Spagna
Cinematografia tra le più importanti in Europa, quella spagnola è rimasta per molti anni quasi completamente sconosciuta (il franchismo ha infatti alzato una barriera invalicabile per circa quarant'anni), ma si è distinta, nella seconda metà del 20° sec., per entità di produzione e ricchezza di temi e di autori.
Anche nella penisola iberica il cinema giunse grazie ai fratelli Lumière: nel maggio 1896 si registrano le prime proiezioni a Madrid, realizzate dall'operatore francese Alexandre Promio, che poco dopo girò scene di vita locale, corride e soprattutto parate militari. Nella storia del cinema spagnolo Eduardo Jimeno viene considerato il regista che ha realizzato il primo film nazionale: Salida de la misa de doce del Pilar de Zaragoza (1897). La S. era allora un Paese arretrato, prossimo alla sconfitta nella guerra ispano-americana (1898, con la perdita delle colonie di Cuba, Puerto Rico e Filippine), governato da una monarchia conservatrice e cattolica; in questo contesto gli argomenti che polarizzarono le prime esperienze cinematografiche furono tre tematiche eminentemente 'spagnole': la corrida, i militari e l'uscita dalla messa. Mentre a Madrid erano questi gli argomenti dominanti, a Barcellona, città maggiormente industrializzata e con una borghesia più facoltosa, nasceva un altro tipo di cinema e già nel 1897 Fructuoso Gelabert girava il primo film spagnolo di fiction: Riña en un café.Tra il 1898 e il 1910 la nuova forma di intrattenimento si diffuse in diversi punti del Paese; ma fu a Barcellona che si consolidò una nascente industria. Segundo de Chomón girò nel 1902 i primi film di chiara ispirazione fantastica (sulla linea di Georges Méliès) e nel 1905 El hotel eléctrico, uno dei capolavori del cinema degli esordi. Poco dopo si spostò a Parigi, dove realizzò quasi 150 film di fantasia, prima di tornare in S. nel 1910. Nel 1906 fu fondata a Barcellona la più importante casa di produzione spagnola, la Hispano Films, nella quale aveva una posizione di spicco Ricardo de Baños, che introdusse in S. il film storico e quello d'arte. Tra il 1910 e l'inizio della Prima guerra mondiale il cinema divenne così una delle più importanti forme d'intrattenimento popolare, soprattutto con l'avvento del cinema americano che conquistò il pubblico.
Un vero e proprio cinema muto sorse in S. a partire dal 1920 e coincise con il declino dell'industria cinematografica di Barcellona e la nascita di quella di Madrid. Era l'epoca della dittatura di M. Primo de Rivera (1923-1930): in S. si contavano più di mille sale cinematografiche, con tre stabilimenti a Barcellona e altri tre a Madrid che lavoravano a pieno ritmo. Alcuni registi realizzarono in quegli anni i loro titoli migliori: José Buchs, specializzato in film popolari e derivati dalla zarzuela (sorta di operetta di tradizione nazionale spagnola); Benito Perojo, il più cosmopolita dei registi spagnoli dell'epoca, autore di lavori pregevoli come El negro que tenía el alma blanca (1927) o Florián Rey, forse il più solido tra i registi che esordirono in quegli anni, con uno stile originale che si venne definendo tra La revoltosa (1925) e la sua opera più importante, La aldea maldita (1930). Cominciò a crearsi uno star system locale: le stelle erano Imperio Argentina e Conchita Piquer, che avrebbero poi consolidato il loro successo anche nel cinema sonoro con il trionfo di uno dei generi spagnoli per eccellenza, il film folcloristico o españolada. Parallelamente al formarsi di un cinema commerciale, si sviluppò anche una corrente d'avanguardia, in linea con la letteratura e il teatro degli anni Venti. La Residencia de Estudiantes, leggendario luogo d'incontro di Salvador Dalí, Luis Buñuel e F. García Lorca, fu una delle culle di questo cinema che nasceva intorno alla rivista "La gaceta literaria" e ai numerosi cineclub España (a Madrid) e Mirador (a Barcellona), con l'appoggio degli intellettuali progressisti del momento: R. Alberti, R. Gómez de la Serna, B. Jarnés o L. Cernuda. Nemesio M. Sobrevila con El sexto sentido (1929), Ernesto Giménez Caballero con Esencia de verbena (1930), ma in modo particolare Buñuel e Dalí che lavoravano allora a Un chien andalou (1929), sono gli esempi più significativi di un tipo di cinema che, in forma latente, ha attraversato l'intera storia della cinematografia spagnola.Il cinema sonoro arrivò quasi contemporaneamente alla proclamazione della Repubblica. Il 14 aprile 1931 abdicava re Alfonso XIII: iniziava così una nuova era, colma di speranza e libertà, che tuttavia il cinema tardò a rispecchiare. Con il sonoro arrivarono anche i film americani, ma inizialmente (1929-1932) si imposero soprattutto i film in lingua spagnola girati in Francia, negli stabilimenti di Joinville, o nella stessa Hollywood. Il primo film sonoro spagnolo fu El misterio de la Puerta del sol (1930) di Francisco Elías; tuttavia si può parlare di un'industria cinematografica del sonoro solo a partire dal 1932, con l'inaugurazione a Barcellona degli Estudios Orphea, seguita, l'anno successivo, dall'apertura a Madrid degli stabilimenti CEA (Cinematografía Española Americana). I film prodotti nel 1932 furono soltanto sei; nel 1936, anno in cui iniziò la guerra civile, la produzione era cresciuta a ventotto.
