Il contributo esamina la disciplina di diritto internazionale privato in materia di successioni mortis causa, analizzando la normativa di conflitto introdotta a livello dell’Unione europea dal regolamento UE n. 650/2012 e l’eventuale, residua, applicazione delle pertinenti disposizioni contenute nella legge n. 218/1995. Si esaminano, inoltre, le norme che individuano la legge applicabile alle donazioni, contenute nel regolamento CE 593/2008 e nella legge n. 218/1995.
La materia delle successioni mortis causa è tradizionalmente regolata in modo profondamente differente nell’ambito dei singoli ordinamenti nazionali. Le divergenze esistenti sul piano del diritto sostanziale, con particolare (ma non esaustivo) riferimento all’individuazione dei beneficiari e al procedimento di devoluzione ereditaria, si riflettono sul versante del diritto internazionale privato (Bonomi, A., Successions internationales: conflits de lois et de juridictions, in Recueil des Cours de l’Académie de droit international de La Haye, CCCL, 2011, 71 ss.).
Sotto quest’ultimo profilo, si suole distinguere tra sistemi unionisti, che assoggettano, tendenzialmente, l’intera successione ad un’unica legge, e regimi dualisti, ove la disciplina della successione dei beni immobili e mobili è individuata secondo distinti criteri di collegamento che, per quanto riguarda i beni immobili, fa riferimento alla lex rei sitae (Davì, A.-Zanobetti, A., Il nuovo diritto internazionale privato delle successioni nell’Unione europea, Torino, 2014, 7 ss.).
È nel contesto europeo che si è assistito ad una vera e propria opera di unificazione del diritto internazionale privato e processuale in materia di successioni mortis causa, con l’adozione del regolamento UE n. 650/2012 del 4.7.2012, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo.
Il regolamento si applica a tutte le successioni delle persone decedute alla data o dopo il 17.8.2015, anche nel caso in cui la relativa controversia sia instaurata in un momento successivo (art. 83, co.1 e 84), ed è vincolante per tutti gli Stati membri dell’Unione, con l’esclusione della Danimarca, del Regno Unito e dell’Irlanda, in virtù dei protocolli n. 21 e 22 allegati ai Trattati sull’Unione europea. Pertanto, tali paesi devono essere qualificati come Stati terzi ai sensi e per gli effetti del regolamento.
Con riferimento alla legge applicabile, il regolamento sostituisce integralmente le norme di conflitto nazionali, che devono essere disapplicate in favore della normativa europea: pertanto, il diritto richiamato in base alle disposizioni del regolamento dovrà essere applicato dal giudice o altro operatore del diritto europeo anche se derivante dall’ordinamento di uno Stato terzo (art. 20).
Anche le norme sulla distribuzione della competenza giurisdizionale contenute nel capo II del regolamento trovano in ogni caso applicazione in luogo della disciplina nazionale (art. 50 l. 31.5.1995, n. 218), mentre la disciplina sull’efficacia di sentenze e atti stranieri (art. 64 ss. l. n. 218/1995) continuerà ad operare con riferimento ai medesimi atti e provvedimenti provenienti da uno Stato non vincolato dal regolamento europeo.
Accanto a questi aspetti, il regolamento introduce un istituto nuovo nel campo del diritto internazionale privato di matrice europea: si tratta del certificato successorio europeo, creato con lo scopo di facilitare l’amministrazione delle successioni aventi elementi di internazionalità (Riva, I., Certificato successorio europeo. Tutele e vicende acquisitive, Napoli, 2017; Maida, F., Il certificato successorio europeo, in Nuove leggi civ., 2013, 389 ss.).
Il regolamento n. 650/2012 si applica tutti gli aspetti di diritto civile concernenti le «successioni a causa di morte», secondo la definizione di cui all’art. 3, per il quale la locuzione comprende «qualsiasi modalità di trasferimento di beni, diritti e obbligazioni a causa di morte, che si tratti di un trasferimento volontario per disposizione a causa di morte ovvero di un trasferimento per effetto di successione legittima». Si tratta di una nozione ampia, che riguarda il fenomeno successorio nel suo complesso, inteso come il subentro nella titolarità dei rapporti giuridici attivi o passivi facenti capo al de cuius.
