SPAGNA (XXXII, p. 169; App. II, 11, p. 868; III, 11, p. 782)
Il censimento demografico del 1970 ha rilevato una popolazione di 33.823.918 ab., con un incremento di circa 3.500.000 unità, pari all'11,7% rispetto al 1960. Stime anagrafiche effettuate nel 1976 facevano ascendere la popolazione complessiva a 36.114.075 ab. L'aumento è stato assorbito pressoché interamente dalla Nuova Castiglia e dalle province costiere, che, grazie allo sviluppo economico degli ultimi anni, hanno richiamato cospicue correnti migratorie dalle regioni interne; queste ultime, nel decennio considerato hanno perduto 700.000-800.000 abitanti (circa 300.000 nella sola Estremadura). Nel periodo 1962-70 gli spostamenti territoriali interni hanno interessato 3.544.351 persone, mentre gli emigrati permanenti sono stati 673.651 e quelli temporanei 865.772.
I più cospicui incrementi si sono avuti attorno a Madrid, che si è accresciuta di 1.200.000 ab., nella Catalogna (+ 1.225.000 ab.), nella Valencia (+ 692.000) e nelle Province Basche (+ 637.000), dove il processo di rinnovamento e di espansione dei centri è veramente eccezionale. Notevole è anche l'aumento demografico delle Isole Baleari (+ 116.500) e Canarie (+ 216.500).
Economia. - L'economia della S. ha subìto una svolta a partire dal 1958-59, quando il governo assunse una posizione più liberale nei riguardi dei paesi esteri, per attirarne gl'investimenti e i turisti, e avviò una certa programmazione delle attività produttive sulla base di piani di sviluppo quadriennali. I risultati più concreti si sono avuti nel settore agricolo e in quello turistico.
Nel 1970 l'agricoltura occupava il 34% della popolazione attiva: aliquota leggermente superiore a quella fissata dal Plan de Desarollo Economico y Social, che ne prevedeva la riduzione a meno del 30%, incoraggiando a tale fine la meccanizzazione. Particolare attenzione è stata dedicata all'irrigazione, nel quadro di piani specifici già da tempo impostati (Piani di Jaén per l'alta valle del Guadalquivir, Badajoz per l'Estremadura, Aragona per la Valle dell'Ebro). Tuttavia, nonostante le varie opere di sbarramento e di canalizzazione - tra cui è in fase di completamento la grande chiusa di Alcantara sul Tago (3135 milioni di m3), - la superficie irrigua è appena il 5% di quella territoriale.
Per quanto riguarda l'utilizzazione del suolo, nel 1976 l'arativo occupava 15.821.000 ha, pari al 31,3% della superficie territoriale (ivi comprese le Isole Baleari e Canarie), mentre le colture arborescenti ne coprivano il 9,9%, i prati e i pascoli permanenti il 22,0%, le foreste e i boschi il 29,6%, l'incolto e l'improduttivo il 7,2%.
Circa metà dell'arativo è coltivato a cereali, i quali, però, accusano un processo di ristrutturazione rispetto al 1960.
In particolare, si è contratta di oltre metà l'area investita a frumento (2.772.000 ha nel 1976), pur riducendosi di poco la produzione di grano (41.760.000 q), mentre si è raddoppiata sia la superficie che la produzione di orzo (3.240.000 ha, 51.630.000 q). Più che doppia risulta anche la produzione di mais, di fronte a un incremento più contenuto (40%) della sua superficie (442.000 ha). Poco rilevanti appaiono invece le variazioni relative agli altri cereali (riso: 65.000 ha, 3.950.000 q; avena: 454.000 ha, 5.050.000 q). Anche nella categoria delle altre piante alimentari non si notano sostanziali mutamenti, se si escludono gli ortaggi, tra cui i pomodori (74.000 ha, 19.330.000 q). Tra le colture industriali, che si praticano su 800.000-900.000 ha, è regredito il cotone (51.480 ha, 480.000 q di fibra, 810.000 q di semi), ma si espandono la barbabietola da zucchero (275.000 ha, 100.720.000 q) e il girasole (632.000 ha, 3.340.000 q).
Lo sviluppo dell'irrigazione ha favorito soprattutto la coltura degli agrumi, che si sono espansi nella zona costiera tra la foce dell'Ebro e Cartagena, spesso a danno della vite, costituendo senz'altro l'aspetto più importante dell'evoluzione agricola spagnola: la loro produzione (17.730.000 q di arance, 6.560.000 q di mandarini, 2.330.000 q di limoni, 60.000 q di pompelmi nel 1976) è ormai uguale a quella italiana. Le altre colture legnose risultano piuttosto stazionarie, ma sono oggetto di miglioramenti qualitativi che ne innalzano la produzione: la vite, per es., pur accusando una riduzione di circa 200.000 ha, offre una produzione di vino più che doppia (40.000.000 di hl) in confronto al 1960.
Come per le colture, anche per l'allevamento del bestiame appare evidente un processo di ridimensionamento, che porta ad assottigliare il patrimonio ovino (15.745.000 capi) e caprino (2.339.000) sugli altipiani interni, a causa della riduzione dei pascoli invernali, mentre nelle zone costiere s'incrementano, in forme per lo più stanziali e in piccoli nuclei, i bovini (4.475.000) e, conseguentemente, i suini (8.472.000).
In seno al settore primario, infine, c'è da notare un apprezzabile miglioramento della pesca: nel 1976 nei porti spagnoli, comprese Ceuta, Melilla, le Baleari e le Canarie, sono state sbarcate 1.483.162 t di pesce, cioè una quantità doppia rispetto a quella del 1959.
Il piano di sviluppo economico avviato all'inizio dello scorso decennio ha impresso un deciso impulso allo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, intensificando anche la ricerca di nuovi minerali. Nel 1977 i tradizionali distretti minerari hanno dato 11.712.000 t di carbone e 5.784.000 di t di lignite, 3.918.000 t di ferro contenuto, 2.411.000 t di pirite, 1420 t di mercurio e altre discrete quantità di minerali non ferrosi (516 t di stagno, 96.120 t di zinco, 18.120 t di rame, 3600 t di manganese). Nella zona di La Plana di Monrós (Lerida) è stato rinvenuto un ricchissimo giacimento di uranio, che in quantità minori è presente anche altrove (Cáceres, Andujar, Ciudad Rodrigo, Hoja del Lobo), anche se il suo sfruttamento resta ancora limitato (144 t di ossido di uranio, U3O8, nel 1975). Nel 1964 è stata accertata anche la presenza di petrolio, che ora viene estratto (1.224.000 t nel 1977) a Poza de la Sal (Valladolid) e Ayoluengo (Burgos).
Quasi tutti i minerali estratti, che fino a un decennio addietro erano per la maggior parte esportati, ora sono lavorati dall'industria locale, la quale, anzi, è costretta a importarne. Particolarmente potenziata risulta l'industria di base. Nel 1977 la siderurgia ha offerto una produzione di 6.924.000 t di ghisa e ferroleghe e 10.932.000 t di acciaio, contro una quantità inferiore ai 2 milioni di t nel 1960, mentre la capacità di raffinazione del petrolio è stata elevata a circa 69 milioni di t annue. Il conseguente sviluppo delle attività manifatturiere, oltre a coagularsi nelle aree già industrializzate, è stato canalizzato nei 5 poli di Siviglia, Valladolid, Vigo, La Coruña e Saragozza. I maggiori successi si sono avuti nel ramo meccanico (industria automobilistica, macchinari), alimentare (zucchero, bevande, conservazione di carne e prodotti ortofrutticoli), chimico (acidi vari, fosfati) e petrolchimico.
