SPAZIO (XXXII, p. 315; App. III, 11, p. 789)
Matematica. - Oggi si considerano quasi esclusivamente s. topologici, con l'aggiunta di eventuali altre strutture (per es., di s. vettoriale), e pertanto ci occuperemo prevalentemente degli s. topologici, ampliando la trattazione già data in precedenza, e riprendendola in parte, per adeguarla alla terminologia oggi in uso.
Spazi topologici. - Generalità. - Uno s. topologico è, per definizione, una coppia (S, τ), ove S è un insieme soggiacente allo s. topologico, e τ è una famiglia di parti (sottoinsiemi) di S, soddisfacente agli assiomi (I) della voce spazio in App. III, 11, p. 789. La famiglia τ si dirà una topologia nell'insieme S e i suoi elementi sono gli aperti (o insiemi aperti) dello s. topologico (S, τ), mentre i loro complementari sono i chiusi (o insiemi chiusi). Ogni sottoinsieme S′ ⊂ S diventa poi uno s. topologico, con la topologia indotta da τ, nella quale sono aperti (chiusi) tutte e sole le intersezioni di S′ con gli aperti (con i chiusi) di τ. Quando ciò non generi equivoci, identificheremo lo s. topologico (S, τ) con l'insieme soggiacente e lo indicheremo con S (o con qualunque simbolo si sia adottato per l'insieme soggiacente).
Un'applicazione o funzione f : S → S′ di uno s. topologico S in uno s. topologico S′ è continua per definizione, quando la controimmagine (o immagine inversa) di ogni aperto di S′ è un aperto di S. Se f è biiettiva (cioè se ogni punto di S′ proviene da uno e un sol punto di S), ed è continua anche la funzione inversa f-1 la f si dirà un omeomorfismo, e due s. topologici omeomorfi appartengono allo stesso tipo di omeomorfismo. Ricordiamo ancora le nozioni di base (aperta) per una topologia, e quella di intorno, che noi prenderemo aperto: un intorno di un punto x ∈ S (oppure di un sottoinsieme X ⊂ S) è un qualsiasi aperto contenente x (oppure contenente X); converrà, quando sia opportuno, denotare un intorno di x (di X) con Ux (con UX).
Spazi topologici connessi. - A partire dalla sola nozione di s. topologico, si può introdurre il concetto di s. topologico connesso. Lo s. topologico S si dirà "connesso" se non si può ottenere come unione di due sue parti proprie A, B, disgiunte (prive cioè di punti comuni) ed entrambe aperte (o chiuse). Intuitivamente uno s. topologico connesso è composto di un sol pezzo; un sottospazio S′ ⊂ S (cioè un sottoinsieme S′ ⊂ S con la topologia indotta) si dirà connesso se è tale per la topologia indotta. Nello s. della geometria elementare e, più in generale, negli s. euclidei (v. spazi astratti, App. II, 11, p. 874) un sottospazio è connesso se, e solo se, presi comunque due punti x, y, esiste una poligonale che li congiunge; in particolare ogni s. euclideo è connesso. Meno intuitiva è la seguente caratterizzazione: uno s. topologico S è connesso se, e solo se, gli unici sottoinsiemi di esso simultaneamente aperti e chiusi sono S e l'insieme vuoto ∅. Invero, se S non è connesso, i due insiemi A, B, considerati nella definizione, sono simultaneamente aperti (chiusi), poiché ciascuno di essi è il complementare di un chiuso (di un aperto); e nessuno di essi coincide con il vuoto, o è l'intero s.; viceversa, se A ⊂ S è simultaneamente aperto e chiuso in S, il suo complementare B = CA è pure aperto e chiuso; poiché noi supponiamo A distinto sia da S sia dal vuoto, così risulta anche B; inoltre A ⋃ B = S; A ⋂ B = ∅; S non è connesso.