L’art. 1 del regolamento elenca in maniera tassativa le materie che esulano dal proprio campo di applicazione materiale. Sono escluse questioni connesse alle materie fiscale, doganale e amministrativa, nonché una serie di questioni direttamente connesse con aspetti di diritto di famiglia, come lo status delle persone fisiche ed i rapporti familiari, nonché i rapporti aventi effetti comparabili ai sensi di legge, le questioni riguardanti i regimi patrimoniali tra i coniugi e, nell’ambito dei rapporti che abbiano effetti comparabili al matrimonio, le obbligazioni alimentari diverse da quelle a causa di morte.
Inoltre, il regolamento non riguarda «i diritti e i beni creati o trasferiti con strumenti diversi dalla successione», come ad esempio le donazioni, i piani pensione o i contratti di assicurazione. Parimenti, è bene notare che anche le questioni relative alla costituzione, al funzionamento e allo scioglimento di trust non rientrano nella materia successoria ai sensi del regolamento: tuttavia, come precisato dal considerando n. 13, si deve sottoporre alla lex successionis la devoluzione di beni in trust e la determinazione dei beneficiari, in occasione della costituzione di trust testamentari o legali in connessione con una successione legittima.
Ulteriori esclusioni riguardano la materia societaria, delle associazioni e delle persone giuridiche, con particolare riferimento alle clausole degli atti costitutivi e degli statuti che stabiliscono la destinazione delle quote di partecipazione alla morte dei loro membri.
Di particolare importanza, infine, è l’esclusione delle questioni concernenti la natura dei diritti reali e qualsiasi iscrizione in un registro di diritti su beni mobili o immobili (sui quali di recente C. giust. UE, 12.10.2017, C-218/16, Aleksandra Kubicka). Pertanto, la trasmissibilità o meno per causa di morte di un diritto reale, avente ad oggetto un bene dell’asse ereditario, è disciplinata dalla legge applicabile al diritto reale in questione, secondo le norme di conflitto nazionali (Biagioni, G., L’ambito di applicazione del regolamento sulle successioni, in Il diritto internazionale privato europeo delle successioni mortis causa, a cura di P. Franzina-A. Leandro, Milano, 2013, 41 ss.).
Invero, l’art. 31 del regolamento tempera questa esclusione, prevedendo che, qualora una persona invochi un diritto reale che le spetta secondo la legge applicabile alla successione, ma non sia riconosciuto dallo Stato membro in cui tale diritto è invocato, quest’ultimo Stato ha l’obbligo di adattare, per quanto possibile, il diritto reale in questione, riconducendolo al diritto reale «equivalente più vicino previsto dalla legge di tale Stato, tenendo conto degli obiettivi e degli interessi perseguiti dal diritto reale in questione nonché dei suoi effetti».
Il criterio generale di collegamento, di cui all’art. 21, co. 1, è quello dell’ultima residenza abituale del de cuius al momento della morte. Esso corrisponde al foro generale in materia successoria (v. infra, § 9), al fine di perseguire l’obiettivo di coincidenza tra forum e ius e consentire al giudice di applicare, nella maggior parte dei casi, la propria legge nazionale.
L’ordinamento dell’ultima residenza abituale del de cuius è chiamato a regolare l’intera successione, «dall’apertura di quest’ultima fino al trasferimento della proprietà dei beni che fanno parte dell’eredità ai beneficiari» (art. 21, co. 1), compresi i beni mobili o immobili eventualmente situati in un altro Stato. L’art. 23 precisa, in senso non tassativo, i molteplici aspetti sottoposti alla legge regolatrice, tra i quali la determinazione dei beneficiari di una successione, delle rispettive quote e/o diritti, i poteri degli amministratori di eredità e degli esecutori testamentari, nonché tutte le fasi di trasferimento dei diritti e delle obbligazioni che fanno parte del patrimonio ereditario, compresa la divisione dell’eredità.
