Stefano II, Uroš Milutin
II Re di Serbia (1282-1321), appartenente alla dinastia dei Nemanija; figlio secondogenito di Stefano I Uroš e di Elena (Jelena).
Non era destinato a succedere al trono, se il fratello maggiore Dragutin (1276-1316), dopo i Vespri Siciliani (31 marzo 1282), non avesse preferito cedergli la Serbia. Il suo lungo regno segna per la Serbia un'epoca di sviluppo dell'attività mineraria, primo inizio dell'ascesa economica generale. Questo gli consentì di avviare una vigorosa politica di espansione territoriale contro l'imperatore di Bisanzio Andronico II, in direzione della Macedonia, raggiungendo l'Egeo a Kavala (Krstopolje). Attaccato dai Bulgari del principe Šišman, appoggiati dai Tatari, li costrinse a concludere la pace e, per evitare l'attacco dei Tatari alla Serbia, diede in ostaggio al khan Nogai il figlio Stefano. Dopo un tentativo d'intesa con Bisanzio (accolto con sfavore in Serbia) S., dietro sollecitazioni del fratello Dragutin, nel 1308 concluse una alleanza con Carlo di Valois, pretendente all'Impero latino di Costantinopoli e che si apprestava ad attaccare i Bizantini: contro l'aiuto militare di Stefano, Carlo s'impegnava a dare in moglie al proprio erede la figlia del re serbo, a nome Carica. In questo contesto prese a muoversi anche la Sede Apostolica per il ritorno della Serbia alla comunione con Roma. Ma né il patto con Carlo di Valois, né i contatti con la Curia papale ebbero un seguito.
Quando Carlo d'Angiò abbandonò le proprie pretese al trono di Costantinopoli, S. cercò di avvicinarsi a Bisanzio incontrando l'irriducibile opposizione del fratello Dragutin. Dopo aspra lotta che divise a lungo i Serbi, S. ebbe la meglio grazie all'appoggio della Chiesa serba (1312). Egli dovette fronteggiare anche la rivolta del figlio Stefano che, riuscito a impadronirsi della Zeta, fu poi sconfitto e costretto a rifugiarsi a Costantinopoli (1314). Combatté quindi contro l'Ungheria e Carlo Roberto d'Angiò, passata la Sava con un forte esercito, riuscì a occupare per breve tempo Belgrado (1319). Morì tre anni dopo, il 29 ottobre 1321.
Stefano Uroš II Milutin ha segnato per la Serbia un periodo di ascesa politica e di promettente indipendenza economica legata all'attività mineraria e allo sviluppo dei commerci. Di qui certa volontà di sostituire una propria moneta ai ‛ grossi ' veneziani che facevano premio in Adriatico, in Serbia e in tutti i Balcani e nel Mediterraneo. Era una questione di prestigio, oltre che un'esigenza economica; di qui il riferimento di D. a Stefano Uroš II come a quel di Rascia / che male ha visto il conio di Vinegia (Pd XIX 140-141).
L'interpretazione corrente di questi versi, comune agli antichi e ai moderni commentatori, implica una certa fraudolenza da parte di S.; ma se questa frode fu messa in atto (come tutto lascia credere dai documenti dell'epoca), essa si sviluppò sia nel coniare una moneta simile a quella veneziana, sia nel diminuirne il peso in metallo pregiato (questo corrisponderebbe al male ha visto o male aggiustò - secondo altre lezioni - del v. 141). Un decreto del Maggior Consiglio, infatti, il 3 marzo 1282 prescrive a tutti gli esattori di " diligenter inquirere denarios regis Rassiae contrafactos nostris Venetis grossis... et... eos incidere... " (Libro d'oro... del Maggior Consiglio, I 218; Venezia, Archivio dei Frari); inoltre nel 1305 si tenne a Bologna un processo contro certi prestatori che introdussero nella città la moneta di Rascia acquistata con profitto del 40 per cento " expendendos dictos rascienses pro bonis venetis " (cfr. Scartazzini, ad l.).
V. anche RASCIA.