Esempi di s. topologici connessi sono forniti dagli s. euclidei (v. sopra). In particolare è connessa la retta reale (la dimostrazione di tale fatto non è banale, e legata alla proprietà del campo reale R); anzi gli unici sottoinsiemi connessi della retta reale sono i suoi intervalli; da ciò segue poi facilmente che è connesso un qualsiasi s. euclideo. Infine, la proprietà di essere connesso è invariante per applicazioni continue. Infatti l'immagine di un qualunque s. connesso mediante un'applicazione continua è connessa; in particolare s. topologici omeomorfi sono simultaneamente connessi o non connessi. Per quanto ovvio, il fatto che uno s. topologico è connesso, dipende non dall'insieme soggiacente soltanto, ma anche dalla sua topologia. Per es., un insieme arbitrario non vuoto e contenente almeno due punti, dotato della topologia discreta, non è certamente connesso, in quanto ogni suo punto è simultaneamente aperto e chiuso; ma lo stesso insieme, con la "topologia indiscreta" (nella quale gli unici aperti sono l'intero s. e il vuoto) è invece connesso. Ancora: sia S uno s. topologico e x un suo punto; l'unione di tutti i sottospazi connessi di S contenenti x è un insieme che si dimostra essere connesso; tale insieme è il più grande (insieme) connesso al quale appartiene x, e si dirà la "componente connessa" di x. S viene pertanto diviso in sottoinsiemi disgiunti, ciascuno dei quali è connesso, che si diranno le "componenti connesse di S"; è ovvio che se S è connesso, e solo allora, vi è una sola componente connessa. Molto spesso i problemi relativi a uno s. topologico non connesso si possono ricondurre a quello in cui lo s. topologico è connesso, considerando le componenti connesse.
Assiomi di numerabilità. - Ricordiamo che uno s. metrico soddisfa all'assioma di Hausdorff (cfr. App. III, loc. cit.; di tale assioma riparleremo in seguito). Supporremo d'ora in poi che tutti gli s. che considereremo siano di Hausdorff, salvo esplicito avviso contrario e cominciamo con introdurre i due "assiomi di numerabilità".
Uno s. topologico S si dirà soddisfare al "primo assioma di numerabilità " se per ogni aperto A contenente y esiste una famiglia numerabile al più (cioè finita o che si può porre in corrispondenza biunivoca con l'insieme N dei numeri naturali) {Uny} (n ∈ N) di intorni di y, tale che A appartenga a qualche Uny. Soddisfano al primo assioma di numerabilità, per es., gli s. metrici; invero si vede facilmente che come famiglia {Uny} si può prendere quella degl'intorni sferici di centro un punto y a coordinate razionali e raggio razionale (è noto che l'insieme dei numeri razionale è numerabile).
Un assioma di numerabilità, più restrittivo del precedente, è il "secondo assioma di numerabilità". Uno s. topologico soddisfa a tale assioma se possiede una base numerabile; ciò accade, per es., negli s. euclidei. È ovvio che il secondo assioma di numerabilità implica il primo; ma il viceversa non è vero, nonostante l'esempio degli s. euclidei possa far pensare al contrario. Basta pensare a uno s. topologico S con la topologia discreta, che possegga un'infinità non numerabile di punti; poiché una base è costituita dalla famiglia dei punti dello s., questo non soddisfa al secondo assioma di numerabilità, mentre vale il primo, giacché uno s. topologico discreto è metrico (basta assumere come distanza di due punti distinti il numero 1).
Una base (aperta) di uno s. topologico è un caso particolare di ricoprimento. Per "ricoprimento" di una parte X di un insieme E s'intende una famiglia di sottoinsiemi di E, la cui unione contenga X (e coinciderà con esso se X = E). Se è uno s. topologico, e gli elementi del ricoprimento sono degli aperti - e questo è il caso che c'interesserà - si parlerà di "ricoprimento aperto"; mediante tale nozione possiamo definire notevoli tipi di s. topologici.
Spazi paracompatti. - Prima di dare la definizione occorre introdurre la nozione di famiglia (di parti di uno s. topologico) localmente finita. Una famiglia {Aλ} - ove λ varia in un insieme arbitrario di indici - di parti di uno s. topologico S si dice "localmente finita" se ogni punto di S ha un intorno che incontri al più un numero finito di insiemi Aλ. Conviene anche introdurre il concetto di raffinamento di un ricoprimento {Ui}. È un "raffinamento" di {Ui} ogni ricoprimento {Uj′} tale che ogni elemento del secondo sia contenuto in qualche Ui. Allora uno s. topologico si dice paracompatto se ogni ricoprimento aperto ammette un raffinamento localmente finito. Gli s. paracompatti hanno acquistato particolare importanza in questi ultimi tempi; fra essi vi sono gli s. metrici, in particolare quelli euclidei, le varietà differenziabili (v. varietà, nell'App. III, 11, p. 1069, e in questa App.); una proprietà interessante degli s. in oggetto è che per ogni ricoprimento aperto di uno s. topologico paracompatto esiste una partizione dell'unità a esso relativa.
