sonorizzazione
La sonorizzazione è un fenomeno fonetico-fonologico per cui un suono (tecnicamente, un fono) sordo, a contatto con consonante sonora o in posizione intervocalica, diventa sonoro (➔ fonetica articolatoria, nozioni e termini di; ➔ assimilazione).
Da un punto di vista fonetico la sonorizzazione può essere parziale o totale. La prima è causata da un mancato sincronismo tra diaframma laringale ed epilaringeo: nel passaggio da un suono sonoro a uno sordo, le pliche (o corde) vocali, per inerzia, possono continuare a vibrare sonorizzando parte del fono successivo. Tale modificazione non determina in genere un cambiamento della natura del fono. La seconda, al contrario, ne determina una completa trasformazione. Infatti, dal punto di vista anatomo-fisiologico, la sonorizzazione totale implica non soltanto il passaggio dalla posizione di respirazione della glottide a quella di sonorità, ma un diverso coinvolgimento dell’intero canale fonatorio. Ad es., nelle ➔ occlusive sonore la cavità orofaringale si amplia per mantenere positiva la differenza tra pressione ipoglottidale e pressione epiglottidale indispensabile per far vibrare le pliche.
L’aumento di volume avviene in diversi modi: allargamento della cavità faringale, avanzamento della lingua, rigonfiamento delle guance o ancora mediante una incompleta chiusura del diaframma rino-velare. La minore quantità d’aria che fuoriesce dalla cavità orale nelle sonore, rispetto alle sorde, corrisponde acusticamente a una minore intensità del suono che, a sua volta, influenza altri parametri: nelle occlusive, ad es., causa lo smorzamento dello scoppio e un VOT (Voiced Onset Time «tempo di attacco della sonorità») negativo. Inoltre, a parità di contesto, la durata di una consonante sonora è maggiore della corrispettiva sorda, l’attività muscolare è maggiore nella vocale che precede la sonora e la frequenza fondamentale della vocale che segue la consonante sorda è più alta che nella sonora.
Dal punto di vista spettroacustico la sonorità / sonorizzazione è facilmente individuabile grazie alla presenza di striature periodiche verticali visibili su tutto l’asse delle frequenze o, nel caso di foni occlusivi, solo sulle basse frequenze.
In filologia e dialettologia il processo di sonorizzazione, insieme ad altri processi, quali la ➔ spirantizzazione (passaggio da consonante occlusiva a fricativa), è definito lenizione (➔ indebolimento). Per alcuni studiosi si ha lenizione parziale quando il cambiamento riguarda solo la sonorizzazione e lenizione totale se, oltre al tratto di sonorità, si ha un cambiamento nel modo, e a volte anche nel luogo, di articolazione (in entrambi i casi, quindi, il fono cambia la sua natura). Per altri la lenizione parziale va intesa come semisonorità, parziale sonorizzazione o mormorio. In tutti i casi la lenizione è considerata un processo di indebolimento articolatorio, definizione che però non si addice alla sonorità / sonorizzazione, in quanto l’attività laringale implica un incremento dell’attività fisiologica. Quindi, più che di ridotta intensità muscolare, si dovrebbe parlare di ridotta intensità acustico-percettiva provocata, come s’è visto, dalla minore pressione dell’aria che si viene a creare nel tratto epilaringeo.
La lenizione, nel suo complesso, può essere considerata come il mancato raggiungimento del bersaglio (o target) articolatorio (come chiusura ~ apertura diaframmatica, sorda ~ sonora e sonora ~ sorda; Bauer 2008).
Il processo della sonorizzazione è spesso dovuto a fenomeni di coarticolazione di tipo anticipatorio, da destra verso sinistra (assimilazione regressiva), di tipo perseverativo, da sinistra verso destra (assimilazione progressiva), o in entrambe le direzioni (assimilazione bidirezionale). Tali modificazioni sono spiegabili con il principio dell’economia e, quindi, del minimo sforzo articolatorio: ogni cambiamento costa energia e, nella produzione verbale, si cerca di ridurre al massimo, nel passaggio da un fono all’altro, gli spostamenti degli organi articolatori. Infatti, casi frequenti di sonorizzazione, sia parziale che totale, si riscontrano nel parlato accelerato e ipoarticolato.