Lo sviluppo industriale è stato favorito dalle accresciute disponibilità di energia elettrica: rispetto al 1960 la potenza installata si è triplicata (24.534.000 kW) e la produzione quadruplicata (82.385 milioni di kWh nel 1975), grazie soprattutto all'apporto di nuovi impianti termici, sorti per lo più in vicinanza di recenti raffinerie (Escombrera, Calle Mata, Cristóbal Colón), e di centrali nucleari (Zorita e Vandellos, cui sta per aggiungersene una a Santa Maria de Garoña).
L'aspetto più vistoso della recente trasformazione economica della S. consiste nello sviluppo dell'industria turistica, che ha interessato soprattutto la costa catalana e alicantina, dove numerosi centri di nuova "urbanizzazione" turistica si alternano con i vecchi centri di pescatori, anch'essi rinnovatisi e ampliatisi per l'industria del forestiero: nel 1977 la S. è stata visitata da 34.266.755 turisti, di cui 1.980.000 spettano alle Canarie.
Il crescente numero di turisti ha imposto la necessità di ammodernare e migliorare le vie di comunicazione, che rispetto al 1960 si sono accresciute di circa 1000 km di ferrovia e oltre 25.000 km di strade rotabili (1291 km autostradali). Significativi sono anche lo sviluppo degli autoveicoli, passati da appena 450.000 a oltre 5.300.000, e l'aumento della stazza lorda della marina mercantile (da 1.800.721 a 6.027.673 t nel 1976).
Le entrate valutarie dovute al turismo non riescono a colmare il forte deficit della bilancia commerciale: nel periodo 1974-77 il valore delle merci importate è equivalso a circa il doppio di quelle esportate. La maggior voce all'esportazione continua a essere quella relativa ai prodotti alimentari (agrumi, vino, olio, conserve), cui seguono prodotti tessili, chimici e petroliferi, mentre all'importazione notevole incidenza spetta ai macchinari e agl'impianti industriali. Gli scambi più attivi si svolgono con la Francia, gli Stati Uniti, la Rep. Fed. di Germania, il Regno Unito e l'Italia.
Bibl.: Y. Barbaza, le paysage humain de la Costa Brava, Parigi 1966; J. Vilá Valenti, La Penisola Iberica, Milano 1972; E. D'Arcangelo, Il turismo della costa catalana, Salerno 1974; Anuario Estadístico de España, Madrid 1974.
Politica economica e finanziaria. - Tra il 1962 e il 1973 il ritmo di espansione del reddito spagnolo è stato molto sostenuto, in media superiore al 7%, mentre nel periodo successivo, in relazione alla crisi mondiale, esso è diminuito e ha registrato un tasso del 2,3% che tuttavia rimane, seppure di poco, superiore a quello medio dei paesi OCDE. Preoccupante è apparso il tasso di aumento del livello dei prezzi; il deflattore del reddito era aumentato nel periodo 1962-70 del 6,4%, nel 1970-73 del 9,2%, nel 1974-76 del 16% e nel 1977 del 22,5%. Soprattutto due fattori spiegano questo fenomeno: da una parte l'aumento dei prezzi all'importazione, che fino al 1973 avevano invece svolto un ruolo moderatore, dall'altra l'accelerazione dei costi salariali. I costi salariali, che erano aumentati in media del 22,5% nel periodo 1974-77, mentre nel periodo 1962-70 avevano registrato un incremento medio solo del 7,5%, sono stati in parte amplificati a livello dei costi di produzione per il sensibile aggravio degli oneri sociali.
Il rapido sviluppo dell'economia spagnola è stato accompagnato da una sempre più ampia presenza del settore pubblico nell'economia. Tra il 1960 e il 1976 il rapporto tra spesa pubblica e reddito nazionale è aumentato dal 19 al 23%. Merita attenzione osservare che la spesa in sussidi e trasferimenti è aumentata negli anni Sessanta più di qualsiasi altra voce della spesa pubblica. Fino alla fine degli anni Cinquanta i sussidi all'industria erano quasi interamente diretti alle imprese pubbliche. Negli anni seguenti la situazione muta completamente; nel 1969 le imprese private ricevono il 50% del totale dei sussidi all'industria. Sebbene le entrate attraverso la tassazione siano aumentate in termini assoluti, la quota delle imposte sul totale delle entrate è variata di poco; nel 1974 l'imposizione diretta e indiretta rappresentava il 57% delle entrate totali. Date le esigenze di spesa che venivano sempre più aumentando si è fatto ricorso al debito pubblico.
Nel 1977 il disavanzo pubblico è stato contenuto nei limiti di 127 miliardi di pesetas grazie a un aumento del 30% delle imposte dirette. Negli anni Sessanta la politica monetaria è stata usata più frequentemente e con maggior efficacia di quella fiscale; tuttavia, non essendo il mercato monetario spagnolo sufficientemente sofisticato, la politica monetaria è consistita prevalentemente nella restrizione generalizzata del credito.
Fino al 1973 la bilancia dei pagamenti è stata sostanzialmente in equilibrio grazie alle notevoli entrate per il turismo; gli squilibri seguiti alla crisi petrolifera sono stati finanziati con un massiccio ricorso all'indebitamento estero da parte di operatori sia privati che pubblici. Ciò nonostante si sono utilizzate le riserve ufficiali e nel 1975 è stato effettuato un tiraggio presso lo sportello petrolifero del FMI. Nel febbraio 1976 e nel luglio 1977 la peseta ha subito due svalutazioni nei confronti del dollaro, rispettivamente del 10 e del 20%.
Bibl.: A. Wright, The Spanish economy 1959-76, Londra 1977; OCDE, Études économiques (varie annate); The Europa Yearbook 1978: a world survey, Londra.
Storia. - La storia del paese, fino alla morte di Franco, si è raccolta intorno ai problemi posti dall'accelerato sviluppo dell'economia e della società, cui il potere politico rispose alternando periodi di freno ad altri di cauta liberalizzazione. L'afflusso di un turismo di massa e, inversamente, la forte emigrazione di lavoratori spagnoli verso alcuni paesi della CEE; la più flessibile proibizione del diritto di sciopero, non più automaticamente considerato ribellione contro lo stato; l'estendersi di modelli di costume più permissivi; la rinascita culturale espressa nell'editoria ed estesa anche all'impiego delle lingue regionali, sono stati alcuni tra gli elementi di novità della Spagna. La dinamica del potere ha continuato a lungo a svolgersi attraverso gruppi ristretti: ai tradizionali quadri provenienti dal falangismo e dalle altre forze favorevoli al regime si affiancarono esponenti dell'associazione cattolica Opus Dei. Anche se l'attribuzione a costoro della qualifica di "tecnocrati" deve considerarsi arbitraria, essi furono in gran parte gli artefici del rinnovamento economico - piano di stabilizzazione del 1959-61, e i tre successivi piani di sviluppo quadriennali (dal 1964) - che ottenne, sia pur mantenendo vecchi squilibri e generandone altri nuovi, il risultato di diminuire il divario che separava il paese dal resto d'Europa; il prestigio della élite proveniente dall'Opus Dei fu tuttavia in parte infranto nel 1969 dallo scandalo MATESA, in cui emersero le responsabilità di ministri e funzionari coinvolti in esportazioni fittizie a danno dello stato: a seguito di ciò si verificò il più vasto cambio di governo in trent'anni, mentre le responsabilità furono poi coperte da un'amnistia. Il processo di moderazione del regime si espresse con alcuni provvedimenti legislativi, le cui conseguenze innovatrici erano tuttavia ridimensionate da elementi correttivi: così la legge sulla stampa del 1966, che aboliva la censura preventiva, introduceva nello stesso tempo sanzioni penali per le infrazioni amministrative. Analoga sorte ebbero la legge sulla libertà religiosa e quella regolante la possibilità di costituire associazioni d'opinione (quest'ultima, proposta fin dal 1969, fu approvata soltanto all'inizio del 1975, altre leggi generali tra il 1969 e il 1971 interessarono l'assetto del Movimiento nacional, della pubblica istruzione e del sindacato ufficiale).
