sabaudo, Stato
Espressione che indica lo Stato dei Savoia, la cui storia comincia con Umberto Biancamano: egli poté ingrandire notevolmente i suoi possessi con le elargizioni fattegli dall’imperatore Corrado II e ancor più li ingrandì il figlio Oddone, per il matrimonio con la contessa Adelaide figlia di Olderico Manfredi marchese di Torino. I possessi s. comprendevano così nella seconda metà del sec. 11° una parte del Viennese, lo Sciablese, le contee di Sermorens, del Belley, della Savoia, di Aosta, di Torino, di Alba, di Ventimiglia. La morte della contessa Adelaide (1091), che dopo quella del marito aveva continuato a esercitare il potere anche per i figli Pietro I, Amedeo II e forse Oddone II, provocò una guerra di successione che ridusse di molto i possessi del piccolo Umberto II, figlio di Amedeo II. Sotto Amedeo III la situazione dei Savoia peggiorò, avendo l’imperatore Enrico V concesso (1111 e 1116) al comune di Torino ampi privilegi. Umberto III, osteggiato dal Barbarossa, conservò a stento le valli di Susa e di Aosta. Il dominio fu esteso notevolmente da Tommaso I che s’impadronì di Rivalta (1197), di Giaveno, di Pinerolo (1213), ottenne da Manfredo III marchese di Saluzzo l’omaggio per Barge, Roncaglia e Fontanile, e dal Busca il castello di questo luogo e Scarnafigi. L’opera di restaurazione in Piemonte fu continuata dal 1233 al 1253 da Amedeo IV, così che alla metà del sec. 13° era stato costituito in Piemonte un grosso nucleo centrale di possessi abbastanza compatto, prolungantesi nella valle di Susa fino al Moncenisio e circondato a N dal territorio dell’ex marca di Ivrea, a E dal marchesato di Monferrato, a S dai marchesati di Saluzzo e di Ceva. Di là dalle Alpi Tommaso I s’impadronì di Moudon, capitale del Paese di Vaud. In Piemonte, nella seconda metà del sec. 13° i conti s. si preoccuparono di colmare le lacune grandi e piccole nel loro territorio con la disgregazione dei singoli nuclei; Tommaso II ottenne da Federico II (1248) oltre a Torino i castelli di Collegno, di Cavoretto e di Lanzo, e il Canavese. Oltralpe Pietro II estendeva la conquista nel paese di Vaud ottenendo (1240) l’avvocazia di Payerne e poi l’omaggio dei signori di Vulliens, di Bioley, di Chapelle. Altro notevole acquisto fu quello di una buona parte della Bresse, tra la Saône e l’Ain, ottenuta da Amedeo V (1272) in dote da Sibilla di Bâgé. Per l’ampliamento dei possessi di casa Savoia oltralpe fu importante la concessione del vicariato imperiale ad Amedeo V da parte di Enrico VII. In Piemonte, nel 1313 Ivrea passava sotto la signoria s. da quella del Monferrato, e poco dopo si sottomettevano i signori del Canavese. Amedeo VI ottenne la dedizione di Santhià (1377), di Biella (1379), di Cuneo (1382). Oltralpe, nel sec. 14°, col Trattato di Parigi (1355) fu ottenuto il paese di Gex e il Faucigny. Più tardi (1401) i Thoire-Villars vendettero ad Amedeo VIII il Genevese, acquisto arrotondato poi con quello di Rumilly. Sul mare, Amedeo VII con l’aiuto dei Grimaldi di Boglio otteneva la dedizione di Nizza e della relativa contea (1388). Nel corso del governo di Amedeo VIII i domini s. raggiunsero la massima estensione nel sec. 15°, di qua dai monti con l’acquisto di Vercelli (1427), ceduta dall’ultimo dei Visconti, e oltralpe con la conquista di Friburgo (1451), perduta poi nella guerra di Borgogna del 1475. Nella prima metà del sec. 16°, mentre in Piemonte i Savoia ottenevano la contea di Asti, subirono gravi diminuzioni oltralpe