SEVERINO
Eletto verso la metà di ottobre del 638, S., figlio del romano Avieno, forse esponente dell'aristocrazia romana, ma di cui non è conosciuto lo stato ecclesiastico, si trovò ben presto a dover affrontare le complesse questioni dottrinali e politiche lasciate irrisolte dalla dipartita di Onorio I, morto prima della pubblicazione dell'Ecthèsis (638). In questo editto dogmatico, redatto nei termini di una professione di fede, l'imperatore Eraclio, presumibilmente su suggerimento del patriarca di Costantinopoli Sergio I, enunciava l'esistenza di una sola volontà nell'unica persona del Verbo incarnato, minacciando gravi sanzioni per coloro che, ecclesiastici o laici, si fossero discostati da tali posizioni. Le fonti a nostra disposizione non consentono di stabilire con precisione i tempi e le modalità con le quali il nuovo pontefice venne a conoscenza dell'Ecthèsis. Stando comunque al contenuto di una lettera inviata a Sergio dal vescovo alessandrino Ciro (cfr. I.D. Mansi, X, p. 1005a), il testo dell'editto sarebbe stato inviato all'esarca ravennate Isacio, il quale si sarebbe adoperato per renderlo noto a Severino. Tuttavia, nonostante i particolari riferiti da Ciro a proposito di un preteso apprezzamento dell'Ecthèsis da parte del neoeletto, le altre fonti non confermano tale presa di posizione da parte di Severino. Quel che è certo è che gli apocrisiari romani inviati nel frattempo a Costantinopoli con l'incarico di notificare all'imperatore l'elezione del nuovo pontefice e di ottenerne la ratifica, onde procedere alla consacrazione dell'eletto dal clero romano, si videro porre come condizione necessaria al riconoscimento di S. un formale impegno a fare sottoscrivere l'editto al nuovo pontefice. La resistenza dei delegati romani, che diplomaticamente scelsero di attenersi al mandato ricevuto e di non prendere posizione su delicate questioni teologiche, non favorì la risoluzione della questione, che, ormai caricatasi anche di valenze politiche, si trascinò per diversi mesi. Durante tale periodo, mentre gli apocrisiari vennero sottoposti ad ogni sorta di pressioni volte ad ottenere un qualche riconoscimento dell'editto, le autorità bizantine tentarono di intimidire il clero di Roma e di suscitare contro di esso il malcontento delle truppe ivi stanziate. Infatti, secondo la narrazione del Liber pontificalis, un alto ufficiale bizantino, il "chartularius" Maurizio, aiutato da un certo numero di sobillatori, riuscì a diffondere fra i soldati il convincimento che il denaro inviato dall'imperatore per pagare l'esercito, anziché venire distribuito, era stato occultato nel vestiarium lateranense, dove giaceva anche il tesoro accumulato a suo tempo da Onorio. L'incontenibile rabbia delle truppe venne abilmente indirizzata verso il clero romano, e ben presto tutti gli armati presenti a Roma, "a puero usque ad senem" (Liber pontificalis [I, p. 328]), strinsero d'assedio il Laterano, ma la valida resistenza degli uomini, asserragliatisi nel Palazzo insieme al pontefice, impedì l'eventualità di un brutale saccheggio. Tuttavia, dopo tre giorni di scontri, Maurizio, sostenuto dai funzionari laici che avevano aderito alla rivolta, entrò nel Palazzo unitamente ad una sorta di commissione di inchiesta, e, apposti i sigilli al vestiarium, sequestrò il tesoro della Chiesa romana in attesa dell'arrivo dell'esarca. Isacio, giunto a Roma, fece innanzitutto esiliare i più alti esponenti del clero, relegandoli in luoghi diversi, e poi, ormai padrone della situazione, entrò nel Palazzo e prese possesso del tesoro, parte del quale venne inviato a Costantinopoli. Tale episodio, che si configura come un tentativo di isolare i "primates ecclesiae" e papa S. per forzarli al riconoscimento dell'editto, può essere interpretato anche alla luce della progressiva presa di coscienza in ambito romano delle valenze eterodosse dell'Ecthèsis, presumibilmente favorita dall'attività di Sofronio, patriarca di Gerusalemme, che proprio in quel periodo (tra il 638 e il 639) si preoccupò, tramite il palestinese Stefano di Dor, di far pervenire nell'Urbe un suo scritto volto a coinvolgere il vescovo di Roma nella lotta contro Costantinopoli. Sembra comunque lecito ipotizzare che le intimidazioni bizantine non siano riuscite ad ottenere risultati apprezzabili. Nei primi mesi del 640 Eraclio decise infine di ratificare l'elezione di S., permettendo ai delegati papali, che si riservarono di sottoporre il testo dell'Ecthèsis all'approvazione del nuovo pontefice, di fare ritorno a Roma. Tuttavia, il già anziano S., consacrato il 28 maggio di quello stesso anno, morì dopo poco più di due mesi (2 agosto 640), durante i quali, stando a quanto è possibile ricavare dalle fonti, non procedette ad alcun riconoscimento formale dell'editto. Un passo del ben più tardo Liber Diurnus attribuisce a S. la convocazione di un sinodo romano, nel corso del quale il pontefice avrebbe formulato la condanna dell'Ecthèsis, ma gli studi più recenti tendono ormai a ridimensionare la notizia, dal momento che il suddetto sinodo risulta più verosimilmente identificabile con quello riunito dal suo successore, Giovanni IV. Riserve sono state espresse anche a proposito delle lettere (ascritte al 640) che sarebbero state rispettivamente inviate da S. ai vescovi di Oderzo e di Altino per autorizzarli alla traslazione delle proprie sedi episcopali a Cittanova e a Torcello, ma non manca chi è propenso a difendere la tradizione. Stando inoltre a quanto riferito dal Liber pontificalis, che peraltro lo definisce "sanctus, benignus super omnes homines, amator pauperum, largus, mitissimus" (I, p. 329), S. nel corso del suo pontificato sarebbe stato particolarmente generoso con il clero dell'Urbe, verso il quale intensificò le elargizioni. Il biografo gli attribuisce anche l'ordinazione di quattro vescovi "per diversa loca", ed il restauro del mosaico dell'abside di S. Pietro, "quod dirutum erat" (ibid.). Fonti e Bibl.: Anastasii Bibliothecarii sedis apostolicae Collectanea ad Ioannem Diaconum, in P.L., CXXIX, coll. 583-86; I.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, X, Florentiae 1764 (rist. anast. Graz 1960), pp. 1003-06; Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé-G. Wattenbach-S. Loewenfeld-F. Kaltenbrunner-P. Ewald, I, Lipsiae 1885, nr. 2039, p. 227; Gesta episcoporum Neapoletanorum, in M.G.H., Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI-IX, a cura di G. 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