La lex successionis individuata in base alle norme di conflitto si applica a prescindere dalla natura mobile o immobile, oppure dalla localizzazione dei beni ereditari (considerando n. 37).
Pur non esistendo una definizione espressa della residenza abituale in nessun atto normativo dell’Unione europea, la Corte di giustizia ha precisato che si tratta di una nozione autonoma del diritto dell’Unione e ha fornito agli Stati membri importanti indicazioni (C. giust., 2.4.2009, C-523/07, A; C. giust., 22.12.2010, C-497/10, Mercredi; C. giust., 8.6.2017, C-111/17, OL). Come noto, si tratta di un criterio di natura fattuale e concreta, idoneo a mutare nel tempo, che si identifica nel luogo in cui il soggetto ha fissato il centro dei propri interessi con voluto carattere di stabilità (Re, J., Where did they live? Habitual residence in the succession regulation, in Riv. dir. int. priv. proc., 2018, 978 ss.).
Con riferimento alla materia successoria, i considerando nn. 23 e 24 del regolamento forniscono alcune indicazioni per determinare l’ultima residenza abituale del de cuius. In particolare, occorre effettuare una «valutazione globale delle circostanze di vita del defunto negli anni precedenti la morte e al momento della morte» con particolare riferimento alla durata, alla regolarità, alle condizioni e alle ragioni del soggiorno del defunto nello stato interessato. Nei casi di più difficile determinazione, soccorrono anche alcuni elementi secondari, come ad esempio la cittadinanza del de cuius e la localizzazione dei beni principali dell’asse ereditario: tali circostanze non sono di per sé determinanti, ma possono costituire un valido indizio nella determinazione del luogo in cui il de cuius aveva il centro dei propri interessi.
La coincidenza tra forum e ius è destinata a venire meno in alcune ipotesi, tra cui figura la clausola di eccezione prevista dall’art. 21, co. 2, la quale consente l’applicazione della legge di uno Stato diverso da quello di ultima residenza abituale del de cuius, qualora risulti chiaramente, dal complesso delle circostanze del caso concreto, che al momento della morte, il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti con tale paese. La disposizione, pertanto, si presta ad una valutazione discrezionale del giudice, che si affianca alla già flessibile nozione di residenza abituale (Davì, A.-Zanobetti, A., Il nuovo diritto internazionale privato europeo delle successioni, cit., 51 ss.).
Un’ulteriore possibilità di disconnessione tra forum e ius si verifica nel momento in cui il de cuius si avvale della facoltà, prevista dall’art. 22, di scegliere la legge applicabile alla sua successione, attraverso una dichiarazione unilaterale nella forma di una disposizione mortis causa (Bonomi, A., Il regolamento europeo sulle successioni, in Riv. dir. int. priv. proc., 2013, 309; Damascelli, D., Diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte, Milano, 2012, 99; Campiglio, C., La facoltà di scelta della legge applicabile in materia successoria, in Riv. dir. int. priv. proc., 2016, 925 ss.). La facoltà di scelta accordata al de cuius ha l’effetto di rendere immediatamente individuabile la disciplina che sarà applicabile ad una futura successione, circostanza che in mancanza di una scelta di legge rimarrebbe incerta fino al momento della morte del de cuius, attraverso l’individuazione della sua ultima residenza abituale.
Tali obiettivi risultano ulteriormente rafforzati dal fatto che l’art. 22 limita la scelta alla legge: più precisamente, il de cuius può designare quale legge regolatrice dell’intera successione la legge dello Stato di cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.
È inoltre previsto che la professio iuris possa altresì essere ricavata in via ricostruttiva dalle clausole di una disposizione a causa di morte, dalle quali risulti in modo inequivocabile la volontà del de cuius di assoggettare la successione alla propria legge nazionale.
La scelta di legge deve necessariamente riguardare l’intera successione. Non è quindi ammessa una professio iuris parziale, né alcuna forma di depeçage. Con riguardo alla validità sostanziale della professio iuris, il terzo comma dell’art. 22 stabilisce espressamente che questa è regolata dalla stessa legge scelta.