Al di là della tradizionale opposizione rappresentata dal governo repubblicano in esilio, il regime si trovò di fronte un'opposizione interna sempre più articolata, formata in gran parte da categorie e personalità già sue sostenitrici - studenti universitari, docenti, ecclesiastici, ex ministri, ecc. -, cui si aggiunse la maggior combattività degli operai organizzati nelle Comisiones Obreras, sindacati clandestini sviluppatisi parallelamente all'ufficiale sindacato unico, le quali riuscirono a imporsi ai datori di lavoro come effettiva controparte. La conflittualità si espresse in ripetute agitazioni studentesche; in scioperi massicci, specie nelle zone minerarie delle Asturie; in manifestazioni di dissenso da parte di intellettuali ed ecclesiastici. Oltre a ciò si ebbe una recrudescenza delle istanze rivoluzionarie, spesso connesse con rivendicazioni separatistiche (ormai endemiche quelle dei Paesi Baschi), perseguite da gruppi minoritari armati (varie frazioni dell'ETA). La repressione si sviluppò a vari livelli: dalle esecuzioni capitali (del dirigente comunista Grimau nel 1962, per crimini commessi durante la guerra civile, e di altri militanti anarchici rivoluzionari negli anni successivi) alle condanne a morte, poi commutate, del tribunale di Burgos contro sei indipendentisti baschi nel 1970; dalle forti pene detentive contro dirigenti sindacali clandestini e dalle pene pecuniarie contro sacerdoti cattolici, alle dichiarazioni di stato di emergenza con relativa sospensione delle garanzie costituzionali (nel 1969 e nel 1970-71). Nell'agosto 1975 fu approvata una legge contro il terrorismo che prevedeva l'impiego delle corti marziali e la pena di morte per gli uccisori di agenti delle forze dell'ordine: delle 11 condanne a morte comminate, 5 vennero eseguite alla fine di settembre; le proteste internazionali parvero isolare la S. e Franco fece appello al patriottismo della popolazione come negli anni dell'isolamento seguito alla seconda guerra mondiale. In tale contesto, il regime franchista impostò una soluzione graduale del problema istituzionale; la carica di vicepresidente del governo fu assegnata per la prima volta nel 1962 e occupata dal generale Muñoz Grandes, che divenne così automaticamente successore di Franco in caso d'incapacità o morte; nel novembre 1966 si ebbe la promulgazione di una legge organica, con la quale i poteri del capo dello Stato erano divisi da quelli del presidente del governo: quest'ultimo sarebbe stato scelto dal capo dello Stato fra tre nominativi fornitigli dal Consiglio del regno, e sarebbe rimasto in carica per un periodo di cinque anni essendo responsabile soltanto di fronte al capo dello Stato e non verso il Parlamento; inoltre, in base alla legge, 108 fra i membri delle Cortes sarebbero stati eletti dai capi di famiglia e dalle donne sposate. Il nuovo assetto fu approvato il 14 dicembre mediante un referendum che si tradusse in un successo governativo; pur con alcune irregolarità, infatti, esso ottenne il concorso dell'88% degli elettori e il 95% di voti favorevoli. Franco continuò tuttavia ad assommare in sé i poteri di capo dello Stato e di capo del governo; nel luglio 1967 Muñoz Grandes lasciò la vicepresidenza del governo, e fu sostituito nel settembre dall'ammiraglio Carrero Blanco. Nell'ottobre la consultazione per designare i 108 deputati "familiari" fu il primo esempio, dopo il 1936, di suffragio diretto con possibilità di scelta del candidato: i rappresentanti così eletti, dopo un embrione di campagna elettorale e con una discreta affluenza alle urne (59%), cercarono invano di allargare i dibattiti alle Cortes a temi più direttamente politici. Il problema della scelta della persona in cui si sarebbe ricostituita la monarchia fu risolto il 22 luglio 1969, quando le Cortes approvarono la legge che designava Juan Carlos de Borbón y Borbón principe di Spagna e successore di Franco.
In base alla legge la monarchia doveva intendersi come "instaurata" secondo i principi dell'alzamiento nacional del 1936 e sganciata da ogni altra considerazione di legittimità: pertanto Juan Carlos, nipote dell'ultimo re Alfonso XIII ed educato in S. dove prestava servizio nell'esercito, fu preferito a suo padre, Juan conte di Barcellona, e ai candidati carlisti del ramo dei Borbone-Parma. Nel luglio 1972 Carrero Blanco venne nominato successore di Franco nel governo, occupandone la presidenza nel luglio dell'anno successivo. Perito in un attentato nel dicembre 1973, Carrero Blanco fu sostituito nel febbraio 1974 da C. Arias Navarro, con il quale la S. ebbe, per la prima volta dal 1939, un civile a capo del governo. Dopo l'esonero dall'incarico di capo di stato maggiore del generale Díez Alegría nel giugno dello stesso anno, nel luglio-agosto Juan Carlos, a causa di un'infermità dell'ormai ottuagenario Franco, assunse per 46 giorni la supplenza della carica di capo dello Stato. La legge sulle associazioni approvata nel gennaio 1975 - in base alla quale tutte le associazioni che avessero avuto almeno 25.000 aderenti avrebbero potuto svolgere attività politica sotto la supervisione del Movimiento - diede la possibilità di costituire embrioni di partiti politici.
Durante l'ultima malattia di Franco il principe designato fu di nuovo capo dello Stato ad interim e, dopo la morte del dittatore, il 20 novembre 1975, divenne re col nome di Juan Carlos I. Arias Navarro rimase alla presidenza dopo un rimpasto del governo nel dicembre: i cauti intenti di riforma si tradussero fra l'altro nell'annuncio della prossima istituzione di un Parlamento bicamerale. Il presidente del governo, troppo compromesso col franchismo, fu sostituito il 3 luglio 1976 da A. Suárez González, il quale, nonostante fosse il segretario generale del Movimiento, ha saputo guidare abilmente la liquidazione del vecchio assetto del regime. Nel luglio vennero legalizzati i partiti a esclusione di quelli di estrema sinistra o favorevoli al separatismo, e gradualmente liberati i 650 prigionieri politici; l'istituzione di un Congreso di 350 deputati liberamente eletti, e di un Senado composto dì 207 senatori eletti oltre che di alcuni designati dal sovrano, fu approvata dalle Cortes nel novembre e anche mediante referendum popolare il mese successivo. Il processo di democratizzazione è poi continuato, non senza temporanee stasi, fino a determinare la concessione della totale libertà di organizzazione politica e sindacale, il rientro degli esiliati, ecc. Le elezioni a suffragio universale tenutesi il 15 giugno 1977 hanno visto - non senza alcune irregolarità - il successo della Unión de Centro Democrático (UCD) del premier Suárez, che ha ottenuto alla Camera 166 deputati su 350; e del Partido Socialista Obrero Español (PSOE) con 118 deputati; di molto staccati gli altri partiti, dai comunisti (19 seggi) al raggruppamento di centro-destra Alianza Popular (16 seggi), ai partiti regionali catalani e baschi. Suárez ha formato nel luglio un nuovo governo che ha dimostrato di poter contare sui voti della UCD e all'occasione su quelli dei partiti regionali. Il problema della recessione economica - con tasso d'inflazione nel 1977 quasi del 30%, caduta degl'investimenti e della produttività, scioperi e crescente disoccupazione - ha condotto il governo a stipulare nell'ottobre un accordo di programma con tutte le formazioni rappresentate in Parlamento. Accanto ai problemi economici, preminente è quello delle autonomie regionali: la Generalitat catalana esistente prima della guerra civile è stata ricostituita nel settembre, e un governo di coalizione si è formato in attesa del passaggio dei poteri da Madrid a Barcellona; nei Paesi Baschi alcune frazioni dell'ETA non hanno rinunciato alla lotta armata.