Il governo repubblicano mostrò un interesse per il cinema che si manifestò in vari modi. Nell'ottobre del 1931 si inaugurò a Madrid il primo Congresso ispano-americano di cinematografia; due anni più tardi venne creato il Consejo Cinematográfico, per la difesa dell'industria del cinema. Nel 1935 si contavano in Spagna quattromila sale cinematografiche, undici stabilimenti e diverse case di produzione, tra cui spiccava la CIFESA (Compañia Industrial Film Español), fondata a Valencia nel 1932, che avrebbe giocato un ruolo fondamentale nel cinema spagnolo degli anni Quaranta. I registi che avevano esordito nel decennio precedente si adattarono al nuovo sistema: Perojo realizzò La verbena de la Paloma (1935), una pregevole versione dell'omonima zarzuela; Rey girò una trilogia interpretata da Imperio Argentina, La hermana San Sulpicio (1934), Nobleza baturra (1935) e Morena Clara (1936); il francese Harry d'Abbadie d'Arrast girò La traviesa molinera ‒ Le tricorne ‒ It happened in Spain (1934), film girato in tre versioni (spagnolo, francese e inglese) con il sistema di doppie riprese successive; inoltre esordì la prima regista donna del cinema spagnolo, Rosario Pí, autrice del melodramma a forti tinte El gato montés (1935); Buñuel prese le redini della nuova casa di produzione Filmófono, con la quale collaboravano José Luis Sáenz de Heredia e Luis Marquina. Il grande regista aveva da poco girato uno dei suoi film più importanti, Las Hurdes, noto anche come Tierra sin pan (1932), opera inclassificabile, a cavallo tra il documentario, la denuncia politica e il surrealismo. Alla fine del 1935, quindi, tutto lasciava pensare che per la S. stesse per avere inizio una vera e propria età dell'oro del cinema: varietà di temi, nuovi registi, un'industria fiorente e film molto popolari che attiravano il pubblico. Ma questo fermento fu stroncato nel luglio 1936 dall'insurrezione del generale Francisco Franco contro la Repubblica spagnola: tre anni di guerra avrebbero ucciso il nuovo cinema spagnolo.
La guerra civile trasformò il cinema in uno strumento di propaganda su entrambi i fronti. Dal lato repubblicano scomparve quasi completamente la fiction, con alcune curiose eccezioni come Aurora de esperanza (1937) di Antonio Sau, prodotto dal sindacato di orientamento anarchico. Governo, partiti e sindacati dedicarono i loro sforzi al documentario, al reportage e alla propaganda; allo stesso tempo vennero accolti molti registi stranieri sostenitori della Repubblica, che lasciarono testimonianza del loro passaggio con film indimenticabili come per es. Spanish Earth (1937) di Joris Ivens e Espoir di André Malraux (realizzato nel 1939, ma distribuito soltanto dopo il 1945).Le grandi case di produzione, come per es. la CEA o la CIFESA, misero invece tutte le loro infrastrutture al servizio della causa franchista. Nel 1938 Franco impose al cinema la censura preventiva, che non sarebbe scomparsa fino agli anni Sessanta inoltrati, e creò il Departamento Nacional de Cinematografía. Durante la guerra civile la fiction venne prodotta, per la parte franchista, da una compagnia ispano-tedesca per la quale lavorarono B. Perojo (Mariquilla Terremoto, 1939) e F. Rey (Carmen de la Triana, 1938, La cortigiana di Siviglia), che girava tutti i suoi film negli stabilimenti berlinesi della UFA, dove Imperio Argentina e Estrellita Castro cantavano canzoni andaluse tra tecnici tedeschi e gerarchi nazisti. Frutto della collaborazione tedesca fu il documentario España heroica (1938) di Fritz C. Monch, Paul Laven e Joaquín Reig, nel quale intervenne perfino P.J. Goebbels, il ministro per la Propaganda di A. Hitler.