Una partizione dell'unità su uno s. topologico S si definisce al seguente modo. Si dice anzitutto supporto di una funzione f definita su S e a valori reali la chiusura della parte di S in cui f è diversa da zero. Una famiglia {fλ} di applicazioni continue su S nell'intervallo [0,1] è "una partizione dell'unità" su S se: 1) la famiglia dei supporti delle fλ è un ricoprimento (chiuso) localmente finito di S; 2) la somma dei valori fλ(x) variare di x in S (ben definita proprio per la proprietà indicata dei supporti della fλ) vale 1. Se ognuno dei supporti citati appartiene a un aperto di un ricoprimento di S, la partizione dell'unità si dirà "relativa al dato ricoprimento".
Spazi di Lindelöff. - Sono s. topologici tali che da ogni ricoprimento aperto se ne può estrarre uno numerabile (o, in particolare, finito); è di Lindelöff ogni s. topologico che soddisfi al secondo assioma di numerabilità. Invero, sia ℬ = {Bi} (i = 1, 2, ...) una base numerabile per S, e sia {Uε} un qualsiasi ricoprimento aperto. Poiché ogni Uε è unione di aperti della base, per ciascun Bi esiste un Uεi che lo contiene; ed è subito visto che la famiglia numerabile {Uεi} è un ricoprimento di S, ovviamente estratto da {Uε}.
Spazi separabili. - Nella terminologia attuale dicesi separabile ogni s. S, per il quale esista un insieme numerabile X, la cui chiusura Ù coincida con S (X è cioè denso in S). Nelle trattazioni meno moderne si diceva separabile ogni s. di Hausdorff; anche la separabilità è conseguenza della validità del secondo assioma di numerabilità. Infatti, detta come prima ℬ una base numerabile per S, si prenda un punto xi in ogni aperto Bi ∈ ℬ; l'insieme X = {xi}, chiaramente numerabile, è denso (in S). Invero se X è un punto qualunque di S e Uz un suo intorno, esiste qualche aperto della base, e quindi qualche x1, appartenente a Ux, cosicché ogni intorno di x ha intersezione non vuota con X e appartiene quindi a Ù.
Nonostante che la nozione di separabilità non sia legata alla considerazione di ricoprimenti, è parso opportuno inserirla a questo punto, giacché, come si dimostra, uno s. separabile paracompatto è anche di Lindelöff (ma non viceversa).
Spazi compatti. - Passiamo ora a trattare dell'importantissima classe degli s. compatti, particolarmente interessante, perché, per es., per le varietà differenziabili, a essi si applicano i mezzi dell'analisi matematica. Nell'accezione odierna, uno s. topologico S si dirà compatto, se da ogni ricoprimento aperto se ne può estrarre uno finito. Ogni s. con un numero finito di punti (e quindi con un numero finito di sottoinsiemi) è pertanto compatto. Invece la retta reale (con la "topologia naturale", una cui base è costituita dagl'intervalli aperti) non è compatta. Prendiamo invero in considerazione il ricoprimento {In}, con In = ] − n, n[ (n = 1, 2, ...; con ]a, b[ s'indica l'intervallo aperto di estremi a, b); da esso non si può estrarre ovviamente alcun ricoprimento finito. È invece compatto ogni intervallo chiuso, od ogni unione finita di intervalli chiusi; più in generale, non sono compatti gli s. euclidei. Per essi vale però il classico teorema di Pincherle-Heine-Lebesgue: condizione necessaria e sufficiente affinché un sottospazio dello s. euclideo En sia compatto (nella topologia indotta, alla quale ci si riferisce per definire la compattezza per un sottospazio) è che esso sia chiuso e limitato (sia limitato, cioè, l'insieme numerico delle distanze d(x,y) con x, y punti di En).
Uno s. topologico compatto è chiaramente paracompatto; il viceversa non è sempre vero, come è provato, per es., dagli s. euclidei che non sono compatti, pur essendo paracompatti, come s. metrici.
