SINTASSI (XXX, p. 859; App. II, 11, p. 834)
Nel panorama della linguistica dello scorcio del secolo 19° e del principio del 20° non si può certo affermare che gli studi sintattici godessero di scarso favore o se non altro di uno status di marginalità: la fonetica evolutiva restava, per il grande pubblico e per buona parte dei linguisti, l'obiettivo centrale e il settore più avanzato della ricerca, ma non mancavano numerosi e importanti contributi in campo sintattico da parte di figure eminenti. Questo non solo nell'ottica della ricostruzione comparativa, ma spesso anche a livello di analisi di un singolo testo o di testi sincroni (basterà ricordare fra i tanti un solo nome, quello di uno dei più eminenti sintattisti tra i Junggrammatiker, B. Delbrück, che basava la sua Vergleichende Syntax der indogermanischen Sprachen del 1897, fra l'altro, sull'esame analitico del testo ant. indiano Catapathabrahmana). L'ambito teorico in cui ci si muoveva era però sempre quello "tradizionale" o "classico", elaborato nell'antichità greco-romana e poi codificato sempre più rigidamente (e non senza fraintendimenti) dalle scuole grammaticali del Medioevo: una teoria fondata sulle strutture sintattiche delle lingue classiche, cui l'allargamento alle altre lingue indoeuropee prima, e poi - ma con molta minore incidenza - a quelle di altre famiglie linguistiche, non aveva apportato che delle revisioni, importanti (si pensi per es. al problema dell'aspetto), ma sempre marginali. Parimenti marginali erano rimasti gli approcci sei-sette-ottocenteschi di segno diverso quali quelli logicizzanti della corrente inaugurata nel 1660 con la Grammaire générale et raisonnée di C. Lancelot e A. Arnaud (che dal convento in cui fu redatta prese il nome "di PortRoyal"); o quelli psicologizzanti di W. von Humboldt.
Rimaneva perciò aperta l'esigenza di una teoria e di una metodologia sintattica che trovasse la sua convalidazione nei principi generali della teoria linguistica, e di conseguenza fosse applicabile alle lingue più diverse. Da tale esigenza discenderanno tutti i successivi sviluppi della ricerca sintattica del Novecento, sino ai giorni nostri.
Non si può ancora parlare di una teoria complessiva della s. con il primo grande linguista teorico del secolo, F. de Saussure, anche se nel suo insegnamento vulgato nel Cours s'individuano senz'altro alcuni spunti fecondissimi, che resteranno patrimonio comune della ricerca posteriore. Tale la distinzione basilare fra rapporti sintagmatici o in praesentia, in cui il valore che un termine assume dipende dal "contrasto" con i termini che lo precedono e lo seguono nella catena linguistica; e rapporti paradigmatici (Saussure li definì per la verità "associativi"; ma, come rileva T. De Mauro, l'uso di "paradigmatico", poi affermatosi, fu "suggerito da passi in cui i paradigmi flessionali sono citati come esempi tipici di rapporti associativi") ovvero in absentia, in cui il termine effettivamente presente nella realizzazione linguistica si oppone a tutti gli altri che, per somiglianza o per differenza, avrebbero potuto presentarsi al suo posto, secondo lo schema.
In questo senso Saussure coniò il termine "sintagma", di cui, a suo dire, "la frase era il tipo [...] per eccellenza" (oggi però, anche a causa di certe oscillazioni nel Cours [De Mauro], il termine si adopera in genere per costruzioni sintattiche superiori alla parola ma inferiori alla frase).
Anche tra coloro che, negli anni Venti, si collocano sulla prosecuzione della lezione saussuriana (particolarmente, la scuola di Praga e quella di Copenaghen), i riferimenti a problemi di ordine sintattico restano per lo più allo stato di pura teorizzazione di linguistica generale: i praghesi si dedicheranno soprattutto a indagini sul livello fonologico, mentre L. Hjelmslev sarà assorbito quasi completamente nella prospettiva della fondazione della "glossematica". Bisogna attendere il 1951 per vedere la pubblicazione di un'opera di scuola "danese" che applichi anche in campo sintattico le teorie hjelmsleviane, la Gramática estructurál (segun la Escuela de Copenhague y con especiál atencion a la lengua española) di E. Alarcos Llorach (e anche gli studi paralleli di V. Brøndal, Les parties du discours e Théorie des prépositions, sono rispettivamente del 1948 e del 1950); mentre l'articolo di V. Mathesius che fonda la cosiddetta "prospettiva sintattica funzionale" (con la fondamentale opposizione tra tema, ciò che in una certa situazione locutoria è o viene dato dal parlante come già conosciuto, e rema, quanto contiene la nuova informazione - una distinzione che verrà ripresa nella più recente indagine sintattica postchomskyana), cui si rifarà tutta la successiva ricerca della scuola linguistica cèca, è del 1939.