La guerra civile finì nella primavera del 1939. Fu l'inizio di una lunga e dura dittatura che avrebbe sottomesso per quasi quarant'anni gli Spagnoli al ferreo potere del Caudillo, il Generalissimo F. Franco. Come Hitler e Mussolini, Franco considerava il cinema uno strumento di propaganda indispensabile ma pericoloso, che richiedeva attenzione e controllo affinché nulla sfuggisse alle norme stabilite; la censura venne così estesa all'intero processo di produzione, dal copione al doppiaggio (quest'ultimo obbligatorio dal 1941). La qualità e la quantità delle produzioni spagnole diminuì rapidamente negli anni immediatamente successivi alla guerra civile: gli stabilimenti erano stati distrutti, molti professionisti del settore, fedeli alla Repubblica, erano stati costretti all'esilio, il materiale vergine da girare scarseggiava, la S. era isolata dal resto del mondo. Nel 1940 venne creata la Subcomisión Reguladora de la Cinematografía che, assieme alla Dirección General di Cinematografía y Teatro e al Sindicato Nacional del Espectáculo, controllava l'intero processo industriale del cinema spagnolo, interamente consacrato alla diffusione dei principi del cattolicesimo nazionale.
Nel 1942 uscì un film emblematico del nuovo regime: Raza (Le due strade), scritto da Jaime de Andrade e diretto da J.L. Sáenz de Heredia. Raza sarebbe diventato un modello per il cinema patriottico (il genere dominante nei cinque anni successivi) perché dietro al nome di Jaime de Andrade si celava lo stesso Franco, che proponeva una visione della guerra civile orientata in base ai suoi interessi, imponendo l'ideologia imperialista cattolica, nostalgica delle passate glorie della S. "una, grande y libre". La guerra civile, sempre vista dalla parte dei vincitori, fu argomento di alcuni film interessanti girati tra il 1940 e il 1941: L'assedio dell'Alcazar (1940) di Augusto Genina; Rojo y negro (1942) di Carlos Arévalo; Escuadrilla (1941; Capitan Sparviero) di Antonio Román; e Porque te ví llorar (1941) di Juan de Orduña. A partire dal 1942 la tematica della guerra a poco a poco scomparve, anche se rimase per lungo tempo come sfondo ideologico di film anticomunisti e patriottici girati durante tutto il decennio.
Gli anni Quaranta videro la piena affermazione della CIFESA, la casa di produzione il cui slogan era "la fiaccola dei successi", che nel dopoguerra sarebbe stata identificata con il cinema storico nazionale. Uno dei primi successi prodotti fu Harka (1941) di C. Arévalo, con Alfredo Mayo, star maschile del cinema patriottico, protagonista anche di un altro titolo emblematico di quegli anni, ¡A mi la legión! (1942) di Orduña. La CIFESA introdusse in S. un modello produttivo all'americana, con piani di lavoro a lungo termine, creazione di un potente star system locale e proposta di un proprio genere di film, tipico della casa e facilmente identificabile. Nella CIFESA iniziarono la carriera attori e attrici come Amparo Rivelles, Luchy Soto, Conchita Montenegro, Aurora Bautista, Alfredo Mayo, Jorge Mistral, Fernando Rey, Fernando Fernán-Gómez e Francisco Rabal; continuarono a lavorare per la stessa società anche Florián Rey, B. Perojo e Luis Marquina, ma senza la spinta degli anni precedenti. In seguito sarebbero stati registi esordienti come Orduña, Antonio Román, Luis Lucia, Ignacio Iquino e Rafael Gil a costruire il marchio di fabbrica della CIFESA: le superproduzioni storiche, come Locura de amor (1948; Giovanna la pazza) e Agustina de Aragón (1950; La pantera di Castiglia) di Orduña; il melodramma, che con Román (Boda en el infierno, 1942) e Gil (El clavo, 1944) raggiunse i massimi livelli di qualità; il sottogenere del cinema folcloristico andaluso, che consacrò le star della canzone Estrellita Castro (Torbellino, 1941, di Marquina), Concha Piquer (La Dolores, 1940, di Florián Rey) e Juanita Reina (Lola la piconera, 1951, Tra due bandiere, di Lucia); le commedie di Saénz de Heredia (El destino se disculpa, 1945) o di Iquino (Los ladrones somos gente honrada, 1942), realizzate sul calco della commedia americana, in cui agli spettatori venivano mostrate case lussuose e personaggi eleganti che nulla avevano a che vedere con la realtà di una S. dove fame e paura dominavano la vita quotidiana. In quegli stessi anni furono al lavoro due registi difficili da classificare, le cui opere rimangono tra le più innovative (e meno conosciute) di tutto il cinema spagnolo: Edgar Neville e Carlos Serrano de Osma. Neville era un intellettuale aristocratico, diplomatico, scrittore, autore di teatro, che fece un cinema con profonde radici popolari, ma di una qualità al di sopra della media del tempo: La torre de los siete jorobados (1944), La vida en un hilo (1945), Domingo de carnaval (1945), Nada (1947) o El último caballo (1950), uno dei primi esempi della nuova corrente del neorealismo spagnolo, sono alcuni dei suoi film più importanti. Ironico, critico e colto, Neville ebbe notevoli difficoltà a lavorare in un Paese in cui prevaleva la mediocrità della cultura ufficiale. Trovò difficoltà anche Serrano de Osma, autore di due dei film più strani e affascinanti del cinema spagnolo degli anni Quaranta ‒ Embrujo, con Lola Flores, e La sirena negra, entrambi del 1947 ‒ e di un adattamento del Parsifal wagneriano (1951) diretto assieme a Daniel Mangrané, che concluse la sua carriera cinematografica.
