Sofocle
Il tragediografo dei grandi conflitti
Sofocle fu il drammaturgo più amato nell’Atene classica: nelle sue tragedie sono messi in scena personaggi straordinari, come Edipo e Antigone, che simboleggiano gli irrisolti interrogativi dell’uomo di fronte ai grandi problemi della vita e della giustizia
Nato nel 497 a.C. e morto all’età di oltre novant’anni, Sofocle attraversò tutto l’emblematico periodo dell’Atene classica, vivendone il progresso e le contraddizioni, i trionfi e le disgrazie. Compose oltre 120 drammi, e ottenne diciotto vittorie – più di ogni altro poeta tragico antico – nelle numerose competizioni alle quali partecipò, in oltre sessant’anni di carriera.
Personaggio introverso, partecipò alla vita pubblica e fu fra gli intellettuali che animarono l’ambiente culturale intorno a Pericle, il grande statista ateniese, insieme allo storico Erodoto, suo amico, e ad altri filosofi e poeti. Non fu, tuttavia, un convinto progressista, consapevole delle contraddizioni cui porta la conoscenza umana e dell’imprevedibilità della sorte.
Della produzione sofoclea restano solo sette tragedie integre: Aiace, Antigone, Trachinie, Edipo re, Elettra, Filottete, Edipo a Colono.
Sono drammi in cui Sofocle fa emergere le contraddizioni dell’uomo e della civiltà, ponendo interrogativi sul destino e sui limiti umani destinati a rimanere senza risposte: in ciò è la tragicità delle opere sofoclee. Quelli di Sofocle sono conflitti insanabili che si presentano nella vita dell’uomo come scelte problematiche che egli non riesce a risolvere: il conflitto tra legge di natura – quella che regola i rapporti familiari – e legge positiva – quella dello Stato – è al centro dell’Antigone; il contraddittorio rapporto tra conoscenza raggiungibile dall’uomo e ineluttabile forza della sorte è il perno dell’azione nell’Edipo re (Edipo); lo stridente conflitto tra essere e apparire fa da sfondo all’Aiace e al Filottete, le due tragedie degli eroi solitari.
Sofocle sembra interrogarsi, e interrogare i suoi spettatori di ieri e di oggi, sulla più profonda domanda esistenziale di ogni tempo: qual è la causa del male nel mondo? Il poeta non ha risposte rassicuranti, e anche la fede negli dei – che in Eschilo aveva costituito un rifugio sicuro – non è più rasserenante. Ma neanche l’uomo, con le sue sole forze, può avere ragione del male e del destino avverso. L’unica tragica risposta è constatare la condizione di dolore e di infelicità in cui l’uomo, al di là delle proprie colpe e responsabilità, è condannato a vivere.
Le tragedie di Sofocle hanno spesso un unico, gigantesco protagonista, eroe solitario che costituisce il perno dell’azione e incarna il conflitto che il poeta vuole comunicare. Già gli antichi sottolineavano come Sofocle fosse capace un’eccellente ethopòiesis, cioè «costruzioni di un personaggio» delineato dettagliatamente – attraverso straordinari monologhi – nel suo carattere, nella sua visione del mondo, nella sua psicologia. A volte la tragedia è costruita intorno a due figure tra loro contrapposte: Antigone e Creonte nell’Antigone, Eracle e Deianira nelle Trachinie.
Una delle tecniche impiegate da Sofocle è la cosiddetta ironia tragica: i personaggi agiscono in base a notizie parziali degli avvenimenti, muovendo lo spettatore – che invece ha cognizione precisa di come sono andati e di come andranno a finire gli eventi – a un’amara riflessione sull’imperscrutabilità della sorte e a una lettura ironica, e al tempo stesso tragica, di quanto si svolge sulla scena.
Sofocle fu un grande innovatore nel teatro attico del 5° secolo a.C., tra i primi ad abbandonare la formula tradizionale che voleva tematicamente legate tra loro le tre tragedie da presentare nelle gare, inserendo più varietà e concentrando l’attenzione sul singolo personaggio anziché sul mito di una famiglia o città. Ridimensionò il ruolo del coro, che in Eschilo era parte integrante dell’azione scenica, riservandogli la funzione di commentare la vicenda e di trarne tragica morale.
La sua fortuna, nel mondo antico come in quello moderno, fu immensa. Aristotele lo apprezzò più di ogni altro, e con la riscoperta della Poetica aristotelica Sofocle divenne, dal Cinquecento al Settecento, il drammaturgo antico più imitato e preso a modello.