È proprio dal periodo precedente la seconda guerra mondiale che in Europa cominciano a delinearsi orientamenti teorici dedicati al problema sintattico nel suo complesso: tra gli allievi di Saussure, Ch. Bally e H. Frei che conia il termine "monema" (1941) per indicare le unità minime del signifié (parallelo a "fonema" per le unità minime del signifiant): il termine sarà ripreso poi da molti linguisti, fra cui A. Martinet che lo porrà al centro delle proprie concezioni sintattiche; L. Tesnière dà inizio alle sue approfondite ricerche che sfoceranno negli Eléments de syntaxe structurale (1959, postuma); e si segnalano ancora, fra gli altri, O. Jespersen e G. Guillaume.
Al di là dell'Atlantico l'indagine sintattica (ma l'osservazione ha valore per quanto riguarda tutta la teorizzazione linguistica) segue cammini paralleli a quelli europei ma ciononostante ben distinti: anche qui la lezione saussuriana resta un preciso punto di riferimento, su cui vengono a innestarsi però esigenze e motivazioni di ricerca del tutto diverse da quelle europee (si pensi allo studio delle lingue amerindiane) con la sovrapposizione di correnti di pensiero specifiche come il behaviorismo.
Così, già in Language di E. Sapir (1921; per soffermarci solo sulle opere teoriche generali) si possono rilevare numerose e significative novità rispetto alla prospettiva sintattica tradizionale; ma è col volume dall'identico titolo di L. Bloomfield, del 1933, che vengono fissate le basi di un metodo radicalmente nuovo d'indagine (non solo sintattica, anzi applicato primariamente alla fonologia, e anche alla morfologia), cui viene dato il nome di "distribuzionalismo". L. Bloomfield e i suoi seguaci cercano di definire ciascuna entità linguistica non come aprioristicamente data, ma in base alla sua reale presenza nel processo comunicativo, cioè di fatto in base alla sua distribuzione: un'entità linguistica è così definibile come classe di tutti i rapporti possibili con altre entità, in pratica come risultante dai vari contesti (ingl. environments) in cui l'entità stessa può presentarsi (con termine tecnico "occorrere"). Tutte le varie forme che possono occorrere in identici contesti costituiscono una singola classe.
A livello dell'indagine sintattica vanno ricercate le classi di configurazioni o schemi strutturali (ingl. patterns) in cui si possono organizzare nella stringa tra due pause (cioè nel "periodo" della tradizione, che nel caso di periodo monoproposizionale coincide con la frase o proposizione) le varie classi del livello immediatamente precedente (i morfemi, e le classi di morfemi, cioè i sintagmi), con una successione rigidamente gerarchizzata (si parte dalle fonìe per arrivare ai fonemi, poi ai morfo(fo)nemi, poi ai patterns sintattici) applicando in continuazione il criterio distribuzionalista a un corpus concluso di produzioni linguistiche emesse dal o dai parlanti nativi (ingl. native speakers), il più possibile senza l'intervento diretto del linguista che deve limitarsi alla raccolta (ingl. elicitation) e all'analisi dei dati.
Per quel che è più proprio della s., il metodo operativo messo a punto dai distribuzionalisti americani è quello dell'analisi in costituenti immediati (immediate constituents analysis o IC analysis).