Un esempio di coarticolazione anticipatoria è dato, in italiano, dalla fricativa dentale sorda /s/ che si sonorizza quando seguita da consonante sonora, come in sbaglio [ˈzbaʎːo], sdentato [zdenˈtaːto], sgomitare [zgomiˈtaːre], svenare [zveˈnaːre], smunto [ˈzmunto], slegare [zleˈgaːre], sradicare [zradiˈkaːre], disgelo [dizˈʤɛːlo], trasmettere [trazˈmetːere], Strasburgo [strazˈburgo]. Tale modificazione non avviene quando la consonante che segue è l’approssimante [j] o [w] (➔ semivocali) come in siamo [ˈsjaːmo] e in suola [ˈswɔːla] (Maturi 2006: 76). Il motivo potrebbe risiedere nel fatto che, in italiano, le approssimanti si realizzano come tali solo in posizione iniziale di parola (come in uomo [ˈwɔːmo], uovo [ˈwɔːvo], ieri [ˈjɛːri], iato [ˈjaːto]) e in posizione intervocalica (come in kiwi [ˈkiːwi] e baia [ˈbaːja]), mentre sono prodotte come vocali brevi in posizione postconsonantica (siamo [ˈsĭaːmo], suola [ˈsŭɔːla], piove [ˈpĭɔːve], tuono [ˈtŭɔːno], l’uomo [ˈlŭɔːmo] e l’uovo [ˈlŭɔːvo]; ➔ quantità fonologica).
Dal punto di vista spettrografico, la differenza è facilmente riscontrabile in quanto le approssimanti, rispetto alle vocali, presentano una caduta dell’intensità di circa 10 decibel (Pettorino & Giannini 1991).
Un esempio di coarticolazione perseverativa si trova nella formazione del plurale in inglese: dogs [dɔgz] «cani», cabs [kæbz] «carrozze», fads [fædz] «manie», caws [kaʊz] «gracchi» ~ cats [kæts] «gatti».
Un tipo diverso di sonorizzazione, sempre in alcune forme del plurale in inglese, si ha ad es. in thief [θiːf] «ladro» ~ thieves [θiːvz] «ladri» e shelf [ʃelf] «scaffale» ~ shelves [ʃelvz] «scaffali».
Un esempio di coarticolazione bidirezionale è data, nell’➔italiano standard, da /s/ sorda, che in posizione intervocalica spesso si sonorizza, come in isola [ˈiːzola], misura [miˈzuːra], bisogno [biˈzoɲːo], cesoie [ʧeˈzoːje], tesoro [teˈzoːro], avvisare [avːiˈzaːre], visita [ˈviːzita], ma non in casa [ˈkaːsa], così [koˈsi], mese [ˈmeːse], naso [ˈnaːso] spesa [ˈspeːsa]. Solo in alcune zone della Toscana sono presenti ➔ coppie minime oppositive quali: [ˈfuːso] «strumento per filare» ~ [ˈfuːzo] «participio passato di fondere», [ˈbrindisi] Brindisi ~ [ˈbrindizi] brindisi, [ˈkjɛːse] «participio passato di chiedere» ~ [ˈkjɛːze] chiese.
Diversa è la situazione nei ➔ dialetti italiani, dove le opposizioni sono annullate, in quanto nei dialetti settentrionali la /s/ si sonorizza e in quelli centrali e meridionali rimane sorda. Avremo così accusare [akːuˈzaːre] ~ [akːuˈsaːre], famoso [faˈmoːzo] ~ [faˈmoːso], riso [ˈriːzo] ~ [ˈriːso], affittasi [aˈfːitːazi] ~ [aˈfːitːasi], usignolo [uziˈɲːɔːlo] ~ [usiˈɲːɔːlo] (per una rassegna sulle origini e sulle teorie del processo di sonorizzazione nella lingua italiana cfr. Guazzelli 1996).
