SERAFINO da Montegranaro (al secolo Felice Pianpiani), santo
SERAFINO da Montegranaro (al secolo Felice Pianpiani), santo. – Nacque a Montegranaro nel 1540 da Girolamo Pianpiani e da Teodora Gioannuzzi. Secondo di quattro figli, fu battezzato nella chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo, di cui era priore il letterato Annibal Caro.
Di famiglia povera, fu avviato al lavoro di muratore dal padre. La costituzione esile, tuttavia, gli impedì di seguire l’esempio del fratello maggiore Silenzio e di affiancare con profitto il genitore nella sua attività. Fu posto allora a servizio da un contadino il quale gli affidò la conduzione di un gregge. Non si possiedono ulteriori dettagli sull’infanzia e la formazione. Si può ritenere che la vita solitaria del pastore lo predisponesse all’introspezione, favorendo un’attitudine contemplativa che avrebbe poi conosciuto pieno sviluppo in età adulta, quando assunse la decisione di prendere i voti. La scelta maturò dopo un periodo segnato dalla morte del padre, avvenuta prima del 1551, che rese necessario il rientro di Felice in famiglia e la ripresa dell’attività di muratore. Proprio nel corso di alcuni lavori di riparazione che stava svolgendo con il fratello presso una stalla di Loro Piceno, avrebbe assunto la determinazione di entrare in convento. Lo stimolo decisivo sarebbe giunto dall’ascolto di alcuni brani del Trattato sui Novissimi di Dionigi il Certosino che venivano letti dalla figlia del proprietario della stalla.
Su consiglio della ragazza, che si chiamava Ludovica Mannucci, intorno al 1557 Felice si risolse a chiedere di essere ammesso come laico professo tra i frati minori cappuccini di Tolentino. Con l’ingresso nell’austero Ordine religioso sorto nel 1525 proprio nelle Marche come riforma dell’Osservanza francescana, il giovane assumeva il nome di Serafino. La scelta di farsi cappuccino comportava l’adesione a un ideale di vita fatto di severo ascetismo, povertà integrale e intensa devozione cristocentrica, espressione del desiderio dei fondatori di imitare non soltanto la Regola, ma la vita stessa di Francesco d’Assisi. Poco dotato nelle arti manuali e nelle attività intellettuali, sin dal noviziato svolto a Jesi Serafino si distinse per l’attitudine a un’esistenza semplice e priva di ambizioni terrene. Agli occhi dei confratelli, l’umile frate sembrò presto incarnare alla perfezione l’ideale di minoritas predicato dal santo di Assisi. Le cronache riferiscono come si dedicasse ai compiti più umili (portinaio, cuoco, ortolano e soprattutto questuante), nutrendosi con estrema morigeratezza e destinando lunghe ore alla preghiera davanti al Ss. Sacramento, al digiuno e alla disciplina corporale, alla quale si sottometteva al fine di mortificare ogni orgoglio umano e affidarsi completamente a Dio. Nonostante fosse illetterato, sembra avesse imparato a memoria il trattatello del confratello Mattia da Salò sulle Sette corone spirituali, del quale possedeva un codice donatogli forse dallo stesso autore.
Si trattava di alcune meditazioni sulla passione di Cristo composte per supportare la pratica dell’orazione mentale, di cui i cappuccini erano fautori. L’operetta fu pubblicata a Bologna nel 1570 e poi ancora a Milano (1614) e Roma (1616). Il risvolto pratico di tale intensa spiritualità era un apostolato tipicamente cappuccino nei suoi accenti popolari, contrassegnato dall’attenzione caritatevole ed empatica per gli ultimi e dalla presenza costante di un piccolo crocifisso che sembra portasse sempre con sé per offrirlo al bacio di coloro i quali, mossi da devozione, avrebbero voluto in realtà apporre le labbra sulle sue mani.
L’ammirazione dei contemporanei per il frate si accrebbe quando si sparse tra il popolo la voce che fosse depositario di speciali doni e rivelazioni. In più circostanze gli furono attribuiti miracoli, facoltà profetiche e poteri taumaturgici, descritti nelle oltre 2000 pagine del processo di beatificazione. Soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita godette di una diffusa fama di santità, come conferma la venerazione di cui fu oggetto da parte di personalità del tempo che gli scrivevano o si recavano a visitarlo. Tra queste, i duchi di Baviera e di Parma, i signori Pepoli di Bologna e il cardinale Ottavio Bandini. Il generale dell’Ordine Lorenzo da Brindisi raccontò che, quando si trovò a visitare la provincia delle Marche, benché fosse ormai anziano Serafino gli chiese di essere inviato come missionario in terra non cristiana per convertire gli infedeli.
