CARLINI, Spartaco (Vittorio Umberto)
Figlio di Andrea e di Zaira Cortesi, nacque a Pisa il 1ºgenn. 1884. Studiò con il pittore pisano Amedeo Lori. La sua prima attività, di illustrazioni, disegni, dipinti, si differenzia nettamente dal clima postmacchiaiolo per una ispirazione al simbolismo italiano - Previati - e nordico - Félicien Rops, Carel Storm van 's Gravesande -, con tratti che lo avvicinano al coetaneo Carlo Carrà come si può riconoscere dal confronto tra Erinni del C. (1902; riprodotto in A. Parronchi, Artisti toscani del primo Novecento, Firenze 1958, tav. 7a) e I Cavalieri dell'Apocalisse del Carrà (riprodotto in M. Carrà, Carrà, tutta l'op. pittor., I, Milano 1967, p. 141).
Questo inizio dimostra nel C. un personale gusto per la deformazione immaginosa che, anziché esaurirsi in illustrazioni satiriche e in caricature, si esplica in una tematica a sfondo decadente, traendo ispirazione da Poe e Baudglaire e nutrendosi di idee positivistiche e umanitarie. Taccuini di disegni, diversi dipinti di piccolo formato e qualche rara scultura rimangono a testimonianza di un'inventiva che si applica a ritrarre le più varie strutture della realtà. Tra le sculture si conoscono, solo in calchi, i due stadi successivi del Centaurino, dove, contro l'esuberanza immaginifica del poema di D'Annunzio, il mostro mitologico è reso realisticamente, poco dopo la nascita, come triste viluppo di pelle e di nervi.
Alla VIII Biennale veneziana del 1909 il C. espose una composizione, Ilgiardino dei re, oggidispersa, che è "fiaba e burla sociale" (Pea). Ma insieme, in alcuni fermi dipinti - ricordiamo Piazza S. Nicola e Il fosso dei navicelli della Galleria d'arte moderna di Torino - è l'esperienza macchiaiola a dare sostanza a una pittura di paesaggio che si sofferma sugli aspetti di Pisa e della Versilia assorti in luci limpide e calde. Nel 1920 è in Sardegna, accompagnando l'avvocato Luigi Salvatori in un giro di propaganda socialista, e ne riporta idee di composizioni che daranno l'avvio a successive opere di Lorenzo Viani, dove nell'accostamento delle pennellate egli sembra aver capito, forse per il tramite del mediocre Alfredo Müller, la novità di Cézanne. Ma una particolare mentalità, dotata di forte senso autocritico, impedisce al C. la partecipazione a qualsiasi forma di avanguardia, favorendo invece, anche per la notevole capacità di assimilazione tecnica, ripensamenti tradizionali, tuttavia divergenti dalla più comune linea neo-primitiva, a cui inclinano invece i suoi amici Alberto Magri, Lorenzo Viani e Moses Levy.
La tarda attività del C. inclina a toni di rievocazione nostalgica (tradizionali feste pisane) e mitologica (l'Esopo). Pur appartenendo idealmente al periodo Liberty, il C.col ricercarne le sorgenti simboliste ne rifiuta l'aspetto esteriore. Alieno tuttavia dal carattere programmatico con cui si annunciano le novità del Novecento - futurismo -, per molti lati intuisce e anticipa le nuove forme e la nuova sensibilità.
Morì a Pisa il 2 nov. 1949.
Fonti e Bibl.: C. Hautmann, Catal. della mostra di pittura e scultura dell'800 contemp. e di arte antica, Firenze 1946, pp. 7-9; Mostra retrosp. di S. C. Pisa 1950, prefazione di E. Pea; A. Pinelli, Le opere di S. C., in La Nazione italiana, 3 giugno 1950; R. Pagni, La mostra postuma del pittore S. C., in IlTirreno, 20 giugno 1950; E. Carena, S. C. e le sue opere, in La Nazione ital., 7 luglio 1950; E. Bartorelli, S. C. pittore del trapasso, in IlTirreno, 9 luglio 1950; A. Parronchi, S. C. 1884-1949, in Paragone, V(1954), 57, pp. 33-48; Id., Artisti toscani del primo Novecento, Firenze 1958, pp. 31-37; Id., in Arte moderna in Italia 1915-1945 (catal.), Firenze 1967, p. 108; C. L. Ragghianti, Bologna cruciale 1914, in La Critica d'arte, n. s., XVI (1969), pp. 114, 120, 127.