Secolarizzazione
Il termine secolarizzazione indica due aspetti diversi del processo di perdita di rilevanza della religione nella vita sociale. Il primo consiste nell'autonomizzazione di ambiti della vita sociale, ossia nel trasferimento di potere, attività e funzioni da istituzioni religiose a istituzioni orientate ad assolvere razionalmente un particolare compito, come nella separazione Stato-Chiesa e nell'emancipazione dell'istruzione dall'autorità ecclesiastica. A questo aspetto sociostrutturale viene associato un secondo aspetto che si riferisce più specificamente al piano culturale e riguarda il cambiamento di vasta portata determinatosi con l'indebolimento dei contenuti religiosi nelle arti e nella cultura in genere con il graduale affermarsi della scienza moderna.
Storicamente la s. culturale si è presentata in forme diverse. La cultura del Rinascimento esaltò la potenza creatrice dell'uomo sulla natura rivalutando le attività terrene, lo studio della medicina e dell'etica, in luogo delle speculazioni metafisiche. Il rinnovamento della vita religiosa del 16° sec. a opera della Riforma protestante, che contrappose il ritorno diretto al Vangelo e il valore della coscienza individuale all'autorità della gerarchia ecclesiastica, l'esercizio dei doveri civili al ritiro entro le mura del chiostro, favorì l'affermarsi della distinzione tra la natura spirituale della Chiesa e il potere temporale dello Stato. Il distacco della cultura dal dominio delle istituzioni e dei simboli religiosi trovò poi pieno compimento nel pensiero illuminista, con l'importanza attribuita alla scienza, che il positivismo del 19° sec. avrebbe considerato unica forma possibile di conoscenza e guida dell'azione. Il positivismo, insieme al materialismo di matrice socialista, accompagnò l'affermazione della società industriale e costituì la base della cultura laica dell'Ottocento, dando vita, nella seconda metà del secolo, a società di libero pensiero denominate in Inghilterra secular societies, in cui il secularism - l'indipendenza dei diritti del cittadino da ogni forma di tutela religiosa - divenne la parola d'ordine di un programma politico e ideologico di impronta sovente anticlericale o atea.
Benché nell'uso scientifico il termine si affermi solo tra fine Ottocento e primo Novecento, la sua storia è più antica, come ha messo in evidenza H. Lübbe. Derivato dal latino saeculum, il termine fu impiegato per la prima volta durante le trattative per la pace di Vestfalia (1648) per designare il trasferimento di beni e territori dalla Chiesa a possessori civili. Successivamente fu introdotto nel diritto canonico per indicare la facoltà concessa dalla Chiesa a un sacerdote di riprendere la vita nel mondo. In seguito il trasferimento di beni e competenze fu inteso come un vero e proprio atto di usurpazione. Alla condanna, da parte della Chiesa, della s. come "liquidazione illegittima di un potere religioso" si è però affiancata, nel 19° sec., l'approvazione di coloro che, all'opposto, l'hanno salutata come "liquidazione di un potere religioso illegittimo" (H. Lübbe, Säkularisierung. Geschichte eines ideenpolitischen Begriffs, 1965; trad. it. 1970, p. 34). In questa evoluzione storica il termine ha finito dunque per assumere una connotazione fortemente ideologica e valutativa, designando ora un processo degenerativo di 'decristianizzazione' del mondo moderno, ora un processo positivo di affrancamento della cultura da ogni forma di tutela religiosa.
Origini del concetto
La tematica della s. si afferma nella sociologia classica tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento con É. Durkheim e M. Weber. Appartenenti a versanti opposti sul piano teorico-metodologico, essi sono accomunati dall'interesse del tutto nuovo manifestato dalla nascente disciplina sociologica per la religione e per il suo rapporto con la società. Il positivista Durkheim condivideva con il suo maestro A. Comte sia la tesi che l'evoluzione storica implichi necessariamente un declino dell'influenza della religione sulla vita sociale e nella coscienza collettiva, sia l'idea che la religione svolga la funzione fondamentale di tessuto connettivo della società. In De la division du travail social (1893), anche se non usa il termine secolarizzazione, Durkheim descrive il processo sociostrutturale di marginalizzazione della religione e di differenziazione istituzionale che caratterizza il passaggio dalla società tradizionale alla società moderna. C'è, al fondo della sua analisi, la premessa che la divisione del lavoro, l'industrializzazione, l'urbanesimo - la modernizzazione della società - comportino l'erosione delle forme di solidarietà del passato, basate su legami comunitari caratterizzati da forti sentimenti collettivi e che questi ultimi siano essenzialmente di tipo religioso. Per Durkheim la dissoluzione dell'antica forma di solidarietà - definita meccanica - non elimina tuttavia l'importanza e la funzione che essa assolve per la vita associata. A venir meno è solo la religione basata sull'idea di divinità o di sovrannaturale e sull'organizzazione religiosa della tradizione cristiana. Durkheim considera 'religione' tutti i valori, le credenze e i riti capaci di suscitare intensi sentimenti comuni e di generare quella coesione sociale necessaria perché una società possa sussistere in quanto tale. Fin dalle sue prime opere Durkheim sottolinea le metamorfosi della religione nelle società altamente differenziate: si tratta di trasposizioni della sacralità a fenomeni tipicamente secolari. L'alternativa funzionale alla religione tradizionale viene trovata nel nuovo 'culto dell'individuo' e nella sacralità della persona umana.