Il regolamento dedica specifiche norme di conflitto alle questioni relative all’ammissibilità ed alla validità formale e sostanziale delle disposizioni a causa di morte (artt. 24 ss.). Tale espressione comprende i testamenti, i testamenti congiuntivi ed i patti successori (art. 3, co. 1, lett. d). Tuttavia, con riguardo all’ammissibilità e alla validità sostanziale, la regola generale contenuta nell’art. 24 del regolamento si applica solamente ai testamenti, mentre i patti successori sono soggetti a regole diverse, contenute all’art. 25.
L’art. 24 fa ricorso alla tecnica della legge successoria cd. “anticipata” o “ipotetica”, sottoponendo l’ammissibilità e la validità sostanziale delle disposizioni a causa di morte (diverse dai patti successori) alla legge che sarebbe stata applicabile alla successione qualora essa si fosse aperta al momento del compimento dell’atto che contiene le disposizioni in questione. Al fine dell’identificazione della legge successoria ipotetica, dovrà tenersi conto dell’eventuale scelta di legge effettuata dal de cuius conformemente all’art. 22 del regolamento o, in mancanza, della legge individuata in base al criterio generale dell’ultima residenza abituale (v. considerando n. 51).
L’autore della disposizione a causa di morte ha la facoltà di scegliere la legge applicabile all’ammissibilità ed alla validità sostanziale della stessa, conformemente all’art. 22 (art. 24, co. 2).
I patti successori sono definiti dal regolamento come qualsiasi «accordo, anche derivante da testamenti reciproci, che conferisce, modifica o revoca, con o senza corrispettivo, diritti nella successione futura di una o più persone parti dell’accordo» (art. 3, co. 1, lett. b). Il regolamento distingue i patti successori che abbiano ad oggetto la successione di una sola persona, da quelli relativi alla successione di più persone. Nel primo caso, la legge regolatrice della loro ammissibilità, validità sostanziale, nonché degli «effetti vincolanti tra le parti, comprese le condizioni di scioglimento», è quella che, in forza del regolamento, sarebbe stata applicata alla successione se la persona in questione fosse deceduta il giorno della conclusione del patto (art. 25, co. 1). Nel secondo caso, l’ammissibilità del patto dev’essere valutata sulla base delle singole leggi applicabili sulla base del regolamento se le persone fosse morte il giorno della conclusione del patto. Per le altre questioni – attinenti a validità sostanziale, effetti obbligatori e condizioni di scioglimento – si applicherà la legge del paese con il quale il patto presenti il collegamento più stretto (art. 25, co. 2). Resta ferma la possibilità di ricorrere alla professio iuris (art. 25, co. 3).
Occorre precisare che il regolamento ha inteso estendere la propria disciplina di conflitto solo ai patti successori riconducibili ad una disposizione a causa di morte. Sono pertanto esclusi i patti aventi natura prevalentemente contrattuale, altrimenti detti patti “dispositivi” o “rinunciativi”, con i quali taluno dispone dei diritti che gli deriveranno da una successione non ancora aperta, senza la partecipazione all’accordo del de cuius (Barel, B., La disciplina dei patti successori, in Il diritto internazionale privato europeo delle successioni mortis causa, cit., 107, 114).
L’art. 27 disciplina in via univoca le questioni relative alla validità formale delle disposizioni a causa di morte fatte per iscritto, compresi i patti successori. A tal fine, richiama e fa propria una pluralità di criteri di collegamento in concorso alternativo fra loro, sulla base di considerazioni di natura materiale ed al fine di favorire il più possibile la validità della disposizione mortis causa. In particolare, quest’ultima sarà valida quanto alla forma se conforme alla legge: a) dello Stato in cui la disposizione è stata fatta o il patto successorio è stato concluso; o b) di uno degli Stati di cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio possedeva la cittadinanza al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o c) di uno degli Stati in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva il domicilio al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o d) dello Stato in cui il testatore o almeno una delle persone la cui successione è interessata da un patto successorio aveva la residenza abituale al momento in cui la disposizione è stata fatta o il patto è stato concluso, o al momento della morte; o e) per quanto riguarda i beni immobili, dello Stato in cui i beni immobili sono situati.
