FEDELI, Stefano
Figlio di maestro Giovanni e di Maria Antonietta Montini, nacque a Roma nel 1794 (per le notizie a lui relative, se non altrimenti specificato, cfr. Bulgari, 1958).
Eletto il 3 e patentato maestro il 24 ott. 1815, ricevette in questa occasione dal Collegio degli orefici e argentieri di S. Eligio il bollo (498) usato fino al 9 luglio 1866; esso è stato rilevato, oltre che sulla placchetta conservata nell'Archivio storico di S. Eligio, anche su numerose argenterie sacre e civili, tra cui una scaldina (ill. in Bulgari, I, 1958, p. 437) e in un grande gruppo in argento raffigurante Ulisse con il cane Argo (ibid., tav. XXV). Nel 1815 aveva casa e bottega al vicolo della Vetrina n. 19.
Tra il 1815 e il 1826 eseguì un rimmonim (o rimonim: corona per rotolo della Legge) parte in argento e parte in argento dorato donato nel 1826 dalla famiglia Menasci, che l'aveva commissionato, alla "Schola castigliana" e conservato ora nel Museo della sinagoga della comunità israelitica di Roma (n. 67).
L'insieme della decorazione si rivela di chiara impronta neoclassica, in particolare la zona dell'urna retta da tre leoni accovacciati e decorata anch'essa con protomi leonine raccordate da festoni di fiori e frutta e sormontate da tre frutti di melograno e foglie lanceolate in argento dorato.
Tra il 1830 e il 1833 abitò inizialmente in via del Pellegrino n. 58, con la moglie Teresa Giordani (che morì nel 1830) e i figli. Una coppia di turiboli in argento stampato e cesellato, il cui punzone permette di assegnare i due oggetti al F. e la scritta "Thomas Weld D. D. Anno 1830" sul piede consente di stabilire con esattezza la data di realizzazione entro il 1830, sono conservati nel convento di S. Marcello al Corso a Roma. Si tratta di un dono fatto alla chiesa dal cardinale Weld titolare del convento dal 1830 al 1837. Nella stessa chiesa è conservato un incensiere in argento sbalzato e lavorato a bulino recante il timbro del maestro; per le affinità stilistiche che esso presenta (medesimo decoro a foglie di alloro nel sotto coppa) con i due turiboli donati nel 1830 dal cardinale Weld alla chiesa di S. Marcello, può essere datato allo stesso periodo.
Nel 1831 il F. risulta sposato con Anna Pichler figlia dell'incisore Giuseppe. Nello stesso anno aveva una bottega di ottonaro al pianterreno dei numeri 57 e 58 di via del Pellegrino.
Al primo quarto del sec. XIX viene assegnato dalla Cardilli Alloisi (1975)., per il gusto di un classicismo quasi purista, un calice in argento fuso, sbalzato e cesellato conservato a Roma nella chiesa di S. Marcello al Corso.
La presenza del punzone, sebbene consunto, permette di assegnare il calice al Fedeli. Accanto alla consueta decorazione del bordo esterno a palmette con teste di cherubini e festoni, è da notare il fregio continuo della parte superiore raffigurante la Salita al Calvario, la Crocefissione e la Deposizione dalla Croce. Sul nodo del calice agli Angeli con i simboli della passione si alternano le tre Virtù teologali. La patena d'argento dorato applicata sotto il piede è opera invece di Pietro Paolo Spagna.
Dal 1842 al 1860 il F. abitò con la famiglia in via dei Cappellari. Il 20 ott. 1848, secondo l'iscrizione ancora leggibile, Luigi Costa donò al convento di S. Marcello a Roma un calice del F. in argento fuso, cesellato e dorato.
Per la presenza del punzone sulla coppa l'opera trova una precisa paternità e può essere datata per le sue caratteristiche artistiche al 1848, anno della donazione alla chiesa.
Ancora un calice del F. in argento e in parti d'oro assegnato da Heikamp (1975) alla prima metà del sec. XIX è conservato presso il tesoro della basilica di S. Lorenzo a Firenze.
Particolarmente ricca la decorazione del piede del calice, dove alle figure del Padre, della Fede, Speranza e Carità si accompagnano scene tratte dalla Vita di Cristo in rilievo su placchette.
La bottega del maestro che nel 1857 risulta in via del Pellegrino n. 68 fu spostata tra il 1867 e il i 870 al n. 66 della medesima via; nel 1868 i contributi per l'attività risultano ancora in regola. Il 9 luglio 1866 venne assegnato al F. un nuovo bollo (499), che egli continuò ad usare fino al 1870; esso può essere rilevato in un servizio da scrittoio in argento fuso, sbalzato e cesellato eseguito per la sede municipale di Spoleto ed ora conservato nella Pinacoteca della città.
Punzoni camerali e punzoni a forma di rombo si trovano sul ciglio del calamaio e sullo spargisabbia.
Diversi esempi di argenteria civile del F. sono conservati presso la collezione di argenterie Fornari (cfr. Fornari, 1968); tra questi si ricordano esemplari di calamai con analoga decorazione di gusto neoclassico, una zuppiera per puerpera e una piccola zuccheriera con base quadrata.
Il F. morì a Roma nel 1870.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Soprintendenza per i beni artistici e storici, S. Marcello alCorso, schede nn. 199, 228 s., 233; C. G. Bulgari, Argentieri gemmari e orafi d'Italia, Roma 1958, I, p. 437; S. Fornari, Gli argenti romani, Roma 1968, p. 132; D. Liscia Bemporad, Arte cerimoniale ebraica in Italia, in Commentari, 1974, 3-4, p. 267, fig. 10; L. Cardilli Alloisi, in Tesori d'arte sacra di Roma e del Lazio dal Medioevo all'Ottocento (catal.), Roma 1975, pp. 153, 187; D. Heikamp, Manuscripts and treasures from S. Lorenzo: an exhibition at the Laurentian Library, in The Burlington Magazine, CXVII (1975), p. 425, figg. 155 s.; Arte in Valnerina e nello Spoletino; emergenza e tutela permanente (catal.), Spoleto 1983, p. 188 n. 79; A. Bulgari Calissoni, Maestri argentieri gemmari e orafi di Roma, Roma 1987, p. 197.