SCABBIA (sin. rogna; lat. scabies; fr. gale; sp. sárma, roña; ted. Kratze; ingl. itch)
Dermatosi parassitaria causata nell'uomo dalla presenza sulla cute di un acaride, l'Acarus o Sarcoptes scabiei var. hominis. La natura parassitaria della malattia, non ostante la sua netta contagiosità, è stata per lunghi secoli ignorata. L'identificazione esatta del parassita è dovuta a due italiani, G. C. Bonomo e D. Cestoni (v. sotto). La lesione cutanea caratteristica della scabbia è rappresentata dal cunicolo, cioè dalla galleria che l'acaro femmina scava sotto l'epidermide per deporvi le uova. Il cunicolo ha forma lineare, un po' ondulata di solito, ed è rappresentato da un rilievo grigiastro o brunastro come se l'epidermide fosse stata, in corrispondenza del punto dove ha sede, scalfita con un ago. Porta frequentemente a una delle due estremità una vescicoletta minima che segna il punto dov'è arrivato nel suo tragitto l'acaro. Questi, a mano a mano si sposta in avanti, depone nella galleria scavatasi uova e feci. Le uova si schiudono e dànno luogo a larve che forano il tetto del cunicolo ed escono all'aperto trasformandosi in insetti perfetti. Le feci contribuiscono a dare il colorito brunastro al cunicolo. La presenza dell'acaro induce un prurito vivo che si manifesta quasi esclusivamente nelle ore serali e notturne e che è causa di grattamento. L'azione del grattamento provoca, per infezione di piogeni, lesioni secondarie pustolose e determina eczematizzazioni della cute. Le lesioni della scabbia hanno sede di elezione negli spazî interdigitali, ai polsi, alle pieghe estensorie del gomito, alle arcate ascellari, alla cintura, al solco delle natiche, alla faccia interna e anteriore delle coscie, alle natiche. Nel maschio sedi caratteristiche sono gli organi genitali, nella donna l'areola mammaria e il solco sottomammario, nel bambino le pieghe delle regioni palmoplantari. Rimane indenne il capo. Solo in una varietà eccezionalmente rara della malattia, la scabbia norvegica, anche il capo può essere coperto dalla forma crostosa caratteristica di questa varietà. Nel sangue degli scabbiosi si trova frequente eosinofilia. Non è rara la presenza di albumina nelle urine. La malattia colpisce di solito persone di povere condizioni. Non è infrequente però anche in persone pulite. Il contagio avviene quasi esclusivamente dormendo con persone malate di scabbia o in letti in cui abbiano dormito scabbiosi, senza che la biancheria sia stata opportunamente sterilizzata. Per la scabbia negli animali, v. sotto.
La scabbia guarisce rapidamente se razionalmente curata. Il metodo migliore di cura è rappresentato da frizioni con pomate e con altri preparati a base di zolfo, di balsamici o di mercurio, ripetute per 3-4 sere; indi bagno e cambio completo di biancheria da letto e personale; disinfezione degli abiti.
Patologia veterinaria. - La scabbia si riscontra con relativa frequenza dove gli animali vivono agglomerati; può diffondersi anche in forma enzootica; colpisce tutte le specie di animali domestici. Sul corpo di questi vivono il Sarcoptes, il Dermatocoptes, il Dermatophagus. Ognuna di queste famiglie possiede varietà che si sono adattate sul corpo di ogni singola specie di animali e per la quale soltanto si mostra particolarmente patogena. La possibilità di un'infezione reciproca fra le diverse specie di animalì si ha quasi esclusivamente per la rogna sarcoptica, alla condizione di un contatto intimo e prolungato. Tutte le specie di sarcopti degli animali si trasmettono all'uomo. L'infezione naturale avviene per contatto diretto fra gli animali ammalati e sani o per il tramite di oggetti contaminati (finimenti, coperte, arnesi di governo, lettiera, ecc.) e portati a contatto della pelle di animali sani. Una discreta importanza assumono i portatori di acari, intendendo con questo termine gli animali apparentemente guariti, o quelli che ospitano i parassiti sulla pelle senza avere mai dato segno di malattia. Le sedi cutanee su cui si stabiliscono gli acari sono in relazione alla specie del parassita e alle particolari condizioni della pelle. I sarcopti s'insediano nel punto in cui sono arrivati, da dove s'irradiano rapidamente su tutta la superficie del corpo (negli equini sono risparmiate la coda, la base della criniera, le estremità degli arti). Essi vivono nello spessore dell'epidermide dove scavano cunicoli, nicchie, gallerie, nutrendosi dei liquidi organici che trovano fra le cellule viventi dell'epidermide. I Dermatocopti stanno sulla superficie della pelle; si stabiliscono nelle ragioni più protette, dove esistono peli lunghi, sulle superficie di flessione delle articolazioni, nel canale delle ganasce e si nutrono di sangue e di linfa che succhiano a mezzo del loro apparato mandìbolare. I Dermatofaghi s'insediano sull'estremità degli arti; risiedono nello strato polveroso della pelle che si forma dalla distruzione dello strato corneificato dell'epidermide e si nutrono delle cellule epidermiche sottostanti a quelle corneificate.
