spazio pubblico
spàzio pùbblico locuz. sost. m. – Filo conduttore e trama ordinatrice della città, lo s. p. ha segnato l’evoluzione storica dei centri abitati: l’agorà greca, il foro romano, le vie consolari, le piazze medievali, le scenografie della spazialità barocca, i boulevard di Parigi, i grandi assi degli ampliamenti ottocenteschi, i nuovi nodi infrastrutturali hanno costituito la spina dorsale, caratterizzata da un uso sociale e collettivo, della dimensione urbana nel suo complesso. Spazio nevralgico polifunzionale e di socializzazione, la vitalità dello s. p. viene assicurata dall’integrazione tra diverse scale, la mescolanza di funzioni, l’opportunità di incontro e relazioni come fattori di riuscita. In antitesi vi è una dimensione di s. p. tipica di molte espansioni urbane contemporanee che, lungi dal contribuire alla costruzione dell’identità, ha creato piuttosto dei '' di solo attraversamento. Un dato generale che ha caratterizzato la città moderna è stato purtroppo quello di depauperare la dimensione pubblica per cercare rifugio nel privato; il cittadino è stato indotto a sfuggire dallo s. p., considerato aperto e insicuro, per vivere in spazi fisici delimitati e controllati. Altra connotazione di s. p. è quindi quella di taluni spazi ibridi di proprietà privata caratterizzati da un uso collettivo: centri commerciali, luoghi di culto, parchi tematici, gated communities, ecc., che non sono tecnicamente s. p. ma spazi aperti al pubblico dove è possibile applicare restrizioni di comportamento (o divieto di accesso) nei confronti di alcune categorie di persone. Il più delle volte questi spazi inducono il visitatore a essere consumatore, riproponendo la finzione della comunità, la sicurezza del controllo, garantendo uno svago privo di pericoli, all’interno di spazi delimitati e protetti. La consapevolezza della perdita di valore dello s. p. nella sua connotazione autentica ha portato a una forte reazione culturale. Con particolare attenzione alle nuove domande sociali e alle politiche d’integrazione, si è aperta la strada una corrente urbanistica che ha auspicato il ritorno alla città del passato imperniata sullo s. p.: il new urbanism, nato negli Stati Uniti negli anni Ottanta del secolo scorso, ha riprodotto artificialmente forme spaziali che richiamano la tradizione dello s. p. legato all’ambientalismo, alla sostenibilità e alla bioarchitettura, spesso fallendo. Sempre più condivisa è invece la consapevolezza che la rivitalizzazione dello spazio urbano, nella sua dimensione pubblica, debba passare attraverso progetti di conservazione e recupero dell’heritage. Portati avanti da molte metropoli internazionali sul piano intellettuale e finanziario, sempre più spesso oggi si parla di progetti tesi a identificare, proteggere, salvaguardare e divulgare il valore del patrimonio storico costruito soprattutto in vista del valore sociale e collettivo che da esso ne deriva. Cercare occasioni di sviluppo nel recupero di tessuti storici includendovi nuovi edifici polifunzionali, senza però cadere in una perdita d’identità che li trasformi in ghetti turistici, è la sfida a cui si sentono chiamate la maggior parte delle grandi città; il fenomeno è ancor più vistoso nel Sud-Est asiatico, in Medio Oriente e in Africa, aree interessate dal più alto tasso di crescita turistica (superiore al 5% l’anno, secondo gli ultimi dati prodotti dalla United Nations world tourism organization). Il fattore che contribuisce a rendere competitive le realtà urbane contemporanee influenzandone direttamente la vivibilità è proprio lo s. p. misurato rispetto alla qualità dei servizi pubblici, alla sicurezza, al livello di inquinamento, alla mobilità, alle tecnologie e alla presenza di aree verdi che esso riesce a offrire. Rispetto alla gran parte degli altri paesi, l’Italia è favorita da un contesto monumentale e storico all’interno del quale lo s. p. acquista immediatamente connotati di unicità; ciò nonostante, nella valutazione della qualità degli s. p. sulla base delle esigenze di un cittadino postmoderno si evidenziano immediatamente molte criticità che impongono una riflessione sulle opportunità e sulle sfide a cui siamo chiamati per restituire vitalità e qualità al nostro spazio pubblico.