Consideriamo ora in S, s. topologico compatto, una famiglia arbitraria {fλ} di insiemi chiusi, a intersezione vuota; per ogni indice λ, indichiamo con Uλ il complementare CFλ di Fλ; la famiglia {Uλ} costituisce un ricoprimento aperto di S, dal quale se ne può estrarre, per l'ipotesi di compattezza, uno finito {Ui} (i = 1, 2, ..., r). Poiché l'unione degli Ui è S, l'intersezione degli r chiusi Fi è vuota; il ragionamento si può invertire, e abbiamo così dimostrato che: condizione necessaria e sufficiente affinché lo s. topologico S sia compatto è che da ogni famiglia di chiusi, a intersezione vuota, se ne possa estrarre una, finita, a intersezione pure vuota.
Una notevole proprietà cui soddisfano gli s. topologici compatti è espressa dal teorema di Bolzano-Weierstrass: in uno s. topologico compatto ogni insieme infinito X ammette almeno un punto y di accumulazione (tale, cioè, che in ogni suo intorno Uλ cada qualche punto x′ di X distinto da y). Poiché, come si è detto, tutti gli s. che consideriamo sono di Hausdorff, segue intanto subito che, allora, Uy contiene infiniti punti di X (e viceversa). Invero, poiché x′ ≠ y, esiste un intorno Uj′ non contenente x′; posto Uj″ = Uy ⋂ Uj′, Uj″ è un intorno di y, non contenente x′, al quale pertanto dovrà appartenere un punto x″, distinto da y; così proseguendo, si dimostra l'asserto. Supponiamo allora che l'insieme infinito X non ammetta punti di accumulazione: per ogni a ∈ S, esiste un intorno Ua che incontra X al più in un numero finito di punti; la famiglia {Ua}, al variare di a in S, è un ricoprimento aperto, dal quale se ne può estrarre uno finito {Uh} (h = 1, ..., r) di S: si vede subito, allora, che X conterrebbe un numero finito di punti, contro l'ipotesi che sia infinito.
Spazi numerabilmente compatti. - La proprietà di Bolzano-Weierstrass ci dà un'altra dimostrazione della non compattezza di uno s. euclideo En; in questo, invero, l'insieme dei punti a coordinate intere è infinito, e non ammette alcun punto di accumulazione. La stessa proprietà non caratterizza gli s. compatti. Infatti si può dimostrare che esistono s. topologici non compatti, per i quali tuttavia ogni insieme infinito (e basta supporlo numerabile), ammette qualche punto di accumulazione; si dimostra poi che la proprietà in questione equivale al fatto che da ogni ricoprimento numerabile se ne possa estrarre uno finito; e gli s. per cui ciò accade si dicono "numerabilmente compatti". Ogni s. topologico compatto è dunque numerabilmente compatto, ma non riceversa. Esistono tuttavia s. topologici per i quali la compattezza numerabile implica la compattezza; ciò accade chiaramente per gli s. di Lindelöff: ogni tale s. che sia numerabilmente compatto è anche compatto. Infatti, per la proprietà di essere di Lindelöff, da ogni ricoprimento se ne può estrarre uno numerabile e da questo, per la compattezza numerabile, uno finito; così pure - ma è meno agevole il dimostrarlo - accade per gli s. paracompatti. Ora, fra questi ultimi, vi sono gli s. metrici, che, per lungo tempo, sono stati quasi gli unici s. topologici considerati dai matematici; perciò in trattazioni meno moderne (come, per es., nel classico, e ancor oggi interessantissimo, trattato di P. Alexandroff e H. Hopf) si definiva la compattezza mediante la proprietà di Bolzano-Weierstrass, e si chiamavano "bicompatti" quelli che qui chiamiamo compatti. Prima di proseguire, avvertiamo che in trattazioni anche recenti (per es., nel trattato di V. Checcucci e altri, citato in bibl.) non si suppone la validità dell'assioma di Hausdorff nella definizione di compattezza; in tal caso non tutte le proprietà sopra enunciate continuano a valere.