Un’ulteriore disciplina di conflitto in punto di validità formale riguarda, infine, le dichiarazioni riguardanti l’accettazione o la rinuncia dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima, nonché quelle volte a limitare la responsabilità della persona che effettua la dichiarazione (art. 28). Anche in questo caso, è previsto un concorso alternativo di criteri di collegamento, che richiama la legge applicabile all’intera successione e la legge dello Stato di residenza abituale del dichiarante.
Per un migliore coordinamento tra la disciplina sul conflitto di leggi prevista dal regolamento e quelle in vigore negli Stati terzi (Franzina, P., Ragioni, valori e collocazione sistematica della disciplina internazionalprivatistica europea delle successioni mortis causa, in Il diritto internazionale privato europeo delle successioni mortis causa, cit., 21 ss.), il legislatore europeo ha ritenuto opportuno prevedere una limitata operatività del meccanismo del rinvio. L’art. 34 ammette il ricorso a tale istituto nell’ipotesi in cui le norme di diritto internazionale privato di uno Stato terzo, richiamato dalla disciplina di conflitto uniforme, a loro volta rinviino alla legge di uno Stato membro ovvero alla legge di uno Stato terzo che accetta il rinvio. L’operatività del rinvio è in ogni caso esclusa laddove la legge applicabile alla successione sia quella designata dal de cuius ai sensi dell’art. 22, ovvero quella individuata sulla base della clausola di salvaguardia di cui all’art. 21, co. 2. Inoltre, il rinvio non opera nei casi di cui agli artt. 27, 28, lett. b) e 30: si tratta di tutte le questioni relative alla validità formale degli atti, nonché all’ipotesi di applicabilità di norme speciali che impongono restrizioni alla successione di determinati beni (v. supra, § 4).
Fra le questioni di natura generale disciplinate dal regolamento rientra, inoltre, il limite di cui all’art. 35, che consente al giudice, o ad altra autorità competente sulla successione, di non applicare la lex successionis individuata in base alle norme di conflitto uniformi, qualora essa risulti «manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro». Peraltro, occorre dare atto che una serie di questioni, storicamente oggetto di profonde differenze di vedute nell’ambito degli ordinamenti degli Stati membri, non potranno più essere oggetto della limitazione di ordine pubblico a seguito della loro espressa inclusione nel campo di applicazione della lex successionis. Il riferimento è, in particolare, ai patti successori: la specifica disciplina di conflitto dettata in punto di ammissibilità e validità sostanziale (v. supra, § 5) impedisce al giudice di negare qualsivoglia effetto a tali patti, per la sola ragione che l’ordinamento del foro ne sancisce il divieto (come accade in Italia, a fronte della previsione di nullità dei patti successori ai sensi dell’art. 458 c.c.).
L’approccio unitarista adottato dal regolamento con riferimento alla legge applicabile si riflette anche nella disciplina della giurisdizione, contenuta nel capo II. L’organo giurisdizionale individuato dal regolamento è competente a pronunciarsi sull’intera successione (art. 4), senza alcuna deroga derivante dalla natura e dalla localizzazione dei beni dell’asse ereditario. L’unica deroga all’unità della giurisdizione è prevista dall’art. 12, che prevede la possibilità per il giudice adito (previa richiesta di una delle parti) di astenersi dal decidere su uno o più beni ereditari che siano situati in uno Stato terzo, qualora ritenga che la sua decisione non sarà riconosciuta o dichiarata esecutiva in tale Paese.
La disciplina contenuta nel capo II del regolamento deve considerarsi esaustiva: se i tribunali degli Stati membri non possono fondare la propria giurisdizione su nessuno dei criteri previsti dal regolamento, essi devono declinare la propria competenza, non potendo invocare le norme nazionali (art. 15).