Si parte dalla stringa tra due pause (frase) già analizzata in morfemi e sintagmi: per es. Il re d'Inghilterra inaugurò il Parlamento (nell'esemplificazione originale inglese dell'art. di R.S. Wells, Immediate constituents, del 1947: The king of England opened Parliament). La stringa viene analizzata in due parti, i suoi costituenti immediati appunto (in teoria l'analisi si sarebbe dovuta basare su di un calcolo di possibilità distribuzionali esteso a tutta la lingua in questione; in pratica l'intuizione e le conoscenze linguistiche dell'analista vi giocavano un ruolo decisivo): da una parte Il re d'Inghilterra, scambiabile con Giorgio VI, l'uomo, ecc.; dall'altra inaugurò il Parlamento, scambiabile con mangiò una mela, venne chiamato, ecc. (in questo caso, le categorie grosso modo di soggetto e predicato). A loro volta i singoli costituenti vengono rispettivamente analizzati in un'altra coppia di costituenti immediati di ordine inferiore, fino ad arrivare ai costituenti ultimi non analizzabili, (i sintagmi e) i morfemi. Si ha così un'altra struttura gerarchica, che va dalla stringa intrapausale ai morfemi attraverso tutta una serie di livelli in cui gli elementi di ciascuno sono a loro volta costituenti immediati del livello immediatamente superiore.
Le rappresentazioni grafiche dell'analisi possono essere diverse.
Si può adoperare (col wells) un maggior numero di tagli per indicare i costituenti di livello inferiore (comprendendo qui anche i sintagmi che in effetti mediano tra livello morfologico e livello sintattico):
Il ∥ re ∥∣ d' ∥∥ Inghilterra ∣ inaugur- ∥∣ -ò ∥ il ∥∣ Parlament- ∥∥ -o;
un altro tipo è la rappresentazione con parentesi tonde e numeri in esponente che indicano l'ordine di successione dei tagli (una variante con parentesi quadra - ingl. bracket, da cui il derivato bracketed, ital. "parentesizzato" - e indici categoriali al posto dei numeri sarà adottata dalla grammatica generativa):
((Il)2((re)3((d')(Inghilterra))))1(((inaugur-)3(-ò))2((il)((Parlament-)4(-o))));
ancora, nella linguistica americana degll'anni Quaranta e primi Cinquanta era impiegato per lo stesso scopo lo schema a caselle (detto scherzosamente "scatola di Hockett")
da cui in un certo senso deriva lo schema stemmatico a rami (ingl. tree, ital. "albero") che sarà quello più adoperato dagli studiosi, e che passerà poi alla grammatica generativa:
(a quest'epoca i punti d'intersezione delle biforcazioni, o "nodi", non recano ancora indicazioni di carattere categoriale, almeno non a priori come sarà pm nel modello generativo).
Su questa linea si collocano numerosi studiosi, praticamente tutta la generazione dei linguisti americani degli anni Quaranta e dei primi Cinquanta, tra i quali spiccano per le loro posizioni rigorose, talora oltranzisticamente, il già ricordato R.S. Wells, Z.S. Harris, e ancora B. Blooh, C. Fries, A.A. Hill, C.F. Hockett, E.A. Nida, G.L. Trager, e molti altri.
Sviluppi dell'approccio distribuzionalista sono ancora, in sostanza, la "tagmemica" ideata da K.L. Pike negli anni Cinquanta e la "grammatica stratificazionale" di S.M. Lamb, che risale agli anni Sessanta; il primo individua nel tagmema l'unità minima grammaticale, elaborando "un sistema che consente, utilizzando la teoria delle matrici, di presentare graficamente il complesso intreccio dei rapporti che entrano in gioco, le dimensioni delle costruzioni grammaticali" al fine di analizzare la gerarchia sintattica (Lepschy; più che per la sua diffusione non vastissima - ma particolarmente concentrata tra gli amerindianisti -, la teoria tagmenica andrà ricordata per essere stata una dei principali precedenti dell'attuale linguistica testuale); l'altro, che cerca in una certa misura un raccordo con le esigenze del primo trasformazionalismo, concepisce la lingua come un sistema di sei livelli o strati sovrapposti (ipofonemico, fonemico, morfemico, lessemico, sememico e ipersememico, questi tre ultimi grosso modo corrispondenti all'ambito della s. tradizionale, con l'ulteriore distinzione tra lexotactics e semotactics).
