ultimo venne poi intagliato dal monaco-artista Tuotilo (850 ca.-913 ca.); esso costituisce attualmente la coperta dell’Evangelium longum (San Gallo, Stiftsbibl., 53), che, secondo Eccheardo IV, il calligrafo Sintram scrisse espressamente per essa su incarico di Salomone. Il primo dittico (San Gallo, Stiftsbibl., 60) era però già stato decorato, alla scuola di corte di Carlo Magno, con rosette e scene di lotta tra animali come simboli della pace e della guerra, e costituì probabilmente fino al tardo sec. 18° la coperta di un epistolario, che si trova oggi a Ginevra (Bibl. publique et univ., lat. 37a). I temi iconografici realizzati da Tuotilo sulla coperta dell’Evangelium longum sono, rispettivamente, sul verso quello della Maiestas Domini e sul recto S. Gallo con l’orso che gli porta la legna e l’Assunzione di Maria, così come, al di sopra, un girale con una scena di lotta tra animali.
Durante l’abbaziato di Salomone vennero nuovamente realizzati manoscritti di lusso, che si trovano oggi anche al di fuori di S., per es. l’Evangeliario di Einsiedeln (Stiftsbibl., 17 [405]), l’Evangelistario di Mulhouse (Bibl. de la Société industrielle) e l’Epistolario di New York (Pierp. Morgan Lib., M. 91). L’evangeliario portatile del presbitero Ademaro (Zurigo, Zentralbibl., Rh. 151) è di piccolo formato e modesto nella decorazione, forse perché destinato a privati.
Quale ultima opera tardo-carolingia può essere indicato il Cantatorium (San Gallo, Stiftsbibl., 359), realizzato durante l’abbaziato di Hartmann (922-925). Esso ha ancora la forma di un dittico e presenta sulla coperta anteriore, come inserti, due rilievi del sec. 6°, le cui scene di baccanti non hanno nulla a che fare con il contenuto del libro. Si tratta probabilmente delle valve laterali di un dittico bizantino pentapartito che vennero riutilizzate come testimonianza della tradizione romana del canto liturgico dominante a San Gallo.
La miniatura ottoniana a S. ha inizio in epoca tarda. Prima dell’assalto degli Ungari nel 926 la biblioteca era stata portata in salvo nella Reichenau: però la produzione libraria cessò per lungo tempo. La Bibbia di Leida (Bibl. der Rijksuniv., Perizoni 17) contiene disegni dei libri dei Maccabei. Il manoscritto venne probabilmente iniziato prima del trasporto della biblioteca alla Reichenau e rielaborato nell’isola nella seconda metà del 10° secolo.
Soltanto sotto l’abate Purchart I (958-971) lo scriptorium diede segni di rinascita. Una testimonianza ne sono l’Evangeliario di S. (Treviri, Priesterseminar, 106) e il Sacramentario di S. (Stiftsbibl., 342), cui si aggiungono, un po’ più tardi, i sa cramentari conservati a Bruxelles (Bibl. Royale, 1814-1816; il Libro dei morti di Magdeburgo) e a Merseburg (Domstiftsbibl., 129; il Libro dei morti di Merseburg). Certamente già all’abbaziato di Kerhart (990-1001) risale il graduale e sacramentario (San Gallo, Stiftsbibl., 339) con le sue belle iniziali nella parte del graduale. Esse possono essere opera della mano del monaco Hartker (attestato tra il 980 e il 1011) il quale copiò e miniò l’Antiphonarium officii (San Gallo, Stiftsbibl., 390-391). Con quest’opera si ritrova per la prima volta a S. un ciclo figurativo cristologico, così come un’immagine dedicatoria e una raffigurazione di S. Gregorio (San Gallo, Stiftsbibl., 390, pp. 11, 13). L’opera di Hartker, sebbene limitata a un disegno a penna soltanto lievemente sfumato con i colori bruno e minio, è di eccellente qualità. Intorno all’anno Mille a S. venne copiato direttamente dall‘Evangelium longum un manoscritto conservato a Roma (BAV, Barb. lat. 711), che venne miniato con un ciclo di illustrazioni tratte dalla vita di Gesù. Le miniature presentano analogie con le coeve opere della Reichenau, ma si distinguono da quelle per il timbro coloristico. Le iniziali sono dipinte in oro e bordate di minio.
