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serbare

di Antonietta Bufano - Enciclopedia Dantesca (1970)
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serbare (servare)

Antonietta Bufano

Significa " conservare ", nel senso di " mantenere ", " continuare ad avere ", oppure di " metter da parte "; è seguito sempre da un oggetto astratto, con l'eccezione (oltre a Pd II 14, per cui v. oltre) di Rime C 45, detto di un albero che, come il lauro, il pino o l'abete, sua verdura serba anche nella stagione invernale. Con lo stesso valore nella perifrasi che designa Clizia (quella ch'a veder lo sol si gira, / e 'l non mutato amor mutata serba, Rime dubbie VIII 10), traduzione dell'ovidiano " vertitur ad Solem mutataque servat amorem " (Met. IV 270). È il caso di notare che nel primo di questi passi serba è in rima con erba e acerba, nel secondo con acerba e superba: che sono le uniche parole con le quali si abbia la rima in -erba anche nella Commedia, fatta eccezione per il latino verba di Pd I 70.

La predizione di Brunetto è per D. preziosa, da ‛ scrivere ' nel libro della memoria e " tenere in serbo " per farsela chiarire da Beatrice: Ciò che narrate di mio corso scrivo, / e serbolo a chiosar con altro testo / a donna che saprà (If XV 89). Proprio nelle parole di Brunetto, nello stesso canto, si ha un altro esempio del verbo (La tua fortuna tanto onor ti serba, / che l'una parte e l'altra avranno fame / di te, v. 70); ma qui s. è nel senso di " riservare " che si ha pure in Pd I 72, dove si aggiunge l'idea di un particolare privilegio decretato dalla volontà divina: Trasumanar significar per verba / non si poria; però l'essemplo [ di Glauco] basti / a cui esperïenza grazia serba, " cui divina gratia concedet experiri hoc " (Benvenuto).

Si può " conservare " anche una consuetudine (quem... morem servare voluerunt discipuli, Mn I IV 4), che tuttavia particolari circostanze - peraltro ben motivate - possono indurre a cambiare: vuole essere evidente ragione che partire faccia l'uomo da quello che per li altri è stato servato [ " osservato ", " praticato " da altri] lungamente... E però vuole essere manifesta la ragione... acciò che la esperienza non è mai avuta onde le cose usate e servate sono (Cv I X 1 e 2): dove, alla luce di tutto il contesto, converrà intendere usate e servate come una dittologia sinonimica.

Nella discussione sulle varie etadi in cui si divide la vita umana, D. osserva che queste... possono essere più lunghe e più corte secondo la complessione nostra... ma, come elle siano in questa proporzione... in tutti mi pare da servare (Cv IV XXIV 7): qui dunque si tratta di " conservare " una proporzione, " mantenerla ", " rispettarla ", nel senso che la lunghezza delle quattro etadi dev'essere determinata per tutti, rispetto alla durata complessiva della vita, secondo la stessa proporzione stabilita per l'individuo-tipo come Platone, il quale ottimamente... naturato e per la sua perfezione e per la fisonomia che di lui prese Socrate... vivette ottantuno anno (§ 6).

Per estensione, il valore di " conservare " si modifica in quello di " osservare ", " seguire ", " tener fede " a una norma di vita o a una promessa (e in questo significato si ha sempre la forma ‛ servare '): per es., la legge di cui i lussuriosi non " tennero conto " seguendo come bestie l'appetito (Pg XXVI 83), o l'equitade che se - come dice Agostino - li uomini... conoscessero, e conosciuta servassero, la Ragione scritta non sarebbe mestiere (Cv IV IX 8; per l'attribuzione della massima a s. Agostino, cfr. la nota di Busnelli-Vandelli); o ancora il voto che, invece, Agamennone avrebbe fatto meglio a non mantenere (Pd V 68, unico esempio di uso assoluto; cfr. anche il v. 47, al participio passato in funzione predicativa). Si veda un uso analogo del verbo nel latino della Monarchia: si formalia duelli servata sunt..., II VIII 5; omni iure belli servato, IX 16; ecc. E per il valore di " mantenere " prima considerato: illud quod natura ordinavit, de iure servatur, II VI 1; innovare desinentias licet, dumtaxat praecedentium ordo servetur in totum, VE II XIII 9; ecc.

Di qui il senso di " seguire " materialmente, nell'ampio contesto metaforico dell'ammonimento rivolto a quanti ambiscono cibarsi del pan de li angeli: essi possono ben mettere la loro nave per l'alto sale, ma servando mio solco / dinanzi a l'acqua che ritorna equale (Pd II 14): " Vuole che lo seguitino sì dapresso che non si richiugga loro el solco che fa la nave sua ", Landino. Il codice Rb reca qui la variante seguendo: cfr. Petrocchi, ad locum.

Vocabolario
serbare
serbare v. tr. [lat. sĕrvare] (io sèrbo, ecc.). – 1. a. Mettere, tenere da parte una cosa, soprattutto per servirsene in un momento più opportuno (è, in questo come nei successivi sign., verbo ancora vivo in Toscana ma sentito come letter....
sèrbo²
serbo2 sèrbo2 s. m. [der. di serbare]. – L’azione del serbare; si usa quasi esclusivam. nelle espressioni mettere, tenere, avere in serbo, conservare mettendo e tenendo da parte; dare in serbo una cosa, darla ad altri perché la conservi;...
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