Nell'ambito dello strutturalismo degli anni Cinquanta si collocano anche alcune rilevanti figure di studiosi europei: questo è il caso di M. A. K. Halliday, il teorico di maggiore spicco all'interno della corrente britannica detta "neofirthiana" (dal linguista J. R. Firth), che ripropone per l'analisi linguistica un calcolo di tipo hjelmsleviano, distinguendo quattro categorie teoriche fondamentali, unità, struttura, classe, e sistema; così è per il "funzionalismo" di A. Martinet, che pone come compito dell'analisi linguistica appunto la ricerca delle funzioni dei vari elementi: dopo essersi occupato lungamente in tale prospettiva di fonologia descrittiva e diacronica, egli è passato ad applicare le sue concezioni anche in campo sintattico (cfr. Per una sintassi funzionale, in La considerazione funzionale del linguaggio, del 1962), come studio dei rapporti funzionali tra i vari monemi; lo stesso può dirsi per la linguistica sovietica posteriore a Marr, tra cui fanno spicco le ricerche di S. K. Šaumjan, L. V. Šěcerba, G. S. Šěurr e V. V. Vinogradov.
Una vera e propria rivoluzione che partendo dal più ristretto ambito della speculazione sintattica è giunta in breve tempo a coinvolgere tutti gli aspetti della riflessione sul linguaggio, è rappresentata dalla teoria generativa trasformazionale di N. A. Chomsky. Già Z. S. Harris (di cui Chomsky è stato allievo ad Harvard) aveva parlato, nei primi anni Cinquanta, di "trasformazioni" a proposito di enunciati quale L'uomo alto ha comprato un vestito di lana, analizzato come derivante dalla fusione (trasformazione) di tre enunciati più semplici: 1) L'uomo è alto; 2) L'uomo ha comprato un vestito; 3) Il vestito è (fatto) di lana. Si trattava però sempre di procedimenti da situarsi nella prospettiva dell'"analisi in costituenti immediati", e di conseguenza da applicarsi comunque a strutture immediatamente presenti nella realtà della produzione linguistica (quelle che Chomsky denominerà "strutture superficiali"; Harris parlava di string analysis "analisi delle stringhe").
Le trasformazioni chomskyane rispondono invece all'esigenza non di analizzare ma di spiegare i modi della produzione (tecnicamente, della "generazione") linguistica da parte dei parlanti, con il corrispondente ribaltamento dell'ambito di ricerca da un corpus (per quanto vasto pur sempre definito) degli strutturalisti alla capacità linguistica stessa del parlante, quella che egli denomina competence o "competenza" (e che contrappone alla performance o "esecuzione", con una dicotomia che è stata collegata a quella saussuriana tra langue e parole): per essere "adeguata", la grammatica di una lingua data dev'essere in grado di prevedere frasi accettabili dai parlanti di quella lingua.
Nel primo modello di Chomsky, quello di Syntactic structures (1957), la s. appare articolata in tre livelli, cioè tre insiemi di regole attraverso le quali una qualsiasi frase viene generata: 1) si parte dalle "regole a struttura sintagmatica", del tipo X → Y (da interpretarsi "X va riscritto Y"), dove X e Y sono categorie sintattiche come F[rase], SN [= Sintagma Nominale], SV [= Sintagma Verbale], N[ome], V[erbo], Art[icolo], ecc. (per es. F → SN + SV, SN → Art + N, SV → V + SN e così via).
Queste regole assegnano alle frasi una "descrizione strutturale" (apparentemente equivalente a un'analisi in costituenti immediati, ma che si pone invece su di un piano di astrazione rispetto alla realtà operativa di quella) che può venire rappresentata anche con un "albero" (anche qui come per l'analisi in CI, ma con la differenza che ora i nodi sono "etichettati" [labelled], cioè recano l'indicazione delle categorie sintattiche cui si riferiscono).
Per fare un esempio, l'italiano potrebbe presentare la seguente grammatica a struttura sintagmatica:
(i) F → SN + SV
(ii) SN → Art + N
(iii) SV → V + SN
(iv) Art → il, un
(v) N → ragazzo, piatto, ecc.
(vi) V → prende, porta, ecc.
che applicate alla frase Il ragazzo porta un piatto daranno la "derivazione":
Con relativo albero (o "indicatore sintagmatico" o "di frase" [phrase marker])
2) Sulle descrizioni strutturali risultanti operano (alcune obbligatoriamente, altre no) le regole trasformazionali che effettuano cancellazioni, espansioni, sostituzioni, aggiunte o permutazioni, se si tratta di elementi di una sola stringa (trasformazioni "singolari" come la trasformazione passiva o quella negativa): se si tratta invece di due stringhe si potranno avere coordinazione o inserzione di elementi (trasformazioni "generalizzate"), a seconda che si tratti di trasformazioni di congiunzione o di subordinazione (in quest'ultimo caso la frase che viene inserita è detta "frase costituente", l'altra "frase matrice"). L'applicazione delle trasformazioni agl'indicatori sintagmatici darà luogo a una serie di indicatori sintagmatici "derivati" (mentre quelli prodotti direttamente dalle regole di struttura sintagmatica saranno chiamati "sottostanti", in quanto subiacenti a ogni trasfomazione).
