spazio vettoriale
spazio vettoriale da un punto di vista intuitivo, insieme dei vettori geometrici dell’ordinario spazio euclideo tridimensionale, tra i quali è definita l’operazione di addizione, mediante la regola del → parallelogramma, e l’operazione di moltiplicazione tra un vettore e un numero reale, detta moltiplicazione di un vettore per uno scalare. Introdotto un sistema di riferimento cartesiano Oxyz, si viene a stabilire una corrispondenza biunivoca tra lo spazio vettoriale dei vettori euclidei e l’insieme delle terne ordinate di numeri reali R3. Le proprietà dello spazio vettoriale geometrico intuitivo sono assunte come proprietà formali per una definizione assiomatica di una struttura astratta detta spazio vettoriale, che generalizza lo spazio vettoriale intuitivo.
Dati un insieme V e un campo K, si dice che V è uno spazio vettoriale su K (o anche, un K-spazio vettoriale, o ancora uno spazio lineare) se in V è definita una operazione binaria interna detta addizione e denotata con +, rispetto alla quale V è un → gruppo abeliano, e un’operazione esterna: K × V → V, detta moltiplicazione per uno scalare, in modo che siano verificati i seguenti assiomi:
• ∀a, b ∈ K e ∀v ∈ V risulta a ⋅ (b ⋅ v) = (a ⋅ b) ⋅ v;
• ∀a ∈ K e ∀u, v ∈ V risulta a ⋅ (u + v) = a ⋅ u + a ⋅ v;
• ∀a, b ∈ K e ∀v ∈ V risulta (a + b) ⋅ v = a ⋅ v + b ⋅ v;
• ∀v ∈ V risulta 1 ⋅ v = v, dove 1 è l’unità del campo K.
Gli elementi di V sono detti vettori, quelli di K sono detti scalari. Uno spazio vettoriale si dice reale (complesso) se K è il campo dei numeri reali (complessi). Se in uno spazio vettoriale reale è definito un → prodotto scalare, lo spazio si dice spazio vettoriale euclideo.
Un campo K può essere considerato uno spazio vettoriale su sé stesso. Ogni sottoinsieme U di uno spazio vettoriale V che sia anch’esso uno spazio vettoriale è detto sottospazio vettoriale; n vettori di uno spazio vettoriale si dicono linearmente indipendenti se e solo se l’unica loro → combinazione lineare uguale al vettore nullo è quella con tutti i coefficienti uguali a zero, in caso contrario sono detti linearmente dipendenti.
Si dice dimensione di uno spazio vettoriale il massimo numero di vettori linearmente indipendenti a esso appartenenti. Si dice base di uno spazio vettoriale di dimensione n ogni n-pla di vettori linearmente indipendenti. Ogni vettore di uno spazio vettoriale può essere espresso in un unico modo (a parte l’ordine) come combinazione lineare dei vettori della base. I coefficienti della combinazione lineare sono detti componenti del vettore rispetto alla base considerata. Un insieme infinito di vettori si dice linearmente indipendente se ogni suo sottoinsieme finito è linearmente indipendente. Se per ogni intero positivo n, esiste un insieme di n elementi linearmente indipendenti, si dice che lo spazio ha dimensione infinita. Un esempio di spazio vettoriale di dimensione n è costituito dallo spazio numerico n-dimensionale sul campo reale, denotato con Rn, i cui punti sono n-ple ordinate di numeri reali, v = (v1, …, vn), nel quale sono definite le seguenti operazioni:
• u + v = (u1 + v1, …, un + vn), ∀u, v ∈ Rn
• a ⋅ v = (av1, …, avn), ∀a ∈ R e ∀v ∈ Rn
Una base di Rn, detta base canonica, è costituita dai vettori e1 = (1, 0, …, 0), e2 = (0, 1, …, 0), …, en = (0, 0, …, 1).
Un esempio di spazio vettoriale di dimensione infinita è fornito dallo spazio delle successioni di numeri reali, in cui le operazioni sono definite come sopra, per ogni valore dell’indice.
Indicati con U e W due qualsiasi sottospazi di uno spazio vettoriale, vale la seguente uguaglianza:
detta relazione di Grassmann, dalla quale si deduce che in uno spazio vettoriale non esistono sottospazi paralleli.
Un’applicazione ƒ: V → W tra due spazi vettoriali su K è detta trasformazione lineare o omomorfismo tra V e W se verifica le seguenti condizioni:
• ƒ(u + v) = ƒ(u) + ƒ(v), ∀u, v ∈ V
• ƒ(k ⋅ v) = k ⋅ƒ(v), ∀v ∈ V, ∀k ∈ K
L’insieme ƒ(V), detto immagine di ƒ, è un sottospazio di W. L’insieme dei vettori di V che hanno per immagine il vettore nullo di W è detto nucleo di ƒ ed è un sottospazio di V. Se V = W la trasformazione lineare ƒ: V → V è detta endomorfismo. Fissata una base, a ogni endomorfismo di uno spazio vettoriale di dimensione n risulta associata una matrice quadrata An che permette di rappresentare ƒ mediante l’equazione matriciale Y = AnX, dove X e Y sono le matrici colonna delle componenti dei vettori v e ƒ (v).
Se la trasformazione lineare ƒ: V → W è invertibile, si ha un isomorfismo tra spazi vettoriali. Spazi vettoriali isomorfi hanno la stessa dimensione, e viceversa. Da ciò segue che ogni spazio vettoriale sul campo reale di dimensione n è isomorfo a Rn. Un isomorfismo di uno spazio vettoriale V in sé è detto automorfismo di V.