dove il paese di Vaud fu occupato dai Bernesi (1536), e così lo Sciablese, che però fu restituito a Emanuele Filiberto con il Trattato di Losanna (1564). Sempre nel 1536 Francesco I occupò la Savoia e gli altri domini d’oltralpe e la maggior parte del Piemonte. Per la Pace di Cateau-Cambrésis (1559) Emanuele Filiberto riebbe lo Stato, quale dote di Margherita di Valois. Portata la capitale a Vercelli e poi a Torino, Emanuele Filiberto trasformò la struttura dello Stato s., sostituendo un governo assoluto al regime dei suoi predecessori, nel quale le congregazioni degli Stati limitavano l’esercizio della sovranità. Riconobbe tuttavia in altri istituti dei limiti al suo potere, mantenendo i parlamenti creati dai francesi in Savoia e in Piemonte come supremi organi giudiziari (senati) e creando la Camera dei conti. Per il rinnovamento dell’economia, fu progettato un vasto piano d’irrigazione del Piemonte e tra il 1561 e il 1571 si costruirono numerosi canali; si cercò anche di affrancare i servi della gleba, ma senza successo. Reso il Paese più ricco, con la riforma del 1567 Emanuele Filiberto diede un assetto stabile alle finanze dello Stato e senza gravare molto sull’erario costituì un’organizzazione militare, che poteva essere rapidamente mobilitata. Emanuele Filiberto, più che nelle sue aspirazioni su Ginevra, ebbe fortuna in quelle sul Piemonte, dove con gli Accordi di Blois e la Convenzione di Fossano (1562) riottenne dai francesi le piazze di Torino, Chieri, Chivasso. Dal cantone di Berna riebbe, con il Trattato di Losanna (1564), il Genevese, lo Sciablese e il Gex. Nel 1574 fu restituita dai francesi la piazza di Pinerolo e l’anno dopo la Spagna restituiva Asti e Santhià. Carlo Emanuele I, sfumata la possibilità di un colpo di mano su Ginevra, invase il marchesato di Saluzzo, allora occupato da milizie protestanti francesi e il 29 settembre 1588 se ne impadronì in nome di Enrico III. Salito sul trono di Francia Enrico di Navarra, il Parlamento di Aix chiese la protezione di Carlo Emanuele, il quale con l’assenso di Sisto V e di Filippo II invase la Provenza e ne assunse il governo (nov. 1590). Ma presto le forze francesi guidate da Lesdiguières, occupata Grenoble, costrinsero le truppe sabaude a togliere l’assedio da Ginevra e ad abbandonare la Provenza (1592). Si profilò il pericolo di una invasione del Piemonte e per più anni Carlo Emanuele e Lesdiguières si logorarono in una guerra di assedi sulle Alpi, finché fu firmata la Pace di Lione (1601), che assicurò Saluzzo al ducato di Savoia e diede alla Francia la Bresse e il Gex. Morto nel 1612 il genero Francesco Gonzaga, Carlo Emanuele invase il Monferrato, che rivendicava alla nipote Maria, figlia del defunto, e resisté al successivo intervento della Spagna, mirante a imporre il disarmo completo ai contendenti. Respinti nel tentativo di prendere Asti e fallito un loro attacco a Nizza dal mare, gli spagnoli riuscirono solo a occupare Oneglia e furono costretti a firmare il primo Trattato di Asti (dic. 1614). Ma, ricominciata la guerra, le truppe sabaude furono sconfitte sotto le mura di Asti (maggio 1615). Intervennero allora Francia, Inghilterra e Venezia a costringere i belligeranti al secondo Trattato di Asti (giugno 1615). Morto (dic. 1627) Vincenzo II Gonzaga, si riaprì la questione del Monferrato, per la spartizione del quale Carlo Emanuele si era accordato col governatore di Milano. Sconfitto in valle di Susa, Carlo Emanuele dovette lasciar