ATANASIO ('Αϑανάσιος, Athanasius), santo
Vescovo di Alessandria d'Egitto, dottore della Chiesa. Nacque, probabilmente ad Alessandria, tra il 293 e il 295, e ricevette dai genitori educazione cristiana e istruzione classica. Ancora giovane, entrò in relazione con i monaci del deserto egiziano, e forse passò ivi qualche tempo presso S. Antonio abate; più tardi s'iscrisse nel clero di Alessandria, fu lettore dal 312 al 318, e in quest'anno fu ordinato diacono. Ingegno acuto e vivace, intraprese assai presto quella lotta contro il travolgente arianesimo (v.), nella quale egli doveva divenire il campione della fede cattolica e il nome suo simbolo dell'ortodossia trinitaria. A 23 anni iniziò la sua carriera di apologista della fede con le due opere Λόγος κατὰ 'Ελλήνων (Oratio contra gentes) e Λόγος περὶ τῆς ἐνανϑρωπήσεως τοῦ Λόγου (Oratio de incarnatione Verbi), e nel 325 seguì al concilio di Nicea il suo vescovo Alessandro. Alla morte di questo, nel 328, fu eletto a succedergli dal popolo, che salutava in lui "un uomo probo e virtuoso, un asceta, un vero vescovo". Ma la fazione dei meleziani (v.), che pur si era sottomessa ad Alessandro, ricusò di riceverlo e si unì con gli ariani per combatterlo. Accusato dapprima presso Costantino, egli nel 331 si difese abilmente, riuscendo anche ad acquistarsi la benevolenza dell'ìmperatore. Ma quando si rifiutò di riammettere nella Chiesa Ario, riabilitato da Costantino nel 333, ariani e meleziani ripresero ardire, guidati da Eusebio di Nicomedia. Un sinodo adunato contro A. a Cesarea non ottenne nulla; in un nuovo sinodo, adunato a Tiro nel 335 al quale A. stesso dovette intervenire, gli vennero mosse diverse accuse, come l'uccisione del vescovo meleziano Arsenio, la rottura del calice d'Ischyras, ecc. A. si difese, ma Costantino, senza tuttavia deporlo, lo mandò in esilio a Treviri. Morto Costantino nel 337, ottenne da Costanzo di ritornare alla sua sede, e vi fu accolto in trionfo. Ma gli eusebiani non disarmavano: si guadagnarono l'animo di Costanzo, accusarono A. presso il papa Giulio I, e, senza attendere da questo alcuna sentenza, collocarono sulla sede di Alessandria Gregorio di Cappadocia, costringendo con la violenza Atanasio alla fuga. Egli si rifugiò presso il papa a Roma. Giulio I, in un concilio adunato a Roma nel 341, riconobbe l'innocenza di A., ma non poté ottenere il suo ritorno ad Alessandria. Con l'aiuto però di Costante, che dopo la morte del fratello Costantino II governava tutto l'Occidente e desiderava pacificare tutto l'Impero, fu adunato un concilio a Sardica nel 343. Vi fu riconosciuto il diritto di appello al papa, proclamata di nuovo l'innocenza di A., condannato l'arianesimo, riconfermata la fede nicena. Ma la persecuzione ariana divenne più fiera in Oriente, e specialmente ad Alessandria. Solo il contegno fermo di Costante poté ottenere il ritorno di A. nel 346. I dieci anni che seguirono furono per lui anni di relativa quiete, e soprattutto di una grande operosità. In questo tempo egli consacrò vescovo e rimandò in Etiopia Frumenzio, l'apostolo dell'Abissinia. Ma nel 350 moriva l'imperatore Costante, suo protettore, e nel 352 anche il papa Giulio I. Divenuto Costanzo solo imperatore dell'Oriente e dell'Occidente, le lotte contro A. ricominciarono. Papa Liberio, per calmare l'imperatore, propose un nuovo concilio: Costanzo accettò, ma, nei due sinodi da lui convocati arbitrariamente ad Arles (353) e a Milano (355), impose la condanna di A.; coloro che non vollero acconsentire, quali Eusebio di Vercelli, Dionigi di Milano, Lucifero di Cagliari, Osio di Cordova, Ilario di Poitiers e lo stesso Liberio, furono esiliati. Atanasio si salvò con la fuga presso i monaci del deserto, nel 356: in quell'anno stesso perdeva il suo grande amico Antonio. La fedeltà e abilità dei monaci lo nascosero a tutte le ricerche dell'imperatore, e dal deserto egli continuò a governare la sua chiesa, presente ovunque con la vigilanza e gli scritti, divenuto anzi quasi il patriarca invisibile dell'Egitto. La morte di Costanzo ridiede anche a lui la libertà; ma l'operosità di A., che, se era principalmente antiariana, si esplicava con altrettanto successo contro il paganesimo morente, non poteva esser gradita al nuovo imperatore Giuliano, il quale bandì nuovamente Atanasio. Otto mesi dopo, alla morte di Giuliano (363), A. ritornò, ma per lasciare una quinta volta la città nell'ottobre del 365, a causa della persecuzione di Valente anch'egli ariano. Questa volta però non si allontanò dalla città; si disse che rimanesse nascosto nel sepolcro di suo padre e quattro mesi dopo poté rientrare in Alessandria e rimanervi indisturbato fino alla morte, avvenuta il 2 maggio 373. Fu uno dei primi vescovi non martiri che ebbero un culto pubblico.
