COLONNA, Stefano il Giovane
Figlio primogenito di Stefano il Vecchio del ramo palestrinese della famiglia e di Gaucesande de l'Iste-Jourdain, nacque intorno al 1300; fu chiamato anche Stefanuccio per distinguerlo dal padre.
Il C. non fu mai il vero capo della famiglia Colonna, perché suo padre sopravvisse di qualche anno alla sua morte; la forte personalità di Stefano il Vecchio e il ruolo influente da lui esplicato durante un quarantennio negli affari politici dell'Urbe contribuirono a mantenere il C. in una posizione di secondo piano.
Il primo incarico ufficiale del C. attestato con sicurezza dalle fonti risale al 1° aprile 1332, allorché Roberto d'Angiò lo nominò suo vicario per il governo dell'Urbe insieme con Niccolò di Stefano Conti. In questa carica i due vicari sono attestati, almeno nominalmente, fino al 16 novembre di quell'anno. Sono senza dubbio loro i vicari cui Roberto, il 2 maggio 1332, si rivolge perché mettano pace tra i due fratelli Anguillara, Orso e Francesco, il cui dissidio continuò poi a lungo. Il 1° settembre non li troviamo più in carica se non nominalmente, e in loro vece fungono i due camerlenghi capitolini Lorenzo Villa (o Cello) e Enrico Tedallini.
Questa gestione provvisoria è forse connessa (Duprè Theseider) con l'importante decisione presa dai Romani di affidare a Giovanni XXII, a vita, le tre maggiori cariche del sindacato, della capitania e del rettorato, che fino allora il popolo si era riservato per sé a differenza del senatorato. A Roma erano dunque prevalsi coloro che erano stanchi di avventuroso autonomismo e consideravano il diretto dominio papale come il minore dei mali. Da una lettera di Giovanni XXII del 16 settembre 1332 si apprende che la decisione dei Romani era stata presa circa due settimane prima.
Il 22 maggio 1333, Bertoldo Orsini e suo fratello Francesco perirono in un agguato teso loro dai Colonnesi fuori del castello di San Cesareo (nei pressi di Zagarolo: sull'identificazione del toponimo vedi Mercati, p. 7 n. 10). È incerto se il C. fosse protagonista di quest'ultima impresa, il cui successo viene attribuito dal Villani (libro X, cap. 218) a Stefanuccio di Sciarra della Colonna, ossia al futuro preposito di Saint-Omer, mentre Petrarca, nella seconda lettera inviata al vincitore (Fam., III, 4) lo dice figlio di Stefano il Vecchio ("nuntium Stephani senioris, magnanimi patris tui"). Non è questa l'unica divergenza che separa il Villani e il Petrarca nel resoconto di questo celebre fatto d'armi. Secondo il Villani, gli Orsini erano di numero molto inferiore ai Colonnesi e furono assaliti di sorpresa, mentre il Petrarca loda il vincitore per il suo coraggio, avendo dovuto difendersi da un improvviso attacco ed essendo riuscito a mettere in fuga un numero considerevole di uomini armati. Le testimonianze del Villani e del Petrarca si contraddicono quasi completamente, per cui rimane aperta la questione dell'identificazione dell'autore di quell'azione militare.
Le lotte tra gli Orsini e i Colonna ripresero con ancora maggiore vivacità dopo il fatto di San Cesareo. Soltanto nel 1337 (settembre-novembre) il legato pontificio Bertrand de Deux, per ordine di Benedetto XII, riuscì ad imporre una tregua delle ostilità tra le due fazioni in lotta. Nei documenti il C. figura sempre accanto al padre, prima del fratello Enrico.
Poco dopo la tregua tra Orsini e Colonnesi, la presenza del C. ad Avignone, quale commensale di Benedetto XII in compagnia del fratello cardinale Giovanni, è attestata nella settimana che va dal 7 al 14 marzo 1338. Il 22 marzo Benedetto XII gli conferì la Rosa d'oro. Il suo viaggio ad Avignone è certamente da collegarsi con i più recenti avvenimenti politici della città di Roma. In quell'occasione egli venne accolto dalla Curia come uno dei più influenti ed importanti membri della aristocrazia romana e della famiglia Colonna.
Il C. ritornò una seconda volta ad Avignone, nel 1342, alla guida di un'ambasceria ufficiale del popolo romano, composta da diciotto membri, incaricati di chiedere al papa di far ritorno a Roma o almeno di venire a Roma per una visita, nonché di indire il Giubileo per il 1350. Insieme con lui guidava l'ambasceria Bertoldo Orsini: ambedue erano allora senatori di Roma e capitani del Popolo. Erano stati eletti dal popolo nel luglio di quell'anno dopo che, sollevatosi, il popolo aveva cacciato dal Campidoglio o gettato in carcere i precedenti senatori (Matteo Orsini e Pietro Colonna).
Il C. fu presente insieme col figlio Giovanni alla spiegazione della Lex regia fatta da Cola di Rienzo in S. Giovanni in Laterano. Quale rappresentante della famiglia Colonna fu il primo dei baroni di Roma a salire il Campidoglio per giurare nelle mani di Cola di Rienzo la nuova costituzione dopo la presa di potere del tribuno (20 maggio 1347). L'anonimo autore della Vita di Cola di Rienzo ce lo descrive mentre sale al palazzo senatorio e vede con stupore l'ordine che vi regna e la folla che vi sosta. Poi il tribuno gli si fa incontro armato e lo fa giurare.
