Scherma
Il termine scherma (dal germanico skirmjan, "proteggere"), che in origine indicava l'uso di armi bianche a scopo di difesa e di offesa secondo particolari norme e tecniche analoghe a quelle del duello, attualmente designa la disciplina sportiva olimpica che si pratica con armi bianche incruente (fioretto, spada e sciabola) e che oppone, uno di fronte all'altro, due schermidori. Questi, protetti da una maschera per riparare il volto e da speciali giubbe imbottite, mirano a difendere determinati bersagli e a colpire quelli dell'avversario, variabili nelle tre specialità. La disciplina coinvolge simultaneamente le capacità fisiche e intellettuali e viene classificata fra gli sport di destrezza con rilevante impegno muscolare.
l. Cenni storici
La scherma è nata come tecnica di difesa personale nel momento in cui si è diffuso l'uso delle armi bianche. Attraverso i secoli la tecnica si è affinata in relazione alla diversa conformazione e pesantezza delle armi, e all'impiego che di essa si è fatto in determinati periodi a scopi non puramente bellici, ma anche di spettacolo: un esempio tipico è quello dei ludi gladiatori che si svolgevano nell'antica Roma. Con la scoperta della polvere da sparo, nel 14° secolo, le armi bianche persero gran parte della loro efficacia per finalità belliche e, contemporaneamente, subirono un progressivo alleggerimento. Ne conseguì una trasformazione della scherma che ebbe un grande sviluppo per l'uso che cominciarono a farne i gentiluomini per la difesa personale e del proprio onore. Il dilagare del duello determinò la necessità di una pratica continua delle armi e di un affinamento delle tecniche. Fiorirono le scuole e iniziò la divulgazione di appositi trattati: il più antico che ci è pervenuto è il Flos duellatorum, un codice di scherma in versi, scritto e disegnato a mano dal friulano Fiore de' Liberi da Primeriacco nel 1409. L'esigenza di affinare l'esercizio schermistico nelle scuole favorì la fabbricazione di armi il più possibile vicine a quelle vere ma allo stesso tempo innocue. Il fioretto, per es., deriva da un'arma che sostituiva la spada, aveva una lama con bordi non taglienti e un bottone metallico, o 'fiore', sulla punta. I più grandi cultori della tecnica schermistica sono stati gli italiani e i francesi.
Tra gli italiani che hanno lasciato trattati particolarmente significativi, sono da ricordare: A. Marozzo con l'Opera nova, chiamata duello o vero fiore dell'armi (1536); C. Agrippa con il Trattato di scientia d'arme (1553); G. Dall'Agocchie con Dell'arte di scrimia (1572); G. Morsicato Pallavicini con Scherma illustrata (1670); A. Malevolti con L'école des armes (1763, ripubblicato nel 1775 nel 5° tomo dell'Encyclopédie). Nel 1882, infine, M. Parise scrisse il Trattato teorico-pratico della scherma di spada e di sciabola, che venne adottato come testo nelle scuole militari. Nel 19° secolo, parallelamente alla scherma da duello, si sviluppò la scherma come sport nelle sue tre specialità: fioretto, spada e sciabola. Da allora si è avuto un progressivo perfezionamento dell'attrezzatura protettiva (maschera per il viso e giubbe imbottite) e si sono codificate alcune regole, fino alla creazione di una vera e propria convenzione.