3) Finalmente, alle stringhe così generate sotto forma di sequenze di morfemi viene assegnata una struttura fonematica da parte di un insieme di regole morfofonemiche o "morfofonematiche".
Nel decennio successivo la grammatica generativa riscuote numerose adesioni (con importanti approfondimenti su diversi punti), affermandosi prima negli ambienti del MIT e poi in molte università americane: fra gli studi più interessanti, oltre a quelli dello stesso Chomsky, andranno ricordati, in ambito sintattico, quello di E. Klima sulla negazione e quello di R.B. Lees sulla nominalizzazione (nonché dei due studiosi insieme sulla pronominalizzazione); e ancora quelli di E. Bach, J.R. Ross, C.S. Smith.
Nel secondo modello chomskyano, la cosiddetta "teoria standard", enunciata in Aspects of the theory of syntax (1966), viene approfondita la distinzione tra struttura profonda e struttura superficiale degli enunciati linguistici (dalla prima dipende l'interpretazione semantica, dalla seconda la rappresentazione fonologica della frase). Dei tre componenti in cui viene articolata la grammatica, sintattico, semantico e fonologico, quello sintattico è a sua volta organizzato in "sottocomponente di base" che genera le strutture sintattiche profonde (astratte) e "sottocomponente trasformazionale" mediante il quale si passa dalle strutture profonde a quelle superficiali. Nel primo si hanno regole a struttura sintagmatica, come già nel modello precedente, con l'esclusione delle regole di riscrittura lessicate (per es.: V → prende, porta, ecc.), in quanto ora viene creato un "lessico" (che fa parte del sottocomponente di base) costituito di voci lessicali analizzate in insiemi di tratti sintattici: di conseguenza tra le regole di riscrittura vengono distinte le "regole di sottocategorizzazione" (che a loro volta sono ulteriormente divise in "regole di sottocategorizzazione stretta" e "regole di selezione") che operano sulle categorie lessicali. L'insieme di categorie lessicali e di tratti sintattici è denominato "simbolo complesso". Per quanto riguarda le trasformazioni, si elimina la distinzione fra trasformazioni singolari e generalizzate: s'introduce il concetto di ciclo trasformazionale, per cui le trasformazioni, ordinate reciprocamente, vanno applicate prima alla frase più profonda nell'indicatore sintattico della struttura profonda, poi alla frase immediatamente superiore, e così via.
Con la sistemazione della teoria generativa da parte di J.J. Katz, J.A. Fodor e P.M. Postal per il componente semantico, e dello stesso Chomsky e M. Halle per quello fonologico, il modello standard appariva completo: ma già nella seconda metà degli anni Sessanta alcuni generativisti americani portavano avanti una serrata critica al concetto di struttura profonda come struttura sintattica, giungendo a identificare struttura profonda e rappresentazione semantica: questa veniva posta alla base di tutte le strutture superiori (da ciò la corrente ha preso la denominazione di "semantica generativa"). Fra gli studiosi aderenti a queste posizioni maggiore spicco assumono E. Bach, C.J. Fillmore (con la sua "grammatica dei casi", che pone come base profonda un reticolo di relazioni casuali quali Oggetto profondo, Agentivo, ecc.), G. Lakoff (che con J.R. Ross fa circolare nel 1967 uno scritto non pubblicato dal titolo rivelatore, Is deep structure necessary?) e J.D. McCawley (in Italia molto interessanti le posizioni di D. Parisi e F. Antinucci dell'istituto di psicologia del CNR di Roma). Chomsky risponde con la "teoria standard estesa (revisionata)" (e il suo allievo R.S. Jackendoff con la "semantica interpretativa", per cui v. semantica), che ribadisce la validità della struttura profonda, ma ammette che l'interpretazione semantica non dipende solo da quella, bensì che per alcuni versi vi è implicata anche la struttura superficiale.