Come si è notato, un sottospazio di uno s. topologico qualsiasi è da dirsi compatto, se è tale nella topologia indotta. Sia ora X un sottospazio compatto dello s. topologico S, di Hausdorff; se X = S, il sottospazio X è chiuso; altrimenti sia a un punto del complementare di X. Per ogni x ∈ X, essendo S di Hausdorff, esistono un intorno Ux di X e un intorno Ua(x) di a, dipendente da x, privi di punti comuni; la famiglia {Ux ⋂ X} (x ∈ X) è un ricoprimento di X, dal quale, per la supposta compattezza di X, se ne può estrarre uno finito {Uxi ⋂ X} (i = 1, ..., r); l'intersezione degli aperti Ua(xi), che sono in numero finito, è un aperto, contenente a, e privo di punti di X. Dunque a ∈ CX possiede un intorno tutto appartenente a CX che risulta dunque aperto. Il suo complementare X è pertanto un chiuso: abbiamo cioè dimostrato che ogni sottospazio compatto di uno s. topologico di Hausdorff è chiuso. Il viceversa non è vero, come è provato dall'esistenza di s. topologici non compatti (si ricordi che S è chiuso nella sua topologia); se, però S è compatto, allora ogni suo chiuso (è di Hausdorff) ed è compatto. Infatti sia X chiuso in S; si consideri una famiglia {Fλ}λ di insiemi chiusi (in X) a intersezione vuota; ricordando che i chiusi di un sottospazio X di uno s. topologico S sono chiusi (aperti) in S se, e solo se, X è chiuso (aperto) in S, ne segue che ciascun Fλ è chiuso (in S). Poiché questo è compatto, esiste un numero finito di insiemi Fλ, cioè F1, F2, ..., Fr, la cui intersezione è pure vuota; ma ciascun Fi è chiuso in X, e quindi questo è compatto.
Per mostrare la necessità dell'assioma di Hausdorff nell'affermazione che un sottospazio compatto di S è chiuso, diamo il seguente esempio, anche per mostrare al lettore quali "strani" s. si possono considerare in matematica. Consideriamo perciò l'insieme S composto di due punti distinti cioè S = {a} ⋃ {b}; si vede subito che, se, per es., si assumono come aperti il vuoto, S e il punto a, si definisce in S una topologia, che non soddisfa all'assioma di Hausdorff, in quanto l'unico intorno di b è tutto S, che contiene a. Orbene, l'insieme {a}, considerato come sottospazio, è compatto (si noti che l'assioma di Hausdorff è valido, per definizione, in uno spazio ridotto a un sol punto), come ogni sottospazio finito, ma non è chiuso, perché il suo complementare, b, non è aperto.
Proprietà degli spazi compatti. - Molto importanti sono le proprietà degli s. compatti rispetto alle applicazioni continue, in particolare agli omeomorfismi. Fra le più significative: 1) Se S e T sono due s. di Hausdorff, ed S è compatto, l'immagine S′ = f (S) ⊂ T di S, mediante un'applicazione continua f: S → T, è compatta. Basta tener conto che la controimmagine di un aperto di S′ è un aperto di S e che la controimmagine dell'unione di una qualsiasi famiglia è uguale all'unione delle controimmagini. 2) Un'applicazione continua biiettiva f di uno s. compatto su uno s. S′ di Hausdorff è un omeomorfismo, cioè l'applicazione inversa g = f-1 di S′ su S è continua. Sia invero A un qualsiasi aperto di S: il suo complementare F = CA è chiuso, e la sua immagine F′ = f (F) mediante f, a causa dell'enunciato 1), è un compatto; ma S′ è di Hausdorff, e quindi F′ è chiuso. Di conseguenza A′ = CF′ = g-1(A), controimmagine di un aperto è un aperto, e g è continua. In particolare, supponiamo che lo s. T dell'enunciato 1) sia la retta reale, che è di Hausdorff; si ha allora la seguente proposizione, di notevole interesse in analisi e in geometria: ogni funzione a valori reali definita su un compatto (cioè in uno s. compatto) raggiunge almeno una volta il suo massimo e il suo minimo.
Definiamo infine uno s. di Hausdorff "localmente compatto", quando ogni suo punto x ha un intorno Ux a chiusura compatta (si dice allora che Ux è "relativamente compatto"); è localmente compatto ogni s. S compatto (basta prendere, per ogni x ∈ S, Ux = S); ma esistono s. non compatti, e pure localmente compatti, quali gli s. euclidei: basta prendere come Ux un qualunque intorno sferico di centro x.