Tutte queste vicende mostrano già la tempra dell'uomo. Ingegno vivo e penetrante, in un tempo in cui certi dogmi non avevano ancora trovato la loro espressione teorica, egli seppe enunziarli nettamente. La parola ὁμοούσιος "consustanziale", detta del Verbo in rapporto al Padre, non ebbe un più saldo difensore; tuttavia A. non fu schiavo della parola, e quando Basilio d'Ancira usò le parole οὐσία e ὁμοιούσιος, egli, intravedendovi la possibilità di un'identica fede sotto la diversità della parola, aprì l'animo alla speranza; ma la parola fu dai semiariani rigettata insieme col concetto. Degno della sua mente fu il cuore: nella lotta fu talvolta contro i nemici assai severo, specie coi meleziani, come tendono a provare papiri scoperti di recente, ma anche largo di compatimento. Caratteristico il contegno con Costanzo: non gli negò obbedienza, ma seppe anche dirgli apertamente che s'occupasse delle cose dell'Impero, lasciando ai vescovi le cose della Chiesa.
Opere: Si possono dividere in: a) Apologetiche: le due già citate Contra gentes e De incarnatione Verbi (intitolate da S. Girolamo Adversus gentes libri duo); b) Opere dogmatico-polemiche: Contra arianos orationes quatuor, opera composta durante il terzo esilio nel deserto; quattro lettere a Serapione vescovo di Tmuis, scritte durante la stessa epoca, e indirizzate contro coloro che ammettevano la divinità del Verbo ma negavano quella dello Spirito santo; De Spiritu Sancto, di argomento affine (esistente solo nella versione latina); le lettere a Epitteto, vescovo di Corinto, al vescovo e confessore Adelfio contro gli ariani, al filosofo Massimo, scritte nel 371; c) Opere storico-polemiche: le tre Apologie, contro gli ariani (350?), contro l'imperatore Costanzo, e quella intorno alla sua fuga (ambedue del 357); una lettera enciclica a tutti i vescovi (341), e una ai vescovi dell'Egitto e di Libia (356), nelle quali mette a nudo l'indegno procedere degli avversarî; l'Historia arianorum, lettera ai monaci d'Egitto, di cui manca il principio, contenente la storia degli ariani dal 335 al 357; d) Opere esegetiche: frammenti di commenti ai Salmi, a Giobbe, al Cantico dei cantici, al primo e terzo Vangelo, ecc.; e) Opere ascetiche: la Vita di S. Antonio, scritta intorno al 357 (o 365) per l'Occidente, e con intendimenti più ascetici che storici: tradotta da Evagrio di Antiochia in latino contribuì molto a diffondere l'entusiasmo per la vita monastica in Occidente; a questa classe si possono anche ascrivere parecchie lettere a monaci; f) Lettere festali (eortastiche) o pasquali, per annunciare ai fedeli le prossime feste pasquali. Abbiamo qualche frammento greco e la versione siriaca di 15, preceduta da un Index; sono documento importantissimo per la cronologia (ed. W. Cureton, Londra 1848). Altre opere sono dubbie o sicuramente spurie.
Edizioni: Dopo quella di Heidelberg ex officina Commeliana, 1600-1601, ripetuta a Parigi 1627, a Colonia 1686, la migliore è dei maurini I. Lopin e B. de Montfaucon, Parigi 1698; più ricca è quella del Giustiniani, Padova 1777, riprodotta con l'aggiunta dei nuovi ritrovamenti in Patrol. Graeca, XXV-XXVIII; edizioni parziali: I. C. Thilo, Lipsia 1853; Robertson, De incarnatione Verbi, Londra 1882; una nuova edizione per la collezione berlinese di scrittori cristiani greci si sta preparando, utilizzando codici inediti del M. Athos, fotografati da studiosi americani (v. K. Lake e R. P. Casey, in Haward Theolog. Rev., XIX [1926], p. 173 [per il De Virginitate, spurio, ma collegato con opere autentiche]).
Bibl.: O. Bardenhewer, Gesch. der altkirchl. Lit., III, 2ª ed., Friburgo in B. 1912, pp. 44-77; H. Voigt, Die Lehre des A. von Alex., Brema 1861; L. Atzberger, Die Logoslehre des hl. A., Monaco 1880; K. Bornhäuser, Die Vergöttungslehre des A. und Joh. Damascenus, Gütersloh 1903; G. Bardy, St. A., Parigi 1914. V. anche arianesimo.