passare per i suoi Stati le truppe francesi e consegnare Susa. Sembrando le sorti della guerra volgere a favore degli imperiali, Carlo Emanuele chiese a Richelieu migliori condizioni, il che provocò un’energica azione dei francesi, che occuparono Alpignano e Pinerolo, cacciarono Tommaso di Carignano dalla Savoia, sconfissero Vittorio Amedeo ad Avigliana. Carlo Emanuele moriva in quei giorni (luglio 1630) con lo Stato sull’orlo della rovina. Con i Trattati di Cherasco (1631), cedendo alla Francia la piazza di Pinerolo e impegnandosi ad aiutarla in caso di guerra, il ducato divenne un satellite della Corona francese, completamente isolato. Avvicinandosi la guerra tra Francia e Spagna, Vittorio Amedeo I tentò di far valere per gli Stati italiani il principio della neutralità, ma fu costretto da Richelieu a tener fede agli impegni di Cherasco nel Trattato di Rivoli (1635). Morto il duca, la lotta tra francesi e spagnoli, i quali avevano intanto occupato Vercelli, si complicò con la lotta tra Madama Reale e i principi cognati, il cardinale Maurizio e Tommaso di Carignano, battuti da d’Harcourt. Alla pace generale, col Trattato di Münster (1648) si confermarono riguardo agli Stati s. i Trattati di Cherasco; nel 1659 la Pace dei Pirenei obbligò la Spagna a restituire Vercelli, ma la Francia conservò Pinerolo. Nella guerra della Grande alleanza Vittorio Amedeo II si schierò contro i francesi, che batterono più volte le sue truppe e occuparono tutta la Savoia. Nella Pace generale di Ryswick (1697) Vittorio Amedeo ebbe riconfermato dall’Europa il ricupero di Pinerolo, sottraendosi così la casa di Savoia alla soggezione francese. Scoppiata la guerra di Successione spagnola, Vittorio Amedeo si schierò coi francesi (1702), poi, non riuscendo a ottenere dalla Francia la promessa del Milanese, firmò il trattato di alleanza con l’Austria (1703), entrando nella lega antiborbonica. Entrati in Savoia e in Piemonte, i francesi si perdettero in una guerra di assedi, tra i quali quello di Torino (1706). A Utrecht con il Trattato del 12 luglio 1713 la Spagna cedette la Sicilia alla casa di Savoia, che ottenne così il titolo regio. Trasformatasi la situazione internazionale per la politica di G. Alberoni, Vittorio Amedeo II non riuscì ad avere una parte del Milanese in cambio della Sicilia: la Quadruplice alleanza lo costrinse ad accettare il cambio del regno di Sicilia con quello di Sardegna (1718). Gli ultimi dieci anni di regno di Vittorio Amedeo II furono di prosperità per lo Stato s., per l’amministrazione del quale il re creò una capace classe dirigente. Carlo Emanuele III fu dalla parte della Francia nella guerra di Successione polacca e per il Trattato di Vienna (1738) ebbe dall’Austria Novara e Tortona. Nella guerra di Successione austriaca invece si alleò all’Austria, ottenendo con la Pace di Aquisgrana (1748) il Vigevanasco, l’alto Novarese e il Pavese, ma per l’alleanza tra Austria e Francia attuata da W. Kaunitz, il regno di Sardegna fu tagliato fuori dalla politica attiva europea. Col regno di Vittorio Amedeo III tutti gli organismi dello Stato furono investiti da una profonda crisi, inevitabile per l’inserzione nella vita dello Stato della borghesia, formatasi con le professioni liberali, con le industrie della seta e della lana in Piemonte, con le forniture militari, con la conduzione dei fondi. Scoppiata la Rivoluzione a Parigi, il regno di Sardegna, legato alla Francia da rapporti dinastici, si trovò preso nelle guerre