Assiomi di separabilità. - Trattiamo ora delle cosiddette "proprietà di separazione" in uno s. topologico. Per avere un'idea della questione, consideriamo in uno stesso insieme S con almeno due punti, la "topologia indiscreta" (con due soli aperti, S e ∅), che denoteremo con τ e quella "discreta" con τ′, (in cui ogni punto è aperto). È chiaro che nel primo caso è impossibile "separare" due punti mediante due intorni, in guisa che ciascun punto appartenga a uno solo di questi; mentre ciò è possibile nel secondo caso, giacché in τ ogni punto è intorno di sé stesso, e quindi si ha la massima "separabilità" possibile. La possibilità di casi intermedi è espressa dai cosiddetti "assiomi di separabilità" T0, T1, T2, T3, T4 (T iniziale della parola tedesca Trennung, divisione), ognuno dei quali implica il precedente; si usa chiamare Ti(i = 0, ..., 4) ogni s. topologico che soddisfi all'assioma Ti.
a) Assioma T0. Uno s. topologico è T0 se, presi comunque due punti distinti x, y, esiste almeno un intorno di uno di essi che non contenga l'altro.
b) Assioma T1. Uno s. topologico è T1 se, per ogni coppia di punti distinti x, y, esiste un intorno Ux che non contiene y, e un intorno Uy cui non appartiene x. L'assioma T1 (detto di Fréchet in trattazioni meno recenti) equivale ad affermare che ogni insieme {x} consistente di un sol punto è chiuso. Allora infatti il complementare di {x} che per comodità indicheremo con x′, è aperto, e quindi per ogni y ∈ x′, esiste un intorno Uy appartenente a x′, e quindi non contenente x; viceversa, se per ogni y ≠ x, e quindi contenuto in x′, esiste un intorno Uy (non contenente x e) contenuto in x′, questo è aperto, e {x} è chiuso.
c) Assioma T2. È il più volte citato assioma di Hausdorff: presi comunque x e y distinti, esistono un intorno Ux e un intorno Uy disgiunti. Uno spazio di Hausdorff si dice oggi usualmente separato. Gli s. topologici separati, ai quali per lo più oggi ci si riferisce, sono interessanti, sia dal punto di vista storico (l'assioma T2 è il primo assioma di separabilità introdotto), sia perché, pur essendo abbastanza particolari, possiedono un numero sufficiente di proprietà. Fra essi vi sono, per es., gli s. metrici. Infatti si può vedere nel modo seguente che uno s. metrico è separato. Sia S uno s. metrico con distanza d; se x, y sono due suoi punti distinti è certamente d(x, y) = r > 0; consideriamo allora gl'intorni sferici Ix, Iy di centri rispettivi x, y e raggio r′ 〈 r/2; supponiamo, per assurdo, che esista z ∈ Ix ⋂ Iy, cosicché d(x, z) 〈 r′; d(y, z) 〈 r′; per la disuguaglianza triangolare si ha però d(x, y) = r ≤ d(x, z) + d(y, z) 〈 2r′; cioè r 〈 r, che è chiaramente assurdo.
d) Assioma T3. Uno s. topologico separato è T3 (o regolare) se, presi comunque y ∈ S ed F chiuso non contenente y, esistono un intorno Uy di y e un intorno UF di F disgiunti.
e) Assioma T4. Uno s. topologico separato è T4 (o normale) se, presi comunque F1 ed F2 chiusi disgiunti, esistono due intorni UF1 e UF2 disgiunti.
I due ultimi assiomi di separabilità sono entrambi più forti di quello di Hausdorff, e T3 non implica T4; però si può mostrare che uno spazio regolare a base numerabile è normale.
Si può provare (non così agevolmente come per l'assioma T2) che gli s. metrici sono normali (e quindi regolari); l'interesse, fra l'altro, degli assiomi T3 e T4, consiste nel fatto che essi sono legati all'esistenza di funzioni continue, non costanti, a valori reali e definite in uno s. topologico S. Il problema non è banale, e a tale riguardo uno dei risultati più importanti è il classico teorema di Urysohn: affinché uno s. separato S sia normale è necessario e sufficiente che per ogni coppia di chiusi disgiunti A, B esista un'applicazione continua f: S → E1 (retta reale) tale che: a) 0 ≤ f (x) ≤ 1 per ogni x ∈ S; b) f (a) = 0 per ogni a ∈ A; f (b) = 1 per ogni b di B. Ci si serve di questo fatto per dimostrare, per es., che ogni s. regolare a base numerabile (quindi normale) è omeomorfo al cubo dello s. di Hilbert (v. spazi astratti, App. II, 11, p. 874).
