Schifo
È uno dei principali agenti allegorici del Fiore. Corrisponde a Dangier del Roman de la Rose, sulla cui interpretazione il parere dei critici è discorde.
Il Langlois lo identifica col pudore della donna: come in Ovidio e nella tradizione ovidiana (Pamphilus) il pudor veniva abitualmente collegato alla rusticitas, così Dangier è rappresentato come un villano (cfr. Fiore VI 11). Ma il Lewis, risalendo all'etimo della parola, che si rifà al latino dominus attraverso dominiarium, vi scorge piuttosto un senso di superiorità e di distanza sociale, l'orgoglio, l'alterigia della domina. Il contrasto tra le due interpretazioni illumina la complessa significazione del personaggio. I rilievi del Lewis possono fornire un'utile integrazione alla tesi del Langlois, purché l'orgoglio, la " temibile ed eccessiva dignità " s'intendano non come consapevolezza del proprio rango sociale, ma come condizione imposta da istanze repressive (Castità, Gelosia).
In S. quindi, come in Dangier, andrà ravvisata la ritrosia della donna all'amore, che sente come lesivo dell'integrità del suo io, della propria dignità. Suo compito è infatti di sorvegliare la ‛ chiusura ' che protegge il fiore (cfr. XXII 8, XXIII 14, XXIV 12, ecc.), e nel sonetto XII lo vediamo intento a chiudere ogni pertugio dalla siepe sì da impedirne l'accesso ad Amante. La funzione censoria dal personaggio è messa bene in luce in un passo di Jean de Meung, tralasciato dal Fiore, in cui s'immagina Dangier in un angolo intento a registrare lo scambio di cortesie tra i due amanti: " Il s'estait repoz en un angle, / Par darriers, e nous aguetait, / E mot a mot toutes metait / Noz paroles en son escrit " (Roman de la Rose 14822-25).
Gli aggettivi riferiti allo S. formano un catalogo degli attributi tradizionali della donna selvaggia: esso è definito come crudo (VII 2), acerbo e duro (XI 11), crudele (XVI 6, CCV 10), strano (XIII 10, XXIV 13), salvaggio (XIV 7). Tuttavia la sua terribilità è più apparente che reale (cfr. XI 11 e 14 si mostra, par). Rappresentando una personalità fittizia, imposta alla donna da circostanze esterne, S. appare sempre pronto a cedere a impulsi opposti, tradendo la causa di Gelosia (ch'i' son certana ch'e' non ama a fede, XXII 7; e cfr. XXX 5); sì che l'amante finirà per assumere verso di lui un atteggiamento ironico (LXXIII 5-6).
Lo S. è il primo lato della psicologia femminile che si rivela al protagonista. Quando, nell'ingenua fiducia di veder subito realizzato il proprio desiderio, egli allunga la mano verso il fiore, vede avanzare un villano che lo caccia dal giardino di Piacere, gettandolo nell'incertezza e nel dolore (VI 11-14, VII; Rose 2920 ss.). Egli narrerà la disgrazia occorsagli all'Amico, il quale lo rassicura dicendogli che potrà facilmente raddolcire il villano, purché si mostri umile e sottomesso verso di lui (XI 6-14; Rose 3115 ss.). Tutto pien d'umiltà il protagonista si ripresenta a S. chiedendogli perdono (XII; Rose 3151 ss.). Si destano così nell'animo della donna sentimenti di Franchezza, ma specialmente di Pietà, che, con la loro forza di persuasione, riescono a piegare il cuore del villano. Egli concederà all'amante l'accesso al giardino, purché tenga lontane le mani dal fiore: solo il fuoco di Venere potrà spingere Bellaccoglienza a far dono del fiore (XIII-XVI; Rose 3247 ss.). Dopo che, per intervento dei maldicenti, si scatena la reazione di Castità e Gelosia, nel cuore della donna avrà luogo un processo inverso, che porterà a un indurimento di Schifo. Anche qui la reazione di S. è indiretta: si muovono dapprima Vergogna e Paura, che lo rampognano duramente per il suo cedimento. Convinto del suo fallo, che attribuisce a influsso del demonio (XXVI 3), S. tornerà ancor più terribile di prima (XXI-XXVI; Rose 3656 ss.). Nel castello di Gelosia gli verrà affidata la guardia del primo portale (XXX 5-7; Rose 3869-73).
Quando, dopo l'uccisione di Malabocca, l'Amante riuscirà a ottenere un colloquio con Bellaccoglienza, e, ingannato dalle generose profferte di questa, cercherà d'impossessarsi della rosa, egli dovrà nuovamente sperimentare, come in principio (cfr. son. VI), l'ostilità di S. che lo assale d'improvviso e, assieme a Vergogna e Paura, ne farà strazio (CCIII-CCV; Rose 14818 ss.). Nella psicomachia che subito dopo si scatena nel cuore della donna, S. sarà il primo a battersi: riuscirà, con la sua forza bruta, a sopraffare Franchezza, ma soccomberà alle lagrime di Pietà, che sciolgono l'indurimento della donna (CCVII-CCVIII; Rose 15303 ss.; cfr. anche LXXXIV 7-8; Rose 10737-38). Solo però l'intervento del fuoco liberatore di Venere (la passione dei sensi), che arde il castello di Gelosia, riuscirà a debellare definitivamente S., come le altre resistenze della donna (CCXXV 12; Rose 21267-69).
Il nome ricorre, nel Fiore, In VI 13, VII 2, XI 7 e10, XII 4 e 9, XIII 6, XIV 3, XV 1, XVI 1, XIX 5, XXI 12, XXII 6, XXIII 12, XXIV 7, XXV 1 e 7, XXVI 1, XXX 6, LXXIII 5, LXXXIV 8, CCIII 5, CCIV 4, CCVII 2, 5 e 12, CCVIII 14, CCXXV 12 E CCXXVI 12. Vedi anche SCHIFARE; schivo.
Bibl. - E. Langlois, Origines et sources du Roman de la Rose, Parigi 1891, 29-30; C.S. Lewis, L'allegoria dell'amore (traduz. ital.), Torino 1969, 118-119 e 365-367.