Nel febbraio 1978 un rimpasto governativo ha portato ai ministeri economici elementi vicini alla Confederazione spagnola delle organizzazioni imprenditoriali; contemporaneamente la politica governativa si è orientata verso un'economia sociale di mercato (discorso di Suárez alle Cortes, 5 aprile 1978). Particolare interesse ha assunto, nel contesto spagnolo e più in generale europeo, la posizione del Partito comunista, che si è caratterizzato con decise dichiarazioni di pluralismo e di europeismo, in polemica con l'ideologia sovietica (pubblicazione del saggio Eurocomunismo y Estado di S. Carrillo nel 1977, rifiuto del leninismo e del "centralismo democratico" nell'aprile 1978). Al referendum per la nuova costituzione (6 dicembre 1978) i voti favorevoli (88%) hanno prevalso su quelli contrari (8%); ma le astensioni hanno toccato un livello molto alto (33% dell'elettorato), specialmente nelle province basche dove appena un terzo degl'iscritti alle liste si è dichiarato per la legge costituzionale. Questa ha sancito, comunque, il ruolo dei partiti e sindacati, l'ordinamento regionale e la piena separazione fra Stato e Chiesa, in un quadro istituzionale monarchico. In piena crisi dell'ordine pubblico (nel gennaio 1979 venivano colpiti dal terrorismo i vertici del potere militare e giudiziario), nuove elezioni erano sollecitate da tutti i partiti (salvo il Partito comunista, favorevole invece a un governo di unità nazionale), come necessaria sanzione popolare del nuovo sistema politico. La consultazione del 10 marzo 1979 è stata caratterizzata da una sostanziale stabilità dell'elettorato, ma anche da un elevato tasso di astensione (30%): UCD e PSOE hanno conservato le rispettive posizioni, mentre il Partito comunista ha compiuto un lieve progresso e la destra moderata ha segnato una flessione; dimensioni preoccupanti ha assunto il successo dei separatisti baschi e dei nazionalisti dell'Andalusia e delle Canarie. Il 6 aprile Suárez ha formato il nuovo governo.
L'orientamento internazionale della S. si è anch'esso aggiornato gradualmente. Il rinnovo delle basi militari sul territorio spagnolo fu concesso malgrado l'incidente del gennaio 1966, quando a Palomares, a seguito di una collisione tra due aerei americani, precipitarono quattro bombe all'idrogeno disinnescate. Il permanente contrasto con la Gran Bretagna per Gibilterra si acutizzò dal 1964 a causa delle decisioni britanniche di ampliare l'autonomia del territorio, cui la S. rispose bloccando la frontiera terrestre e boicottando l'enclave al fine di riottenerne la sovranità. Il processo di decolonizzazione dei territori spagnoli in Africa ha visto la concessione dell'indipendenza alla Guinea equatoriale il 12 ottobre 1968, la cessione di Ifni al Marocco il 10 luglio 1969 e l'evacuazione dal Sahara spagnolo il 26 febbraio 1976; oggetto delle rivendicazioni marocchine sono anche Ceuta, Melilla e alcune piccole isole sulla costa settentrionale africana, mentre l'indipendenza delle Canarie è appoggiata da Algeria e Libia. Il Patto iberico, che legava la S. al Portogallo dalla fine della guerra civile, è cessato nell'ottobre 1977. I temi della politica estera sono rimasti quelli dell'Europa (dall'ottobre 1971 è in vigore con la CEE un accordo preferenziale), dell'alleanza atlantica e dei rapporti con gli stati africani; ma sono stati anche sviluppati i contatti con l'Iran, il mondo arabo e la Cina. Nel gennaio 1978, ricevendo il corpo diplomatico accreditato a Madrid, Juan Carlos ha espresso la volontà di aprire le relazioni internazionali in ogni direzione, ponendo la sua politica nel quadro generale della distensione, della sicurezza europea e dello sviluppo dei diritti umani, ma esprimendo anche alcune riserve sulle recenti tensioni africane. Quanto all'ingresso nella NATO, comunisti e socialisti si sono dichiarati contrari, mentre il governo sta tentando un progressivo accostamento.
Bibl.: Horizonte español 1966, España, perspectiva 1968, Madrid 1968 (e successivi volumi annuali); M. Gallo, Histoire de l'Espagne franquiste, Verviers 1969 (trad. it., Bari 1972); Horizonte español 1972, Parigi 1972; R. Tamames, La República. La Era de Franco, Madrid 1973; E. Diaz, Pensamiento español 1939-1973, ivi 1974; J. Meliá, El largo camino de la apertura, Barcellona 1975; M. Plana, La Spagna Franchista, Firenze 1977.
Letteratura. - Un'ansia di rinnovamento che coincide con una svolta graduale su alcuni temi di fondo (ruolo dello scrittore, scelte di stile e di contenuto, rapporto con la società) investe la letteratura spagnola agl'inizi degli anni Sessanta. In particolare, si avverte una diffusa stanchezza per quanto vi è stato di semplicistico e d'impropriamente "oggettivo" nel vecchio modulo del "realismo sociale" così come l'aveva espresso la letteratura del decennio precedente, mentre si fa luce un'esigenza di affinamento della ricerca linguistica e delle tecniche compositive, in prosa e in poesia. Questi umori sono al centro di un ampio dibattito culturale. Per alcuni crisi del realismo significa soprattutto rivalsa delle componenti irrazionali, nuovo individualismo, e finanche "disimpegno"; per altri, forse i più numerosi, non si tratta di mettere in discussione i presupposti ideologici dell'"arte impegnata" (che, anzi, resta in qualche modo un punto di riferimento nella situazione di perdurante dittatura fascista) ma piuttosto di modificarne gli strumenti e le forme, recuperandoli a un livello di maggiore complessità e con filtri più sottili. Non mancano analogie con quanto accade negli stessi anni in altre letterature. Non bisogna dimenticare che alla fine degli anni Cinquanta si assiste un po' ovunque, in Europa, a una crisi delle istanze etiche e politiche che erano prevalse nella cultura del primo dopoguerra: la S. s'inserisce, entro certi limiti, in una generale conversione del gusto verso toni intimistici.
