Brasile, storia del
Il gigante addormentato
Abitato da popolazioni indigene dedite all'agricoltura, il Brasile fu raggiunto nel 1500 dal navigatore portoghese Pedro Alvares Cabral. Fu colonizzato dai Portoghesi a partire dagli anni Trenta del 16° secolo e proclamò la sua indipendenza tre secoli più tardi, nel 1822. Alla fine del 19° secolo si diede una costituzione repubblicana e federale sul modello di quella degli Stati Uniti. Ai nostri giorni il Brasile appare come una società multietnica percorsa da profondi contrasti sociali, ormai stabile sul piano politico, ma segnata ancora da sacche di profonda arretratezza economica.
Nel 1549 la corona portoghese assunse direttamente il governo dei territori brasiliani, affidandone il controllo a un governatore generale e a funzionari di nomina regia. Tra il 1580 e il 1640, all'epoca dell'unificazione delle corone spagnola e portoghese, il paese fu posto sotto l'amministrazione di Madrid e fu in parte controllato ‒ nella fascia costiera ‒ dagli Olandesi. Tornato al Portogallo (v. anche Portogallo, storia del), conobbe importanti trasformazioni economiche e sociali, legate soprattutto alla scoperta di grandi giacimenti di metalli preziosi e all'incremento demografico.
Nonostante le riforme introdotte nella seconda metà del Settecento dal primo ministro portoghese, il marchese di Pombal, il Brasile iniziò in quegli anni a manifestare una profonda insofferenza per il dominio coloniale, che si diffuse non soltanto tra gli strati più pesantemente oppressi dallo sfruttamento della madrepatria, ma anche tra le élite creole (creoli venivano chiamati tutti coloro che nascevano in America da genitori europei, in particolare da quelli provenienti dalla Penisola iberica, per distinguerli dagli immigrati nati in Europa) influenzate dalla cultura illuministica e dalle rivoluzioni americana e francese. Il paese, tuttavia, giunse all'indipendenza senza una vera e propria lotta di liberazione nazionale. Fu infatti la stessa famiglia regnante portoghese, stabilitasi in Brasile dopo l'occupazione del Portogallo da parte delle truppe napoleoniche (1807), a proclamare nel 1822 l'indipendenza della colonia. Protagonista di questa svolta fu Dom Pedro, figlio di Giovanni VI del Portogallo, che nello stesso 1822 divenne imperatore del Brasile con il nome di Pietro I.
Per circa un ventennio la storia del Brasile fu caratterizzata da una profonda instabilità, caratterizzata da acuti contrasti tra le élite creole e la monarchia e da continue sommosse popolari. Sotto Pietro II, divenuto imperatore nel 1841 dopo una lunga reggenza e rimasto al potere per quasi mezzo secolo, il paese conobbe una fase di grande sviluppo economico e sociale, durante la quale, per effetto di una intensa importazione di schiavi africani destinati al lavoro nelle piantagioni, la società brasiliana acquisì il profilo multietnico che doveva rimanere poi caratteristico della sua struttura sociale. Le riforme di Pietro II ‒ tra queste l'introduzione del suffragio universale maschile nel 1880 e l'abolizione della schiavitù nel 1888 ‒ crearono tuttavia un vasto malcontento per un verso tra i ceti conservatori, l'esercito e le aristocrazie terriere, per un altro tra una borghesia che aspirava ormai alla repubblica. Il risultato fu che l'imperatore venne deposto da un colpo di Stato militare nel 1889. Alla monarchia subentrò la repubblica, che nel 1891 si diede una costituzione federale sul modello di quella degli Stati Uniti.
La storia della neonata repubblica brasiliana fu caratterizzata, dopo un primo periodo di instabilità, da una fase di relativa prosperità durata sostanzialmente sino all'epoca della grande crisi economica mondiale del 1929, che provocò gravi tensioni sociali e un forte malcontento ‒ soprattutto tra la classe operaia e i ceti medi ‒ nei confronti dell'oligarchia dominante. Fu così che nel 1930 l'esercito portò al potere Getulio Vargas, al governo del paese sino al 1945 e poi ancora dal 1951 al 1954, dando vita a un regime di stampo fascista e populista ispirato ai principi del corporativismo.
Dopo un decennio in cui governarono i socialdemocratici e poi i conservatori, nel 1964 un colpo di Stato dell'esercito instaurò nel paese una vera e propria dittatura militare che, attenuatasi gradualmente intorno alla metà degli anni Settanta quanto meno nei suoi aspetti più brutali, consentì infine il ritorno dei civili al governo nel 1985. Da allora il Brasile ha raggiunto una sostanziale stabilità, pur nel quadro di gravi difficoltà economiche.