L'azione patogena degli acari è d'ordine tossico e meccanico; essi sono causa di lesioni traumatiche perché per l'intenso prurito gli animali si mordono, si grattano, si fregano di continuo. Le singole forme di rogna prendono il nome dalla specie parassitaria da cui sono causate. La rogna sarcoptica e dermatocoptica è caratterizzata dalla comparsa di noduletti, più raramente di vescicole, per infiltrazione siero-cellulare dell'epidermide e dello strato papillare. In corrispondenza di queste lesioni una parte del liquido essudato si essicca alla superficie della cute in forma di crosta che agglutina i peli. Questi cadono in gran numero con formazione di aree depilate piccole, a margini mal delimitati; la pelle s'ispessisce, diventa dura e cosparsa di pieghe. Le alterazioni cutanee sono sempre più intense e diffuse nella rogna sarcoptica. La diagnosi si fonda sulla sede e sul carattere delle lesioni, sul prurito intenso e sulla trasmissibilità dell'affezione, Spesso è richiesta la dimostrazione microscopica del parassita. Nel bue e nella pecora, la rogna più importante, perché più diffusa e più difficile a debellare, è la dermatocoptica, mentre in tutte le altre specie è la sarcoptica. La rogna dermatocoptica della pecora, quella sarcoptica del gatto e del coniglio, quando sono diffuse e di vecchia data, sono le più difficili a guarire. Nei riguardi prognostici è necessario anche tener presente lo stato di nutrizione e l'età degli animali, le condizioni meteorologiche e la stagione, la foltezza del pelo, la sensibilità individuale verso certi medicamenti. Fra i rimedî antiscabbiosi vanno annoverati specialmente i preparati di zolfo, le sostanze etero-oleose, il tabacco, l'arsenico, il mercurio, i prodotti contenenti cresoli. Generalmente a questi medicamenti s'associa l'uso di alcali per rammollire le croste e le squame epidermiche. La cura va ripetuta 2-3 volte a distanza di alcuni giorni, perché i medicamenti antiscabbiosi, se sono in grado di distruggere gli acari, sono inefficaci verso le loro uova. Il trattamento dev'essere preceduto dalla pulizia della pelle e dalla tosatura. Gli animali ammalati vanno isolati dai sani; contemporaneamente alla cura si procede alla disinfezione degli ambienti e delle varie suppellettili. Le disposizioni legislative contro la rogna sono contemplate dagli articoli 75-76-77-78 del regolamento di polizia veterinaria. Esse riguardano però solo la rogna delle pecore, delle capre e degli equini.
Rogna demodectica o follicolare o acariasi. - È una dermatite sostenuta dall'acaro del follicolo dei peli (Demodex folliculorum), è caratterizzata da caduta dei peli, da desquamazione epidermica e talvolta dalla formazione di pustole e da sclerosi cutanea; il prurito manca o è lieve. La malattia è particolarmente frequente nel cane, mentre è rara negli altri animali domestici. La contaminazione avviene per contatto diretto o indiretto; lo sviluppo dell'infestazione richiede però l'intervento di speciali cause predisponenti (giovane età, pelo corto, nutrizione scadente, malattie generali e cutanee, trascuratezza dell'igiene della pelle, ecc.). Il reperto del Demodex sulla cute di cani sani è frequente. Nella forma squamosa compaiono sulla cute delle arcate orbitarie, delle labbra, dei gomiti, delle dita, zone a peli radi, le quali lentamente si trasformano in altrettante aree depilate rotondeggianti. Nella forma pustolosa, che può seguire la precedente, nelle zone accennate, e talvolta in altre parti del corpo, si formano noduletti evolventi in pustole. Nelle parti colpite la cute si presenta tumefatta, depilata, di color rosso-rame (rogna rossa), increspata, ricoperta di squame e croste. La prognosi nella forma pustolosa dei carnivori è quasi sempre infausta, mentre in quella squamosa lascia adito a migliori speranze. Nei grossi animali spesso, e talvolta anche nel cane, è possibile la guarigione spontanea.
