SARASVATI
. Nome sanscrito col quale è celebrato nel Ṛgveda, sopra ogni altro, un fiume, la cui identificazione non è, per il discorde parere degli studiosi, sicuramente determinata. Nel Ṛgveda, S. appare quale divinità-fiume femminile: ha sette sorelle, è settemplice essa stessa, possiede tutte le qualità proprie di una potente fiumana benefica. Essa è la migliore di tutte le madri, è invocata perché doni alla terra e agli uomini fertilità, ricchezze, fama, immortalità, come quella che ogni ricchezza porta nel suo seno. Il suo potere di concedere vitalità e progenie la fa associare a divinità protettrici della procreazione, a Pūṣan (ipostasi del sole), ai Marut, agli Aiśvin i medici divini, gli ausiliari di Indra, al quale ella dona vigore con la parola (vācā), onde si passò (nei Brāhmcana) addirittura alla sua identificazione con la "parola" (vāc) stessa. S. viene appunto invocata nel sacrificio, perché assista il sacerdote nell'esatta dizione d'ogni verso e d'ogni formula (condizione questa essenziale dell'efficacia del sacrificio) e più tardi nell'epica e nella letteratura classica all'esaltazione di lei a dea dell'eloquenza.
Bibl.: A. A. Macdonell, Vedic Mythology, in Grundriss d. indoarisch. Philolog. u. Altertumskunde, II, 1, Strasburgo 1897, pp. 86-88.