SOFISTICA
. Il nome di σοϕιστής "sofista", ha nella grecità più antica un significato non molto divergente da quello di γοϕός "sapiente, esperto", di cui potrebbe considerarsi un frequentativo: σοϕιστής è chi possiede date conoscenze teoriche e conseguenti abilità pratiche, e insieme chi fa, dell'accrescimento di tale patrimonio mentale, il centro della propria attività. Il valore del nome si evolve e precisa fra la metà del sec. V e la fine del sec. IV a. C., in funzione del significato culturale e sociale che assumono in quell'età, e specialmente nel mondo attico, i personaggi contraddistinti con tale denominazione. Sofisti sono infatti coloro che si professano capaci di rendere gli altri σοϕοί, nei varî campi di conoscenze teoricopratiche utili perché il cittadino possa avere successo politico, in quel mondo della democrazia attica in cui ciascuno può far direttamente valere le proprie attitudini. Questo insegnamento comprende anche l'antica cosmologia, ma soprattutto verte sull'arte del dire e del persuadere e sulla conoscenza di ogni argomento culturale, giuridico e politico che possa apparire idoneo a sostenere tale attività oratoria. Svolgendo questo insegnamento, i sofisti della prima e maggiore generazione (principalmente rappresentata da Protagora e da Gorgia, che del movimento sofistico sono propriamente i fondatori, oltre che da Prodico e Ippia), si pongono dal punto di vista delle pratiche e soggettive esigenze dell'uomo, contro l'oggettivismo tipico della scienza delle età anteriori: donde una critica dei valori tradizionali nei più diversi campi (teoria della realtà e della verità, dottrine morali, giuridiche, politiche, religiose), che spiega come la sofistica sia stata spesso paragonata, in età moderna, all'illuminismo, e designata con questo stesso nome.
Sotto questo aspetto, la prima sofistica costituisce l'ambiente stesso entro cui si svolge anche la critica socratica della tradizione. Il metodo di Socrate si contrappone peraltro a quello sofistico soprattutto in quanto è animato dal profondo intento di giungere, pure attraverso la dimostrazione dell'invalidità delle nozioni vigenti, alla determinazione di valori etici stabili, mentre l'altro mira a uno scopo che è precipuamente pratico-edonistico. Esteriormente, l'antitesi si concreta in quella del filosofo che insegna per puro amore della verità e del sofista che insegna per mercede: e come Socrate contrappone il suo "parlar per domande e risposte" all'"eloquenza continuata" dei sofisti, così le sue dichiarazioni d'ignoranza si manifestano nel fatto superiori alle loro presunzioni di sapienza. Tutto ciò si accentua quando alla prima generazione dell'antica sofistica, contemporanea di Socrate, segue la seconda generazione, contemporanea all'incirca di Platone. Rappresentanti di quest'ultima sono, tra gli altri, Polo, Callicle, Trasimaco, Licofrone, Alcidamante, Crizia, Antifonte, Antimero, Eveno, Seniade, Polisseno; e, pur nella varietà dei loro atteggiamenti individuali, manifestano tutti accentuata quella tendenza negativa, nel campo gnoseologico e più ancora in quello etico-giuridico-politico, che già aveva determinato la reazione di Socrate. A una pura arte della confutazione verbale decade infine la sofistica nella cosiddetta "eristica" ("arte del disputare") o "antilogica" ("arte del contraddire"), principalmente rappresentata da Eutidemo e Dionisodoro e largamente documentata dall'Eutidemo platonico e del De sophisticis elenchis aristotelico. Si intende allora come in Platone, e poi di riflesso nel giovane Aristotele, la polemica antisofistica diventi sempre più severa: sofista diventa sinonimo di falso filosofo, ragionamento sofistico di ragionamento fallace (v. sofisma; lo stesso nome di "sofistica", in una più tarda fase della terminologia logica, perde il suo significato storico e viene adoperato nel senso di "teoria dei sofismi"), e tutti questi termini acquistano quel significato eminentemente negativo che in origine non avevano (o avevano solo in piccola parte) e che in seguito non perdono più. Solo nell'età moderna (primi il Hegel, nelle Lezioni sulla storia della filosofia, e il Grote, nella Storia di Grecia), l'antica sofistica torna ad essere considerata anche nei suoi aspetti positivi.