Il fioretto e la spada sono armi da punta, la sciabola anche da taglio e controtaglio. Le tre specialità si differenziano, oltre che per la forma e il peso dell'arma, per le diverse regole alle quali gli schermidori devono sottostare durante la conduzione degli assalti. Nel fioretto e nella sciabola, per aggiudicarsi una stoccata, non occorre solamente toccare per primi, ma risulta necessario rispettare determinate norme codificate dal regolamento internazionale. La differenza tra queste due armi, definite quindi convenzionali, sta nel bersaglio ritenuto valido: il solo tronco nel fioretto; tronco, braccia, testa e pugno della mano armata nella sciabola. Nella spada invece non esiste alcuna convenzione, è sufficiente toccare per primi qualsiasi parte del corpo dell'avversario. La posizione di partenza degli schermidori, o 'guardia', è comune alle tre armi: i piedi sono disposti perpendicolarmente tra loro, con quello più avanzato in linea con le spalle; le gambe sono leggermente piegate; il tronco è profilato ed eretto; il braccio armato è rivolto verso l'avversario, con il gomito piegato a 100°. Da tale posizione risulta possibile eseguire, con propulsione, velocità e precisione, tutte le azioni sia di attacco sia di difesa. Durante l'assalto, lo schermidore, mantenendo sempre la posizione di guardia, si muove lungo una pedana di 14 m con passi misurati o saltelli in avanti o indietro, per ricercare la misura più idonea a toccare l'avversario secondo il tipo di azione che vuole eseguire. Il lavoro svolto dalla muscolatura di uno schermidore è quindi diviso nettamente in due parti: la prima, di sostegno e supporto, interessa le fasi tra un'azione e l'altra; la seconda le fasi attive, in cui l'azione deve essere rapidissima e massimale. In attacco, procedendo dalla misura più corta a quella più lontana dall'avversario, si possono eseguire: distensione del braccio, affondo, passo avanti, passo avanti affondo, ripresa dall'affondo, frecciata. In difesa si effettuano: ritorno in guardia, passo indietro, salto indietro. A questi movimenti vanno aggiunti quelli del braccio armato che, partendo dai quattro atteggiamenti fondamentali (prima, relativa al bersaglio interno basso; seconda, esterno basso; terza, esterno alto; quarta, interno alto), può realizzare un numero elevatissimo di azioni sia in contatto con l'arma dell'avversario sia evitandola, allo scopo ultimo di toccare il bersaglio valido. Le infinite varietà di azioni schermistiche richiedono una tale velocità di esecuzione da rendere molto difficile un controllo riflesso del movimento stesso in base al feedback sensoriale propriocettivo. Lo schermidore deve dunque affinare la capacità, da parte del sistema nervoso centrale, di eseguire schemi motori acquisiti.
Tale acquisizione, necessaria per le azioni di base, è legata alla ripetizione del movimento e può migliorare con l'allenamento mediante l'affinamento del coordinamento neuromuscolare, delle capacità di analisi e sintesi della situazione, di discriminazione degli stimoli, di memoria, attenzione, formazione e strutturazione di schemi corporei complessi, connessi all'evoluzione della tecnica e della tattica. In ciò consiste la destrezza sportiva e gli schermidori di altissimo livello si differenziano dai principianti proprio nel miglior tempo di reazione e di esecuzione delle azioni più complesse. L'impegno muscolare dello schermidore, di qualsiasi livello, coinvolge, oltre alle strutture di sostegno, quali quelle muscolotendinee e osteoarticolari, gli organi e gli apparati responsabili del rifornimento energetico di tali strutture periferiche. Poiché l'azione schermistica è, come accennato, rapida, quasi istantanea, il meccanismo preposto è quello anaerobico alattacido; tuttavia, essendo tali azioni molto contratte nel tempo ma anche ripetute con notevole frequenza, il lavoro muscolare finisce per coinvolgere pure le capacità di resistenza e quindi le fonti anaerobiche lattacide e, in piccolissima parte, quelle aerobiche. Il costo energetico della scherma è considerato moderato, con valori di 21-42 kJ/min.
Per quel che riguarda l'impegno muscolare, sicuramente il braccio armato e la gamba dell'affondo sono le strutture maggiormente sollecitate, ma anche l'emiparte controlaterale è coinvolta tanto nell'azione di bilanciamento e di equilibrio (tronco e braccio non armato) quanto nell'esecuzione del passo indietro. Il bacino, la cerniera lombosacrale, i muscoli dorsolombari e i glutei sopportano tutto il carico di sostegno del tronco nelle svariate posizioni che l'atleta assume nel corso dell'assalto. La forza muscolare, sia come forza isometrica sia come forza veloce ed elasticità, è sicuramente elemento determinante la prestazione in questo sport; si riscontra infatti una notevole massa muscolare soprattutto degli arti inferiori.
La pratica della scherma seleziona soggetti con parametri antropometrici di tipo atletico: vengono evidenziati valori medi elevati di statura, peso corporeo ben armonizzato, bassi valori di massa grassa e, inoltre, un ottimo comportamento dei parametri ematochimici. Questo sport, se sostenuto da un addestramento specifico e da una preparazione fisica adeguata, rientra tra le discipline più complete, in quanto conferisce caratteristiche morfologiche e funzionali di tipo atletico e promuove lo sviluppo e il perfezionamento delle capacità neurosensoriali.
