Prokof´ev, Sergej Sergeevič
Tra avanguardia europea e tradizione russa
Musicista sovietico vissuto tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, Sergej S. Prokof´ev affiancò alla carriera internazionale di pianista quella di compositore, con una ricca produzione che abbraccia ogni genere musicale. Versatile ed eclettico, assimilò in una sintesi originale le conquiste della musica europea e lo spirito della tradizione russa
Sergej S. Prokof´ev nacque nel 1891 a Soncovka, un villaggio ucraino. Il padre era un agronomo; la madre, donna colta e buona pianista, seppe indirizzare il talento del figlio e gli impartì i primi rudimenti musicali. L’apprendistato proseguì privatamente con Reinhold M. Glier, e in seguito dal 1904 al 1914 al Conservatorio di Pietroburgo, dove Sergej conseguì – nonostante l’atteggiamento ribelle verso ogni accademismo – i diplomi di composizione, direzione d’orchestra e pianoforte.
Gli studi condotti nell’ambito della tradizione russa si innestarono sull’interesse per la musica occidentale d’avanguardia, che si diffondeva in quegli anni a Pietroburgo grazie alle serate ideate dal coreografo Sergej P. Djagilev. Prokof´ev ebbe così modo di ascoltare le musiche di Edvard Grieg, Richard Wagner, Richard Strauss, Claude Debussy e Max Reger, oltre che dei russi Nikolaj A. Rimskij Korsakov e Aleksandr N. Skrjabin.
Dopo l’esecuzione del Primo e del Secondo concerto per pianoforte e orchestra (1911-12 e 1913), il giovane Prokof´ev si mise in luce come pianista e compositore dotato di spiccata personalità. A questi anni risalgono i primi viaggi a Londra e a Parigi, dove Djagilev conquistava le scene con i suoi Balletti russi. Dalla collaborazione tra i due artisti nacquero i balletti Ala e Lolli (1914-15), di soggetto barbarico, e La storia del buffone (1915-20). Dal primo, mai rappresentato, Prokof´ev trasse la fortunata Suite scita (1914-15). Lunga gestazione ebbe l’opera lirica Il giocatore (1915-16 e 1927), tratta da Dostoëvskij. Durante la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa del 1917 Prokof´ev si dedicò alla composizione, scrivendo tra l’altro il Primo concerto per violino (1916-17) e la celebre Prima sinfonia classica (1916-17), ispirata al modello di Franz Joseph Haydn.
Dal 1918 al 1921 Prokof´ev fu negli Stati Uniti, dove ottenne trionfali successi come pianista e l’appellativo di Chopin cosacco, ma dove ricevette anche aspre critiche come compositore, per l’accentuato modernismo della sua musica, ricca tanto di asprezze timbriche e ritmiche quanto di effusioni melodiche.
Al periodo americano risale l’opera fantastica L’amore delle tre melarance (1919), tratta da una fiaba di Carlo Gozzi. Sullo sfondo di una congiura, il principe Tartaglia subisce una maledizione della perfida Fata Morgana: dovrà liberare tre principesse racchiuse per incantesimo in tre melarance per avere pace. Due delle principesse muoiono, ma Tartaglia riesce a salvare Ninetta, la più bella, e a sposarla dopo molte peripezie, mentre i traditori sono puniti.
L’ostilità degli americani spinse Prokof´ev a stabilirsi dapprima in Baviera e, dal 1923, a Parigi, dove rimase per circa un decennio, inframmezzato da numerose tournée e dalla composizione dell’opera L’angelo di fuoco (1919-27).
Nel 1932 rientrò in patria, e aderì all’ideologia socialista. Il suo catalogo si arricchì di lavori molto significativi, tra cui il Secondo concerto per violino (1935), il balletto Romeo e Giulietta (1935-36), la musica per i film Aleksandr Nevskij (1938) e Ivan il Terribile (1945), entrambi del regista Ejzenštejn, e la favola musicale Pierino e il lupo (1936), per orchestra e voce recitante, nata con l’intento di illustrare ai bambini gli strumenti dell’orchestra: un coraggioso ragazzino, insieme a un’anatra, a un uccellino e a un gatto, riesce a catturare il lupo.
Gli ultimi anni di vita di Prokof´ev, che morì nel 1953, furono caratterizzati da un’intensa attività e da componimenti di grande impegno, come la Sesta, Settima e Ottava sonata per pianoforte (1939-44), il balletto Cenerentola (1940-44), l’opera Guerra e pace (1941-43), tratta da Tolstoj, e la Quinta sinfonia (1944). Ai riconoscimenti ufficiali si aggiunsero però anche le severe accuse rivoltegli dalle autorità del regime, che lo costrinsero a una pubblica autocritica e alla composizione di lavori di circostanza e di celebrazione del potere politico.