Per l'importanza della sofistica nella vita culturale greca, v. anche retorica; grecia: Letteratura, XVII, pp. 841-42.
Le fonti per la conoscenza dell'antica sofistica (frammenti e testimonianze dei sofisti sopra nominati, e inoltre il cosiddetto Anonimo di Giamblico - cioè un trattato etico-politico di un sofista della seconda metà del sec. V a. C., superstite in estratti nel Protreptico del neoplatonico Giamblico - e i Δισσοὶ λόγοι o Διαλέξεις - cioè uno scritto in dialetto dorico riassumente argomentazioni dell'antilogica sofistica, orientate verso la successiva affermazione e negazione della stessa tesi) sono raccolte in H. Diels, Die Fragmente der Vorsokratiker, II, 4ª ed., Berlino 1922, pp. 218-345 (traduzione italiana di M. Timpanaro Cardini, col titolo I Sofisti, Bari 1923).
Bibl.: Per la bibliografia concernente i singoli sofisti v. le voci relative. Indichiamo qui le principali trattazioni d'insieme dell'antica sofistica, prescindendo da quelle comprese nelle maggiori storie della filosofia antica: A. Chiappelli, Per la storia della sofistica greca, in Archiv für Geschichte der Philosophie, III (1890), pp. 1-21, 240-74; H. Gomperz, Sophistik und Rhetorik. Das BIldungsideal des εὖ λέηειν in seinem Verhältnis zur Philosophie des V. Jahrhunderts, Lipsia-Berlino 1912; A. Rostagni, Un nuovo capitolo nella storia della retorica e della sofistica, in Studî italiani di filologia classica, n. s., II (1922), pp. 148-201. Ulteriore bibliografia in Überweg-Prächter, Grundr. d. Gesch. d. Philosophie, I, 12ª ed., Berlino 1926, pp. 51-52 dell'Appendice (e p. 54 per l'Anonimo di Giamblico e i Δισγοι λόγοι).
La seconda sofistica. - Così si chiamò un movimento vasto, se non profondo, di spiriti, che avviatosi nel corso del sec. I dell'era volgare e alimentato da succhi provenienti dalle età anteriori ebbe il sopravvento sotto Adriano e da allora dominò l'Oriente ellenico, operando largamente al di là di codesti confini, più tardi anche sul mondo intellettuale cristiano. Sofisti amarono dirsi alla maniera degli antichi i predicatori del verbo novello in cui si esprimeia ancora una volta - questo il suo lato interessante e positivo - il bisogno artistico dei Greci: come i vecchi sofisti essi si levarono a maestri e apostoli, affascinando con la parola, additando nella bellezza del discorso l'ideale d'una nobile cultura, circonfondendosi di splendore, facendosi applaudire e onorare da sovrani, da città, da popoli. In realtà non molto più che la vuota parola innalzarono sugli altari: della parola foggiarono un'arte a diletto e trastullo d'una società eolta, oramai in gran parte svuotata degl'ideali etici, religiosi, politici dei padri e rimasta perciò priva delle condizioni per ulteriori sviluppi, le quali non sorgeranno che da un'esperienza intima morale e religiosa, ora solo in germe e in fermento, assai diversa dalla passata. Significativo per l'essenza della "nuova sofistica" è che essa tende anzitutto all'oratoria e alle sue forme, e cioè a un genere e ad atteggiamenti, per i quali, una volta tramontata la libertà politica e svigorita l'anima del cittadino, era venuto a mancare il terreno: la retorica, con la sofistica, è signora; poesia, filosofia, scienza sono in un piano più basso, si eclissano anche, massime la poesia, o si