L'insegnamento ai bambini di uno sport così complesso richiede necessariamente una programmazione didattica che deve essere basata sulla gradualità, lo stimolo imitativo e competitivo, la paziente e accurata ripetizione degli esercizi fondamentali: dapprima con il maestro, poi in coppia con un compagno e, infine, in pedana nel corso di un vero assalto. I periodi critici della crescita impongono una gradualità specifica: tra i 6 e gli 11 anni si devono sviluppare nel modo più articolato possibile tutti gli schemi motori di base così da affinare la coordinazione, ma anche le capacità di interpretazione dei segnali che giungono al cervello e di programmazione di risposte flessibili, adatte cioè alla finalità del movimento e alle particolari condizioni ambientali. Nei bambini al di sotto dei 10 anni l'apprendimento dei movimenti tecnici è realizzato principalmente con attività di gruppo, mentre si attribuisce maggiore importanza alla ginnastica preschermistica, finalizzata all'affinamento della coordinazione nei movimenti delle braccia e delle gambe senza l'uso dell'arma. In questa fase l'apprendimento avviene per imitazione degli atleti più grandi e spesso per intuizione; al maestro spetta il compito di creare riflessi condizionati attraverso la ripetizione degli esercizi e di correggere gli errori. Inoltre vengono fatti eseguire esercizi di compensazione per l'arto controlaterale, così da evitare l'ipertrofia muscolare nell'arto dominante e prevenire l'insorgenza, nel periodo di rapida crescita del bambino, di una scoliosi sinistro-convessa dorsale e destro-convessa lombare di compensazione (viceversa nel mancino). Dagli 11 ai 13 anni l'apprendimento del gesto tecnico avviene in maniera più approfondita, alternando il metodo globale a quello analitico e intensificando la quantità e la qualità degli assalti tra coetanei.
Sotto il profilo psicopedagogico, il problema dell'addestramento motorio specializzato è presente anche in questa fascia d'età, in quanto l'accrescimento corporeo impone al ragazzo di ristrutturare continuamente i propri abiti motori. Il giovane schermidore riceve nuove sollecitazioni sia dalla lezione individuale con il maestro sia dagli assalti con i compagni, che rappresentano l'aspetto più ludico dell'allenamento, ma che contemporaneamente creano situazioni intense dal punto di vista emotivo e cognitivo. Il giovane è così stimolato dalla ricerca di nuovi adattamenti, modificando le strutture motorie disponibili o generandone altre, adeguate a situazioni o esigenze nuove. Il maestro valuterà singolarmente il momento migliore per iniziare l'attività agonistica che, nella scherma più che mai, è indirizzata all'autoaffermazione competitiva e all'espressione regolamentata dell'aggressività. Si tratta certamente di un passaggio fondamentale nella crescita del giovane atleta perché lo stimolo del confronto, l'esperienza dell'approvazione e del successo sono opportunità educative importanti per favorire l'autostima e l'apprendimento motorio. In uno sport prettamente individuale come la scherma, dove il confronto è sempre diretto con l'avversario, occorrono estrema cautela e sensibilità in queste fasi: aspettative troppo elevate potrebbero infatti inibire l'apprendimento e la spinta agonistica del giovane.
G. Caldarone, G. Berlutti, Aspetti medici della scherma, in Studi e ricerche di medicina dello sport applicata alla scherma, Pisa, Giardini, 1983, pp. 15-27.
G. Caldarone, A. Pelliccia, N. Gambuli, Valori antropometrici, abitudini alimentari e parametri ematochimici in un gruppo di schermidori di elevato livello agonistico, in Studi e ricerche di medicina dello sport applicata alla scherma, Pisa, Giardini, 1983, pp. 51-63.
F. Hoch, E. Werle, H. Weicker, Sympathoadrenergic regulation in elite fencers in training and competition, "International Journal of Sport Medicine", 1988, suppl. 2, pp. 141-45.
E. Mangiarotti, G. Cerchiari, Scherma, Milano, Longanesi, 1966.
J. Nystrom, O. Lindwall, R. Ceci, Physiological and morphological characteristics of world class fencers, "International Journal of Sport Medicine", 1990, 11, pp. 136-39.
A.A. Sapega, J. Minkoff, Muscoloskeletal performance testing and profiling of elite competitive fencers, "Clinics in Sport Medicine", 1984, 1, pp. 500-03.
L.B. Vander, B.A. Franklin, D. Wrisley, Physiological profile of National class-national collegiate athletic association fencers, "JAMA", 1984, 252, 4, pp. 500-03.