MALLARMÉ, Stéphane
Nato a Parigi il 18 marzo 1842, morto a Valvins, presso Fontainebleau, il 9 settembre 1898. La vita di questo poeta, esteriormente sbiadita, può apparire in contrasto con la grande efficacia ch'egli ebbe sul movimento letterario del suo tempo e più ancora su quello del nuovo secolo. Ma in realtà la diuturna, tormentosa, ascetica disciplina a cui egli si sottopose per realizzare il suo ideale artistico suppone una vita, quale fu la sua, raccolta nell'ombra e rifuggente dal rumore mondano. Dopo aver passato due anni in Inghilterra, fu abilitato nel 1863 all'insegnamento dell'inglese e fu professore d'inglese nei licei di Tournon, Besançon, Avignone e da ultimo a Parigi. Nel 1894 chiese il collocamento a riposo e si ritirò con la famiglia a Valvins, in una casetta sulle rive della Senna, dove i giovani poeti e letterati iniziati alle sue dottrine andavano ad ascoltare, come già nel suo salotto di Parigi, la parola socratica di questo teorico e artefice di "poesia pura". Nel 1896, alla morte di Verlaine, fu eletto "prince des poètes".
La sua opera in versi e in prosa costituisce un leggiero bagaglio, come doveva esser quello d'un artista che mirò sempre più coscientemente a perfezionare i principî di Poe e di Baudelaire sulla "poesia pura" e ne tentò l'applicazione con uno studio assiduo, intenso fino al tormento, con uno scrupolo verso la sognata bellezza che andava fino alla rinunzia. I primi versi di M. apparvero nell'Artiste e nei due primi volumi del Parnasse contemporain (1866 e 1871). Si sente in essi che il vero maestto di M. è Baudelaire, e si può aggiungere che di tutti i poeti parnassiani il più vicino a Baudelaire è indiscutibilmente M. Di Baudelaire egli ha ereditato il sensuale misticismo, oscillante tra l'accarezzata tristezza carnale e il bisogno d'evasione, crudele nella sua inanità, verso paradisi carnali anch'essi, ma d'una trasfigurata e sublimata carnalità: nc ha ereditato, e anchi questo è un aspetto di quel sensuale misticismo, la tendenza a concepire la poesia come una sapiente opera incantatoria. Apparition, Les Fenêtres, Les Fleurs, L'Azur, Brise marim, per ricordare le più note poesie della prima maniera di M., contengono versi stupendamente suggestivi nella loro densa e intensa musicalità. Questo baudelairismo così vivo, per cui M. si distingue dai poeti della sua generazione, dà ragione del fervore con cui le sue prime poesie furono ricercate dalla generazione successiva, quella dei simbolisti, i quali riconobbero in lui il loro maestro. Ma se è vero quel che è stato detto da un fido discepolo e quasi erede di M., Paul Valéry, che quei primi versi potrebbero quasi confondersi con i più belli delle Fleurs du mal, non è men vero che vi si riconoscono chiaramente le prime manifestazioni di quella scrittura ellittica che il poeta perfezionerà sempre più e accarezzerà come la sua propria creatura. Essa è già in pieno sviluppo negli articoli della Dernière Mode, giornale che M. redasse nel 1874-75 con l'intento d'introdurre nella vita mondana una coscienza estetica superiore. In quegli articoli si . manifesta un'altra caratteristica di M.: quel preziosismo ch'egli combina così curiosamente col simbolismo misticizzante di origine baudelairiana e con un impressionismo che fa pensare a quello dei suoi amici pittori. È probabile che Victor Hugo alludesse a queste interferenze quando con la sua maliziosa indulgenza di patriarca chiamava M. "son cher poète impressionniste": la frase, se è insufficiente a definire M., ne coglie senza dubbio un aspetto. La sua seconda maniera s'inizia col frammento Hérodiade (che apparve nel secondo