I sistemi sanitari dei diversi paesi sviluppati possono essere ricondotti a tre diversi modelli istituzionali: il sistema delle assicurazioni sociali di malattia (ASM), il servizio sanitario nazionale (SSN) e le assicurazioni private di malattia (APM). Questi modelli si differenziano sotto diversi aspetti. In primo luogo, nell’ASM i principali destinatari delle prestazioni sanitarie sono i lavoratori, mentre nel SSN l’intera popolazione residente. In secondo luogo, i sistemi di tipo assicurativo presentano in genere differenziazioni di trattamento tra le varie categorie occupazionali, sia in termini di prestazioni erogate che in termini di contributi versati. In terzo luogo, nell’ASM il principale erogatore di prestazioni e servizi - le mutue assicurative - è privato o parastatale, mentre nei SSN è lo stato che si fa carico della gestione e dell’erogazione dell’assistenza sanitaria. Questo incide sulla gamma delle prestazioni offerte che, nel primo caso, è più circoscritta e in funzione della partecipazione assicurativa e, nel secondo caso, è più estesa, in genere più omogenea e in funzione del requisito di cittadinanza o residenza. In quarto luogo, anche il meccanismo di finanziamento è differente: rispettivamente di tipo (prevalentemente) contributivo o di tipo (prevalentemente) fiscale.
Il modello delle assicurazioni private di malattia è invece finanziato attraverso i premi pagati da coloro che scelgono liberamente di sottoscrivere una polizza assicurativa. Il sistema garantisce la protezione a tutti coloro che sono disposti a pagare in base alla propria esposizione al rischio, mentre sono esclusi tutti coloro che non sono in grado di sopportare il costo di una polizza privata. Le APM - a differenza dei due modelli precedenti - non realizzano alcuna forma di solidarietà, salvo quella che si verifica a posteriori a favore dei sinistrati e a carico degli indenni. Questo modello è diffuso principalmente negli Stati Uniti in cui - ad eccezione dei due schemi sanitari pubblici, rivolti rispettivamente ai cittadini poveri (Medicaid) e agli anziani ultrasessantacinquenni (Medicare) e nonostante la recente riforma Obama - non esiste un sistema sanitario né di tipo mutualistico né di tipo nazionale. Tale modello è diffuso anche in Svizzera, dove presenta però alcune caratteristiche che lo distinguono dal modello assicurativo classico: poggia su alcuni principi a valenza sociale come l’obbligatorietà di assicurazione per tutti i cittadini, premi regolamentati e indipendenti dal rischio individuale, il versamento ai cittadini meno abbienti di sussidi statali per il pagamento dei premi dell’assicurazione malattia.
La sanità ha conosciuto, a partire dagli anni Cinquanta, una forte espansione, che ha contribuito a migliorare lo stato di salute della popolazione e a ridurre le tradizionali diseguaglianze di accesso alle cure mediche fra classi sociali e aree territoriali, come testimoniato dall’andamento dei principali indicatori sanitari fra cui la mortalità infantile, la speranza di vita, l’incidenza delle ‘morti evitabili’. Tale espansione non è però stata priva di implicazioni negative, soprattutto in termini di efficienza e di efficacia. Non a caso i costi crescenti della sanità sono corresponsabili della ‘crisi fiscale’ in cui si dibattono da ormai tre decenni tutti i welfare states maturi.
Per fronteggiare questa crisi, a partire dagli anni Novanta il riformismo sanitario si è fatto più ambizioso: l’obiettivo è diventato quello di una ristrutturazione di fondo della cornice istituzionale della sanità pubblica, volta a promuovere nuovi tipi di interazione tra fornitori e finanziatori, più imperniati sulla competizione e ispirati da una cultura di responsabilità e intraprendenza manageriale. L’idea di riformare la sanità pubblica introducendo mercati simulati e forme di competizione amministrata ha trovato attuazione in numerosi paesi europei, a partire dal Regno Unito dove, nel 1991, il governo Thatcher aveva varato una riforma del National Health Service mirante proprio all’introduzione di un ‘mercato interno’ fra compratori e fornitori. Le innovazioni britanniche hanno avuto larga eco internazionale e molti paesi (per primi quelli con SSN) hanno avviato processi di riforma ispirati all’impiego della ‘logica di mercato’ all’interno della sanità. Più tardi, anche i paesi con sistemi di mutue obbligatorie (si pensi al Piano Dekker olandese o alla riforma del sistema mutualistico tedesco nel 1994) hanno cercato di innestare al proprio interno nuovi meccanismi concorrenziali.
Gli interventi in campo sanitario degli anni Novanta e Duemila hanno sicuramente comportato una fase di maggiore ‘protagonismo’ del centro che ha disegnato e portato a compimento le riforme. Tuttavia, in alcuni paesi il processo di managerializzazione della sanità pubblica è stato affiancato da una riduzione dell’accentramento burocratico e dal trasferimento di responsabilità sanitarie ai livelli amministrativi inferiori, dando luogo a un processo di progressivo rafforzamento dei livelli inferiori di governo che va sotto il nome di ‘regionalizzazione’ della sanità. In molti paesi i livelli sub-nazionali erano già coinvolti nella gestione della sanità. Con gli anni Novanta e Duemila, in modo più chiaro che in passato, competenze amministrative ma soprattutto finanziarie vengono trasferite al livello regionale anche al fine di scaricare, in una fase di crisi economico-finanziaria, responsabilità fiscali ai livelli inferiori di governo. La regionalizzazione ha anche offerto ai livelli sub-nazionali di governo l’opportunità di dare attuazione al processo di managerializzazione della sanità. Questo è stato sicuramente il caso dei paesi scandinavi, dell’Italia e della Spagna in cui rispettivamente le contee, le regioni e le comunità autonome hanno messo a punto modelli di competizione amministrata diversi tra loro.