Spazi topologici metrizzabili. - In base all'ultimo risultato citato ci si rende conto della connessione che deve esistere fra gli assiomi T3 e T4 e il problema della metrizzabilità di uno s. topologico S. La questione è la seguente. Si è visto (App. III, loc. cit.) che ogni s. metrico è dotato, in modo naturale, di una topologia, determinata (o indotta) dalla metrica; ma non è affatto detto che, assegnata comunque una topologia τ in un insieme S, esista una metrica che la induca; se così accade, S si dirà "metrizzabile". Tutte le proprietà che abbiamo ricordato degli s. metrici (per es., primo assioma di numerabilità, paracompattezza, normalità, ecc.) sono chiaramente necessarie. Per le metrizzabilità una condizione sufficiente per gli s. a base numerabile è fornita dal corollario al teorema di Urysohn; ma essa non appare completamente soddisfacente, perché esistono s. metrici (e a fortiori metrizzabili) a base non numerabile. Un risultato abbastanza recente è fornito dal teorema di Nagata-Smirnov, secondo il quale: condizione necessaria e sufficiente affinché uno s. topologico S sia metrizzabile è che esso sia regolare e possieda una base che si possa decomporre in una collezione al più numerabile di famiglie localmente finite.
Prodotto di spazi topologici. - Come nella teoria degl'insiemi a partire da una famiglia {Ei} di insiemi si definisce l'"insieme prodotto", anche a partire da una famiglia {Sλ, τλ} di s. topologico si può costruire uno s. topologico (S, τ), prodotto della famiglia. Per ragioni di semplicità, supporremo che la famiglia sia finita e la indicheremo allora con{Si, τi} (i = 1, ..., n), ma la costruzione si può estendere a una famiglia qualsiasi, e le proprietà che enunceremo valgono in generale. Sia allora ℬ = {Bi} una base per la topologia τi e consideriamo i prodotti B = B1 × B2 × ... × Bn, ove Bi ∈ τi; B ovviamente appartiene al prodotto cartesiano S degli insiemi Si. Pertanto S è l'insieme soggiacente alla cercata topologia; si dimostra allora che la famiglia dei prodotti sopra nominati è una base per una topologia τ che, per definizione, è la topologia prodotto cercata; ed (S, τ) è lo s. topologico prodotto. Tale topologia è caratterizzata dal fatto di essere la più piccola (cioè con meno aperti) rispetto alla quale è continua la "proiezione" pi, ossia l'applicazione che al punto x = (x1 × x2 × ... × xn) con xh ∈ Sn associa xi ∈ Si. L'interesse della nozione introdotta è che essa permette spesso di dedurre proprietà di S da quelle dei singoli Si Ne diamo qualche esempio. Il prodotto S è connesso se, e solo se, tale è ognuno degli spazi Sλ; lo stesso accade per la compattezza, e per la validità degli assiomi T2 e T3. Invece non è così per gli s. normali: il prodotto di una famiglia di s. topologici normali non è necessariamente normale. Solo recentemente si sono caratterizzati gli s. normali Y tali che il prodotto Y × [0,1] sia normale. Per quanto riguarda infine la metrizzabilità, si dimostra che lo s. prodotto di una famiglia {Sλ} di s. metrizzabili è metrizzabile se, e solo se, gli s. Sλ contenenti più di un punto costituiscono una famiglia al massima numerabile. Così, per es., il prodotto di n copie della retta reale è metrizzabile, e lo s. topologico così ottenuto non è altro che lo s. euclideo En. Da quanto detto sopra, segue pure che En è connesso e che non è compatto, ciò che del resto avevamo già osservato.