volume del Parnasse contemporain) e con l'ecloga L'Après-midi d'un faune (composta per esser recitata come monologo da Coquelin aîné, ma rifiutata dall'attore per la sua oscurità, non accolta per la stessa ragione nel terzo volume del Parnasse, pubblicata a parte nel 1876). Sono le due cose più belle del poeta: la sua scrittura non è ancora così ermetica, così difesa contro il volgo profano da ellissi e da enigmi, che nel soliloquio di Erodiade non si riveli stupendamente, in un freddo scintillio di gemme. la disperata idolatria di sé stessa che tortura la principessa vergine, simbolo perciò della poesia e dell'anima stessa di M., e nel soliloquio del giovane fauno non si abbia il delizioso canto della pubertà, quasi l'accordo dei giuochi del sole e del fluttuare del sangue in un luminoso delirio, per la trasfigurazione del mondo. Designati da Huysmans, in À rebours, all'ammirazione degli esteti, Hérodiade e L'Après-midi assicurarono la fama di M. Ma la gloria non distolse il laborioso artista dal suo torturante sogno di perfezione poetica. Senza uscire dal circolo della tristc sensualità baudelairiana, egli vagheggiava ormai una forma poetica che si distinguesse fin nella sintassi e nell'interpunzione dalla pratica lingua dell'uso, una sorta d'alchimia verbale che liberasse la poesia da ogni contatto impuro col discorso logico, una lingua che permettesse al poeta di comunicare col lettore iniziato, attraverso la voluta oscurità, mediante la musica delle allitterazioni e la suggestione delle immagini. Si è parlato d'involuzione: era, in realtà, lo sbocco necessario della via per cui M. si era messo: egli portava nella forma poetica l'interpretazione simbolistica che Baudelaire aveva dato della natura ("Comme de longs échos qui de loin se confondent - Dans une ténébreuse et profonde unité, - Vaste comme la nuit et comme la clarté, - Les parfums, les couleurs et les sons se répondent"). Che poi il teorico abbia sopraffatto il poeta è smentito dalle potenti folgorazioni (la parola ricorre spesso negl'interpreti di M., anche nei meno entusiasti) che illuminano anche questi ultimi versi: nei quali per altro la riflessione predomina e l'ingegnosità si acuisce nella costruzione di laboriosi enigmi e il gusto prezioso si complica sempre più di ricerche impressionistiche. L'ultima espressione dell'ermetismo di M. si ha nel poema in prosa Un coup de dés jamais n'abolira le hasardi (pubblicato nel 1897 nella rivista Cosmopolij e ripubblicato postumo nel 1914, secondo il testo preparato dall'autore per una nuova edizione): soppresse le concatenazioni logiche, il poeta chiede che la sua prosa sia letta come una partitura musicale e di questa vuole dare l'impressione anche nella disposizione tipografica delle frasi. Di M. si ha una traduzione delle poesie di Poe (1888). Importanti, per la conoscenza delle sue teorie e dei suoi modi di prosatore, gli articoli da lui stesso raccolti sotto il titolo Divagations (1897). La sua efficacia è stata profondamente sentita anche in Italia, sia direttamente sia per il tramite di Paul Valéry.
Opere: Poésies complètes, Bruxelles 1899; Poésies, Parigi 1913; Un roup de dés jamais n'abolira le hasard, ivi 1914; Madrigaux, ivi 1920; Vers de circonstance, ivi 1920; La Dernière Mode, New York 1933.
Bibl.: A. Mockel, S. M.: un héros, Parigi 1899; A. Thibaudet, La poésie de S. M., Parigi 1913; Ch. Maurras, Poètes, Parigi 1924; J. Royère, Clartés sur la poésie, Parigi 1925; P. Martino, Parnasse et Symbolisme, Parigi 1925; P. Valéry, Je disais quelquefois à M., in Nouvelle Revue Française, 1° maggio 1932; B. Croce, Intorno al M., in Critica, 20 luglio 1933.