L'esito della Seconda guerra mondiale, con la sconfitta dei Paesi dell'Asse, non coinvolse la S., dove il regime di Franco sopravvisse adattandosi ai tempi nuovi senza cambiare ideologia: dopo un periodo di autarchia, il governo si apriva al mondo e Franco si apprestava a firmare accordi con gli Stati Uniti e un nuovo concordato con il Vaticano. Venne creato il Ministerio de Informacióne y Turismo e si cercò di dare un'immagine moderna del Paese. Nel 1947 fu fondato l'Instituto de Investigaciones y Experiencias Cinematográficas (IIEC), poi chiamato semplicemente Escuela de Cine, dove si sarebbero formate le nuove generazioni del cinema spagnolo; inoltre la proiezione semiclandestina di Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini nel 1950 e la scoperta dell'opera di Cesare Zavattini fecero conoscere il Neorealismo italiano ai giovani registi. Nel cinema ufficiale, tuttavia, non cambiò nulla: continuò il successo dei film di tipo storico-patriottico e si sviluppò una corrente di cinema religioso che fece grandi incassi durante gli anni Cinquanta. La prima generazione di registi, Orduña, Saénz de Heredia e Gil, lasciò il posto a una seconda generazione, in cui spiccano i nomi di Manuel Mur Oti, Antonio del Amo, Francisco Rovira Beleta, José María Forqué e José Antonio Nieves Conde, autore di Surcos (1951), considerato il primo film neorealista spagnolo. Le "correnti conformiste" (così definite in Heredero 1996) del cinema spagnolo degli anni Cinquanta continuarono a seguire i generi già consolidati: il film storico, che culminò in ¿Donde vas Alfonso XII? (1958) di Luis César Amadori; quello religioso, il cui apice è rappresentato da Marcelino pan y vino (1955; Marcellino pane e vino) di Ladislao Vajda; quello folcloristico, con il momento di gloria di Sara Montiel in El último cuplé (1957) di Orduña e con la consacrazione di una schiera di giovani cantanti, capeggiata da Carmen Sevilla, Paquita Rico e Lola Flores che diede origine a un sottogenere assai particolare: il cinema con il cantante bambino, i cui esempi più significativi furono Joselito e Marisol. Il cinema politico divenne apertamente anticomunista e da Barcellona si impose un genere nuovo, il film poliziesco, che produsse alcuni titoli apprezzabili, quali Apartado de correos 1001 (1950) di Julio Salvador, Brigada criminal (1950) di Iquino o Distrito quinto (1958) di Julio Coll.Parallelamente al cinema ufficiale si andava consolidando anche la 'dissidenza interna': Juan Antonio Bardem e Luis García Berlanga, con Esa pareja feliz (girato nel 1951, ma uscito nel 1953), aprirono la strada a un cinema diverso. Attorno alle riviste "Objetivo" e "Cinema universitario" e alla casa di produzione UNINCI (Unidad Industrial del Cine Español), legata al partito comunista spagnolo all'epoca clandestino, si costituì un movimento critico che sfociò nelle Conversaciones Nacionales Cinematográficas organizzate dall'università di Salamanca nel 1955, nel corso delle quali si posero le basi per un rinnovamento del cinema spagnolo e da cui nacque una delle più importanti riviste di cinema del Paese, "Film ideal". Ai nomi di Berlanga ‒ la cui carriera solitaria va da Bienvenido Mister Marshall (1952; Benvenuto, Mr. Marshall!) a Plácido (1961) ‒ e di Bardem, regista di Cómicos (1954), Muerte de un ciclista (1955; Gli egoisti) e Calle Mayor (1957), bisogna aggiungere quelli di Fernán-Gómez con La vida por delante (1958), Marco Ferreri con El pisito (1958) diretto insieme a Isidoro M. Ferry, e Carlos Saura con Los golfos (1962). Questo periodo di dissidenza culminò nello scandalo provocato da Buñuel al Festival di Cannes del 1961 con la presentazione di Viridiana, il suo primo film spagnolo realizzato dopo la guerra. Prodotto dalla UNINCI, il film venne girato con l'apparente beneplacito della censura. Ma la proiezione a Cannes scatenò le ire delle gerarchie cattoliche e franchiste, che ne proibirono la circolazione e fecero chiudere la casa di produzione.