Il criterio generale di competenza stabilito dal regolamento, di cui all’art. 4, coincide con il criterio di collegamento principale per l’individuazione della legge applicabile ed è quello dell’ultima residenza abituale del defunto al momento della morte. Qualora la coincidenza tra forum e ius venga meno per effetto di una scelta di legge da parte del de cuius, il regolamento prevede anche alcuni meccanismi per il ripristino di tale parallelismo.
In primo luogo, ai sensi dell’art. 5, è previsto che le parti interessate possano concludere un accordo di proroga della competenza giurisdizionale in favore delle autorità dello Stato della legge scelta dal de cuius per regolare la propria successione, a condizione che si tratti di un paese vincolato dal regolamento. L’accordo di proroga è formalmente valido se concluso per iscritto, datato e firmato dalle parti (art. 5, co. 2). Esso attribuisce al giudice designato una competenza di natura esclusiva.
Nell’eventualità in cui un accordo di proroga sia concluso da solo alcune delle parti interessate, l’art. 9 del regolamento permette alle parti cd. “escluse” di aderire successivamente all’accordo di proroga – attraverso un’accettazione tacita – o, in alternativa, di contestare la giurisdizione del giudice adito. La proroga può anche essere effettuata anche nelle forme di un’accettazione espressa della giurisdizione del giudice adito (art. 7, lett. c).
Il giudice competente in via generale ai sensi dell’art. 4 può, altresì, declinare la propria giurisdizione in favore del giudice dello Stato membro della legge scelta, su richiesta di una delle parti del procedimento, se ritiene che tale organo sia «più adatto» a decidere sulla successione (art. 6, lett. a).
Nell’ipotesi in cui il de cuius non avesse la propria residenza abituale in uno Stato membro al momento della sua morte, l’art. 10 attribuisce comunque la giurisdizione sull’intera successione agli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui sono presenti beni ereditari, purché si tratti dello Stato di cui il de cuius aveva la cittadinanza al momento della morte, oppure dello Stato di precedente residenza abituale, purché non siano trascorsi più di cinque anni dal cambiamento di tale residenza. Se nemmeno queste condizioni sono soddisfatte, ai sensi dell’art. 10, par. 2, lo Stato in cui si trovano beni ereditari è comunque competente a decidere, ma solo con riferimento a tali beni.
L’art. 11, dal canto suo, disciplina il caso in cui nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro sia competente in forza delle altre disposizioni del regolamento, ma la questione successoria presenta stretti collegamenti con uno Stato terzo. In base al cd. forum necessitatis (Franzina, P., Sul forum necessitatis nello spazio giudiziario europeo, in Riv. dir. int., 2009, 1221 ss.), l’organo giurisdizionale di uno Stato membro con il quale la causa presenta un collegamento sufficiente potrà considerarsi competente, se ritiene che un procedimento non possa essere ragionevolmente intentato o svolto o si riveli impossibile nello Stato terzo in questione.
Il regolamento n. 650/2012 esclude dal proprio campo di applicazione materiale le questioni relative alle donazioni (art. 1, co. 2, lett. g), con l’unica eccezione di quelle fattispecie donative cd. “mortis causa”, le quali devono essere qualificate come patti successori (Dutta, A., Donation, in AA.VV., Encyclopedia of Private International Law, Cheltenham, 2017, 561 ss.).
La disciplina internazionalprivatistica dell’istituto deve quindi rinvenirsi nella normativa nazionale che, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, è contenuta nell’art. 56 l. n. 218/1995. Invero, la qualificazione delle donazioni come istituto di natura contrattuale operata dal codice civile (art. 769 c.c.), pone il problema del rapporto tra il citato art. 56 e la normativa di conflitto in materia di obbligazioni contrattuali, attualmente contenuta nel regolamento CE n. 593/2008 del 17.6.2008 (Roma I). Peraltro, la questione si era posta già con riferimento alla Convenzione di Roma del 1980 in materia di obbligazioni contrattuali, tutt’ora richiamata dall’art. 57 l. n. 218/1995 (in materia, Mosconi, F.-Campiglio, C., Diritto internazionale privato e processuale, II, Milano, 2016). Se, infatti, l’art. 56 della nostra legge di riforma deve considerarsi speciale rispetto al successivo art. 57, con conseguente prevalenza del primo rispetto alle materie da esso considerate, occorre considerare che le norme di conflitto uniformi contenute nella Convenzione di Roma del 1980 e, attualmente, nel regolamento Roma I sono oggetto di interpretazione e qualificazione autonoma a livello europeo, anche per quanto riguarda la determinazione del loro ambito di applicazione materiale.