Ovviamente questi confini non sono così netti. Nella stessa Toscana si avrà, ad es., [s] nel grossetano ([ˈkjɛːsa] chiesa, [ˈpaeːse] paese, [ˈkaːso] caso) e [z] nelle province settentrionali del pistoiese e in Lunigiana ([ˈmeːze] mese, [ˈnaːzo] naso, [ˈspeːzi] spesi). Inoltre, la realizzazione di [z] è presente ad Ancona ([ˈkaːza] e [ˈfuːzo] per casa e fuso), in alcune zone sia della Lucania meridionale sia della Calabria settentrionale, nonché nei dialetti gallo-siciliani ([ˈmiːze] «mese», [ˈnaːzu] «naso», [ˈkaːzu] «cacio»; Canepari 1980; Rohlfs 1949: §§ 210-211).
Anche le occlusive /p t k/ in posizione intervocalica seguono lo stesso processo di /s/, sonorizzandosi nei dialetti dell’Italia settentrionale ma non in quelli centrali e meridionali (sempre con le dovute eccezioni). Inverso è il caso non solo dell’occlusiva, ma anche della fricativa e affricata sorda che, in molti dialetti centro-meridionali ma non in quelli settentrionali e in Toscana, si sonorizzano quando precedute da nasale.
Mentre per /p/ intervocalica si ha, nei dialetti settentrionali, un cambiamento totale del fono, che da occlusivo diventa fricativo, da bilabiale labiodentale e da sordo sonoro (ad es., capelli verrà realizzato nel dialetto ligure [kaˈvɛːli], in lombardo e piemontese [kaˈvɛːi] e in veneziano [kaˈveːi]), /t/ e /k/ cambiano solo il loro tratto sordo in sonoro (ad es., in lombardo si dirà [muˈneːda] e [ˈrøːda] per moneta e ruota, [ˈbraːge] e [fyrˈmiːga] per brache e formica; in emiliano [salˈvaːda] e [poˈdeːva] per salvata e poteva, [ˈpeːgura] e [urˈtiːga] per pecora e ortica; in veneziano [fraˈdɛːlo] e [maˈduːro] per fratello e maturo, [ˈpjɛːgura] e [fuˈgaːza] per pecora e focaccia). Simile, ma non identica, è la sonorizzazione nelle colonie gallo-italiche della Sicilia e della Lucania, dove si ha [p] ~ [v], [t] ~ [ð] (fricativa dentale sonora) e [k] ~ [g] o ~ [ɣ] (fricativa velare sonora). Così a Nicosia si dirà [ˈcaːvo] e [skoˈvɛ] per capo e scopare, [faˈðiːɣa] e [saˈluːðo] per fatica e saluto, [ˈmjeːdəgo] e [aˈmiːgo] per medico e amico; e a Tito [saˈve] e [ˈraːva] per sapere e rapa, [mariˈðaːða] e [ˈpreːviðu] per maritata e prete, [ˈstɔːmuɣu] e [ˈmaːnəɣu] per stomaco e manico (cfr. Rohlfs 1949: §§ 197, 202, 207).
Più confusa è la situazione nell’Italia centrale, in quanto la sonorizzazione, partendo dalla zona nord-occidentale della Toscana (non toccata dalla ➔ gorgia toscana), si estende ad alcuni dialetti dell’Umbria meridionale e del Lazio dove si assiste, contrariamente a quanto avviene nei dialetti settentrionali, ad una variazione allofonica anche di tipo fonosintattico (➔ allofoni; ➔ fonetica sintattica). Avremo così, in provincia di Pistoia, [ˈaːva] e [ʧiˈvolːa] per ape e cipolla, [neˈvoːde] e [maˈduːro] per nipote e maturo, [ˈbuːgo] e [ˈfiːgo] per bugo e fico e, in alcuni dialetti della Versilia, [ˈrabːa], [ˈrodːa] e [ˈfogːo] per rapa, ruota e fuoco; e, nel Lazio e in Umbria, [igaˈbilːi], [lebaˈdaːde] e [aigaˈbiːdo] per i capelli, le patate e hai capito (cfr. Rohlfs 1949: §§ 151, 162; Canepari 1980; ➔ laziali, dialetti).