Un'altra corrente linguistica che si è andata diffondendo nell'ultimo decennio soprattutto in Europa (si segnalano W. Dressler, T. A. van Dijk, J.S. Petöfi) è la cosiddetta "linguistica testuale" in quanto oppone l'analisi del testo nel suo complesso a quella della frase. Comune a questa corrente e agli ambienti della semantica generativa è, tra l'altro, la messa in rilievo di quanto sta "dietro" all'atto locutivo stesso (la componente pragmatica o performativa, in pratica il collegamento dell'atto comunicativo con la situazione in cui si situa), e la distinzione tra struttura tematica e struttura rematica della comunicazione, cioè (anche se non corrisponde perfettamente) tra il dato e il nuovo contenuto nell'atto comunicativo (in inglese anche topic e comment). In quest'ultima direzione si muovono anche alcune delle più recenti ricerche nell'ambito della s. storica e comparativa, con l'accento in particolare sull'ordine degli elementi costituenti della frase a livello di tendenze universali (si parla di lingue SVO o "soggetto-oggetto-verbo", SOV, VSO, ecc.); così negli studi di J.H. Greenberg, W.P. Lehmann, P. Friedrich.
Bibl.: Il progresso degli studi in ambito sintattico nel Novecento coincide, come si è visto, per larga parte con il progredire della stessa teoria linguistica, per cui dare una bibliografia esauriente sia pure delle tendenze e figure più rappresentative sarebbe senz'altro fuor di luogo; si rimanda pertanto alle trattazioni dei campi di ricerca affini e ai profili biografici dei maggiori linguisti.
Per limitarci agli studi sintattici propriamente detti, un'eccellente antologia in italiano Le teorie sintattiche del Novecento, a cura di S. Stati, Bologna 1977 (del quale si veda anche Teorie òi metodă în sintaxă, Bucarest 1967, trad. it., Bologna 1972); utili indicazioni sulla sintassi strutturalistica in G. Lepschy, La linguistica strutturale, Torino 1966; sulle teorie chomskyane e postchomskyane, A. R. Puglielli, La linguistica generativo-trasformazionale. Dalla sintassi alla semantica, Bologna 1977, e l'antologia La sintassi generativa trasformazionale, a cura di G. Graffi e L. Rizzi, ivi 1979.
Gli studi sintattici di B. Delbrück cui ci si riferisce sono: Die Altindische Wortfolge aus den Catapathabrahmana, Halle 1878, e Vergleichende Syntax der Indogermanischen Sprachen, p. II, Strasburgo 1897. Il Cours de linguistique générale di F. de Saussure, pubblicato dai suoi allievi Ch. Bally e A. Sechehaye (Losanna-Parigi 1916) è stato tradotto in italiano con amplissimo commento da T. De Mauro, Bari 1967. Il volume di E. Alarcos Llorach è stato pubblicato a Madrid nel 1951, quelli di V. Brøndal entrambi a Copenaghen. L'articolo di V. Mathesius è Aktualní člemení větné, in Slovo a Slovenost, V (1939), pp. 171-74 (cfr. anche J. Vachek, The Prague School reader in linguistics, Bloomington 1964; id., The linguistic School of Prague. An introduction to its theory and practice, Bloomington-Londra 1966; e pure J. Vachek-S. Dubský, Dictionnaire de linguistique de l'école de Prague, Utrecht-Anvesa 1960). Di Ch. Bally si veda almeno Linguistique générale et linguistique française, Parigi 1932 (tard. it., Milano 1963); su H. Frei cfr. R. Amacker, La sintagmatica saussuriana di H. Frei, in Autori vari, La sintassi (Società di linguistica italiana, Atti del III Congresso internazionale di studi), Roma 1969, pp. 45-106; di O. Jespersen si ricorderà, fra l'altro, Analytic syntax, Copenaghen 1937; di G. Guillaume, Temps et verbe, Parigi 1929.
