Giappone, storia del
Futuro e tradizione
La storia del Giappone ha origini oscure. Il paese si diede una struttura imperiale, sul modello cinese, intorno al 7°-8° secolo d.C. Per oltre mille anni, tuttavia, gli imperatori giapponesi esercitarono, con poche eccezioni, poteri solo formali. Essi tornarono effettivamente al governo del paese nella seconda metà del 19° secolo, con il rinnovamento Meiji (1868), che pose le premesse di una straordinaria modernizzazione politica, economica e sociale. Duramente sconfitto nella Seconda guerra mondiale e quindi occupato dagli Stati Uniti tra il 1945 e il 1951, il Giappone è oggi una delle più grandi potenze economiche del mondo
Le origini della storia del Giappone sono in gran parte avvolte nell'oscurità. Secondo una tradizione elaborata nell'8° secolo d.C., l'Impero giapponese sarebbe stato fondato nel 660 a.C. da Jimmu Tenno. In realtà, dalle fonti disponibili sappiamo che il Giappone, abitato sin da epoche remote, nel 5°- 6° secolo d.C. era ancora diviso in gruppi tribali debolmente federati e sottoposti a un'autorità di carattere religioso da cui sarebbe poi sorta la dinastia imperiale.
Nel 6° secolo d.C. il paese iniziò a subire in modo significativo l'influenza della cultura cinese, che si manifestò in particolare con l'introduzione del buddismo (Buddha e il buddismo), accanto allo scintoismo, la religione tradizionale giapponese).
Tra il 7° e l'8° secolo importanti riforme diedero vita a una struttura imperiale di tipo centralizzato, sul modello cinese, e la capitale dell'Impero fu posta prima a Nara (710) e poi a Heian Kyo, l'attuale Kyoto (794). Questa struttura, tuttavia, si indebolì con lo sviluppo di poteri locali sempre più autonomi dall'autorità centrale. In questo quadro emerse la famiglia dei Fujiwara, che a partire dal 10° secolo iniziò a esercitare un dominio di fatto su gran parte del Giappone. Intorno alla seconda metà del 12° secolo gli stessi Fujiwara entrarono in contrasto con altri gruppi della nobiltà provinciale e furono infine soppiantati, nel 1185, dal clan dei Minamoto.
Con l'ascesa dei Minamoto ebbe inizio il 'medioevo' giapponese. All'imperatore rimasero poteri solo formali. I Minamoto, invece, stabilirono un effettivo controllo sul paese, assunsero il titolo di shogun e diedero vita a un regime di tipo militare denominato bakufu ("governo della tenda"). Si affermarono allora i samurai, un vero e proprio ceto feudale di guerrieri che impresse il proprio carattere alla società giapponese. Il primo shogun ("generalissimo"), ossia la più alta carica militare, fu Minamoto Yoritomo, che ricevette l'investitura dall'imperatore nel 1191. Poco dopo la sua morte (1199), fu il clan degli Hojo ad assumere il potere.
A partire dagli ultimi decenni del 13° secolo ebbe inizio un periodo di gravi turbolenze: nel 1274 e nel 1281 il paese fu attaccato dai Mongoli. Andò al tempo stesso crescendo la potenza dei grandi signori feudali (i daimyo) e quella dei maggiori monasteri buddisti, dotati di proprie forze militari. Nel 14° secolo si affermò il clan degli Ashikaga, che assunsero il titolo shogunale e si stabilirono a Kyoto. Tra il 15° e il 16° secolo, tuttavia, anche gli Ashikaga si indebolirono di fronte alle grandi signorie feudali e agli emergenti ceti borghesi e mercantili delle città. Questo processo fu accelerato dall'arrivo degli europei (in primo luogo dei Portoghesi), che iniziarono a penetrare nel paese intorno agli anni Quaranta del 16° secolo, e quindi dei gesuiti, che nel 1549 introdussero il cristianesimo.
Nella seconda metà del 16° secolo furono poste le premesse per la ricostituzione dell'unità del Giappone. Artefici di questa svolta furono Oda Nobunaga, che riuscì a stabilire il proprio dominio su gran parte del paese; Toyotomi Hideyoshi, che centralizzò il potere e iniziò a scontrarsi con i Portoghesi e i cristiani avviando inoltre una politica di espansione in Cina; e Tokugawa Ieyasu, che nel 1603 ottenne il titolo di shogun.
