Nome con cui è noto l'architetto Antonio di Bartolomeo Cordini (Firenze 1484 - Terni 1546). Formatosi come carpentiere e maestro di legname, seguì gli zii materni Giuliano e Antonio il Vecchio a Roma (1503 circa), dove intraprese studî sull'antico entrando anche a far parte della bottega di Bramante. L'attività come aiuto sia degli zii, sia di Bramante (carpentiere e supervisore del progetto per S. Pietro, dal 1511; per il Cortile del Belvedere, dal 1510; per la rocca di Civitavecchia, intorno al 1513) e di Raffaello (coadiutore nella costruzione di S. Pietro, dal 1516; assistente a Villa Madama, 1517-18), rende difficile individuare per quegli anni il suo specifico contributo, pur notevole, testimoniato anche dall'amplissimo corpus di disegni suoi e della sua cerchia. Intorno al 1515, tuttavia, possono ritrovarsi le prime autonome tracce come architetto al servizio del cardinale Alessandro Farnese, per il quale progettò palazzo Farnese a Roma (1515-18), ampliato quando il suo committente divenne papa col nome di Paolo III nel 1534: edificio a cui lavorò fino alla morte e che subì significative alterazioni per mano di Michelangelo (cornicione) e Giacomo della Porta. È un imponente blocco squadrato simmetrico con bugnato rustico negli angoli, con la facciata principale scandita orizzontalmente da una fitta trama di finestre edicolate; al piano terra un vestibolo voltato a botte cassettonata su colonne doriche conduce alla corte interna caratterizzata, a sua volta, da tre ordini classici sovrapposti alla maniera del Teatro di Marcello. Una tipologia di palazzo che trova anche applicazione nell'impianto dimensionalmente più modesto, ma altrettanto significativo, di palazzo Baldassini, sempre a Roma (1515 circa-1519). Per i Farnese realizzò altre opere fuori Roma: due tempietti sull'isola Bisentina del Lago di Bolsena (1520); la fortezza pentagonale di Caprarola (1521-27 circa), trasformata poi in villa da Vignola; il palazzo-castello di Capodimonte (iniziato nel 1518) e quello di Gradoli (1536 circa); le fortificazioni e le trasformazioni del Ducato di Castro (dal 1437), andate distrutte. Alla morte di Raffaello (1520) fu nominato capomastro, insieme a B. Peruzzi, della fabbrica di S. Pietro (come responsabile unico dal 1536) di cui rimane, oltre ai varî disegni, il maestoso modello ligneo (1539-43, realizzato da Labacco e conservato in Vaticano). Intorno al 1518, ma specialmente dal 1522 al 1527, riprese la costruzione di S. Maria di Loreto al Foro Traiano, già decisa nel 1507. Come primo architetto dei papi Clemente VII e Paolo III ricevette numerosi incarichi ufficiali: alla Zecca papale (palazzo del Banco di S. Spirito, 1525-27), si associano gli interventi nel Palazzo apostolico di Loreto (1526-34), la doppia rampa ellittica che caratterizza il Pozzo di S. Patrizio a Orvieto (1527-35) e i continui lavori nel Palazzo Vaticano (Sala Regia e Cappella Paolina, 1540-46). Con Paolo III, inoltre, si impose anche come esperto di architettura militare (fortezza di Ancona, 1537; rocca Paolina a Perugia, 1540-41; mura bastionate del Borgo Vaticano, tra cui l'incompiuta Porta di S. Spirito, 1543-46; ecc.). L'eterogenea e ampia produzione di Antonio da S. il Giovane fu garantita, oltre che dalle sue spiccate capacità professionali, da una precoce razionalizzazione sia della propria prassi compositivo-progettuale sia dell'attivo studio-bottega a cui collaborarono altri membri di quella che G. Vasari chiamò setta sangallesca.