Per lo strutturalismo americano, oltre all'antologia di M. Joos, Readings in linguistics. The development of descriptive linguistics in America since 1925, New York 19582, e a E. P. Hamp, A glossary of American technical linguistic usage, 1925-1950, Utrecht-Anversa 19632, si vedano, sui problemi generali dell'analisi in CI, P. Postal, Constituent structure: a study of contemporary model of syntatic description, Bloomington 1964, e C.F. Hockett, The state of the art, L'Aia 1968 (tard. it. La linguistica americana contemporanea, Bari 1970); inoltre E. Sapir, Language. An introduction to the study of speech, New York 1921 (trad. it., Torino 1969); L. Bloomfield, Language, New York 1933 (trad. it., Milano 1974); l'articolo di R. S. Wells è in Language, XXIII (1947), pp. 81-117; Z. S. Harris, Methods in structural linguistics, Chicago 1951 (rielaborato col titolo di Structural linguistics, Phoenix Books, 1960); id., Discourse analysis, in Langauge, XXVIII (1952), pp. 1-30 e 474-94; id., String analysis of sentence structure, L'Aia 1962; id., Discourse analysis reprints, ivi 1963 (cfr. anche Papers in structural and transformational linguistics, Dordrecht 1970, e Notes du cours de syntaxe, Parigi 1976); B. Bloch e G.L. Trager, Outline of linguistic analysis, Baltimora 1942; C. Fries, The structure of English; an introduction to the construction of English, New York 1952; A.A. Hill, Introduction to linguistic structures. From sound to sentence in English, ivi 1958; C. F. Hockett, A course in modern linguistics, ivi 1958; E. A. Nida, Outline of descriptive syntax, Glendale (Calif.) 1951; id., A synopsis of English syntax, L'Aia 19662. Sulla tagmemica: K. L. Pike, Taxemes and Immediate Constituents, in langauge, XIX (1943), pp. 66-82; R. E. Longacre, Some fundamental insights of tagmemics, ibid., XLI (1065), pp. 65-76; A.W. Cook, Introduction to tagmemic analysis, New York 1969 (e anche E. Roulet, Linguistique et comportement humain. L'analyse tagmémique de Pike, Neuchâtel 1974). Sulla grammatica stratificazionale: S. M. Lamb, Outline of stratificational grammar, Washington (D.C.), 1966; D.G. Lockwood, Introduction to stratificational linguistics, New York 1972 (cfr. A. Makkai, The stratificational view of language, trad. it. Perché il linguaggio è stratificato, in La linguistica: aspetti e problemi, a cura di L. Heilmann, E. Rigotti, Bologna 1975, pp. 153-78). Sulla scuola neofirthiana, v. D. T. Langendoen, The London school of linguistics: a study of the linguistic theories of B. Malinowski and J.R. Firth, Cambridge (Mass.) 1968; di M. A. K. Halliday, v. Some aspects of systematic description and comparison in grammatical analysis, in Autori vari, Studies in linguistic analysis (special pubblication of the Philological Society), Oxford 1957; id., Categories of a theory of grammar, in Word, XVII (1961), pp. 241-92. Di A. Martinet, v. A functional view of langauge, Oxford 1962 (trad. it. La considerazione funzionale del linguaggio, Bologna 1965), e anche Éléments de linguistique générale, Parigi 1960( trad. it., Bari 19713). Sugli studi sintattici nella lingua sovietica, v. Autori vari, Voprosy syntaksisa sovremennogo russkogo jazyka ("Problemi di sintassi della lingua russa contemporanea"), Mosca 1950; Autori vari, Očerki po sinktaksisu russkoj razgovornoj reči ("Saggi sulla sintassi della lingua russa parlata"), ivi 1960; V. V. Vinogradov e altri, Voprosy grammatičeskogo stroja ("Problemi della struttura grammaticale"), ivi 1955; A. M. Mukhin, Funkcional'nyj analiz sinktaksičeskih elementov ("Analisi funzionale degli elementi sintattici"), Mosca-Leningrado 1964; J.F. Vardul', Osnovy opisatel'noj lingvistiki: sintaksis i suprasintaksis ("Fondamenti di linguistica descrittiva; sintassi e soprasintassi", Mosca 1977; cfr. anche V. V. Ivanov, La linguistica sovietica contemporanea. Bilancio critico, in Lingua e Stile, XII (1978), pp. 251-82.