I rimedî medicamentosi applicati nella rogna follicolare, specie del cane, sono numerosi. I risultati ottenuti da ogni singolo medicamento non sono sempre concordi, il che dimostra l'intervento di fattori estranei a quella che può essere l'efficacia del medicamento, e che ancora sfuggono alle nostre conoscenze. Fra i rimedî più usati vanno specialmente ricordati il balsamo del Perù, l'acido salicilico, la creolina, l'acido fenico, il sublimato corrosivo, il solfuro di carbonio, l'anidride solforosa, la potassa caustica, ecc. La cura va preceduta dalla tosatura e dalla pulizia della pelle e va accompagnata da tutte quelle norme igieniche atte a rafforzare i poteri di reazione dell'organismo. L'isolamento degli animali ammalati dev'essere continuo. La trasmissione dell'acariasi all'uomo, in casi eccezionali, è possibile.
Scoperta dell'acaro della scabbia. - La conoscenza dell'acaro della scabbia risale a tempi remotissimi. Il fastidioso parassita non fu ignoto nemmeno all'esperienza popolare, che in varî paesi indicò il modo di estrarlo dalla cute con la punta d'un ago. Nonostante ciò, fino agli ultimi anni del sec. XVII, nessuno sospettò che l'acaro, detto allora in Italia pellicello, fosse l'agente causale della scabbia, che era ritenuta invece malattia umorale. Il merito della scoperta spetta al medico Giovan Cosimo Bonomo (Livorno, 1663-Firenze, 1696) e allo speziale Diacinto Cestoni (Montegiorgio; 1637-Livorno, 1718). Nelle Osservazioni intorno a' pellicelli del corpo umano, pubblicate nel 1687 sotto forma di lettera a F. Redi, il Bonomo fece conoscere i risultati delle ricerche da lui fatte, insieme con il Cestoni, a Livorno. Contrariamente a quanto è stato affermato, il Redi non ebbe parte diretta nella scoperta; promosse bensi la pubblicazione della lettera, rivedendola nella forma letteraria e attenuando per prudenza la crudezza, del resto giustissima, dei giudizî del Bonomo. Nelle Osservazioni, dopo avere descritto il pellicello e dopo averne accennato alla biologia, il Bonomo dichiara di credere che la scabbia non sia altro che "una morsicatura o rosicatura pruriginosa e continua, fatta nella cute dai pellicelli medesimi". Indicati i modi di contagio, viene suggerita l'opportuna terapia e cioè il trattamento esterno "per via di lavande rannose, di bagni, di unzioni composte con sali, zolfi, vitriuoli, mercuri semplici, precipitati e soblimati e con altre robe di questa fatta corrosive e penetranti". Sebbene le Osservazioni varcassero i confini dell'Italia e fossero tradotte in varie lingue, per l'opposizione di avversarî numerosi e anche autorevoli, esse non riuscirono a sradicare l'opinione dominante che la scabbia dipendesse da un vizio degli umori del corpo.
Il trionfo della dottrina acarica avvenne soltanto un secolo e mezzo dopo, quando, nelle sedute dell'agosto 1834 all'ospedale parigino di S. Luigi, il còrso Simone Francesco Renucci dimostrò la presenza costante dell'acaro nei malati di scabbia.
Bibl.: G. C. Bonomo, Osservazioni intorno a' pellicelli del corpo umano, ecc., Firenze 1687; M. Fürstenberg, Die Krätzmilben der Menschen und Thiere, Lipsia 1861; A. Razzauti, Francesco Redi e la scoperta della patogenesi della scabbia, in Riv. storia sc. med. e nat., XVIII, Siena 1927; U. Faucci, Contributo alla storia della scabbia, ibid., XXII, 1932.
Scabbia delle piante. - Malattie delle piante, prodotte da parassiti vegetali differenti, ma che si riuniscono sotto il medesimo nome per le manifestazioni molto simili che sono piccole pustole, o talora aree depresse, ma sempre lacere, che il parassita determina alla superficie degli organi attaccati. La scabbia si manifesta anche su foglie, ma di preferenza su organi carnosi come tuberi, frutti, ecc. Le forme più note sono: la scabbia delle patate prodotta da Actinomyces che interessa solo la buccia o i primi strati del parenchima corticale, la scabbia polverulenta della patata da Spongospora solani che produce pustole da cui fuoriesce una polvere bruna; la scabbia delle pesche e delle albicocche (nota anche col nome di "macchie rosse") che si manifesta con piccole pustole circondate da un alone rosso; e la scabbia delle pere e delle mele (detta anche "ticchiolatura") dovuta a Fusicladium, che causa lacerazioni nere più o meno grandi nei tessuti superficiali.