Il problema dello svecchiamento delle forme e delle etichette si pone con particolare complessità nella poesia. Più che di un'inversione di tendenza in senso ideologico si può parlare dell'inizio di un processo di revisione che investe lo specifico letterario; e i legami col passato sono sempre rintracciabili al di là delle dichiarazioni di principio. Basta mettere a confronto due antologie famose curate da J. M. Castellet: l'una del 1960, Veinte años de poesía española, che può ancora radunare assieme nomi prestigiosi della generazione del 1927, come R. Alberti, V. Aleixandre, P. Salinas, J. Guillén, G. Diego, D. Alonso e nomi di poeti ulteriori, come D. Ridruejo, Vivanco, L. Rosales, Nieto, G. Celaya, B. de Otero fino agli allora giovanissimi J. A. Goytisolo, J. E. Pacheco, J. A. Valente, C. Barral e così via, rintracciando una linea di continuità (pur con le dovute distinzioni fra i gruppi) all'insegna di una comune istanza di realismo e di partecipazione sociale: l'altra del 1970, con nomi inediti o quasi, i Nueve novísimos appunto, che rappresentano col loro sperimentalismo il momento della rottura antitradizionale e antirealista. Ora, se è arduo attribuire alla prima raccolta una vera uniformità di indirizzi (né sta certo a garantirla quel tendenziale realismo histórico di cui si parla nell'introduzione, che resta, tutto sommato, un messaggio stimolante del curatore dell'antologia più che un'acquisizione critica oggettiva), tanto più è difficile indovinare nella seconda, a distanza di dieci anni, un nucleo unitario e compatto per originalità. I "novissimi" ci propongono piuttosto un collage di sperimentazioni diverse, in cui i tentativi innovatori si mescolano sempre a suggestioni surrealiste o genericamente simboliste e queste ci rinviano ad avanguardie più remote. Sono testi abili e densi, che recuperano spunti di "popolarismo" e di critica sociale (dunque di "impegno") anche attraverso il richiamo insistente, ironico o tragico, ai mass-media e al vissuto quotidiano, con ammicchi allo strutturalismo e alla semiologia; ma la loro bravura, talora anche pungente e raffinata, è per lo più il frutto di un'operazione intellettuale a freddo, che si riallaccia, con qualche esteriorità e velleità di segno, a più famose scuole novecentesche, specialmente anglosassoni. Nelle critiche al realismo "impegnato" più prudenti sono gli "anziani" del gruppo, chiamati allora i seniors (fra i quali spicca per maturità e consapevolezza ideologica M. Vázquez Montalbán), più radicali e scalpitanti i giovanissimi, come F. de Asúa, L. M. Panero, P. Gimferrer, i cosiddetti poeti della coqueluche. Una nuova antologia, dal significativo titolo Poetas españoles poscontemporáneos, curata da J. Batlló nel 1974, offre dell'ultima generazione un panorama più ampio e nutrito, che non fa che confermare tutte le accennate qualità, impurità e inquietudini. Va detto che i maestri più anziani ancora attivi vanno pubblicando nel frattempo raccolte delle loro opere o di momenti della loro produzione, che meritano in più di un caso l'attenzione dei giovani autori in quanto si propongono ad essi come un invito alla riflessione anche sul piano delle scelte linguistiche; si vedano, fra i molti esempi, quello di J. Guillén (Y otros poemas, 1973), di G. Diego (Poesía de creación, 1974), di V. Aleixandre (con una novità, anche: Diálogos del conocimiento, 1974), di G. Celaya (Itinerario poético, 1975).
Più autentici, forse, i mutamenti che si rilevano fra i narratori. Qui il discorso riguarda direttamente e in primo luogo i contenuti, e perciò l'insofferenza verso il romanzo sociale dei López Salinas, dei Ferres, degli Hortelano, che fiorisce sul finire degli anni Cinquanta, trova coperture teoriche più salde nella confutazione che si va facendo in Europa, in generale, degli schemi più vieti del cosiddetto "realismo socialista". L'apparizione, nel 1962, di un romanzo come Tiempo de silencio dello psichiatra L. Martín Santos, prematuramente scomparso, acquista il significato di una svolta proprio in questo senso: scritto da un operatore sociale non letterato di professione, questo libro sembra dimostrare che è possibile un diverso tipo di realismo e di "impegno", che parta da una narrazione del mondo soggettiva e analitica, senza concessioni alla retorica della denuncia e alla demagogia dell'ambientazione operaia e piuttosto aperta all'ironia e allo scandaglio psicologico. "Realismo critico" viene definito, infatti, in polemica con quello "sociale", il movimento che negli stessi anni riunisce alcuni fra i più quotati narratori: non si tratta solo di nomi nuovi, com'è il caso di M. Santos o, in parte, di J. Benet, ma di scrittori già esercitatisi nell'altra scuola, come J. Goytisolo, A. Grosso, gli stessi Ferres e Hortelano, che in nuovi romanzi e racconti degli anni Sessanta mettono in crisi il mito della narrazione "oggettiva" per dare spazio alla rappresentazione dell'intimità dei personaggi e all'approfondimento, anche di valori tecnici e strutturali (in questo senso un caso di particolare impegno, anche per la vastità del progetto romanzesco, è il recente Recuento di L. Goytisolo, 1973). Ed è sintomatico che non lontani da queste premesse si muovono anche narratori più anziani, maestri che avevano fondato il loro prestigio su opere degli anni Quaranta e Cinquanta, come C. J. Cela e M. Delibes, che confermano ora la loro disponibilità all'ironia, all'indagine psicologica, alla stilizzazione, pur restando al di fuori da etichette e da scuole particolari: si può citare, per il primo, San Camilo e per il secondo Parábola del náufrago, entrambi del 1969, degni dell'attenzione dei giovani anche per il loro sperimentalismo linguistico. Di questo, d'altronde, non mancano testimonianze in opere dell'ultima generazione, soprattutto in gruppi e movimenti che esprimono le punte più radicali della polemica contro il realismo. Esempio rilevante è quello del cosiddetto "romanzo metafisico" o "conoscitivo", della cui poetica si ha qualche indicazione in un saggio di M. García-Viñó del 1967. Intellettualismo, estremo soggettivismo, latenze religiose e surreali caratterizzano l'opera di questi narratori, i più vicini alla tematica del "disimpegno" proprio in quanto fautori di una presunta centralità dell'uomo rispetto ai valori sociali ed economici (antirealismo che porterebbe, essi dicono, a una sorta di "realismo totale"). A. Bosch, A. Prieto, M. San-Martín, C. Rojas, lo stesso García-Viñó sono i nomi più interessanti del gruppo; La noche e La revuelta di Bosch, Tres pisadas de hombre di Prieto, Las llaves del infierno di Rojas alcuni dei romanzi più degni di ricordo.
Analoghi fermenti antitradizionali investono il teatro dal 1960 a oggi. Vi dominano ancora, in buona parte, i grandi autori della generazione di mezzo, A. Buero Vallejo e A. Sastre (a quest'ultimo, perseguitato dal regime, incarcerato e infine espatriato, si deve, tra l'altro, uno dei romanzi più singolari del nuovo sperimentalismo, Las noches lugubres, del 1964); ma non manca qualche nome nuovo, spesso, come nel caso di F. Arrabal, sotto il segno di un marcato avanguardismo. Gruppi antiaccademici, in aperta polemica col teatro ufficiale, sovente contrastati dalla censura, operano con l'etichetta di teatro independiente cercando di costruire, anche, un rapporto nuovo con il pubblico. Fra le compagnie di provincia più impegnate nelle forme del teatro di "animazione" va ricordata quella dei Lebrijanos.