Per comprendere il contributo di Weber alla tematica della s., più che ai singoli contesti in cui impiega il termine Säkularisation, occorre fare riferimento alla sua analisi del processo di razionalizzazione, che egli definisce, in rapporto allo sviluppo socioculturale dell'Occidente, disincantamento del mondo (Entzauberung der Welt). Il disincantamento consiste nell'affermarsi di un'immagine del mondo in cui non c'è più posto per la magia, ma solamente per la razionalità e i mezzi tecnici (Wissenschaft als Beruf, 1919; trad. it. 1966). Nel mondo occidentale moderno esso consiste fondamentalmente nell'autonomizzazione dalla sfera religiosa delle altre sfere della vita (politica, economica e intellettuale). Il modello impiegato da Weber, diversamente da quello durkheimiano, si basa sul conflitto: le diverse sfere sono in un rapporto di tensione, reciproca e con la religione. Il contrasto più profondo si realizza nella sfera intellettuale, dove il razionalismo scientifico si scontra con l'orientamento religioso volto a "cercare un 'senso' dell'accadere intramondano". Così il razionalismo della scienza empirica, che ha una pretesa di totalità e di autosufficienza, sospinge la religione nell'ambito dell'irrazionale. La religione, conseguentemente, non scompare interamente dal mondo moderno, ma risulta confinata all'esperienza mistica.
Il presupposto storico di questo aspetto del disincantamento del mondo è individuato da Weber nel rapporto tra protestantesimo ascetico e spirito del capitalismo. Nel celebre Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (1904-05) la premessa della moderna razionalità formale, di cui è espressione l'orientamento economico capitalistico, è rappresentata dall'ascesi 'intramondana' caratteristica dell'etica protestante e, in particolare, del calvinismo. L'immagine calvinista del rapporto uomo-Dio delinea una situazione in cui l'uomo si impegna ad agire nel mondo ad maiorem Dei gloriam, a trasformarlo in modo da renderlo conforme ai precetti divini, cercando la 'conferma' della salvezza nella vita professionale laica. L'orientamento religioso calvinista, tuttavia, ha sortito sul piano storico un effetto autodistruttivo: quanto più il mondo veniva razionalizzato in nome di Dio, tanto più avanzava pretese di un riconoscimento autonomo, indipendente da ogni riferimento religioso. La religione ha così favorito lo sviluppo di un fattore - il moderno atteggiamento razionale - che contribuirà alla sua dissoluzione.
Teorie della secolarizzazione
Dopo la fase classica della sociologia, solo intorno agli anni Trenta la categoria di s. tornò ad avere una certa rilevanza nel lavoro dei sociologi statunitensi R.E. Park e H. Becker. Quest'ultimo, rifacendosi esplicitamente alla sociologia europea, riprende la dicotomia tönnesiana tra comunità, associazione organica fondata sulla concordia, e società, costruzione artificiale basata sulle convenzioni (Becker 1957), e interpreta il passaggio dalla prima alla seconda come un processo universale di s. secondo una linea di sviluppo che va da un massimo di chiusura e di resistenza al cambiamento dei valori tradizionali a un massimo di apertura e inclinazione a ricercare nuovi valori. Perché la categoria diventi centrale nelle scienze sociali contemporanee bisogna però attendere gli anni Sessanta e Settanta, allorché divenne oggetto di controversie teoriche e stimolo per verifiche empiriche. Al suo recupero ha certo contribuito l'emergere, negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale, di 'nuovi' movimenti religiosi che, con il loro carattere prevalentemente giovanile, esotico e sincretistico, si prestavano a essere interpretati come una risposta alle sfide della secolarizzazione. Attenendoci a un'accezione lata di 'teoria' come schema interpretativo della realtà, si possono distinguere tre teorie della s. o tre varianti della tesi generale della secolarizzazione.