I Tokugawa rimasero al potere per oltre due secoli e mezzo. Essi spostarono la capitale a Edo (l'attuale Tokyo). Istituirono un sistema di governo centralizzato in cui furono integrati, seppure con il riconoscimento di importanti prerogative, i signori feudali e i samurai. Avviarono inoltre una politica di rigida chiusura del Giappone al mondo esterno, limitando al minimo i commerci con l'estero e proibendo, già con Ieyasu, il cristianesimo. Questo sistema riuscì a garantire la pacificazione interna. Ma entrò gradualmente in crisi tra il 18° e il 19° secolo e fu definitivamente smantellato ‒ nel contesto della crescente pressione esercitata dalla grandi potenze coloniali ‒ dopo che gli Stati Uniti, nel 1853, costrinsero il Giappone ad aprire i propri porti al commercio con l'Occidente. I Tokugawa dovettero accettare l'umiliante imposizione. E nel giro di pochi anni, di fronte alla crescente opposizione di un forte movimento favorevole alla modernizzazione del paese e alla restaurazione del potere imperiale, trasmisero i propri poteri all'imperatore Mutsuhito, incoronato nel 1868. In questo modo, nello stesso anno lo shogunato cessò di esistere ed ebbe inizio l'epoca del rinnovamento Meiji ("governo illuminato"), che coincide con il regno di Mutsuhito (1868-1912).
Il rinnovamento Meiji introdusse una svolta decisiva nella storia del Giappone. Il governo imperiale, infatti, ispirandosi a modelli occidentali, avviò un intenso processo di accentramento politico e amministrativo e di modernizzazione economica. Tale processo nel giro di pochi decenni produsse risultati straordinari. In questo modo il Giappone ‒ che nel 1889 si trasformò in una monarchia di tipo costituzionale ‒ divenne una grande potenza politica, economica e militare, in grado di competere con le altre potenze mondiali e di inserirsi con successo nei conflitti imperialistici dell'epoca. Interessato a espandersi in direzione della Corea ‒ che conquistò infine nel 1910 ‒, il Giappone entrò in guerra con la Cina (1894-95) e con la Russia (1904-05), riportando in entrambi i casi schiaccianti vittorie.
Durante la Prima guerra mondiale intervenne a fianco della Gran Bretagna contro gli imperi centrali. Tra le due guerre, il paese ‒ di cui divenne imperatore Hirohito nel 1926 ‒ risentì pesantemente della crisi economica mondiale del 1929. Il regime assunse tratti sempre più autoritari (con molte analogie rispetto ai fascismi europei) e diede un nuovo impulso alla politica espansionistica. In questo quadro, il Giappone nel 1931 penetrò in Manciuria, instaurandovi un governo fantoccio. Nel 1933 uscì dalla Società delle nazioni. Si avvicinò quindi alla Germania nazista e all'Italia fascista, con le quali partecipò alla Seconda guerra mondiale.
Nel 1937 diede inizio a una nuova guerra con la Cina, che si prolungò sino al termine del conflitto mondiale. Nel dicembre del 1941 i Giapponesi, con un attacco a sorpresa alla flotta statunitense di stanza a Pearl Harbor, provocarono l'intervento in guerra degli Stati Uniti, con i quali essi si confrontarono per quasi quattro anni nel Pacifico, continuando a resistere anche dopo la sconfitta della Germania nel maggio 1945. Il Giappone fu infine costretto alla resa dopo il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki da parte degli Americani nell'agosto del 1945.
Dopo la sconfitta il Giappone rimase fino al 1951 sotto l'occupazione americana. Il paese venne 'democratizzato' e occidentalizzato. L'imperatore Hirohito fu mantenuto sul trono, ma venne introdotto un regime parlamentare fondato sulla piena sovranità popolare e sulla separazione dei poteri. Importanti furono poi le riforme economiche, che lasciarono peraltro intatta la potenza delle grandi concentrazioni industriali giapponesi.
Nei decenni successivi il Giappone ha conosciuto uno sviluppo economico straordinariamente rapido e incisivo, soprattutto nei settori tecnologicamente più avanzati, giungendo a minacciare sui mercati internazionali gli stessi Stati Uniti e l'Europa occidentale e candidandosi a un ruolo egemonico nella sfera dell'Asia e del Pacifico.
Sul piano della politica interna, il paese è stato dominato sino alla fine degli anni Ottanta da forze moderate, che sono entrate in crisi negli anni Novanta, dopo la morte di Hirohito e l'ascesa al trono di Akihito (1989). Da allora ha avuto inizio un periodo di instabilità politica, che ha portato anche i socialisti al governo. Dopo la grave crisi economica asiatica del 1998, il governò è tornato nel 2001 nelle mani dei moderati.