Per cinque anni ‒ dal 1962 al 1967 ‒ José María Escudero fu a capo della Dirección General de Cinematografía, periodo durante il quale il cinema spagnolo conobbe enormi cambiamenti. Le nuove generazioni uscite dalla Escuela de Cine, capeggiate da Basilio Martín Patino, Miguel Picazo, Francisco Regueiro e Mario Camus, furono protagoniste di quel fenomeno noto come Nuovo cinema spagnolo che ebbe nella rivista "Nuestro cine" il principale organo di diffusione. Titoli emblematici dell'epoca sono La tía Tula (1964) di Picazo, Nueve cartas a Berta (1967) di Patino, Del rosa… al amarillo (1963) di Manuel Summers, Young Sánchez (1964) di Camus, El buen amor (1963) di Regueiro e soprattutto La caza (1966; La caccia) di Saura, manifesto del Nuovo cinema spagnolo, prodotto da Elías Querejeta, che lanciò la maggior parte dei nuovi registi. Berlanga e Bardem, assieme a Fernán-Gómez, continuarono a lavorare, realizzando film del calibro di El verdugo (1963; La ballata del boia) di Berlanga, Nunca pasa nada (1965) di Bardem e il sorprendente El extraño viaje (1967) di Fernán-Gómez. Un caso a parte è costituito da José Luis Borau, un autore non inquadrabile in una corrente, che esordì nel 1964 con Brandy (Cavalca e uccidi). In quegli anni Madrid ospitò anche produzioni hollywoodiane grazie a Samuel Bronston, che nei primi anni Sessanta produsse El Cid (1961) e The fall of the Roman empire (1964; La caduta dell'impero romano), entrambi di Anthony Mann, nonché King of kings (1961; Il re dei re) e 55 days at Peking (1963; 55 giorni a Pechino) di Nicholas Ray. Anche Orson Welles si trasferì in Spagna e nel 1966 girò il magnifico Campanadas a medianoche, noto anche con il titolo Chimes at midnight (1966; Falstaff).
Mentre a Madrid andava consolidandosi un cinema politico attento ai problemi della realtà, a Barcellona si sviluppava un movimento completamente diverso, la cosiddetta Escuela de Barcelona con Jacinto Esteva e Joaquín Jordá, nella quale si sono poi inquadrati cineasti come Vicente Aranda, Gonzalo Suárez, Carlos Durán e José María Nunes. Questa scuola prese il nome da un articolo pubblicato sulla rivista "Nuevo fotogramas", nel quale si discuteva di una corrente cinematografica le cui principali attrattive erano l'estetica, la fotografia e le modelle. Dante no es únicamente severo (1967) di Joaquín Jordá può essere considerato il film manifesto della Escuela de Barcelona, nel cui ambito sono da ricordare titoli come Fata Morgana (1967) di Aranda, Noche de vino tinto (1966) di Nunes, Cada vez que... (1968) di Carlos Durán, Ditirambo (1969) di Gonzalo Suárez, Des-pués del diluvio (1969) di Jacinto Esteva o Nocturno 29 (1969) di Pere Portabella. Punto d'arrivo di questo movimento furono le riprese, a Cadaqués, di Cabezas cortadas (1970) del brasiliano Glauber Rocha.
Per le pressioni di una nuova classe media che esigeva più informazione, nel 1967 vennero aperte le prime sale destinate alla proiezione di film in versione originale e nello stesso anno si organizzarono a Sitges le prime Jornadas Internacionales de Escuelas de Cine, con importanti ripercussioni sulla nuova generazione di cineasti poi affermatasi negli anni Settanta. Due anni dopo, nel 1969, si tenne la prima Semana Internacional de Cine de Autor di Benalmádena, primo nucleo di un festival che avrebbe costituito una zona franca, incontrollabile per il regime, dove proiettare i prodotti più recenti del cinema mondiale. Negli ultimi anni del decennio C. Saura ‒ assieme a E. Querejeta e Geraldine Chaplin ‒ fu consacrato star internazionale e prese piede, grazie a una certa permissività della censura, un nuovo tipo di commedia popolare il cui maggior successo fu No desearás el vecino del quinto (1970) di Tito Fernández.
