Aurobindo Ghose, Sri
Pensatore indiano (Konanagar, Bengala Occidentale, 1872 - Pondichéry 1950). Compiuti gli studi a Cambridge, tornò in patria (1893), dove si dedicò a un’intensa attività politica per l’indipendenza dell’India. Imprigionato nel 1908, abbandonò la politica e si ritirò due anni dopo a Pondichéry, dove fondò un ashram (comunità religiosa), ancora oggi attivo centro internazionale di cultura e ricerca spirituale. Il pensiero di A. riorganizza influenze occidentali (Bergson, Hegel, Whitehead) e indiane. A. rintraccia nel concetto vedāntico di brahman la possibilità dell’incontro fra materia e spirito. Il brahman non può essere colto dall’intelletto, che procede necessariamente per distinzioni e opposizioni; è perciò inizialmente necessaria una componente di fede, finché l’uomo non sia in grado di trasformare la fede in conoscenza ed esperienza del brahman. La realtà unica del brahman si esprime in termini di molteplicità nel momento della creazione, che è un processo duplice, scandito in involuzione ed evoluzione. A. descrive l’immergersi del brahman nell’ignoranza come il suo potere di autolimitarsi: fra le sue infinite potenzialità, il brahman può infatti occultarsi completamente o parzialmente a sé stesso e il nostro mondo è il risultato di uno dei suoi infiniti occultamenti. A differenza della scuola dell’Advaita Vedānta, A. non sostiene quindi l’irrealtà del nostro mondo; l’illusione consiste solo nel non vedere attraverso il mondo la realtà essenziale del brahman. L’involuzione o discesa del brahman nel mondo è il presupposto dell’evoluzione o ascesa dei singoli individui verso il brahman, che può quindi essere raggiunto solo perché è già parte di noi. La vita terrena non è pertanto una mera caduta nella miseria dell’ignoranza, bensì il palcoscenico in cui può avvenire l’evoluzione verso la beatitudine e l’unità. Il punto d’incontro fra natura inferiore e natura superiore è dentro l’uomo. Una volta compiuta un’evoluzione completa, lo stato raggiunto non costituisce, tuttavia, il destino ultimo dell’uomo; gli esseri gnostici (uomini che abbiano raggiunto la consapevolezza del brahman) si adoperano infatti perché tutti gli uomini possano emanciparsi e sulla Terra possa emergere la vita divina, il vero destino ultimo. Numerose le opere di A., anche di poesia; tra le più importanti: Essays on the Gita (1928), The life divine (3 voll., 1942; trad. it. La vita divina), The human cycle (1949), The ideal of human unity (1949; trad. it. L’ideale dell’unità umana), On the Veda (1956), The synthesis of the yoga (1950; trad. it. La sintesi dello yoga).