servi della gleba
Vincolati alla terra e alla volontà di un padrone
Nel Medioevo molti contadini vivevano in uno stato di pesante soggezione. Avevano un signore al quale dovevano dare una parte del loro raccolto, giornate gratuite di lavoro, tributi di ogni genere. Avevano bisogno del suo permesso se volevano sposarsi, vendere un bene o allontanarsi dalla terra che coltivavano ed emigrare in un altro villaggio: per questo erano detti servi della gleba, che vuol dire, appunto, «servi della terra»
La condizione del servo della gleba medievale era dura, ma molto migliore di quella dello schiavo. Lo schiavo era in grado di parlare, ma per il resto era come un animale da lavoro, come un utensile. Il padrone poteva picchiarlo, abusare di lui, ucciderlo, venderlo.
Gli schiavi erano molto diffusi nel mondo antico, ma andarono gradualmente riducendosi di numero nel corso della prima metà del Medioevo. Varie erano le cause del declino della schiavitù: la difficoltà di procurarsi nuovi schiavi; l’introduzione di nuove forme di coltivazione delle terre che non avevano più bisogno del lavoro di grandi gruppi di schiavi; la diffusione del cristianesimo che portò alla liberazione di un certo numero di loro. Intorno all’anno Mille il numero degli schiavi che vivevano nelle campagne europee era ormai basso. Ora vi era una nuova forma di assenza di libertà: la servitù.
Intorno all’anno Mille i contadini erano, di norma, tutti nella stessa condizione giuridica. L’antica frontiera fra libertà e schiavitù era scomparsa. Alcuni contadini discendevano da antichi piccoli proprietari, altri da schiavi che in passato erano stati liberati dai loro padroni, o che lentamente avevano migliorato le proprie condizioni di vita fino a fondersi con gli altri abitanti del villaggio. Tutti erano comunque sottoposti al potere del signore.
Il signore poteva essere un nobile, un vescovo, oppure un istituto ecclesiastico, per esempio un monastero. Spesso era proprietario di buona parte dei terreni siti nel territorio del villaggio e coltivati dai contadini. Il suo potere non derivava soltanto dalla proprietà della terra, ma anche dal fatto che il signore assicurava la protezione del villaggio, che governava come il re di un piccolissimo Stato (feudalesimo).
Ai suoi contadini richiedeva però obblighi di ogni tipo: prodotti della terra, affitti in denaro, tasse, giorni di lavoro gratuito e una miriade di altre prestazioni. Quando un contadino moriva il signore poteva prendere parte dei suoi beni, o addirittura tutti, se non c’erano figli ma solo fratelli o altri parenti meno prossimi. Per fare moltissime cose occorreva richiedere – e pagare – il permesso del signore, necessario anche se si voleva emigrare, andando a cercare fortuna altrove.
La vita dei contadini era dunque difficile, ma infinitamente migliore di quella degli schiavi del mondo antico e di quelli che ancora restavano, ridotti di numero, nelle campagne europee. Tuttavia non era nemmeno la condizione degli abitanti di una città, o dei nobili, che erano liberi di comprare o dare in eredità i loro beni, di dare in spose le loro figlie, di fare, insomma, senza chiedere permesso, ciò che più piacesse loro. Occorreva dunque distinguere la condizione dei contadini sottoposti a un signore sia da quella degli uomini pienamente liberi sia da quella dei veri e propri schiavi.
Gli uomini di legge del 12° e 13° secolo inventarono allora un termine nuovo: servi della gleba. Infatti, si dissero, che cosa impedisce a un contadino di sottrarsi agli obblighi verso il suo signore? L’impossibilità di abbandonare – senza il permesso del signore – le terre che coltiva. Il divieto, insomma, di emigrare di nascosto. Chiamiamoli allora, conclusero i giuristi, servi della terra, la gleba, appunto. Ma in realtà, l’obbligo di residenza era soltanto uno dei tanti doveri di questi servi.
Nell’Europa occidentale la servitù della gleba scomparve nel periodo compreso tra il 14° e il 15° secolo, perché i signori persero parte del loro potere e, anche, perché preferirono gestire le loro terre ricorrendo, invece che al lavoro dei servi della gleba, a quello di affittuari e salariati.
Nell’Europa orientale si verificò un’evoluzione opposta. Qui l’economia agricola si basava sui grandi campi di grano dei signori, che era conveniente far coltivare dai servi della gleba: ecco dunque che in Russia e in altre regioni orientali la servitù si diffuse moltissimo proprio nel 15° e 16° secolo, e venne abolita soltanto alla metà del 19°.