Burdach e Piur mettono giustamente in rilievo come non sia affatto facile distinguere l'operato del padre da quello del figlio a causa del fatto che le fonti non indicano sempre in modo esplicito le rispettive ascendenze patronimistich. Essi propongono però di identificare con Stefano il Giovane quell'omonimo che fu imprigionato sul Campidoglio e quello che partecipò alle feste di agosto 1347 quale unico membro di casa Colonna (Append., n. 8, p. 25), nonché quello Stefano Colonna nella cui casa Cola di Rienzo fece arrestare ladri e predoni che vi si erano rifugiati.
Il C. morì nella tragica notte del 20 nov. 1347 durante il combattimento di porta S. Lorenzo tra l'opposizione baronale e Cola con i suoi seguaci.
Durante quella notte morirono anche Giovanni, figlio primogenito del C., e altri membri della famiglia Colonna. L'Anonimo romano racconta che il C., arrivato davanti la porta S. Lorenzo quando già erano iniziati i combattimenti, si informò per sapere dove si trovava il figlio Giovanni, ed entrato nella porta lo vide giacente per terra, colpito a morte dai nemici. Temendo per la propria incolumità, il C. in un primo momento di smarrimento tornò indietro, poi, mosso da pietà per il figlio, corse sul luogo dove giaceva Giovanni per tentare di liberarlo, ma lo trovò già morto. Nel tentare la fuga fu ucciso da un macigno scaraventato dall'alto di una torretta della porta. La descrizione del comportamento poco coraggioso del C. dataci dall'Anonimo romano contrasta con le lodi inviate dal Petrarca all'autore dell'agguato contro Bertoldo Orsini, tanto da farci preferire il racconto del Villani, che attribuiva quel colpo militare non al C., ma a Stefanuccio di Sciarra Colonna. Anche davanti a porta S. Lorenzo i Colonnesi si erano dovuti fermare per discutere sul da farsi perché, come annota l'Anonimo romano, "Stefano era infestato da uno vomaco e tremava come fronne". Il suo corpo fu portato con quello degli altri membri di casa Colonna nella cappella Colonna della basilica di S. Maria Maggiore. Il tribuno cercò in ogni modo di impedire che fossero celebrate pubbliche esequie ai defunti. Segretamente, annota sempre l'Anonimo, le salme furono portate durante la notte nella chiesa di S. Silvestro in Capite, dove, "senza ululato", furono sepolte dalle monache.
Fonti e Bibl.: F. Petrarca, Epistolae seniles, Lugduni 1601, X, 4; G. Villani, Cronica, V, Firenze 1823, pp. 276 s.; La vita di Cola di Rienzo... scritta da incerto autore, a cura di Z. Re, Forlì 1828, I, pp. 3 e 32 (vedi la riedizione della stessa Vita curata da A. Frugoni, Firenze 1957, pp. 42, 130-147); F. Petrarca, Lefamiliari, a cura di V. Rossi, Firenze 1933, III, 3-6; Lettere di F. Petrarca delle cose familiari ventiquattro... volgarizzate e dichiarate, a cura di G. Fracassetti, Firenze 1863-1867, III, 3-6; Statuti dei mercanti di Roma, a cura di G. Gatti, Roma 1885, pp. 68 s.; Statuti delle arti dei merciai e della lana di Roma, a cura di E. Stevenson, Roma 1893, pp. 41 s.; Clement VI (1342-1352), Lettres closes, patentes et curiales se rapportant à la France, a cura di E. Déprez - J. Glénisson - G. Mollat, Paris 1901-1958, n. 1878; Benoît XII (1334-1342), Lettres communes, a cura di J.-M. Vidal, Paris 1902-1911, n. 5156; K. H. Schäfer, Die Ausgaben der Apostolischen Kammer unter Benedikt XII., Klemens VI. und Johannes XXII., Paderborn 1914, p. 76; A. De Boüard, Le règime politique et les institutions de Rome au Moyen-Age (1252-1347) Paris 1920, pp. 325 s. (lettera di Roberto d'Angiò del 2 maggio 1332 tratta dal Reg. Ang. 286, f. 129); Benoît XII (1334-1342), Lettres closes et patentes intéressant les pays autres que la France, a cura di J.-M. Vidal - G. Mollat, Paris 1950, pn. 436-444; A. Coppi, Memorie colonnesi, Roma 1855, pp. 115, 121; C. Cochin, Recherches sur Stefano Colonna, in Revue d'histoire et de littér. religieuses, X (1905), pp. 355-359; C. Cipolla, Note petrarchesche desunte dall'Archivio Vaticano, in Memorie della R. Accademia di scienze di Torino, s. 2, LIX (1909), pp. 13 ss.; K. Burdach-P. Piur, Briefwechsel des Cola di Rienzo, II, 4, Berlin 1912, p. 25 n. 8; II, 5, Berlin 1929, pp. 49, 53 ss., 83, 126, 161, 191, 227, 265 s., 270 s.; A. Salimei, Senatori e statuti di Roma nel Medioevo. I Senatori. Cronologia e bibliografia dal 1144 al 1447, Roma 1935, pp. 102, 117, 120; A. Mercati, Nell'Urbe dalla fine di settembre 1337 al 21 genn. 1338, Roma 1945, pp. 6 s., 26, 32 s., 46, 59, 66, 70, 71; E. Dupré Theseider, Roma dal Comune di popolo alla signoria pontificia (1252-1377), Bologna 1952, pp. 492 s.; E. H. Wilkins, Petrarch's Correspondence, Padova 1960, pp. 52 s.; H. Schmidinger, Die Antwort Clemen's VI. an die Gesandtschaft der Stadt Rom vom Jahre 1343, in Misc. in on. di mons. M. Giusti, II, Città del Vaticano 1978, pp. 323-365.