Spazi vettoriali topologici. - Si tratta di s. provvisti di due strutture: una di s. topologico e l'altra di s. vettoriale sui reali (ma le considerazioni si estendono, con opportune modifiche, al campo complesso); uno s. vettoriale topologico è dunque, anzitutto uno s. vettoriale V sul campo reale R, considerato come s. topologico nel quale sia assegnata una topologia τ, in modo che siano continue le due applicazioni: 1) (λ, v) → λv, con λ ∈ R di R × V su V; 2) (v′, v′′) → v′ + v′′ di V × V su V. Rispetto alla topologia τ la traslazione ta che a ogni vettore v ∈ V associa il vettore a + v è un omeomorfismo; l'insieme delle traslazioni forma dunque un gruppo di omeomorfismi che è abeliano e transitivo, rispetto al quale V appare come s. omogeneo (per definizione). L'immagine mediante una traslazione di un sottospazio vettoriale di dimensione k (che risulta automaticamente sottospazio topologico di V) si dirà "una varietà lineare" di dimensione k.
Spazi normati; spazi di Banach. - Fra gli s. vettoriali topologici sono importanti, per es., per le applicazioni all'analisi, gli s. "normati". Una norma in uno s. vettoriale V sui reali è un'applicazione di V sui reali; indicando con ∥ v ∥ la norma del vettore v, devono sussistere i seguenti assiomi: 1) ∥ v ∥ ≥ 0; 2) ∥ v ∥ = 0 se e solo se v è il vettore nullo; 3) ∥ v′ + v′′ ∥ ≤ ∥ v′ ∥ + ∥ v′′ ∥; 4) ∥ λa ∥ = ∣ λ ∣ • ∥ a ∥, per ogni scelta di v, v′, v′′ in V e di λ reale. Dalle proprietà precedenti segue facilmente che, posto d(v, w) = ∥ v − w ∥, d risulta una metrica, e induce quindi una topologia, con la quale V diviene uno s. vettoriale topologico. Uno s. normato è poi "di S. Banach" se ogni successione di Cauchy è convergente, cioè se lo s. è completo. Sono particolari s. di Banach: gli s. euclidei e lo s. di Hilbert. Un altro tipo di s. topologico, avente come soggiacente uno s. vettoriale (sempre sui reali) è fornito dagli s. affini (di dimensione finita o no). Uno "s. affine" è uno s. vettoriale sui reali dotato di una topologia che induca sulle varietà lineari di dimensione finita la topologia euclidea (che si ottiene cioè dalla metrica euclidea); è ovvio che se V ha dimensione finita, uno s. affine è uno s. vettoriale topologico, come sopra definito; ma nel caso infinito, ciò può non esser vero. Osserviamo ancora che gli s. vettoriali topologici, in particolare gli s. di Banach, s'incontrano, e in modo essenziale, nello studio, per es., delle varietà differenziabili di dimensione infinita, i cui s. tangenti sono s. di Banach.
Spazi fibrati. - Un'ultima classe di s., che ci limitiamo però solo a citare, è quella degli s. fibrati, il cui studio s'inquadra meglio nella teoria delle varietà differenziabili. Diremo qui solo che uno "s. fibrato " è definito da uno s. topologico E, detto "s. totale", da uno s. topologico B, detto "base", e da una "proiezione" p, applicazione continua di E su B; la controimmagine p-1(x) di x ∈ B è la fibra su x, e i vari tipi di s. fibrato dipendono dalla natura della fibra (per es., s. vettoriale). Per es., sia B una varietà differenziabile, e x un suo punto; detto Tx(B) lo s. tangente a B in x, si ponga E =
Tx(B); si ha così uno s. fibrato, per cui E è lo s. totale, B la base, mentre la proiezione si ottiene associando a ogni punto di E - che è un vettore tangente a B - il suo punto di contatto; le fibre sono, in questo caso, s. di Banach. In quest'ordine d'idee, un "campo di vettori tangenti" su B è una "sezione" del nostro s. fibrato (che dicesi il "fibrato tangenziale" di B), cioè un'applicazione (continua) π di B in E, tale che p • π sia l'identità di B.
Bibl.: P. Alexandrof, H. Hopf, Topologie, Berlino 1935; N. Bourbaki, Eléments de mathématique. Espaces vectoriels topologiques, Parigi (parecchie edizioni dal 1939); N. E. Steenrod,Topology of fibre bundles, Princeton 1951; J. L. Kelley, General topology, New York 1955; V. Checcucci A. Tognoli, E. Vesentini, Lezioni di topologia generale, Milano 1968; J. Dieudonné, Eléments d'analyse, voll. I-IV (altri volumi in preparazione), Parigi (dal 1968 in poi); D. Husemoller, Fibre bundles, New York 1968; J. Dugundj, Topology, Rockleigh (N. J.) 1970.