coloriscono di retorica. Non creazione o rappresentazione di vita vissuta è costì, ma imitazione o rifusione di materia letteraria secondo i gusti correnti. Rarissimo il caso che si tratti materia d'attualità. Spinta all'emergere e all'affermarsi di questa "seconda sofistica" è il rifiorire dell'Oriente e delle città asiatiche, presto sotto i primi imperatori; poi è decisivo il filellenismo di Adriano, e il sempre crescente avanzarsi dell'elemento orientale nella spiritualità dei tempi. Le mosse vengono da Smirne: con Niceta, che s'impone con le sue facoltà oratorie tra Vespasiano e Nerva, con Scopeliano di Clazomene suo allievo, verso cui accorrono i giovani anche dalla Grecia vera e propria con Antonio Polemone di Laodicea, allievo di Scopeliano, nel quale la scuola di Smirne culmina. Quindi, con Dionisio di Mileto sotto Adriano, si fa innanzi Efeso, e via via tutta l'Asia: sempre all'epoca adrianea con Lolliano la neosofistica fa il suo ingresso in Atene, e la sua azione si propaga nell'impero. Asiana è dunque la retorica sofistica nelle origini, e asiana è la sua maniera; ma a frenarla interviene nel sec. II l'atticismo linguistico che teoricamente ha già la sua consacrazione nella nascente Roma imperiale auspice la restaurazione augustea e in Roma prende vigore col classicismo quintilianeo, da cui si evolverà l'arcaismo e l'indirizzo frontoniano affine al sofistico. Queste tendenze atticistiche sboccando nella sofistica ne segnano l'impronta definitiva: il che avviene con Erode Attico, discepolo di Scopeliano e di Polemone, maestro di Marco Aurelio e dei più notevoli sofisti del regno degli Antonini - né tuttavia, si smentisce in lui l'educazione asiana -, e con Elio Aristide, tra i sofisti lo stilista più rigorosamente classico. Al posto d'onore della sofistica sta il discorso epidittico o d'apparato, ma tutti i campi essa abbraccia, non esclusa la poesia, particolarmente la favolistica, ché la narrazione di favole è parte viva dell'esercitazione retorica, e dà altro contenuto e altra forma al romanzo. I periodi del suo splendore sono da Adriano a Gordiano III e dal riordinamento dell'Impero in poi nel sec. IV, quando il senso classicistico torna a rafforzarsi ed Elio Aristide vale come acclamato modello. In rispondenza agli oratori attici, dieci sono i sofisti riconosciuti nel canone: Dione Crisostomo, Nicostrato, Polemone, Erode Attico, Flavio Filostrato, Elio Aristide e probabilmente Libanio, Temistio, Imerio, Eunapio. In tutti costoro, e negli altri sofisti, variano le sfumature di tono in fatto di lingua e di stile; costante quasi è lo straniarsi dalle fonti fresche della vita e del sentimento. Sofista fu anche Luciano di Samosata, ma solo in antitesi a ciò che fu la sua educazione e la prima sua attività di uomo divenne lo scrittore ricco di vena satirica e umoristica che tutt'oggi si ammira.
Bibl.: E. Rohde, Der griechische Roman, 3ª ed., Lipsia 1914, p. 310 segg., con l'Appendice di W. Schmid, p. 602 segg., e Kleine Schriften, I, Tubinga 1910, p. 75 segg.; G. Kaibel, in Hermes, XX (1885), p. 507 segg.; E. Norden, Kunstprosa, 2ª ediz., Lipsia 1909, p. 351 segg.; E. Hatsch, Griechentum und Christentum, trad. ted. di E. Peruschen, Friburgo 1892, p. 62 segg.; U. v. Wilamowitz-Moellendorf, in Hermes, XXXV (1900), p. i segg.