Gli anni Settanta si dividono in periodi storicamente ben differenziati. Tra il 1970 e il 1973 si può parlare di continuità innovatrice, con l'esordio di registi quali Pedro Olea (El bosque del lobo, 1970), Eloy de la Iglesia (Techo de cristal, 1971), Jaime de Armiñán (Mi querida señorita, 1971) e Víctor Erice (El espíritu de la colmena, 1973, Lo spirito dell'alveare). Buñuel tornò ancora in S. per girare Tristana (1970) con Fernando Rey e Catherine Deneuve, mentre nel 1972 ebbe luogo un altro importante evento culturale: l'inaugurazione della Filmoteca Española con una programmazione continua nelle sedi di Madrid e Barcellona. Il biennio 1973-1975 viene da molti considerato come il più nero della recente storia spagnola: la morte dell'ammiraglio Carrero Blanco (20 dicembre 1973) scatenò nell'ormai decrepito regime franchista una reazione violenta con repressioni sanguinarie; il Paese si piegava, aspettando la morte del dittatore che tardava a giungere. Furono anni di poche speranze, che videro però l'esordio di Manuel Gutiérrez Aragón con Habla, mudita (1974) e di Jaime Chávarri con Los viajes escolares (1974). Una timida apertura politica permise la formazione, nel cinema, di quella che fu chiamata 'terza via', alla quale diede impulso il produttore José Luis Dibildos. I titoli più significativi della 'terza via', caratterizzata da un primo abbozzo di cinema erotico, sono Vida conyugal sana e Los nuevos españoles, entrambi girati nel 1974 da Roberto Bodegas, e Tocata y fuga de Lolita (1974) di Antonio Drove. Ma l'anno più terribile fu il 1975, che si concluse con la fucilazione di cinque terroristi baschi e, due mesi dopo, con la morte di Franco (20 novembre) che metteva fine a una dittatura durata quasi quarant'anni.
Il 'dopo Franco''
Tra la morte di Franco e le prime elezioni democratiche (giugno 1977), la S. attraversò un periodo di confusione politica e di insicurezza. Nel cinema sopravvivevano le leggi e gli usi del franchismo, anche se il cosiddetto cinema svestito (ossia il cinema classificato come 'S'), incontrava ampi consensi presso il pubblico, grazie anche alla bellezza e alla popolarità delle attrici impiegate. In quello scorcio di anni il via libera all'importazione di film proibiti durante il franchismo rese possibile la proiezione di titoli quali The great dictator (1940) di Charlie Chaplin, Viridiana di Buñuel, Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini, Ultimo tango a Parigi (1972) di Bernardo Bertolucci, o A clockwork orange (1971) di Stanley Kubrick. Ma furono anni proficui anche per molti registi spagnoli: Buñuel diresse Cet obscur objet du désir (1977; Quell'oscuro oggetto del desiderio), il suo ultimo film che avrebbe lanciato un'attrice di successo, ángela Molina; mentre Bardem realizzò El puente (1977), pamphlet politico mascherato da commedia di costume; e Berlanga, infine, poté girare La escopeta nacional (1978), prima parte della sua trilogia nazionale. Nello stesso periodo un'altra attrice di spicco, Victoria Abril, muoveva i primi passi, scoperta da Vicente Aranda che la lanciò in Cambio de sexo (1976; Cambio di sesso).
Gli ultimi tre anni del decennio furono i primi di una timida democrazia, mentre la guerra civile diventava un importante tema di riflessione: i documentari Caudillo (1974, ma uscito nel 1977) di Basilio Martín Patino e La vieja memoria (1979) di Jaime Camino, ma anche El corazón del bosque (1979) di Gutiérrez Aragón, Pim, pam, pum… ¡ fuego! (1975) di Pedro Olea sono alcuni dei titoli che si addentrarono in un'epoca storica messa al bando dal cinema precedente. Furono anche gli anni in cui ebbe inizio la carriera di alcuni degli artefici del cinema commerciale di qualità dei decenni successivi: si affermarono infatti José Luis García Sánchez con Las truchas e Emilio Martínez Lázaro con Las palabras de Max (entrambi vincitori di un Orso d'oro al Festival di Berlino del 1978); José Luis Garci con Asignatura pendiente (1977); Fernando Colomo con Tigres de papel (1978), interpretato da Carmen Maura; José Juan Bigas Luna con Bilbao (1978; La chiamavano Bilbao). Nel 1978 fu inaugurato il primo Congreso Democrático del Cine Español; ma un anno dopo Pilar Miró fu vittima di uno degli ultimi episodi di censura per El crimen de Cuenca, che avrebbe suscitato un processo giudiziario contro la regista, conclusosi nel 1981, anno di uscita del film.Nei primi due anni del decennio successivo si verificarono gli ultimi colpi di coda del regime franchista (con il tentativo di colpo di stato del 23 febbraio 1981), ma vi fu anche un'esplosione di creatività e libertà. Nel 1980 Fernando Trueba esordì con Opera prima e venne presentato Arrebato di Iván Zulueta, uno dei titoli più interessanti del cinema spagnolo degli ultimi anni. Era l'epoca della movida di Madrid, raccontatata da Pedro Almodóvar in Pepi, Luci, Bom y otras chicas del montón (1980; Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio), con la capitale sede di iniziative che investivano tutti gli aspetti della vita culturale e sociale.