Una funzione di marcata responsabilità, culturale e politica, viene esercitata, infine, dalla saggistica e dalla critica militante, che di questi mutamenti ha seguito e valutato passo passo le caratteristiche. La copiosa fioritura di nuove riviste ne è la prova più eloquente: nel 1963 viene resuscitata la Revista de Occidente (IIa serie), nel 1964 nascono i Cuadernos para el diálogo, nel 1965 Ruedo Ibérico; la storia della cultura spagnola di questi anni, nei suoi risvolti più critici e inquietanti, si fa attraverso i dibattiti, i saggi di apertura europeistica, i consuntivi che appaiono su questi fogli periodici; e si tratta solo di alcuni degli esempi più qualificati. Il fenomeno coincide, del resto, col generale incremento delle attività editoriali in ogni senso: cultura dei mass-media, diffusione dei libros de bolsillo, accresciuta attività di traduzioni e commenti di opere straniere. Cambia anche la prospettiva dell'impegno intellettuale, perché decade, agli occhi dei letterati stessi, l'idea che possa delegarsi a una ristretta élite di scrittori, come forza-pilota, l'attuazione del rinnovamento culturale del paese: tanto più quando questa élite è assimilata, in parte, come in ogni altro paese dell'Occidente, alla stessa cultura consumistica e tecnologica di cui rifiuta, sulla carta, i valori. Sicché l'attenzione va rivolta anche a fenomeni diversi dalla letteratura in senso proprio, com'è l'opera scritta di sindacalisti, economisti e saggisti politici (si vedano gli studi sull'attualità politico-economica della Spagna, per es., di M. Tuñón de Lara, di R. Tamames), che rinnovano i codici della cultura "impegnata" e formano il nuovo linguaggio dell'informazione e della comunicazione sociale. Tutto un retroterra di analisi politiche, indagini sulla storia della cultura, sollecitazioni critiche dell'attività delle opposizioni, e così via, fiorisce attorno ai rivolgimenti istituzionali che si preparano, lentamente ma irreversibilmente, nel paese, soprattutto dopo la scomparsa del dittatore (1975) e con l'amnistia concessa per i reati politici, che comprende non pochi intellettuali (1976). Il nuovo rapporto fra intellettuale e potere politico, appunto, sullo sfondo dell'attuale complessa situazione, è stato al centro di un convegno di scrittori e sindacalisti spagnoli e italiani tenutosi a Roma nel maggio 1976; mentre un valore emblematico e di protesta ha avuto, in S., l'"omaggio popolare" a F. García Lorca, organizzato a Fuente Vaqueros il 5 giugno 1976 (quarantesimo anniversario dell'assassinio).
Bibl.: A. Sastre, Anatomía del realismo, Barcellona 1965; G. Torrente Ballester, Teatro español contemporáneo, Madrid 1968; M. Vázquez Montalbán, Experimentalismo vanguardia y neocapitalismo, in Reflexiones ante el neocapitalismo, Barcellona 1968; F. Grande, Apuntes sobre poesía española de posguerra, Madrid 1970; J. I. Ferreras, Tendencias de la novela española actual, Parigi 1970; E. de Nora, La novela espanola contemporánea, Madrid 1972; H. E. Soler, Narradores españoles del medio siglo, in Miscellanea di studi ispanici, Pisa 1971-73, pp. 217-370; Sanz Villanueva, Tendencias de la novela española actual, Madrid 1972. Fra le traduzioni italiane, numerose, segnaliamo quella, monumentale, di Guillén, a cura di O. Macrì (Firenze 1972), di Celaya a cura di M. Di Pinto (Milano 1973), di Aleixandre a cura di D. Puccini (ivi 1972), dei "novissimi" a cura di D. Puccini (ivi 1972), dei "novissimi" a cura di R. Rossi (Torino 1976).
Archeologia (v. iberica, penisola, XVIII, p. 675). - Notevolissima è stata l'attività di ricerca e di scavo degli ultimi decenni. L'interesse dei ricercatori si è rivolto in S. agli aspetti della colonizzazione greca, della civiltà iberica e del mondo provinciale ispano-romano specialmente attraverso i fruttuosi scavi di Ampurias, Tarragona, Numantia e lo studio di Italica, Mérida, ecc. La cultura iberica, formatasi con la diretta influenza greca e fenicia, si è sviluppata in particolare nelle regioni sud-orientali della S. e nella valle del Guadalquivir, tramite le città di Cadice, colonia fenicia, e Ampurias, colonia greca. Soprattutto per quanto riguarda la scultura, l'arte iberica appare direttamente influenzata dall'esperienza greca. Monumenti esemplari di quest'arte greco-iberica sono le sculture di Redovàn, Agost, Villaricos, El Salobral, Verdolay. La dama di Elche, datata oggi all'età augustea (anziché, come si riteneva precedentemente, al 4° secolo a. C.) e considerata come il "bustum" cinerario di una matrona romana o romanizzata, è il coronamento raffinato ed eclettico di una lunga tradizione di scultura locale, cresciuta sull'esempio dell'arte greca. Nella maggior parte dei casi gl'insediamenti iberici furono trasformati con la romanizzazione. Tipico esempio è quello di Munigua, nella Baetica, le cui recenti indagini hanno dimostrato che il sito era occupato sin dal 4° secolo a. C. da popolazioni iberiche e che si trasformò in centro monumentale (ritrovato un grandioso terrazzamento con il santuario) a seguito della romanizzazione fra la fine del 1° e l'inizio del 2° secolo d. Cristo. Anche a Numantia gli scavi ripresi intorno al 1962 hanno permesso il riconoscimento dell'area urbana della città celtiberica che giace sotto la città romana costruita sopra le rovine del 133 a. C., e hanno comportato uno studio attento dei reperti per giungere a una puntualizzazione della ceramica numantina dipinta, generalmente attribuita alla città distrutta da Scipione. Recentissimi sono gli scavi condotti nella città iberico-romana di Castulo (Cazlona) e del complesso della necropoli. Ad Ampurias, fondata com'è stato oggi dimostrato intorno al 575 a. C., gli sforzi degli studiosi sono stati diretti alla pubblicazione dei dati ottenuti dagli scavi: il ritrovamento e la localizzazione delle necropoli greca e romana, e in particolare l'esame dell'anfiteatro e della stratigrafia del decumano A, che hanno permesso di delineare la pianta particolareggiata della città e la definizione cronologica dell'abbandono della zona abitata nella seconda metà del 3° secolo.
Nuovi scavi sono stati condotti anche in città archeologicamente già note come Italica, Mérida, Barcellona, ecc. Italica è una delle città spagnole di cui meglio si conosce l'urbanesimo e i monumenti (tra cui più rappresentativi sono l'anfiteatro e le ricche case di abitazione). I lavori svolti a Barcellona negli anni 1957-67 hanno avuto come scopo principale il restauro delle mura del Basso Impero con il recupero di pezzi scultorei e architettonici riadoperati. Lavori di scavo si sono svolti nell'area delle terme romane e nella necropoli. A Mérida è stato messo in luce un quartiere residenziale di età antonino-severiana, mentre gli scavi della necropoli romana hanno rivelato un gruppo di edicole del 2° secolo d. C., interessante documentazione del cambiamento del rito funerario e dell'introduzione dell'inumazione. Sorprendenti risultati ha dato anche l'archeologia sottomarina, quali, per es., il recupero di una nave affondata al largo di Malaga, con una statua in marmo del tipo del cosiddetto "Dioniso ebbro" e parecchie lastre marmoree. In genere l'esplorazione subacquea si è concentrata attorno alle Baleari, nella baia di Palma e di Pollentia; qui sono state recuperate essenzialmente anfore del tipo comune greco, romano o punico con varianti locali. Anche le fotografie aeree sono state utilizzate nella maggior parte dei centri archeologici in fase di scavo.