La questione esposta non ha trovato soluzioni univoche in dottrina, anche se sembra prevalente la tesi per cui l’art. 56 ha natura residuale ed è applicabile alle fattispecie donative escluse dal campo di applicazione della disciplina europea (ex multis, Bonomi, A., Donazione (dir. int. priv.), in Enc. dir., agg. II, Milano, 1998, 306 ss.; Boschiero, N., Art. 56 (Donazioni), in La riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato. Legge 31 maggio 1995, n. 218. Commentario, in Riv. dir. int. priv. proc., 1995, 1171 ss.). Si tratta, in particolare, di tutte le donazioni relative alla materia successoria o familiare (v. l’esclusione di cui all’art. 1, co. 2, lett. b e c, del regolamento Roma I).
Il regolamento Roma I pone quale criterio generale per l’individuazione della legge applicabile la volontà delle parti e, pertanto, del donante (art. 3). In assenza di scelta, l’art. 4, co. 2, del regolamento rinvia alla legge di residenza abituale della parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto: anche in questo caso, occorre naturalmente fare riferimento alla residenza del donante, quale soggetto passivo dell’obbligazione principale derivante dalla donazione. Fa, tuttavia, eccezione a questa regola l’importante categoria delle donazioni aventi ad oggetto un diritto reale immobiliare, per le quali l’art. 4, co. 1, lett. c) prescrive l’applicazione della lex rei sitae.
A mente del co. 3 dello stesso articolo, ed in deroga alle disposizioni precedenti, è comunque possibile l’applicazione della legge dello Stato con il quale la donazione presenta collegamenti manifestamente più stretti.
La legge così individuata disciplina tutte le questioni relative al rapporto contrattuale, comprese quelle relative alla sua interpretazione, alla sua esecuzione, alle conseguenze dell’inadempimento, nonché ai diversi modi di estinzione delle relative obbligazioni ed alle conseguenze dell’eventuale nullità. Il regolamento Roma I precisa, peraltro, che gli aspetti relativi all’esistenza ed alla validità del contratto o di una sua disposizione sono disciplinati dalla legge applicabile in base alle disposizioni del regolamento stesso, se il contratto o la disposizione fossero validi (art. 10). Criteri di collegamento diversi individuano, invece, la legge applicabile alla validità formale: l’art. 11 richiama, in via alternativa ed oltre alla legge che disciplina gli aspetti sostanziali, la legge dello Stato in cui la donazione è stata conclusa, oppure quella del paese in cui uno dei contraenti si trovava o era abitualmente residente al momento della conclusione. Se la donazione ha ad oggetto diritti reali immobiliari, la validità formale è disciplinata dalla lex rei sitae (art. 4, co. 5).
Con riferimento alle donazioni non ricomprese nell’ambito di applicazione del regolamento Roma I, l’art. 56 l. n. 218/1995 configura un concorso successivo di criteri di collegamento: ferma restando la possibilità per il donante di scegliere la legge applicabile, in mancanza di tale professio iuris la donazione è soggetta alla legge nazionale del donante al momento della conclusione dell’atto (Boschiero, N., Donazione nel diritto internazionale privato, in Dig. civ., IV, VII, Torino, 1991, 185). La donazione è valida, quanto alla forma, se considerata tale dalla legge applicabile agli aspetti sostanziali, oppure alla legge dello Stato in cui l’atto è stato compiuto (art. 56, co. 3, l. n. 218/1995).
Fonti normative
Reg. UE n. 650/2012 del 4.7.2012; reg. CE n. 593/2008 del 17.6.2008; artt. 46-50, 56 l. 31.5.1995, n. 218.
Bibliografia essenziale
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