Furono tuttavia sempre gli altri ad andare da lui perché, nei sessantaquattro anni della sua vita, egli non uscì mai dal territorio della Marca antonetana. Abitò infatti nei conventi di Tolentino (1557 ca.), Jesi (1557-58), Fossombrone (1558-62), Corinaldo (1562-64), Gradara (1564-66), Ancona (1566), Ostra (1567) e Montegranaro (1567-69), dove, si disse, guarì il fratello da una grave frattura e contribuì alla fondazione di un nuovo convento cappuccino. Risiedette inoltre a Filottrano (1570-71), ancora Montegranaro (1572-76), Potenza Picena (1576-77), Montolmo (oggi Corridonia, 1578-83), Civitanova Marche (1583-84), Sant’Elpidio a Mare (1585), Ripatransone (1585-87), Santa Vittoria in Matenano (1587), Loro Piceno (1588-89) e infine Ascoli (1590-1602), la città che lo avrebbe eletto proprio compatrono.
Ad Ascoli dimorò per quasi tredici anni, fino alla morte sopraggiunta il 12 ottobre 1604.
La devozione spontanea del popolo intorno alla sepoltura fu approvata e incoraggiata dalle autorità locali: già il 16 ottobre 1604 il Consiglio degli anziani di Ascoli scriveva al procuratore dei cappuccini, Anselmo Marzati, per segnalare la grande «frequenza di popolo» al corpo del defunto, «stimato preziosissimo tesoro» e fatto «seppellire a spese pubbliche in un luogo separato e asciutto» nella chiesa dei cappuccini di Ascoli (Traini, in Spiritualità e cultura..., 2006, p. 229).
Negli anni seguenti venne così a stabilirsi un vivace culto locale, testimoniato dalle numerose rappresentazioni iconografiche – immagini dipinte, incisioni a stampa, quadri anche a uso privato – realizzate nel Seicento e oltre, a partire da quella commissionata a Pietro Gaia per il sepolcro del frate. In questa ricca produzione devozionale, il cappuccino viene immancabilmente raffigurato mentre brandisce un piccolo crocifisso in ottone insieme alla corona del rosario. Il culto per il frate conobbe anche una proiezione europea, come attestato dal dono fatto nel 1623 dai cappuccini di Ascoli al duca di Baviera, Massimiliano Wittelsbach, di parte del cilicio usato da Serafino. Due anni dopo, nel 1625, grazie alla mediazione del cardinale Carlo Gaudenzio Madruzzo la congregazione dei Riti autorizzò l’istituzione della causa per la beatificazione, conclusasi positivamente, dopo ritardi e alterne vicende, soltanto il 18 luglio 1729. Nel 1725 venne così avviata la costruzione di una cappella votiva nella chiesa dei cappuccini di Ascoli. Il progetto, elaborato da Giuseppe Giosafatti, fu finanziato dal Comune e dal marchese Giovanni Battista Caucci. Quest’ultimo fu anche postulatore della causa di canonizzazione, che si rivelò piuttosto articolata per il farraginoso iter conosciuto dai due processi apostolici che si svolsero parallelamente a Roma e Piacenza a partire dal 1731. Dopo una lunga interruzione (1734-59), essa si concluse il 16 luglio 1767 con l’iscrizione di Serafino da Montegranaro nel registro dei santi della Chiesa cattolico-romana. Nella bolla di canonizzazione, rilasciata da Clemente XIII il 19 luglio seguente, si attribuiva al pur «idiota, illetterato e analfabeta» cappuccino il merito di aver «saputo leggere e comprendere il gran libro della vita che è nostro Signore Gesù Cristo».