Numerosi studi di N.A. Chomsky degli anni Cinquanta e Sessanta sono raccolti e tradotti in italiano in Saggi linguistici, voll. 3, Torino 1969-70 (tranne Syntactic structures, pubblicato in ital. a Bari nel 1970); e dei suoi lavori successivi andranno tenuti presenti Studies on semantics in generative grammar, L'Aia 1972; Conditions on transformations, in A Festschrift for Morris Halle, a cura di S. R. Anderson, P. Kiparsky, New York 1973; Questions of form and interpretation, in Linguistic analysis, I (1975), pp. 75-109; The logical structure of linguistic theory, New York-Londra 1975, e anche Reflections on langauge, Glasgow 1975 [ma 1976]; Conditions on rules of grammar, in Linguistic analysis, II (1976), pp. 303-51 (trad. it. in La sintassi generativa trasformazionale, cit., pp. 379-433); On WH movement, in Formal Syntax, a cura di P. S. Culicover, T. Wasow e A. Akmajian, New York 1977, pp. 71-132; inoltre N. A. Chomsky e H. Lasnik, Filters and control, in Linguistic inquiry, VIII (1977), pp. 425-504; (cfr. anche la biografia di J. Lyons, Chomsky, Glasgow 19772). Lo studio di E. Klima, Negation in English, è apparso in The structure of language. Radings in the philosophy of language, a cura di J. A. Fodor, J. J. Katz, Englewood Cliffs (N.J.) 1964, pp. 243-323; quello di R. B. Lecs è The grammar of English nominalizations, Bloomington (Ind.)-l'Aia 1960; quello dei due autori insieme è Rules for English prominalization, in Language, XXXIV (1963), pp. 17-29 (trad. it. in La sintassi generativo trasformazionale, cit., pp. 29-57).
Per gli studi sui componenti semantico e fonologico della teoria standard, andranno ricordati almeno J. J. Katz, The structure of a semantic theory, in Language, XXXIX (1963), pp. 170-210 (trad. it. in La linguistica: aspetti e problemi, a cura di L. Heilmann, E. Rigotti, Bologna 1975, pp. 217-267); J.J. Katz, P.M. Postal, An integrated theory of linguistic description, Cambridge (Mass.) 1964; N. A. Chomsky, M. Halle, The sound pattern of English, New York-Londra 1968; per la semantica generativa e per quella interpretativa è invece sufficiente il rinvio alla bibliografia della v. semantica. Tra le molte riviste specializzate, la principale è senz'altro la rivista teorica del MIT, Linguistic inquiry (dal 1970).
Sulla linguistica testuale, W. Dressler, Einführung in die Textlinguistik, Tubinga 1972 (trad. it., Roma 1974; v. anche W. Dressler, S.J. Schmidt, Textlinguistik. Kommentierte Bibliographie, Monaco 1973, e ora Current trends in text-linguistics, a cura di W. Dressler, 1978); T. A. van Dijk, Some aspects of text grammars, L'Aia 1972; J. S. Petöfi, Transformationsgrammatiken und eine kotextuelle Texttheorie. Grundfragen und Konzeptionen, Francoforte s. M. 1971; Präsuppositionen in Philosophie und Linguistik, a cura di J.S. Petöfi, D. Franck, ivi 1973; H. Weinrich, Tempus, Besprochene und erzähte Welt, Stoccarda 19712 (trad. it. Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo, Bologna 1978); anche, in italiano, M.-E. Conte, La linguistica testuale, Milano 1977.
Sugli universali sintattici (di ordine) v. Universals of language, a cura di J. Greenberg, Cambridge (Mass.) 1963 (in particolare l'articolo dello stesso Greenberg, Some universals of grammar with particular reference to the order of meaningful elements, pp. 73-144, rist. in A reader in historical and comparative linguistics, a cura di A.R. Keiler, New York 1972, pp. 306-37; e v. dello stesso Language universals, L'Aia 1966, trad. it., Firenze 1975); e ancora, per l'indoeuropeo; W. P. Lehmann, Contemporary linguistics and Indo-European studies, in Publications of the Modern Language Association, LXXXVII (1972), pp. 976-93; P. Friedrich, Proto-indo-european syntax: the order of meaningful elements, Butte (Montana) 1975; anche studi sincronici per l'inglese: J.D. McCawley, English as a VSO language, in Language, XLVI (1970), pp. 286-300; per l'italiano antico, A. Marcantonio, Un aspetto dell'ordine delle parole nell'italiano del due-trecento, in Rivista di grammatica generativa, I (1976), pp. 57-77; molto intessante, a livello teorico, F. Antinucci, Fondamenti di una teoria tipologica del linguaggio, Bologna 1977.