All’epoca dell’abate Thietpalt (1022-1034) sembra che a S. - a quanto documentano i testi e la notazione musicale dei neumi - venne prodotta una intera serie di manoscritti per il vescovo Sigeberto di Minden (1022-1036), attualmente conservati a Berlino (Staatsbibl, Theol. lat. fol.2; Theol. lat. quart. 3) e a Cracovia (Bibl. Jagiellónska). Il Liber hymnorum (Cracovia, Bibl. Jagiellónska, Theol. lat. qu. 11, c. 114r) presenta un’immagine del poeta che lo compose, Notkero Balbulo (ca. 840-912). Durante l’abbaziato di Nortperto (1034-1072) e di Ulrico (1072-1076) la produzione dei codici di lusso propria dell’Alto Medioevo e del Medioevo maturo si avviava alla fine. Alcuni messali miniati, come quello di Godescalco (San Gallo, Stiftsbibl. 338), oppure altri codici (San Gallo, Stiftsbibl., 340, 341, 376), recano ancora le immagini delle tavole dei Canoni e le raffigurazioni relative alle feste maggiori dell’anno liturgico, in parte influenzate dalle miniature bizantine. In questi anni fu realizzato l’Epistolario di S. (San Gallo, Stiftsbibl., 371), le cui immagini della Crocifissione e dell’Ascensione permettono di avere un’idea di quanto in questa epoca gli artisti si confrontassero con la tradizione figurativa orientale. Un ultimo e importante esempio dell’arte della scrittura è costituito dal codice autografo del monaco Herimannus (San Gallo, Stiftsbibl., 560) che nel 1072 redasse la Vita s. Wiboradae, ivi contenuta. Ancora una volta in questo libro rivive la superba tradizione carolingia.
Nel sec. 12° il monastero di S. si ‘mondanizzò’, circostanza che ebbe chiaramente i suoi effetti negativi sulla vita religiosa e sulla produzione miniata a essa collegata. In questa fase, soltanto di rado è possibile trovare nei manoscritti raffigurazioni miniate, come per es. quelle di Liutherus e di Gallo (San Gallo, Stiftsbibl., 375, p. 235), o come l’immagine dedicatoria aggiunta, dopo ca. tre secoli, in un salterio carolingio (San Gallo, Kantonsbibl. Vadiana, 292, c. 175v).
Bibl.: Fonti. - Eccheardo IV, Casus Sancti Galli, a cura di G. Meyer von Knonau (Mitteilungen zur vaterländischen Geschichte, 15-16), St. Gallen 1877.
Letteratura critica. - F. Landsberger, Der St. Galler Folchart-Psalter, St. Gallen 1912; A. Merton, Die Buchmalerei in St. Gallen vom 9. bis zum 11. Jahrhundert, Leipzig 1912 (19232); A. Bruckner, Scriptoria Medii Aevi Helvetica, II-III, Genf 1936-1938; J. Duft, R. Schnyder, Die Elfenbein-Einbände der Stiftsbibliothek St. Gallen (Kult und Kunst, 7), Beuron 1984; C. Eggenberger, Psalterium aureum Sancti Galli, Sigmaringen 1987; P. Ochsenbein, B. von Scarpatetti, Der Folchart-Psalter aus der Stiftsbibliothek St. Gallen, Freiburg-Basel-Wien 1987; Die Kultur der Abtei Sankt Gallen, a cura di W. Vogler, Zürich 1990; A. von Euw, St. Gallen, in Vor dem Jahr 1000. Abendländische Buchkunst zur Zeit der Kaiserin Theophanu, cat., Köln 1991, pp. 104-113 nrr. 25-28; R. Schaab, Aus der Hofschule Karls des Kahlen nach St. Gallen. Die Entstehung des Goldenen Psalters, in Bibl.: Codices Sangallenses. Festschrift für Johannes Duft zum 80. Geburtstag, a cura di P. Ochsenbein, E. Ziegler, Sigmaringen 1995, pp. 57-80; A. von Euw, Das Autorenbild im Epistolar Cod. Sang. 371 der Stiftsbibliothek St. Gallen, ivi, pp. 93-103; id., Anfänge und Höhepunkte der St. Galler Buchkunst, in Die Kultur der Abtei St. Gallen (Bonner akademische Reden, 77), Bonn 1997, pp. 60-83; id., St. Galler Kunst im frühen und hohen Mittelalter, in Das Kloster St. Gallen im Mittelalter. Die kulturelle Blüte von 8. bis zum 12. Jahrhundert, a cura di P. Ochsenbein, Darmstadt 1999, pp. 167-204, figg. 73-100.