Fra i monumenti architettonici di carattere privato va ricordata la villa di El Romeral, in provincia di Lérida, i cui scavi, iniziati nel 1966, hanno portato a una definizione cronologica del complesso architettonico, con una prima fase nel 2° secolo e con il periodo di maggiore apogeo nella seconda metà del 4° secolo d. Cristo. Per quanto riguarda i mosaici, tre località del "conventus Tarraconensis" (Emporion, Tarragona, Barcellona) presentano serie continue di mosaici a partire dal 2° secolo a. C. fino al Basso Impero. I pezzi più antichi si sono riscontrati a Emporion, nel quartiere del porto. Nel 1° e nel 2° secolo i mosaici pavimentali geometrici in bianco e nero seguono modelli provenienti dall'Italia. I recenti ritrovamenti di Barcellona, Tarragona e Saguntum mostrano che lo stile geometrico perdura ancora nei primi decenni del 3° secolo, in concorrenza con i mosaici policromi figurati (Le tre Grazie di Barcellona; Perseo e Andromeda di Tarragona). Vedi tav. f. t.
Bibl.: A. García y Bellido, El urbanismo en España, La edad antigua, Madrid 1968; L. Pericot y García, The Balearic islands, Londra 1972; Acta do III Congresso Nacional de Arqueologia, IV, Porto 1974; A. Balil, Casa y urbanismo en la España antigua, in Studia Archaeologica, 28, Valladolid 1974.
Arti figurative e architettura. - Per comprendere gli avvenimenti dell'arte in S. dal 1960 al 1975, bisogna retrocedere almeno fino al 1957, quando furono fondati tre gruppi molto significativi: Parpalló, El Paso e l'Equipo 57, che raccoglievano a loro volta diversi apporti anteriori, come quelli dovuti all'Academia breve de critica de arte del 1941, al gruppo Dau al Set e alla Scuola di Altamira del 1948, alla Biennale Ispano-Americana del 1951, al Grupo R del 1952, all'Esposizione internazionale d'arte di Santander nel 1953, ecc. Si erano così poste le basi della contrapposizione dialettica tra le ripercussioni dell'informale internazionale e le correnti di origine razionalista e costruttivista, pur con particolarità differenziate fra i tre gruppi, poiché il Parpalló ebbe carattere misto mentre El Paso si definì informale e l'Equipo 57 assunse la bandiera dello sperimentalismo costruttivista. Dunque in S. la cultura artistica internazionale si manifestò con ritardo, ma con spiccata fisionomia, dovuta alla lotta fra la sopravvivenza dell'isolamento culturale e le correnti che propugnavano l'aggiornamento e l'apertura culturale. Di conseguenza gl'innovatori del 1957 trasformarono l'indeterminazione dell'informale e il formalismo costruttivista in movimenti carichi di significato ideologico.
Il gruppo El Paso (formato da A. Saura, M. Millares, R. Canogar, L. Feito, M. Rivera, M. Viola e M. Chirino) esercitò una notevole influenza, contando anche sul contributo parallelo di alcune personalità isolate tanto vigorose come quella di A. Tàpies; molti dei suoi più significativi esponenti hanno avuto fama e riconoscimenti internazionali e il gruppo in S. ha mantenuto una posizione di primo piano fino alle reazioni che ebbero luogo tra il 1960 e il 1965. Da parte sua l'Equipo 57, insieme con artisti tanto importanti quali lo scultore J. de Oteiza (antagonista dialettico di un grande maestro contemporaneo qual è E. Chillida), impostò la propria ricerca sulla forma e sullo spazio, ponendo il problema del lavoro di gruppo e delle relazioni spaziali con la nuova architettura, collegandosi, in tal modo, con gli architetti catalani del Grupo R. All'interno di questo settore sperimentale è da notare la base materialista che caratterizzò l'Equipo 57 e il principio metafisico unito nell'opera e nelle formulazioni teoriche di J. de Oteiza.
Il 1960 registrò la polemica detta, in S., dell'Arte Normativo, discussione che servì ad attualizzare i contenuti etici del costruttivismo, la problematica della nuova architettura e i temi essenziali del disegno industriale. Da questa situazione artistica e ideologica nacquero i mutamenti sviluppatisi tra il 1960 e il 1965, che inclusero il sorgere del movimento Estampa Popular, il nascere della Nueva Figuracion e la comparsa della corrente denominata Crónica de la realidad. Estampa Popular, composta da un gruppo d'incisori (inizialmente riunitosi a Madrid, ma che ebbe rapide ripercussioni in diverse province spagnole), si pose il problema della democratizzazione dell'oggetto artistico e della rivitalizzazione dell'arte, realizzata con intenzioni sociali trasformatrici. Intanto la tematica della Nueva Figuracion fu assunta dal 1961 dal Grupo Hondo, formato da J. Genovés, G. Orellana (pittore cileno attualmente residente in Italia), J. Jardiel e F. Mignoni, ai quali si aggregarono nel 1963 J. Vento e C. Sansegundo. La formazione, nel 1964, del Equipo Crónica e, nel 1965, l'esposizione Crónica de la Realidad e una mostra di J. Genovés, con opere dalle caratteristiche iconografiche e idiomatiche di quella stessa corrente, diedero all'arte spagnola una doppia risposta, sia per l'attualizzazione delle correnti sociali sia per le convenzioni della Pop-art internazionale, ricevendo immediatamente, fra gli altri, rinforzi tanto significativi come quello costituito dall'Equipo Realidad.
Lasciando da parte diversi e validi apporti individuali, questo schema semplifica un periodo dell'arte spagnola del dopoguerra, che comprende gli anni tra il 1960 e il 1965, la cui caratteristica più rilevante è la reazione all'informale, la preoccupazione per il contenuto critico e il passaggio dei principali nomi del neocostruttivismo a posizioni realiste. Sembra chiaro, dunque, il carattere di rottura del periodo. Dalla fine della guerra civile, la cultura artistica si era sforzata di contribuire all'apertura culturale, tuttavia questo processo fu reso possibile unicamente grazie ai mutamenti operati a livello socio-economico, alla fama contingente raggiunta dalla tecnocrazia, al Piano di stabilizzazione e al Piano di sviluppo. Il regime della "porta aperta" al capitalismo straniero e lo straordinario sviluppo dell'industria turistica modificarono i dati situazionali della cultura artistica nella direzione di apertura, mantenendo però forti particolarità dovute alle tendenze interne del paese. Questo influenzò ugualmente i settori del disegno industriale e dell'architettura.
