Grecia, storia della
Un paese con un grande passato alle spalle
Dopo lo straordinario sviluppo del periodo classico, tra il 5° e il 4° secolo a.C., la Grecia è rimasta per molti secoli sotto il dominio dei Romani (2° secolo a.C. - 4° secolo d.C.), dell'Impero bizantino (4°-15° secolo) e dell'Impero ottomano (15°-19° secolo). Dopo aver raggiunto l'indipendenza negli anni Venti del 19° secolo, il paese è stato segnato per diversi decenni da una sostanziale instabilità politica e ha infine conquistato e consolidato la democrazia all'indomani della breve ma drammatica stagione della dittatura dei colonnelli (1967-74)
Abitata sin dalla preistoria, la Grecia ha raggiunto l'apogeo del suo sviluppo tra il 5° e il 4° secolo a.C., tra l'epoca della pòlis classica e quella di Alessandro Magno, facendo maturare modelli, valori, culture, esperienze che dovevano risultare in seguito costitutivi della civiltà occidentale (Greci antichi). Dopo quella fase straordinaria, essa cadde sotto il controllo della monarchia macedone (4°-2° secolo a.C.). Fu conquistata dai Romani nel 2° secolo a.C. ed entrò quindi a far parte dell'Impero Romano d'Oriente ‒ l'Impero bizantino ‒ alla fine del 4° secolo d.C., all'indomani della morte di Teodosio (395).
Da allora, nonostante il prestigio derivante dall'adozione del greco come lingua ufficiale dell'Impero e la sua relativa potenza economica e commerciale, la Grecia conobbe una lunga fase di decadenza. Fu, infatti, ripetutamente attraversata e invasa da popolazioni straniere ‒ tra cui anche gli Arabi e i Normanni ‒ e spesso pesantemente coinvolta nei grandi conflitti politici e religiosi che lacerarono l'Impero (per esempio nel 6° secolo, quando fu chiusa l'Accademia platonica di Atene, oppure nell'8° secolo, quando esplose la lotta sul culto delle immagini e la Chiesa greca si separò da quella di Roma). Il punto estremo di questa crisi fu raggiunto al principio del 13° secolo, all'epoca della quarta crociata e della fondazione dell'Impero latino d'Oriente (1204-61), quando il paese fu suddiviso tra i Greci e i crociati, che diedero vita a un gran numero di piccole formazioni politiche di carattere feudale in continuo conflitto tra loro, nel quadro di una forte espansione della presenza veneziana nella regione.
In questa situazione di crisi e nel contesto più generale del declino bizantino, la Grecia fu conquistata dai Turchi intorno alla metà del 15° secolo, all'indomani della caduta di Costantinopoli (1453). Entrò allora a far parte dell'Impero ottomano, sotto il cui dominio rimase fino ai primi decenni del 19° secolo. Il governo ottomano mantenne una sostanziale tolleranza nei confronti della Chiesa ortodossa e delle élite greche (che furono peraltro sottoposte a forti tassazioni). Trattò invece in modo assai duro le classi popolari, poste in condizione servile e sfruttate dalle oligarchie ottomane, soprattutto militari.
Per lungo tempo incontrastato, il potere imperiale andò gradualmente sfaldandosi per l'azione congiunta di diversi fattori interni e internazionali. Tra essi ebbero un ruolo cruciale da un lato l'indebolimento del controllo centrale e il consolidarsi di forti tendenze centrifughe, dall'altro la crescente pressione della Russia sulla Penisola Balcanica. Fu in questo duplice contesto che, negli ultimi decenni del 18° secolo, iniziò a prendere forma il movimento nazionalista greco, il quale ebbe il suo nucleo più importante nei fanarioti, la potente aristocrazia mercantile greca di Costantinopoli, assai influente ai vertici stessi dell'Impero e, in alcuni casi, a livello internazionale.
I presupposti più immediati per la lotta d'indipendenza contro i Turchi maturarono nei primi decenni dell'Ottocento e, più specificamente, nel contesto dei moti europei degli anni Venti. Il motore dell'insurrezione nazionale fu l'Eterìa, una società segreta fondata a Odessa nel 1814 e guidata da Alessandro Ipsilanti, aiutante di campo dello zar di Russia Alessandro I.
