SCARDONA (A. T., 77-78)
Borgata della Dalmazia (800 ab. nel 1931) nel circondario di Sebenico, banato del Litorale (Primorje). Sorge sul lato destro del Canale del Cherca, a valle delle cascate di questo fiume, che prendono appunto il nome dalla città.
Scardona (lat. Scardona, gr. Σκάρδιον) è forse, dopo Risano nelle Bocche di Cattaro, uno dei centri più antichi della Dalmazia e il suo nome è di origine illirica. Già colonia liburnica, divenne poi città romana assai importante. Fu il capoluogo del distretto giudiziario (conventus) della Liburnia, e già al tempo di Tiberio facevano capo ad essa Iader (Zara), i Giapidi e altre quattordici città: in essa, ci apprendono le iscrizioni, erano un'Ara Augusti e un praetorium, con ogni probabilità la residenza del magistrato quando vi veniva ad amministrare la giustizia eretti dalle città e dagli abitanti del distretto. Già prima di Vespasiano vi dovettero essere dedotti dei veterani della quarta legione Macedonica; sotto Vespasiano fu municipium flavium: è dubbio se i magistrati supremi fossero duumviri o quattuorviri.
Distrutta dagli Avari, ricostruita dai Croati, nel 1166 era sede vescovile e in essa si riuniva ordinariamente il conventus iuridicus o dieta della Dalmazia. Nel 1411 i Veneziani ne acquistarono la sovranità, ma nel 1527 fu occupata dai Turchi, dopo lotte memorande, che la rovinarono completamente; solo nel 1684 i Turchi ne furono scacciati, ma la cittadina non si sollevò più ed è oggi ridotta a una piccola borgata.
L'abitato, costituito oggi da una lunga fila di case che si stendono sulla sponda verdeggiante del Cherca, fin dove arriva la navigazione marittima, e sul pendio occidentale di un colle calcareo, è dominato da alcune rovine, forse d'origine romana, ed è circondato all'intorno da una campagna ricca di olivi.
A 4 km. dalla città, entro ripide pareti calcaree, scende l'ultima delle otto cascate del Cherca: gigantesca gradinata fra pareti rocciose, da cui l'acqua cade, candida di spuma, tra macchie di arbusti. Parte di questa energia era stata utilizzata, già prima della guerra mondiale, da una società italiana per la produzione del carburo di calcio, derivando una potenza di 7000 HP, che unita ad altra di 24.000 da una cascata più a monte, è convogliata a Sebenico.