Al margine dei movimenti su accennati, una visione più convenzionale registra, a partire dal 1960, la persistenza di una linea sulla quale si mantengono artisti intenti a riscoprire il paesaggio spagnolo, come B. Palencia, J. Vaquero Palacios, G. Ortega Muñoz e R. Zabaleta (morto nel 1960). Importante anche il perdurare dell'influenza di D. Vàsques Diaz, di J. Sunyer (morto nel 1956), di J. Mercadé (morto nel 1967) e di M. Villà. Il gruppo valenziano, per reazione all'influenza predominante di J. Sorolla, ha offerto i nomi di J. B. Porcar, J. Lahuerta, P. de Valencia e F. Lozano. Nella corrente di matrice espressionista, che annovera tra i primi esponenti I. Nonell, vi sono una serie di artisti molto diversi fra loro, come F. Mateos, J. M. de Sucre, P. Gastó, J. Pacheco e L. García Ochoa. Per ciò che si riferisce alla persistenza modificata dell'eredità surrealista, è stata senza dubbio fondamentale la presenza in S. di J. Miró e di S. Dalì; senza dubbio la traccia surrealista si è rivelata importante - con peculiarità proprie - nell'opera, anteriore al 1946, di J. Caballero, negli artisti dei gruppi Dau al Set (1948) e El Paso, così come per J. Castillo e in un ampio settore della pittura catalana più recente, esemplificabile nell'opera di Porta Zush, Arranz Bravo e Bartolozzi. Nella linea neofigurativa, dopo il 1960, non si può omettere l'attività di P. Picasso e di altri importanti artisti, morti come lui in questo periodo (P. Cossío, J. Peinado e F. Bores); in questo ambito così vario, si distingue, fra gli altri, A. Quiròs. Alcuni artisti, che hanno iniziato a lavorare nell'ambito dell'informale, hanno mantenuto in modo diverso la loro aderenza alle fonti originarie; così A. Tàpies che in seguito ha introdotto nella sua arte diversi elementi, fra i quali quelli provenienti dall'Arte Povera, M. Viola, J. José Tharrats, M. Millares (morto nel 1972), A. Saura, R. Canogar, attualmente fautore del realismo sociale, L. Muñoz, ecc. Le poetiche geometrizzanti, lasciando da parte il già citato Equipo 57 trovano espressione nelle opere di P. Palazuelo, J. M. de Labra, J. Claret e J. Michovila. E ancora è bene rilevare la reviviscenza di una forte corrente di tipo realista, per la quale è stata fondamentale l'influenza di A. López García, il quale, partendo dalla riproduzione fedele della realtà consuetudinaria, senza altro apparente proposito al di fuori di quello del verismo e della perfezione, ha creato un mondo carico di mistero e d'irrealtà, nel quale il risultato supera l'intenzione. La vocazione realista, per la quale non senza significato è stata l'opera di Estampa Popular, ha formato una diversa corrente di realismo sociale, alla quale appartengono artisti tanto differenti tra loro come J. Ortega, A. Ibarrola, J. Duarte, Cortijo, A. Avia, A. Alcaìn e F. Somoza. Nell'ambito del realismo critico, con la presenza di fattori onirici ed elementi kitsch deliberatamente utilizzati, si trovano le ricerche divergenti di E. Urculo, E. Arroyo e del giovane H. Silva. Sotto l'influenza iperrealista si può citare l'opera di C. Bravo.
Per la scultura posteriore al 1960 sono da registrare i nomi di A. Sánchez (morto a Mosca nel 1962) e di A. Ferrant (morto nel 1961), ambedue importantissimi poiché simbolizzano il ponte che unisce le problematiche artistiche spagnole anteriori al 1936 a quelle del dopoguerra. Tuttavia la scultura spagnola posteriore al 1960 gira intorno ai nomi di P. Serrano, E. Chillida e J. de Oteiza. P. Serrano ha subìto un'evoluzione in una direzione che conduce, in definitiva, verso il simbolismo dell'umanità - in quanto progetto vitale - nell'ambito della vita organica e della natura, nel contesto di un divenire interminabile. D'altra parte l'arte di E. Chillida non è estranea alle tradizioni nazionali del popolo basco, giungendo a una felice sintesi tra il lingugggio personale, l'identificazione con la modernità e i processi simbolici con profonde radici storiche, che rappresentano la cosmopolizzazione di un messaggio chiaramente nato da fonti geograficamente e culturalmente localizzate. J. de Oteiza, in cambio, legato alla problematica del geometrismo e del suprematismo, è giunto a una concezione dello spazio con significato liturgico, da cui la "disoccupazione dello spazio" pone in secondo piano la materialità dell'opera d'arte in favore di una ricerca di un "luogo spirituale libero".
Tra gli scultori figurativi si possono menzionare F. Torres Monsò, v. Blanco, B. Lobo, J. M. Subirachs, M. Ortiz Berrocal, ecc. Sotto correnti distinte, si possono distinguere le opere di J. L. Sanches, R. Mendiburu, M. Martì, M. Villelia, F. Hernández, M. Chirino (uno dei fondatori del gruppo El Paso), A. Gabino, A. Alfaro, X. Corberó, A. Rodríguez, E. Sempere (rappresentativo, come pittore, di un geometrismo poetico), F. Sobrino (che è stato un importante membro del Groupe de Récherche de l'Art Visuel di Parigi), A. Duarte (proveniente dal Equipo 57) che ha conservato e sviluppato i princìpi di ricerca che, nel 1957, avevano segnato il polo dialetticamente opposto alle posizioni informali, L. Frechilla, ecc.
Cultore della pittura murale, ma distintosi soprattutto come straordinario cartellonista, che ha dato una versione fondamentale dell'arte sociale, J. Renau lavora a Berlino Est, dopo essere stato in diversi paesi del continente americano.
Dal punto di vista dei gruppi e dei movimenti hanno avuto notevole interesse le esposizioni Antes del Arte (ipotesi metodologica di tipo analitico, precedente le formulazioni "artistiche"), le esposizioni organizzate sotto il titolo di Muestra Española Nuevas Tendencias Estéticas (MENTE) e le proposte di arte cibernetica, favorite dal "Centro de Càlculo" dell'università di Madrid. In fondo, queste esperienze infiltrarono negli anni 1968 e 1969 un'attitudine che preludeva in senso critico alla presa di possesso dei processi di mercificazione dell'oggetto artistico.
Nel campo dell'architettura, i mutamenti autentici sono stati pochi, se si eccettua il lavoro di ricerca (con basi scientifiche parallele a quelle usate da Antes del Arte) promosso da R. Leoz, e il "revival" decorativista con il quale R. Bofill (non per nulla catalano come A. Gaudì) reintroduce elementi fantastici e decorativisti in campo architettonico. D'altro lato, tra il 1970 e il 1975, i fattori socio-economici hanno avuto una notevole importanza, poiché in quest'ultimo periodo si è passati da una considerevole euforia inversionista e commerciale del mercato artistico (dando origine a una forte confusione per quanto riguarda i valori culturali), a un'acuta recessione originata dalla crisi generale sopravvenuta in campo economico. Questo è stato utile per porre in rilievo la forte incidenza dei fattori extra-artistici nelle realtà della più recente arte spagnola. È da qui che acquistano significato i tentativi marginali di alcuni epigoni del concettualismo internazionale (come il catalano Grup de Treball) e la ricerca di formule aliene dalla degradazione culturale originata nel mercato dell'arte e nel sistema delle gallerie. Vedi tav. f. t.
Bibl.: U. Apollonio, L'Arte dopo il 1945, Milano 1959; C.A. Arean, Veinte anos de pintura de vangaurdia en España, Madrid 1961; V. Aguilera Cerni, Panorama del nuevo arte español, ivi 1966; S. Amon, Testimonio y Compromiso, in Forma Nueva, ag. 1968; J.M. Moreno Galvan, La última vanguardia de la pintura española, Madrid 1969; V. Aguilera Cerni, El arte impugnado, ivi 1969; id., Iniciación al arte español de la postguerra, Barcellona 1970; id., Arte dopo il 1945. Spagna, Bologna 1970; V. Bozal, Arte de vanguardia, Madrid 1970; A. Cirici, L'art català contemporani, Barcellona 1970; Pintura española actual, in Tropos, 1972; S. Marchan Fiz, Del arte objetual al arte de concepto, Madrid 1974; Contemporary spanish art, a cura di W. Dyckes, New York 1975.