Secolarizzazione come desacralizzazione. - Tale schema interpretativo prende le mosse da una definizione di religione come insieme di pratiche, credenze e affermazioni relative al soprannaturale. La religione risulta inestricabilmente legata a una concezione non razionale del mondo, dominato da forze magico-sacrali.
Ponendosi nel solco tracciato da Weber con il concetto di disincantamento del mondo e combinando questo concetto con la dicotomia tönnesiana comunità-società, il sociologo inglese B.R. Wilson sostiene che il processo di s. si manifesta nella coscienza sociale come perdita di centralità dei riferimenti al soprannaturale. Viene, rispetto a Weber, maggiormente enfatizzato e semplificato il rapporto tra scomparsa del sacro e dissoluzione dei rapporti sociali di tipo comunitario che è espresso con il termine societarizzazione (societalization: Wilson 1982; trad. it. 1985, p. 183). La societarizzazione, risultato della crescita dell'industria e del commercio, dello sviluppo di anonimi agglomerati urbani, dell'aumento dell'interdipendenza e dell'impersonalità nelle relazioni tra gli individui, priva la religione delle sue funzioni di integrazione morale e coincide, pertanto, con la secolarizzazione. Per quanto riguarda il piano individuale il modello teorico prevede la contrazione della religione nella sfera privata.
Secolarizzazione come 'privatizzazione' della religione. - Tra gli studi più noti e influenti sulla s. vi sono quelli condotti fin dai primi anni Sessanta da P.L. Berger e da Th. Luckmann, di esplicita matrice fenomenologica. In The sacred canopy (1967) Berger opera un ritorno deciso a Weber, di cui riprende l'idea del ruolo propulsivo del protestantesimo nella costruzione del mondo moderno, ma rintracciando in maniera più esplicita e netta che in Weber le radici della s. nell'Antico Testamento. Quest'ultimo, introducendo una concezione radicalmente trascendente di Dio, avrebbe dato inizio al disincantamento e alla razionalizzazione etica, che poi avrebbero conosciuto una fase di regresso con il cattolicesimo, attraverso il ristabilimento delle mediazioni tra l'uomo e Dio. L'apporto più innovativo di questo approccio sta nell'analisi della "secolarizzazione soggettiva" (Berger 1967; trad. it. 1984, p. 140), ossia del modo in cui il processo sociostrutturale di s. si manifesta a livello della coscienza. A questo livello la s. indica che la religione, perduta la capacità di imporre un ordine significativo alla realtà, si è ritirata nella sfera privata.
Luckmann fornisce una definizione di religione ancora più ampia, rintracciandone il nucleo essenziale nella "trascendenza della natura biologica da parte dell'organismo umano" (Luckmann 1963; trad. it. 1969, p. 62), che rappresenta una costante antropologica ineliminabile. La religione, che in passato si manifestava come 'cosmo sacro', condiviso e anche capace di imporre un ordine all'esperienza sociale e individuale, nella società industriale moderna si frammenta generando un fenomeno di 'pluralismo religioso' (Berger, Luckmann 1966), inteso come una vera e propria 'situazione di mercato' in cui le istituzioni religiose diventano agenzie commerciali in concorrenza reciproca e le tradizioni religiose beni di consumo. La religione privatizzata rivela che, sul piano soggettivo, essa si è individualizzata, ossia è diventata una mera questione di 'scelta' o di 'preferenza' personale.
Secolarizzazione come trasposizione della religione alla sfera secolare. - A T. Parsons e a R.N. Bellah si deve la tesi che nelle società industriali avanzate il processo di differenziazione della Chiesa dalla società secolare non ha diminuito la rilevanza della religione, essendo andato di pari passo con l'istituzionalizzazione dei valori cristiani. I due autori si riallacciano all'approccio durkheimiano, che presuppone una definizione funzionale della religione come forza integrativa e cemento della società. Parsons fornisce un'interpretazione del rapporto tra religione, valori e struttura sociale nel corso dello sviluppo che, nell'Occidente moderno, è sfociato nell'industrialismo, in parte alternativa alla tesi weberiana del disincantamento del mondo. Il sociologo statunitense ricostruisce le diverse fasi che hanno caratterizzato il rapporto tra cristianesimo e società moderna - dal cristianesimo medievale alla Riforma e all'attuale fase di 'pluralismo denominazionale' giunta a maturazione nel 19° e nel 20° sec. - all'insegna della continuità di fondo dei valori religiosi.