Grazie anche a un complesso gioco di politica internazionale ‒ in cui ebbero un ruolo decisivo la Russia, la Gran Bretagna, la Francia e l'Egitto ‒ l'insurrezione nazionale ebbe inizio nel 1821 e si concluse nel 1829-30, quando l'Impero ottomano, con la pace di Adrianopoli e poi con il protocollo di Londra, concesse la piena indipendenza alla Grecia (priva però della Tessaglia, della Macedonia, dell'Epiro, della Tracia, di Creta e di gran parte delle isole dell'Egeo, che furono acquisite nei decenni successivi). Nel 1832, per volontà delle grandi potenze, il paese assunse un ordinamento monarchico e fu insediato sul trono il principe Ottone di Wittelsbach, secondogenito del re di Baviera.
Dopo la conquista dell'indipendenza, la storia della Grecia fu segnata per molto tempo da profonde tensioni politiche, che emersero in modo assai chiaro durante i regni di Ottone I (1832-62), di Giorgio I (1863-1913) e quindi negli anni drammatici delle guerre balcaniche (1912-13) e della Prima guerra mondiale (1914-18).
Nel periodo tra le due guerre mondiali l'instabilità del paese si fece ancora più acuta, culminando dapprima nell'abolizione della monarchia e nella proclamazione della repubblica (1924) e poi, dopo una serie convulsa di disordini e di colpi di Stato, nella restaurazione della monarchia (1935) e nell'avvento al potere del generale I. Metaxàs, che instaurò una dittatura di stampo fascista (1936-41).
Durante la Seconda guerra mondiale, la Grecia fu attaccata dall'Italia nel 1940 e quindi occupata dalle truppe nazifasciste fino al 1944. In essa si sviluppò un rilevante movimento di resistenza, controllato in gran parte dei comunisti. Nel 1946, nel clima ormai montante della guerra fredda e della contrapposizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, ebbe inizio un'aspra guerra civile che si concluse nel 1949 con la sconfitta dei comunisti. Da allora, e per tutti gli anni Cinquanta, il paese fu governato in modo autoritario da forze politiche conservatrici tra le quali emerse la figura di Konstantìnos Karamanlìs.
Negli anni Sessanta il regime politico andò incontro a una relativa liberalizzazione, che diede fiato alle forze di opposizione di sinistra e del centro democratico di Geòrgios Papandrèu. La crescita di queste forze, che vinsero le elezioni nel 1963 e andarono al governo, provocò tuttavia una violenta controffensiva delle destre e di parte degli ambienti di corte, con il sostegno degli Stati Uniti. Ne derivò il colpo di Stato militare del 1967, che instaurò la cosiddetta dittatura dei colonnelli, di ispirazione fascista. Essa, sotto la leadership di Geòrgios Papadòpulos, abolì le libertà politiche e civili, scatenò una pesante repressione contro gli oppositori, sciolse i partiti ed entrò in crescente contrasto con la monarchia la quale, dopo la fuga della famiglia reale in esilio, fu abolita nel 1973. Nel frattempo andarono crescendo le opposizioni nel paese e Papadopoulos fu abbattuto nel 1974 da un nuovo colpo di Stato militare che, sullo sfondo di una grave crisi di rapporti con la Turchia per la questione di Cipro, riportò infine al governo i civili.
Tornato così al potere, Karamanlìs smantellò le strutture della dittatura e ricostituì un regime democratico e pluralistico, aperto agli stessi comunisti. Nel 1974 Karamanlìs vinse le elezioni e poco dopo, con un referendum popolare, fu definitivamente abolita la monarchia e istituita le repubblica. Karamanlìs ha dominato la vita politica greca per tutto il resto degli anni Settanta; al principio degli anni Ottanta (1981), tuttavia, ha ottenuto un rilevante successo elettorale il Movimento socialista panellenico (PASOK) di Andrèas Papandrèu, che è rimasto al governo per quasi tutto il decennio. Nel 1989, nel quadro di una grave crisi del PASOK, con i quadri dirigenti (compreso lo stesso Papandrèu) accusati di corruzione, sono tuttavia tornati al potere i conservatori. Nel 1993 sono andati nuovamente al governo i socialisti, che dopo nove anni (nel 2004) si sono avvicendati con i conservatori. Il paese è membro della Comunità Europea dal 1981.