Con le elezioni del 1982 nelle quali il partito socialista (PSOE) ha ottenuto la maggioranza assoluta, la S. è entrata in una fase di sviluppo che ha visto la piena assimilazione del Paese al resto d'Europa. Per quanto riguarda la cinematografia spagnola, nello stesso anno la responsabilità della Dirección General de Cine è stata affidata a Pilar Miró, che si è impegnata per ottenere quella che verrà chiamata Legge Miró: è stata soppressa la classificazione 'S' e si è stabilito un sistema di aiuti alla produzione, migliorando così la qualità media dei film. Sempre nel 1982 Garci ha vinto l'Oscar per il miglior film straniero con Volver a empezar (Tornare a cominciare) e l'anno successivo Mario Camus l'Orso d'oro al Festival di Berlino con La colmena (1982). Contemporaneamente, Erice ha girato El sur (1983), suo secondo film, nel quale compare una giovane attrice poi impostasi negli anni Novanta, Iciar Bollaín. P. Mirò è rimasta a capo della Dirección General fino al 1985 (anno in cui si è trasformata nell'ICAA, Instituto de la Cinematografía y las Artes Audiovisuales), lasciando un cinema nazionale di poche pretese, adagiato sugli aiuti statali, al quale il pubblico ha cominciato a voltare le spalle.Nella seconda metà degli anni Ottanta, oltre alla figura di Almodóvar ‒ che ha proseguito per la sua strada, indipendentemente da qualsiasi sovvenzione, con Entre tinieblas (1983; L'indiscreto fascino del peccato), ¿Qué he hecho yo para merecer ésto? (1984; Che ho fatto io per meritare questo?), Matador (1986), La ley del deseo (1987; La legge del desiderio) e Mujeres al borde de un ataque de nervios (1988; Donne sull'orlo di una crisi di nervi) ‒ sono emersi Montxo Armendáriz con Veintisiete horas (1986), José Luis Cuerda con El bosque animado (1987), Agustín Villaronga con Tras el cristal (1987), oltre ai già affermati Gutiérrez Aragón, Aranda, Saura e Trueba.Nel 1992, dieci anni dopo l'entrata in vigore della Legge Miró, il testo della legge è apparso bisognoso di una revisione, mentre il cinema spagnolo è sembrato attraversare una fase di stanchezza. Nell'anno delle Olimpiadi di Barcellona, dell'Esposizione universale di Siviglia, e di Madrid capitale europea della cultura, il cinema si è trovato a svolgere un ruolo solo marginale: si è reso necessario così modificare il sistema di sovvenzioni che finiva con il favorire un'industria cinematografica frantumata e priva di risorse. I produttori sono stati i primi a volersi emancipare dalla dipendenza dall'amministrazione pubblica creando la Fondación Procinema, da cui sarebbe più tardi nato l'attuale FAPAE (Federación de Associaciones di Productores Audiovisuales). Qualcosa ha preso a muoversi: registi affermati hanno lasciato spazio agli esordienti, favorendo un ricambio generazionale. Almodóvar, che aveva appena ottenuto un successo internazionale con Tacones lejanos (1991; Tacchi a spillo), ha prodotto il primo lungometraggio di Alex de la Iglesia, Acción mutante (1993; Azione mutante); Chus Gutiérrez è andato a girare Sublet (1992) a New York, grazie all'appoggio di Trueba. Nei Paesi Baschi il cinema ha dato segni di vitalità, con l'irruzione di Juanma Bajo Ulloa e il suo Alas de mariposa (1991) e di Julio Medem, che ha destato grande sorpresa con Vacas (1992). A Madrid Gracia Querejeta, figlia del produttore Elías, ha girato il suo primo film, Una estación de paso (1992), mentre il giovane e sconosciuto Manuel Gómez Pereira ha saputo rinnovare la commedia con Salsa rosa (1992). Nello stesso anno Bigas Luna ha girato Jamón jamón (1992; Prosciutto, prosciutto), lanciando un trio di attori molto attivi per tutti gli anni Novanta: Pénelope Cruz, Javier Bardem e Jordi Mollà. Sempre nel 1992 Erice ha girato il suo terzo film, El sol del membrillo. In seguito, nel 1993, Trueba ha vinto con Belle époque (1992) l'Oscar per il miglior film straniero e l'anno successivo José María Ortero, nominato a capo dell'ICAA, si è impegnato a sollecitare una riforma della legge per il cinema che favorisse la continuità nelle attività produttive e il consolidamento delle imprese già affermate; tra queste spiccano la Lolafilms di Andrés Vicente Gómez e la Tornasol Films di Gerardo Herrero, più impegnata in coproduzioni con società latinoamericane ed europee e responsabile delle riprese di Land and freedom (1995; Terra e libertà) di Ken Loach, un film che ha dimostrato come la guerra civile possa ancora rivelarsi un argomento di grande attualità.