Si tratta di un processo di progressiva differenziazione, sia all'interno della sfera religiosa sia tra questa e la sfera secolare, in cui si afferma e si istituzionalizza "la responsabilità religiosa dell'individuo attraverso la rinuncia all'autorità tutoria da parte di una 'chiesa-genitore'" (Parsons 1967; trad. it. 1979, p. 195). La s., dunque, non elimina i valori religiosi né la loro funzione integrativa rispetto alla società, ma li trasferisce e li diffonde nella sfera morale laica. Con il concetto di religione civile, ripreso da Rousseau, Bellah (1967) intende descrivere i caratteri salienti della cultura americana la quale, in pieno accordo con la tesi espressa da Parson dell'istituzionalizzazione dei valori cristiani nella società moderna, viene concepita come un insieme condiviso di valori, simboli, riti collettivi derivati dalla tradizione cristiana, ma trasformati e adattati a legittimare l'identità nazionale. Con concetti analoghi, come quelli di religione secolare (Parsons 1974) o di religione politica (Sironneau 1982), si intende fare riferimento ad altri 'equivalenti funzionali' della religione tradizionale, in particolare alle grandi ideologie politiche contemporanee come il marxismo e il nazionalsocialismo. Questo approccio teorico, che ha avuto largo seguito in sociologia, non è stato esente da critiche, soprattutto da quella di considerare per definizione 'religioso' ogni fenomeno (o istituzione) che assolve alla funzione di integrare la società.
Tendenze recenti: verso un'analisi multidimensionale
Le critiche rivolte alle differenti teorie della s. non hanno condotto all'abbandono del concetto da parte delle scienze sociali; piuttosto, sono state all'origine di un ripensamento critico che è sfociato, a partire dagli anni Ottanta del 20° sec., in un nuovo indirizzo di studi orientato verso una maggiore operatività empirica.
Studi recenti ne hanno sottolineato il carattere multidimensionale. In particolare K. Dobbelaere (1981, 2002) ha identificato tre dimensioni fondamentali. La prima, che si colloca a livello macrosociologico, riguarda il processo di differenziazione strutturale e funzionale delle istituzioni, e viene chiamata anche laicizzazione. La seconda concerne il cambiamento degli stessi universi religiosi, ossia la loro tendenza a mondanizzarsi nella prospettiva di analisi aperta da Weber e Berger. La terza dimensione fa riferimento al livello microsociologico, in quanto riguarda i comportamenti - la pratica e l'appartenenza religiose - e le credenze degli individui. La distinzione tra le differenti dimensioni consente di ipotizzare che esse possano variare in misura diversa e anche in direzione diversa l'una dall'altra. Diventa, in questo quadro, intelligibile il caso americano, su cui si sono scontrati numerosi studiosi dei processi di s.: è la società occidentale con il maggior grado di differenziazione istituzionale e di pluralismo, e quindi la più secolarizzata sulla prima dimensione, ma con il livello più alto di appartenenza alle diverse denominazioni religiose (Brown 1992, p. 46), e quindi la meno secolarizzata sulla terza dimensione. Una concezione multidimensionale evita, inoltre, l'assunto, oggetto di molte critiche da parte di sociologi e storici, dell'irreversibilità e della linearità evolutiva del processo di secolarizzazione. È parte integrante di questo nuovo indirizzo di studi una maggiore attenzione a definire i limiti di validità del concetto, generalmente circoscritto all'ambito delle società cristiane, a stabilire la 'base' storica su cui valutare il processo di s. (almeno per quanto riguarda il livello macrosociale), indicata nell'epoca del papato di Innocenzo iii (Dobbelaere 1981, p. 35), a considerare la sua variabilità secondo i diversi tipi di contesto socioculturale.
La ricostruzione e l'analisi comparata delle serie storiche di dati sull'appartenenza e sulla pratica religiosa nel 19° e nel 20° sec., in alcune tra le principali società europee e negli Stati Uniti, consentono non solo di cogliere le grandi differenze tra i diversi Paesi, ma di mostrare i rapporti complessi e non deterministici instauratisi tra industrializzazione e urbanizzazione da un lato e religione dall'altro. Opponendosi a una versione meccanicistica del processo di s., alcune ricerche sociologiche e storiche (Brown 1992; McLeod 1992) mostrano che esso, durante i tre secoli passati, nell'Europa occidentale e in America, si è realizzato in maniera molto più marcata in alcuni Paesi rispetto ad altri, con un andamento alterno, non lineare e spesso in rapporto inverso con le grandi ondate di migrazione verso le città, ed è stato in certa misura modificato da fattori contrastanti, come l'emergere, soprattutto nei Paesi protestanti, di forme settarie e movimenti evangelici favoriti proprio dalla debolezza delle Chiese istituzionali.
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