della Rivoluzione. Battuto nelle campagne del 1793 e 1794, l’esercito piemontese fu definitivamente sconfitto da Napoleone in quella del 1796 e Vittorio Amedeo III dovette firmare la Pace di Parigi (15 maggio), con la quale rinunciava alla Savoia e a Nizza. Due anni dopo la Repubblica francese impose a Carlo Emanuele IV di abdicare (7 dic. 1798). Abbattuta la Repubblica piemontese dall’esercito di A.V. Suvorov, il Piemonte passò nuovamente alla Francia dopo Marengo, incorporato in essa quale 27ª divisione militare (12 apr. 1801). Vittorio Emanuele I, invitato (15 apr. 1814) a ritornare nel suo Stato, al quale col Trattato di Parigi (30 maggio 1814) fu aggiunta Genova e tolta parte della Savoia, abolì la legislazione e gli ordinamenti introdotti da Napoleone, ristabilendo quelli vigenti nel 1798. Tuttavia i liberali piemontesi speravano che in odio agli austriaci Vittorio Emanuele I si piegasse a dare una costituzione e contavano su Carlo Alberto principe di Carignano. Delusi dalle dichiarazioni del re al Congresso di Lubiana, i carbonari piemontesi con una sollevazione militare tentarono di forzargli la mano, ma Vittorio Emanuele abdicò in favore del fratello Carlo Felice, che risiedeva a Modena e affidò temporaneamente il potere al principe di Carignano (13 marzo 1821). Questi dapprima concesse la Costituzione, poi, conosciute le intenzioni del nuovo re, si assicurò la fedeltà del grosso dell’esercito, che con l’aiuto degli austriaci abbatté facilmente il governo liberale. Succeduto a Carlo Felice il 27 apr. 1831, Carlo Alberto riaffermò in pieno l’assolutismo monarchico e accentuò l’indirizzo reazionario della politica estera sabauda. Con lui però le finanze sabaude ritornarono in felici condizioni, il regno ottenne codici che conciliavano quelli napoleonici con le esigenze degli Stati s.; in campo economico fu attuata l’unità degli Stati con l’abolizione di ogni barriera interna e l’adozione piena del libero scambio. Fu pure sentita l’urgenza del problema scolastico e lo Stato fece rientrare nella sua orbita la scuola elementare e si sottrasse all’egemonia culturale del clero. In questo fervore di rinnovamento dello Stato, dalla classe colta piemontese uscì la scuola politica moderata con V. Gioberti, C. Balbo, G. Durando, M. d’Azeglio. Quando Ferdinando II di Napoli concesse la Costituzione, Carlo Alberto nel marzo 1848 accordò lo Statuto (➔ Statuto albertino) e all’annuncio della ribellione di Milano dichiarò guerra all’Austria; sconfitto a Novara, abdicò a favore del figlio Vittorio Emanuele II. La pace negoziata con l’Austria non comportò perdite territoriali. Nel nov. 1852 divenne presidente del Consiglio Cavour, il quale vide un’occasione favorevole al compimento dell’unità d’Italia nella guerra di Crimea e intervenne a fianco delle potenze occidentali. Al Congresso di Parigi (1855-56) Cavour richiamò l’attenzione internazionale sul problema italiano e pochi anni dopo (➔ Plombières, convegno segreto di) ottenne l’alleanza di Napoleone III nella seconda guerra di Indipendenza. Dimessosi dopo Villafranca, Cavour tornò al governo nel 1860, riuscendo a risolvere il groviglio diplomatico che comportava l’annessione dell’Italia centrale. In cambio del riconoscimento francese, la Savoia con Nizza fu ceduta alla Francia col Trattato del 24 marzo 1860, ratificato il 15 apr. dello stesso anno da un plebiscito. Con la proclamazione del regno d’Italia (1861) la storia degli Stati s. si inseriva in quella d’Italia.