La sonorizzazione delle consonanti sorde precedute da nasale è, come abbiamo detto, tipica dei dialetti centro-meridionali e può superare i confini lessicali. Alcuni esempi: in umbro [ˈkambo], [ˈdɛnde], [ˈbjaɲgo] per campo, dente, bianco; in abruzz. [anˈdiːkɘ], [ˈvenʤɘ] per antiche, vincere; in barese [sɘnʤɘrɘˈta], [ˈlanʣɘ], [nonˈdɛɲgɘ] per sincerità, lancia, non tengo; e nel napol. [anˈʤinɘ], [nʣaˈlaːta], [ˈɲganːa], [noŋ ˈgwando] per uncino, insalata, in canna, non quanto.
Nella storia delle lingue romanze, la sonorizzazione delle occlusive sorde in posizione intervocalica è uno dei fenomeni più rilevanti e di più vasta portata.
A partire da Wartburg (1950), infatti, tale modificazione ha consentito non solo la bipartizione dei dialetti italiani mediante la linea La Spezia-Rimini (➔ confine linguistico), che segna il confine tra dialetti settentrionali e centro-meridionali, ma anche dell’intera Romània, suddividendola in occidentale (comprendente, oltre ai dialetti dell’Italia settentrionale – dove all’inizio del XIII sec. la sonorizzazione sembra aver raggiunto la totale copertura –, anche il francese, il franco-provenzale, l’occitano, il romancio, il catalano, lo spagnolo e il portoghese) e orientale (comprendente, oltre ai dialetti dell’Italia centrale e meridionale, anche il romeno: cfr. Loporcaro 2009; Tekavčić 1972; Tagliavini 1949; Rohlfs 1949). Si avrà quindi, ad es., lat. ripa, it. ripa (lett. riva), spagn. riba, fr. rive, romeno rîpă; lat. aprilis, it. aprile, spagn. abril, fr. avril, romeno aprilie.
Bauer, Laurie (2008), Lenition revisited, «Journal of linguistics» 44, 3, pp. 605-624.
Canepari, Luciano (1980), Italiano standard e pronunce regionali, Padova, CLEUP.
Guazzelli, Francesca (1996), Alle origini della sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche, «L’Italia dialettale» 59, pp. 7-88.
Loporcaro, Michele (2009), Profilo linguistico dei dialetti italiani, Roma - Bari, Laterza.
Maturi, Pietro (2006), I suoni delle lingue, i suoni dell’italiano. Introduzione alla fonetica, Bologna, il Mulino.
Pettorino, Massimo & Giannini, Antonella (1991), Indagine acustica sulle approssimanti dell’italiano, in Atti del XIX convegno nazionale dell’Associazione italiana di acustica (Napoli, 10-12 aprile 1991), a cura di F. Albano Leoni et al., Roma, Esagrafica, pp. 441-447.
Rohlfs, Gerhard (1949), Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 1º (Lautlehre) (trad. it. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, 3 voll., vol. 1º, Fonetica).
Tagliavini, Carlo (1949), Le origini delle lingue neolatine. Corso introduttivo di filologia romanza, Bologna, Pàtron (5a ed. con il titolo Le origini delle lingue neolatine. Introduzione alla filologia romanza, 1969).
Tekavčić, Pavao (1972), Grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1º (Fonematica).
Wartburg, Walther von (1950), Die Ausgliederung der Romanische Sprachräume, Bern, Francke (trad. it. La frammentazione linguistica della Romania, a cura di A. Vàrvaro, Roma, Salerno Editrice, 1980).