STEFANO da Cuneo, santo
STEFANO da Cuneo, santo. – La data di nascita non è nota. L’unica notizia certa della sua vita è che, divenuto in data imprecisata frate minore, fu martirizzato il 14 novembre 1391 a Gerusalemme insieme ad altri tre suoi confratelli: Nicola Tavelić, Deodato Aribert da Ruticinio e Pietro da Narbona. Di questo evento si hanno due distinte relazioni che consentono di ricavare qualche pur insicuro elemento biografico.
La prima relazione sul martirio (Relatio vaticana prima) fu probabilmente scritta da alcuni testimoni oculari e copiata dal guardiano del Monte Sion e superiore della Custodia di Terra Santa, frate Geraldo Calvet, lui stesso presente al martirio, in una lettera del 20 gennaio 1392 indirizzata alla comunità catalana di Damasco. Calvet scrisse anche un’altra stesura della relazione, chiamata Relatio vaticana secunda, prima dell’ottobre del 1392. Il secondo racconto, chiamato Relatio sibenicensis, fu redatto da un anonimo frate minore croato, anch’egli teste oculare del martirio e compagno dei quattro frati a Gerusalemme, ed è conservato acefalo in un breviario del convento di Sebenico risalente al 1411 e copiato interamente da frate Giacinto Dobrovich nel 1733 dallo stesso archetipo, ora perduto, da cui copiò anche il breviario.
Quanto alla provenienza cuneese di Stefano, la Relatio vaticana prima parla genericamente di uno «Stephanus provinciae Janue» (Mandić, 1958, pp. 36 s.), mentre la Relatio vaticana secunda specifica «Stephanus de Cunis, provincie Janue» (ibid., p. 43), e la Relatio sibenicensis lo chiama «Stefano de Turelli provintie Gianue» (ibid., p. 58). Il pellegrino veneto Allegretti de Gallotti riportò l’episodio del martirio intorno al 1400 nel suo Liber peregrinationis e nominò Stefano come proveniente «da Chomo presso a Zinova» (ibid., p. 64). Il celebre frate osservante Giacomo della Marca, invece, in un sermone del 1449, lo dice «de Lanich, in vicaria Corseche» (ibid., p. 68). Le testimonianze successive, con alcune varianti minori, concordano con queste ipotesi. Fa eccezione l’erudito frate minore sardo Salvatore Vitale (Giovanni Andrea Contini) che nella sua Chronica sacra, santuario di Corsica, scritta nel 1639, nomina Stefano come «Stefano de Pruneli della Vicaria di Corsica», dicendolo dunque proveniente dall’attuale piccola cittadina corsa di Prunelli di Fiumorbo (Vitale, 1639, p. 284).
La Relatio sibenicensis è l’unica fonte che parla del passato di Stefano prima del martirio. Riferisce che visse otto anni nella vicaria di Corsica e poi otto anni a Gerusalemme: si evincerebbe, dunque, che Stefano risiedette nell’isola dal 1375 al 1383 per poi trasferirsi a Gerusalemme dal 1383 al 1391, e incontrare i futuri compagni di martirio.
Secondo tutte le relationes Stefano e i suoi tre compagni, dopo essersi preparati adeguatamente alla predicazione della fede e al martirio attraverso i consigli dei teologi e la lettura della Scrittura e di alcuni trattati, si recarono l’11 novembre 1391 dal cadì di Gerusalemme portando con sé un rotulus scritto in latino e arabo in cui si confutava la fede musulmana e si predicavano le verità cristiane. I quattro, ottenuta udienza dal cadì, lessero il contenuto del codice scatenando le ire dei presenti che invitarono i frati a rinnegare le ingiurie sulla falsità della loro fede e sul profeta Maometto, apostrofato come lussurioso, omicida, goloso e spogliatore del prossimo, minacciandoli di morte. Di fronte al rifiuto dei frati e all’affermazione della volontà di morire per la fede il cadì pronunciò la sentenza di morte che fu accolta con entusiasmo da una folla sopraggiunta nella piazza. Picchiati dalla stessa folla inferocita, i frati furono poi arrestati, torturati e messi in carcere per tre giorni. Il terzo giorno, il 14 novembre, furono portati davanti al cadì e al governatore provinciale, condannati a morte, trucidati e gettati al rogo. Il fuoco, prosegue la narrazione, non riuscì a consumare le membra dei frati, cosicché i musulmani deliberarono di disperderne le ceneri e seppellirne le ossa affinché i cristiani non li potessero trovare.
Paolo VI nel 1966 confermò per Stefano da Cuneo, Deodato Aribert da Ruticinio e Pietro da Narbona il culto che era stato già approvato per il solo Nicola Tavelić nel 1889 da Leone XIII. Il 21 giugno 1970 tutti e quattro i frati furono canonizzati dallo stesso Paolo VI.
Fonti e Bibl.: S. Vitale, Chronica sacra, santuario di Corsica..., Firenze 1639, p. 284; P. Durrieu, Procès-verbal du martyre de quatre frères Mineurs, in Archives de l’Orient Latin, I, Paris 1881, pp. 539-546; G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa e dell’Oriente francescano, V, Quaracchi 1927, pp. 282-297; A. Crnica, Historico-iuridica dilucidatio vitae, martyrii et gloriae b. Nicolai Tavelić, Roma 1958, pp. 68, 81-83, 85, 99-104, 106, 108 s., 112, 116, 118, 122, 128 s., 131, 134, 177; D. Mandić, Documenta martyrii b. Nicolai Tavelić et sociorum eius Ord. Min., Roma 1958, pp. 3 nota 2, 43, 50, 58 s., 64, 68, 79; G. Calveti, Quattro martiri sul rogo, Roma 1962; A. Ghinato, Fiamme a Gerusalemme. Vita e martirio di S. Nicolò Tavelić e compagni francescani della Custodia di Terra Santa, Roma 1970 (Postulazione della causa di s. Nicola Tavelić); Terra Santa, agosto-settembre 1970, n. monografico: S. Nicola Tavelić e compagni.