Negli ultimi cinque anni del 20° sec. il cinema spagnolo ha dato prova di un'energia inarrestabile. Nomi nuovi, come quelli di Mariano Barroso con Mi hermano del alma (1994), Iciar Bollaín con Hola ¿estás sola? (1996), Agustín Díaz Yanes con Nadie hablará de nosotras cuando hayamos muerto (1995), Alejandro Amenábar con Tesis (1996; Tesis ‒ Tesi), Daniel Calparsoro con Salto al vacío (1995), si sono aggiunti ai registi già affermati che hanno continuato a lavorare a pieno ritmo. Trueba ha girato Two much (1996; Two much ‒ Uno di troppo), imponendo il 'fenomeno' Antonio Banderas negli Stati Uniti. Inoltre, Almodóvar ha ottenuto un successo internazionale con Todo sobre mi madre (1999; Tutto su mia madre), vincendo l'Oscar per il miglior film straniero; Amenábar, ormai affermato, ha presentato, alla fine del 2001, The others, interpretato da Nicole Kidman e prodotto da Tom Cruise; e Alex de la Iglesia ha rinnovato il genere horror con El día de la bestia (1995) e La comunidad (2000; Intrigo all'ultimo piano), due grandi successi di pubblico degli anni Novanta. Infine, i Premi Goya, assegnati dal 1987, hanno raggiunto una maggiore importanza e popolarità; mentre l'Academia de Cine si è rivelata uno degli strumenti più vivaci di un'industria perennemente in crisi, ma che si rinnova incessantemente.
La vittoria del conservatore partito popolare nel 1996 ha determinato un cambiamento nella politica culturale, e quindi cinematografica, che ha modificato le regole del gioco, consentendo l'affermarsi del fenomeno più rilevante di questi anni: Santiago Segura che, dopo il fortunato Torrente, el brazo tonto de la ley (1998), con il successivo Torrente 2: Misión en Marbella (2001) ha riscosso i maggiori incassi e il più grande successo di pubblico della storia del cinema spagnolo. Questa cinematografia è apparsa dunque caratterizzata, nei suoi esiti più recenti, da una grande varietà di registi e temi che ne garantisce la vitalità. Da un lato, la corrente naturalista e realista ha continuato a dare frutti importanti: ne sono prova autori come Fernando León de Aranoa, Achero Mañas o Salvador García. Tuttavia, anche il genere della commedia e quello del film horror si sono rinnovati con Ventura Pons, Miguel Albaladejo, Joaquín Oristrell, Daniel Monzón o Alvaro Fernández Armero; parallelamente si è affermato un cinema più sperimentale e di ricerca, nei lavori di Marc Recha, José Luis Guerín o Pablo Llorca. Il 21° sec. si presenta ricco di possibilità ancora da sfruttare, grazie anche al digitale e all'abbassamento dei costi di produzione, alla cooperazione costante con i Paesi latino-americani e alla commistione di generi. Ulteriori cambiamenti nella politica culturale potranno essere determinati dal mutamento dello scenario politico dovuto alla vittoria nel marzo 2004 della coalizione socialista guidata da J.L.R. Zapatero.
F. Méndez-Leite, Historia del cine español, Madrid 1965.
F. Fanés, CIFESA, la antorcha de los éxitos, Mostra de Cinema del Mediterrani, Valencia 1981.
Ministeri de Cultura, Cine español (1896-1988), Madrid 1989.
Nuevo cine español 1975-1994, Barcelona 1994.
C.F. Heredero, La pesadilla roja del General Franco, Festival Internacional de Cine de Donostia-San Sebastián, Donostia-San Sebastián, 1996.
C.H. Heredero, Espejo de miradas, 27° Festival de Cine de Alcalá de Henares, Alcalá de Henares1997.
Un siglo de cine en España, Madrid 1997.
Diccionario del cine español, Madrid 1998.