Fonti e Bibl.: Tra le fonti a stampa dei secoli XVII-XVIII, si segnalano: Z. Boverio, Annales Capuccinorum, II, Lugduni 1639, anno 1604, pp. 20-158; P.B. Giovannini, Vita del Ven. Servo di Dio fra Serafino da Monte Granaro, Urbino 1709; Silvestro da Milano, Vita del Beato Serafino da Monte Granaro, Milano 1720; M. Galluzzi, Vita del B. Serafino da Monte-Granajo, detto volgarmente di Ascoli, Roma 1729; L. Wadding, Annales Minorum, XVII, Romae 1732; Sacra Ritum Congregatione e.mo et r.mo d. card. Barberino Asculana [...] positio super dubio an constet de virtutibus..., Romae 1733; M. Galluzzi, Divozione al b. Serafino d’Ascoli, Roma 1736; Bullarium Ord. FF. MM. Cap., I, Romae 1740, pp. 1883 s.; Francesco Maria da Firenze, Breve compendio della vita di S. Serafino da Monte Granaro [...] estratto da’ Processi della sua Canonizzazione, Firenze 1766; Relazione della solenne Canonizzazione dei Beati [...] Serafino da Monte Granaro..., Roma 1767.
Si vedano inoltre: Acta Sanctorum, Parisiis 1868, t. VI octobris, die 12, pp. 128-160; D. Svampa, Descrizione di un codice appartenuto a S. S. da M., in Analecta Ordinis Fr. Min. Capuccinorum, XVI (1900), pp. 235-239; Id., Vita di San S. da M., Bologna 1904; Processus historicus causae beatificationis, in Analecta Ordinis Fr. Min. Capuccinorum, XXX (1914), pp. 41-48; Costante da Pélissanne, Vita di S. S. da M., Loreto 1940; Bernardino da Lapedona, Le dimore di S. Serafino, in Italia Francescana, XX (1945), pp. 117-136; Melchior a Pobladura, Historia generalis O.F.M. Capuccinorum. Pars prima, Romae 1947, pp. 88, 194, 208 s.; Lexicon Capuccinum, Romae 1951, coll. 1583 s.; Silvinus a Nardo, Acta et decreta causarum beatificationis et canonizationis O.F.M. Cap., Romae-Mediolani 1964, pp. 1239-1268; C. Urbanelli, Storia dei Cappuccini delle Marche, I-IV, Ancona 1978, ad nomen; E. Picucci - G. Menghini, S. da M., il santo diffidato di far miracoli, in Santi e santità nell’Ordine cappuccino, a cura di Mariano d’Alatri, I, Roma 1980, pp. 83-97; I frati cappuccini, a cura di C. Cargnoni, I-IV, Perugia 1988-1993, ad nomen (in partic. III, 1991, pp. 4787-4835); C. Urbanelli, I cappuccini e la città di Ascoli Piceno, Ascoli 1998, ad nomen; G. Santarelli, Pietro Gaia pittore veneto in Ascoli, primo ritrattista di s. Serafino, in Venezia, le Marche e la civiltà adriatica, Venezia 2003, pp. 382-385; Id., San S. da M., Ancona 2003; V. Traini, Agiologia storico-critica di S. Serafino da Monte Granaro, Ascoli Piceno 2003; R.R. Lupi, I Cappuccini a Montegranaro, Ancona 2004; San S. da M. nell’arte italiana dal XVII al XX secolo, a cura di G. Avarucci et al., Roma 2004; V. Traini, S. S. da M. [...] Novanta immagini, Monte Granaro-Potenza Picena 2005; Spiritualità e cultura nell’età della riforma della Chiesa. L’Ordine dei Cappuccini e la figura di San S. da M., a cura di G. Avarucci, Roma 2006 (in partic. P. Maranesi, San Serafino nell’omiletica dei secoli XVIII-XIX, pp. 147-197; G. Borri, La data di nascita di san Serafino, pp. 199-217; G. Gagliardi, Memorie di san Serafino [...] nelle raccolte pubbliche ascolane, pp. 219-228; V. Traini, Iter per la canonizzazione di fra S. da M., pp. 229-248; S. Gieben, S. da M. nell’arte grafica, pp. 249-272; G. Avarucci, Celebrazioni e culto per san S. da M. dal XVII al XX secolo, pp. 595-660); Un volto solare. San S. da M. Opera di Ivo Batocco per la restaurata Chiesa dei Cappuccini di Macerata, Macerata 2007; D. Malvestiti, Monte Granaro. Storia [...] con monografia su San Serafino, Fermo 2008; Litterae ex quibus nomen Dei componitur. Studi per l’ottantesimo compleano di Giuseppe Avarucci, a cura di A. Horowski, Roma 2016 (in partic. V. Criscuolo, Documenti inediti su san S. da M. dal fondo archivistico “Positiones decretorum” della Congregazione delle Cause dei Santi, pp. 421-484; L. Lehmann, La devozione a san S. da M. nella provincia rhenano-westfalica dei cappuccini, pp. 485-521).