SEPOY
È la grafia corrente inglese della voce persiana e hindustani sipāhī "soldato di fanteria", usata tuttora a designare il soldato indigeno in India. Lo stesso etimo ha la voce francese spahi.
Rivolta dei sepoy. - Molte cause concorsero a preparare e provocare la ribellione delle truppe indigene dell'India contro l'Inghilterra, scoppiata poi improvvisa a Mirath il 10 maggio 1857, governando lord Charles Cannins Fino dal tempo della guerra di Crimea, comparvero in India emissarî russi che fomentarono il diffuso e crescente malanimo di tutte quante le classi sociali e le caste indù, nonché quello dei musulmani, contro l'Inghilterra. Le truppe erano irritate dal mutamento dei regolamenti militari, per cui le truppe che fino allora prestavano solamente servizio territoriale sarebbero state costrette, all'occorrenza, a servire anche fuori dell'India; i principi indipendenti erano stati allarmati dall'annessione dell'Oudh, compiuta da lord Dalhousie, e dalla quale inferivano che nemmeno la loro leale condotta verso l'Inghilterra poteva garantirli dalle mire espansionistiche di quest'ultima. Il re di Delhi aveva sete d'impero e andava sognando di restaurare la potenza dei suoi avi. In tutta quanta la popolazione trovava poi credito la voce che l'Inghilterra intendeva costringere tutti quanti a farsi cristiani. Quasi a confermare gl'Indiani nel loro timore, nel gennaio 1857 fu distribuito alle truppe indigene il nuovo fucile Enfield con cartucce lubrificate con grasso animale, cioè di suino, animale aborrito dai musulmani, e di vacca, animale venerato dagli indù; e siccome il maneggiare quelle cartucce significava o peccare o contaminarsi, e la contaminazione fa perdere i privilegi spirituali e sociali della casta alla quale si appartiene, l'obbligo d'usare le cartucce impure provocò fra i sepoy un pericoloso fermento.
Il 10 maggio 1857 due reggimenti di guarnigione a Mirath si posero in aperta ribellione e marciarono su Delhi, ove a loro s'unirono le truppe ivi stanziate e segnatamente tre reggimenti di cavalleria musulmana, colà massacrarono gl'Inglesi, e il re di Delhi, Mohammed Bahādur Shāh, assunto il comando dei ribelli, proclamò la restaurazione dell'impero dei Mogul, facendo trucidare (16 maggio) 49 prigionieri inglesi. Le autorità inglesi, colte di sorpresa, chiamarono subito a raccolta tutte le truppe metropolitane disponibili dalla Persia, da Ceylon, dalla Cina; chiesero rinforzi dall'Inghilterra e s'adoperarono per circoscrivere la ribellione, che si era sparsa in tutta quanta l'India con straordinaria rapidità. Ovunque i sepoy, uccisi i proprî ufficiali e quanti borghesi potevano, si asserragliavano nei forti, oppure costituivano eserciti che battevano la campagna. Delle truppe indigene non rimasero fedeli agl'Inglesi se non i Gurkhas e i Sikhs.
Dopo Delhi si ribellarono Benares e Allahabad, e gl'insorti, impadronitisi di Kanhpur, posero l'assedio a Lakhnao (29 giugno). Gl'Inglesi intanto, raccolte truppe, rioccuparono Kanhpur, ma posero invano l'assedio a Delhi (luglio). A Bombay lord Elphinstone riuscì a prevenire la rivolta con efficaci misure, mentre nell'India centrale, e segnatamente a Gwaliar e a Jhansi nel Raiputana, la ribellione divampava, più forte e vittoriosa che mai. In agosto tutta l'India era in armi e da una parte e dall'altra dei combattenti si svolgevano azioni slegate e frammentarie, per la natura stessa della guerra e del terreno sul quale si combatteva. I ribelli opponevano fierissima resistenza ed erano bene armati e bene comandati. Agli Inglesi, inferiori di numero, raddoppiava l'ardire l'esasperazione e il dolore per le inaudite crudeltà commesse dal nemico verso le loro donne, i loro fanciulli, i loro commilitoni. Ma non sarebbe bastato il coraggio e l'abilità tattica degl'Inglesi per domare la ribellione, se essi non avessero trovato un appoggio in uno degli stessi capi indiani, anzi in quello forse moralmente più influente; questi fu il re dei Maratti, il Maharaia Jaiajsì Rao Sindhia, il quale, non solo non partecipò alla ribellione, ma inviò truppe sicure a combattere a fianco degl'Inglesi.
Nel settembre la fortuna cominciò a volgere a favore dell'Inghilterra; il 7 fu ripreso l'assedio di Delhi che, svoltosi con varia fortuna, terminò il 20 con la presa d'assalto della città. Re Mohammed fu catturato e sottoposto a processo per alto tradimento, ma ebbe salva la vita, mentre furono fucilati tre suoi figli. Nel novembre il leggendario sir Colin Campbell riuscì a liberare Lakhnao, che i ribelli avevano assediato per la seconda volta, indi volse in soccorso d'un nucleo di truppe inglesi che era stato sconfitto poco tempo innanzi presso Kanhpur da un esercito ribelle comandato dall'abilissimo Tantia Topì. Costui, insieme con un altro provetto stratego, Man Singh, capitanò le ultime fasi della ribellione, la quale terminò solo quando, dopo lungo e fortunoso inseguimento, essi poterono essere catturati.
Compiuta la pacificazione, il governo britannico abolì la Compagnia delle Indie; e la regina Vittoria, con proclama del 1° novembre 1858, assunse il governo diretto del paese come imperatrice.
Bibl.: G. W. Forrent, History of the Indian Mutiny, Edimburgo 1904, voll. 2; C. J. Griffiths, Narrative of the siege of Delhi, Londra 1910; J. S. Inglis, The siege of Lucknow, ivi 1892; J. W. Kaye, Kaye's and Malleson's History of the Indian Mutiny, ivi 1888 segg.; G. O. Trevelyan, Cawnpore, ivi 1886; E. H. Wood, The revolt in Hindustan, 1857-59, ivi 1908.